TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2017-02-01, n. 201701636

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2017-02-01, n. 201701636
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201701636
Data del deposito : 1 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2017

N. 01636/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00216/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 216 del 2016, proposto dalla Società 2000 di Marino Giovan Pietro &
C. Snc, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati S A R, A R, G I, con domicilio eletto presso lo studio S A R in Roma, viale XXI Aprile, 11;

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa sospensiva,

-del decreto MIPAAF del Direttore Generale del Dipartimento delle Politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca, Direzione Generale della pesca marittima e dell’acquacoltura (PEMAC IV) n. 774/AD/C/15 del 17.9.2015 nella parte in cui riduce l'importo del premio di arresto definitivo concesso con riferimento alla motopesca UE 7898 iscritto al n. 00210 dei RR.NN.MM. e GG di Mazara del Vallo (TP);

-della nota del predetto Direttore Generale prot. n. 18364 del 17.9.2015, notificata in data 23.9.2015 unitamente al decreto n. 774/AD/C/15;

- di ogni altro atto antecedente e susseguente ai precedenti atti, collegato e connesso, ivi compresi gli atti facenti parte del suddetto procedimento e, in particolare, dell’art. 8, comma 1, lett. a) del decreto

MIPAAF

14 ottobre 2013 - ricorso in riassunzione - (Tar Sicilia, Palermo, sez.I, ord.coll. n. 3325/15 RG 3638/2015).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2016 il Cons. M C e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con il ricorso all’odierno esame (già azionato presso il Tar per la Sicilia, Palermo e, in esito a pronuncia declinatoria della competenza territoriale con ord.coll., sez. I, n. 3325/2015, tempestivamente riassunto presso questo Tribunale) la società 2000 di Marino Giovan Pietro &
C. Snc – interessata a beneficiare degli aiuti (ex art.23 del Reg. CE n.1198/2006) cofinanziati dal Fep per la demolizione di proprio peschereccio e conseguente arresto definitivo dell’attività di pesca esercitata tramite lo stesso – ha impugnato il decreto MIPAAF n. 774/AD/C/15 del 17.9.2015 nella parte in cui tale provvedimento, in esito all’istruttoria esperita e all’utile collocazione della società ricorrente nella graduatoria approvata con d.m. 1.7.2015 (pubblicato nella G.U. n.182 del 7.8.2015), ha decurtato l’aiuto cofinanziabile (pari ad euro 558.540,00) di un importo di euro 72.368,11 pari al contributo che, con riguardo al medesimo programma operativo (che copre il periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2013, ex art. 18 Reg. cit.), risulta già percepito dalla medesima società ricorrente in forza dell’art.24 per l’arresto (obbligatorio) temporaneo dell’attività di pesca.

La società ritiene non applicabile al caso di specie la decurtazione prevista dall’art. 8, comma 1, lett. a) del d.m. 14 ottobre 2013 in quanto in presunto contrasto con il predetto Regolamento CE n.1198/2006 e ritiene illegittimo il decreto direttoriale MIPAAF del 17.9.2015, limitatamente alla parte in cui, in attuazione del predetto art. 8, viene applicata la decurtazione in questione.

2. Parte ricorrente ha allegato al ricorso due mezzi di gravame (che saranno oggetto di rappresentazione e scrutinio nella parte motiva della presente decisione) e prospettato, in subordine e per l’evenienza che l’Autorità adita nutra dei dubbi sulla lettura della normativa europea applicabile e sulla possibilità da parte dello Stato italiano di operare decurtazioni dell’aiuto cofinanziabile, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea, per l’interpretazione dei Reg.CE n. 1198/2006 e n.498/2007.

3. Le deduzioni di parte ricorrente sono state contestate dall’intimata Amministrazione che, costituitasi in giudizio per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato, ha anche eccepito la tardività dell’opposto gravame in relazione ai rilievi sull’applicabilità dell’art.8 del d.m. 14.10.2013 (decreto recante disposizioni per la concessione del premio per l’arresto definitivo di motopescherecci dell’ attività di pesca esercitate nel Mediterraneo), del cui comma 1, lett.a), il decreto direttoriale MIPAAF del 17.9.2015 costituisce puntuale e vincolata applicazione.

In prossimità dell’odierna udienza parte ricorrente ha replicato alla eccezione di rito ed ha fornito ulteriori argomentate considerazioni a supporto della propria posizione difensiva, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

La causa è stata trattenuta e spedita in decisione alla pubblica udienza 25 ottobre 2016.

DIRITTO

1.Preliminarmente il Collegio rileva che l’eccezione di tardività, sollevata dalla Difesa erariale, non è fondata. E difatti l’art.4 del d.m. 14.10.2013, nel disciplinare la procedura per la concessione del premio di cui trattasi, detta una regolamentazione particolarmente articolata prevedendo, una volta definita la fase istruttoria, la redazione di una graduatoria strutturata in sub-graduatorie con riferimento a GSA, sistemi di pesca e iscrizione in uno dei Compartimenti Marittimi;
quindi dopo la pubblicazione della graduatoria vengono predisposti i decreti di concessione seguendo l’ordine delle sub-graduatorie “ al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione della capacità di pesca e fino ad esaurimento delle risorse assegnate ”. Altre specifiche e articolate modalità sono poi dettate, una volta raggiunti detti obiettivi, per l’assegnazione delle risorse residue.

Si è quindi in presenza di una regolamentazione che, alla data di pubblicazione della stessa (avvenuta nella G.U.R.I. del 26.11.2013) non consentiva all’odierna ricorrente di conoscere se (successivamente) sarebbe stata ammessa, o meno, al finanziamento con accessiva carenza, a quel tempo, di ogni interesse attuale all’impugnativa dell’art.8 dello stesso d.m. e della previsione ivi contenuta della non cumulabilità del premio con altri aiuti erogati ai sensi del Reg. CE n.1198 del 2006.

2.Passando all’esame dei motivi di impugnazione si rileva che con il primo mezzo di gravame ( Violazione e falsa applicazione dell’art.8 del d.m.14.10.2013, del Reg. CE n.1198/2006, art. 23, 54 e 80 e del Reg. CE n.498/2007;
Eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità. Violazione e falsa applicazione del Piano Operativo FEP per il settore della pesca in Italia del 1° agosto 2013)
parte ricorrente evidenzia il rapporto di confliggenza tra l’art. 8 citato (in applicazione del quale l’Amministrazione ha decurtato l’aiuto cofinanziabile) e le disposizioni del regolamento comunitario n.1198/2006 nonché le disarmonie cui una tal conflittualità darebbe luogo in alcuni casi pratici (si fa, fra l’altro, l’esempio dell’acquirente di un’imbarcazione che viene disarmata che vedrebbe decurtato il contributo a causa dell’aiuto concesso al precedente proprietario in ipotesi di arresto, obbligatorio, temporaneo dell’attività di pesca).

Con il secondo mezzo di gravame ( Illegittimità dell’art.8, comma 1, lett.a) del d.m.14.10.2013 per violazione dell’art. 23, 54 e 80 del Reg. CE n.1198/2006;
Eccesso di potere per illogicità manifesta e per violazione del principio di proporzionalità. Violazione del principio di libera concorrenza e par condicio. Illegittimità del decreto direttoriale 17.9.2015 nella parte in cui decurta l’importo del premio concesso, in via derivata dalla illegittimità del citato art. 8, comma 1, lett. a) del d.m.14.10.2013)
la ricorrente contesta l’applicabilità dell’art.8 del citato d.m. 14.10.2013 per il contrasto della decurtazione dallo stesso prevista: a) con l’art.23 del Reg. CE n.1198/2006 che non prevede, in caso di premio accordato per il disarmo dell’imbarcazione, alcuna decurtazione nel caso in cui la ditta beneficiaria sia stata già ammessa ad aiuti cofinanziati per il fermo, obbligatorio, temporaneo dell’attività di pesca;
b) con l’art.54 il quale disponendo che “ Una spesa cofinanziata dal FEP non può ricevere aiuti da un altro strumento comunitario ” si riferisce alla stessa operazione (nel caso di specie il disarmo definitivo dell’imbarcazione) e non ad altra spesa cofinanziata;
c) con l’art.80 che vieta che il contributo cofinanziato erogato sia soggetto a detrazioni o ritenute imponendone la percezione nella sua integralità;
d) con i principi della logica (non trovando fondamento la decurtazione prevista dal decreto ministeriale in alcuna norma di legge e/o disposizione europea), della razionalità (in quando riduce l’ammontare dell’aiuto concedibile detraendo importi legati a contribuzioni del tutto estranee) e della proporzionalità (in quanto la detrazione dei contributi già concessi per una delle misure finanziate dal medesimo Reg. CE non opera alcuna graduazione tra il minore importo accordato ed il sacrifico richiesto al privato).

3.Il Collegio rileva che tali doglianze non sono condivisibili per le seguenti considerazioni.

Al riguardo va preliminarmente osservato che la politica comune della pesca (Pcp) è lo strumento con cui l'Unione europea gestisce il settore della pesca e dell'acquacoltura e che attraverso la Pcp l’Unione ha assunto il compito di assicurare uno sfruttamento di risorse acquatiche vive che favorisca condizioni economiche, ambientali e sociali sostenibili concordando misure comuni, fra gli altri, nei settori: a) - strutture e gestione della flotta, per aiutare i settori della pesca e dell'acquacoltura a modernizzare e ad adeguare le infrastrutture e le loro organizzazioni ai vincoli imposti dalla scarsità delle risorse e dal mercato;
sono previste inoltre misure intese al raggiungimento dell'equilibrio fra lo sforzo di pesca e le risorse ittiche disponibili;
b) misure di sostegno ai mercati, al fine di mantenere un'organizzazione comune di mercato per i prodotti ittici e adeguare l'offerta alla domanda, a vantaggio tanto dei produttori quanto dei consumatori. In tale contesto il Fondo europeo per la pesca (Fep) svolge, in primo luogo, il ruolo di strumento finanziario che forma parte integrante della Pcp e, in quanto tale, esso si affianca alle misure di gestione delle risorse e contribuisce all'adeguamento delle strutture del settore di produzione e degli strumenti di sorveglianza della politica comune della pesca. A tal fine prevede tipologie di intervento finanziate che sono articolate attorno a cinque Assi prioritari: Asse prioritario 1: misure per l'adeguamento della flotta da pesca comunitaria;
Asse prioritario 2: acquacoltura, pesca nelle acque interne, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura;
Asse prioritario 3: misure di interesse comune;
Asse prioritario 4: sviluppo sostenibile delle zone di pesca;
Asse prioritario 5: assistenza tecnica.

Va altresì rilevato che in ogni operazione di finanziamento comunitario (per quanto ampia e generica sia la definizione del concetto di finanziamento) si possono scorgere alcuni tratti comuni. Un primo tratto è certamente costituito dalla riferibilità delle varie figure di finanziamento ad una norma o ad un principio dei Trattati fondamentali dell'Unione o, quantomeno, ad un obiettivo essenziale da essi perseguito;
un altro profilo comune è che tali finanziamenti sono preordinati al soddisfacimento di un interesse comunitario, un interesse, cioè, che trascende, pur implicandolo, l'interesse dei destinatari, siano essi Stati membri o loro enti sottordinati o anche loro cittadini. Vale a dire che, in ogni operazione di finanziamento, come sopra intesa, non è intellegibile solo un interesse del beneficiario, ma anche quello dell'Organismo comunitario che l'elargisce, il quale, a sua volta, altro non è se non il portatore degli interessi, dei fini e degli obiettivi dell'Unione europea e, per essa, della Comunità. Da quanto sopra detto deriva un importante corollario in ordine alla necessità di interpretare le disposizioni nazionali attuative delle misure finanziarie concesse, nel modo più conforme possibile agli scopi che la singola istituzione comunitaria ha inteso perseguire.

A ciò va aggiunto che gli scopi della Pcp e del Fep (quale strumento finanziario della prima) sopra sintetizzati sottendono, senza riserve, all’esigenza che gli aiuti disposti conseguano gli obiettivi prefissati evitando, quale logico corollario, interessi speculativi ed, ovviamente, confliggenti con detti obiettivi. E con riguardo a tale angolazione perfettamente calzante appare il controproducente esempio (dell’acquirente di un’imbarcazione che viene disarmata che vede decurtato il contributo a causa dell’aiuto concesso al precedente proprietario in ipotesi di arresto, obbligatorio, temporaneo dell’attività di pesca) rassegnato da parte ricorrente che non tiene conto come il riconoscimento di un duplice aiuto (al cedente ed al cessionario dell’imbarcazione) può favorire condotte speculative, consentendo al cedente di lucrare un maggior prezzo dalla vendita del peschereccio e permettendo che imbarcazioni destinate al disarmo conseguono, tramite apposite negoziazioni, un aiuto di importo, complessivo e finale, più consistente di quello dovuto.

Orbene nel quadro normativo entro il cui perimetro trova regolamentazione la fattispecie per cui è causa, costituiscono chiari indici della volontà comunitaria di contrastare ogni intento speculativo le previsioni: a) del Reg. (CE) 26-3-2007 n. 498/2007 recante “Modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio relativo al Fondo europeo per la pesca” (Pubbl. nella G.U.U.E. 10 maggio 2007, n. L 120) che all’art.4, sotto la rubrica “ Aiuti pubblici per l’arresto definitivo delle attività di pesca” dispone che “ in caso di perdita della nave nel periodo compreso fra la data della decisione di concessione del premio e la data effettiva dell’arresto definitivo dell’attività di pesca, l’autorità di gestione effettua una rettifica finanziaria per l’importo dell’indennità versata dall’assicurazione…” ;
e tanto proprio al fine di evitare un ingiusto arricchimento quale quello derivante dal cumulo dell’aiuto comunitario con altro provento, pur se di natura privato, collegato alla definitiva cessazione dell’attività dell’imbarcazione;
b) dell’art.56 del Reg. n.1198/2006 che alla lett.a) del comma 1 stabilisce che il Fep può finanziare un’operazione solo se, nei cinque anni successivi, non subisce modifiche che producano “ un vantaggio indebito ad un’impresa o ad un Ente pubblico”.

Sulla base di ciò il primo mezzo di gravame è infondato.

4. Parimenti infondato è il secondo mezzo di gravame ritenendo il Collegio plausibile e giuridicamente corretta l’esegesi patrocinata dalla Difesa erariale laddove evidenzia che il citato art.56 Reg. CE n. 1198/2006 consente la partecipazione al finanziamento del Fep solo ed esclusivamente per quelle operazioni che, nei cinque anni successivi alla percezione del contributo, non subiscano modifiche derivanti, fra l’altro, dalla cessazione dell’attività produttiva;
il che vale a dire che il contributo dovuto tanto per un investimento per l’attività di pesca quanto per il periodo di fermo obbligatorio può essere mantenuto solo se, nel quinquennio successivo (sostanzialmente coincidente con la durata del programma operativo), il mezzo non viene, tramite il disarmo, definitivamente arrestato. E, razionalmente, con tale norma comunitaria si pone in sintonia la disposizione dell’art.8 del d.m. del 2013 (evidenza questa che esclude la necessità di ogni rinvio pregiudiziale) laddove stabilisce che l’aiuto cofinanziato deve essere decurtato dell’importo già corrisposto per operazioni finanziate ai sensi del medesimo Reg. CE n.1198/2006;
disposizione che: a) non viola l’art.23 del citato Reg. in quanto l’aiuto disposto da tale norma soggiace ovviamente alle disposizioni del predetto art.56;
b) non viola l’art.54 il quale disponendo che “ Una spesa cofinanziata dal FEP non può ricevere aiuti da un altro strumento comunitario ” disciplina ovviamente ipotesi diversa da quella regolamentata dall’art.56;
c) non viola l’art.80 in quanto l’aiuto non è soggetto a tassazioni o ritenute operate nello Stato membro per motivi fiscali e/o tributari;
d) non viola i principi della logica, razionalità e proporzionalità in quanto rinviene il suo supporto giuridico in una previsione di rango comunitario il cui puntuale rispetto è demandato allo Stato membro o all’autorità di gestione.

5. Conclusivamente il ricorso è infondato e va respinto, fermo restando l’onere dell’Amministrazione di effettuare la verifica dell’importo da ridurre tenuto conto dell’asserito errore, come sostenuto da parte ricorrente nella memoria conclusiva, ma non documentato.

La novità e particolarità della questione controversa giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite.

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