TAR Milano, sez. I, sentenza 2013-05-09, n. 201301187
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N. 01187/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02675/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2675 del 2012, proposto da:
Belvedere s.r.l. unipersonale, rappresentata e difesa dall'avv. G G, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Maria Teresa, 11
contro
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti M R S, R M, I M, A M P, D S, M S e A T, domiciliato in Milano, Via Andreani 10;
Ministero per i Beni e le Attività culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Milano, Via Freguglia, 1
per l'annullamento
del provvedimento del 31.7.2012 con cui il direttore del settore gestione occupazione suolo del Comune di Milano ha disposto il diniego dell’istanza presentata dalla società ricorrente in data 19.3.2012 per la modifica della porzione di suolo pubblico oggetto di concessione rilasciata in data 4.11.2010 (mq. 6,5 per l posizionamento di un tappeto con fioriere e mq. 9,5 per la collocazione di tavoli, sedie, ombrelloni e fioriere), con contestuale riduzione della superficie;della nota del 29.5.2012, con cui sono stati comunicati i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza;del presupposto parere della Soprintendenza ai beni architettonici;di ogni atto preordinato, connesso e/o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Milano e del Ministero per i Beni e le Attività culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2013 il dott. A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente proposto la società Belvedere s.r.l. unipersonale ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del 31.7.2012, con cui il direttore del settore gestione occupazione suolo del Comune di Milano ha disattesol’istanza presentata dalla società ricorrente in data 19.3.2012 per la modifica della porzione di suolo pubblico oggetto di concessione rilasciata in data 4.11.2010 (mq. 6,5 per l posizionamento di un tappeto con fioriere e mq. 9,5 per la collocazione di tavoli, sedie, ombrelloni e fioriere), con contestuale riduzione della superficie;la nota del 29.5.2012, con cui sono stati comunicati i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza;il presupposto parere della Soprintendenza;ogni atto preordinato, connesso e/o conseguente.
A fondamento dell’impugnazione ha dedotto i seguenti motivi:
1°) incompetenza;violazione dell’art. 3, comma 2 del D.lgs. 40/2004;dell’art. 5 della “ disciplina del diritto ad occupare il suolo, lo spazio pubblico o aree private soggette a servitù di pubblico passo, mediante elementi di arredo ”, approvata con deliberazione del C.C. n. 132 del 4 dicembre 2000, modificata con deliberazione n. 45 del 26 marzo 2001;violazione dell’art. 3 e 10 bis della legge 241/1990;eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità ed erroneità dei presupposti;
2°) violazione dell’art. 3 della legge 241/1990;del principio di affidamento e buona fede;eccesso di potere per motivazione erronea e contraddittoria, per contrasto con precedenti provvedimenti, sviamento.
La domanda cautelare è stata radicata, oltre che sulla fondatezza del ricorso in diritto, sul pregiudizio integrato dalla limitazione dell’attività commerciale, con negative ripercussioni sulla possibilità di “ produrre i ricavi necessari a coprire i costi ed il mantenimento del personale occupato ” (cfr. pag. 9).
Si è costituito con memoria formale (15.11.2012) il Ministero per i beni e le attività culturali ed il Comune di Milano (26.11.2012), che, nella memoria del 30.11.2012 ha opposto che la riduzione della superficie sarebbe conseguita al fatto che la società Immobiliare Colibrì s.r.l., proprietaria del frontistante Cinema Centrale, avrebbe comunicato di aver riscontrato “ difficoltoso l’accesso al cinema soprattutto negli orari di inizio della proiezione ” (cfr. pag. 2);che l’impugnato diniego sarebbe motivato sul presupposto che “ i manufatti che Belvedere srl vorrebbe installare sono rappresentati da quattro ombrelloni di cui il primo delle dimensioni di mt. 3,5 x 3,5 che certamente occulterebbero la visuale del tempio civico di San Sebastiano coprendone gran parte della sua facciata ” (cfr. pag. 4).
Con ordinanza n. 1680 del 6.12.2012 la Sezione ha parzialmente accolto la domanda cautelare, rilevando che “ la porzione di suolo pubblico oggetto di concessione per l’istallazione di tavolini e sedie è da considerare supplementare all’originaria superficie commerciale e, pertanto, non può ritenersi essenziale ai fini dell’ordinaria conduzione dell’attività;- che l’art. 5 del vigente regolamento comunale prevede, ponendo il relativo onere a carico degli interessati, che “in presenza di vincoli di tutela monumentale (…) è necessario ottenere il preventivo benestare della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici”, e che, dunque, non è prescritta la forma del parere, potendo tale Amministrazione liberamente manifestare, con immutata efficacia, le proprie valutazioni di carattere consultivo;- che pur in difetto di attivazione da parte della società ricorrente, tale incombente istruttorio sembra essere stato assolto dall’Amministrazione mediante un confronto tecnico con la Soprintendenza, all’esito del quale sono motivatamente prevalse le ragioni di tutela del decoro architettonico rispetto a quelle di interesse commerciale;- che, invece, appare immotivata, e va sospesa, la disposta riduzione della superficie di suolo pubblico, originariamente concessa dal Comune di Milano, atteso che non è stato addotto alcun elemento che denoti il mutamento dello stato dei luoghi, né paiono sussistere impedimenti alla percezione del sedime da parte dei passanti, tenuto conto che la legale rappresentante della società ricorrente ha manifestato la propria disponibilità alla rimozione del tappeto;- che, quanto all’allegato pregiudizio, appaiono prevalenti le considerazioni più sopra richiamate in ordine alla tutela architettonica;- che, comunque, non resta pregiudicato l’esercizio dell’attività commerciale all’esterno e all’interno del locale ”.
In vista dell’udienza di discussione nel merito, fissata al 24.4.2013, le parti hanno depositato le rispettive memorie conclusive.
In particolare:
- nella memoria del 22.3.2013 la società ricorrente ha dedotto che il verbale dell’incontro tecnico tenutosi in data 11.5.2012, trasmesso in data 30.11. 2012, non costituirebbe “ affatto un parere sfavorevole ”, in quanto privo di giudizio valutativo. Ciò deriverebbe dal fatto che “ la pagina successiva del verbale tecnico reca invece una serie di firme in corrispondenza dei partecipanti al sopralluogo dell’11/5/2012, tra cui quella di un funzionario della Soprintendenza, arch. A T, ma si tratta di un mero elenco di persone che poteva quindi essere spillato ad un documento diverso ” (cfr. pag. 2);
- nella memoria del 3.4.2013 il Comune di Milano si è riportato alle precedenti difese ed alle conclusioni in precedenza rassegnate;
- il Ministero per i beni e le attività culturali non ha depositato alcuna memoria.
All’udienza del 24 aprile 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato, nei sensi appresso specificati.
Con il primo motivo la società ricorrente ha dedotto che il provvedimento impugnato, “ basato esclusivamente su valutazioni legate alla percettibilità del bene tutelato, è stato reso senza l’acquisizione del previo parere della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici, in palese contrasto con la norma contenuta nell’art. 5 ” del regolamento disciplinante le occupazioni di lunga durata (cfr. pag. 5).
Si tratta di censura infondata, e ciò sulla scorta della piana lettura dell’art. 5 citato, in cui si prevede che “ in presenza di vincoli di tutela monumentale (…) è necessario ottenere il preventivo benestare della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici ”.
Si tratta di una disposizione che:
a) obbliga gli interessati, e non l’Amministrazione, a preventivamente conseguire il visto atto di assenso, tale interpretazione emergendo dalla previsione di cui all’art. 5.2.1., ove è stabilito che l’autorizzazione “ è necessaria nei seguenti casi: (…) manufatti a delimitazione del suolo pubblico (es.: fioriere e pannelli perimetrali) (…) tende ombrasole ”, risultando consequenziale che l’obbligo di presentare la domanda alla Soprintendenza ricada sul medesimo soggetto beneficiario, a fini commerciali, della concessione di una porzione di suolo pubblico situata a diretto contatto con beni di interesse culturale o ambientale, come nel caso di specie il tempio di San Sebastiano;
b) come già rilevato in sede cautelare, non è prescritta la forma del parere, potendo l’organo periferico del Ministero liberamente manifestare, con immutata efficacia, le proprie valutazioni di carattere consultivo.
Parimenti infondato è l’assunto, pure articolato nel primo motivo e ribadito nella memoria del 22.3.2013, secondo cui l’Amministrazione comunale avrebbe “ illegittimamente invertito la sequenza procedimentale interpellando la Soprintendenza (peraltro non è dato comprendere se quella effettivamente dotata di competenza) in un momento successivo alla formulazione del proprio giudizio e prospettando alla stessa la limitata questione della comparabilità delle fattispecie di occupazione di suolo pubblico in prossimità di edifici religiosi nel centro di Milano ” (cfr. pag. 5).
Nel preambolo del provvedimento di diniego è, infatti, precisato che in data 6 luglio 2012 la Soprintendenza si sarebbe pronunciata sulle osservazioni inviate dalla società ricorrente in data 3.7.2012, il che non costituisce prova indiretta della falsità del verbale tecnico dell’11.5.2012, sottilmente prospettata nella memoria conclusiva del 22.3.2013, dal momento che la società Belvedere non ha addotto alcun elemento a dimostrazione del fatto che le prescrizioni contenute nel citato verbale tecnico non siano state, realmente, il frutto delle valutazioni espresse, per quanto interessa il Ministero resistente, dall’arch. A T, firmataria dell’allegato foglio.
Sicché risulta evidente, da un lato, l’omissione, da parte della ricorrente, della proposizione dell’istanza volta ad ottenere, ai sensi del citato art. 5 del regolamento comunale, “ il preventivo benestare ” della Soprintendenza ai beni architettonici;dall’altro, non può mettersi in discussione la completa istruttoria esperita dal Comune di Milano mediante l’indizione e lo svolgimento, in data 11.5.2012, di un incontro tecnico, dedicato all’esame di alcune situazioni concernenti l’occupazione di suolo pubblico, tra cui quella di Via Torino.
Non sussiste, infine, il dedotto difetto di motivazione in relazione al rigetto delle osservazioni presentate in data 3.7.2013, dal momento che la società ricorrente ha genericamente asserito “ la valenza migliorativa del contesto che avrebbe indotto la posa degli elementi d’arredo richiesti ” (cfr. pag. 6 ricorso).
Deve, piuttosto, tenersi conto che nel caso di specie è prevalsa la necessità di garantire le finalità della c.d. tutela indiretta, cioè preservare i caratteri e il contesto circostante il bene soggetto al vincolo diretto (tempio cinquecentesco di San Sebastiano), e ciò attraverso prescrizioni destinate ad assicurare il mantenimento dell'integrità, della prospettiva, della luce e delle condizioni di ambiente e decoro.
Tale tutela è oggi prevista, nel vigente D.lgs. 42/2004, nell’art. 45, ma affonda le proprie radici nella legge 364/1909, che all’art. 14 prevedeva, con lungimirante disposizione, che “ nei comuni, nei quali si trovano cose immobili soggette alle disposizioni della presente legge, possono essere prescritte, nei casi di nuove costruzioni, ricostruzioni, piani regolatori, le distanze, le misure e le altre norme necessarie allo scopo che le nuove opere non danneggino la prospettiva o la luce richiesta dai monumenti stessi ”, tale disciplina restando sostanzialmente inalterata nella legge 1089/1939 (art. 21) e nel testo univo di cui al D.lgs. 490/99 (art. 49).
È, invece, fondato il secondo motivo nella parte in cui la società ricorrente ha censurato la disposta riduzione di mt. 0,50 della superficie di mq. 9,5 precedentemente concessa per la collocazione di tavoli, sedie, ombrelloni e fioriere.
Sul punto, il Collegio è dell’avviso che, giustificandosi l’impugnata riperimetrazione sulla necessità della “ corretta percezione del sedime ”, tale profilo di tutela risulti adeguatamente garantito dalla prescrizione relativa alla rimozione del tappeto, la cui ottemperanza è stata espressamente assicurata dalla legale rappresentante della pizzeria nelle osservazioni depositate presso il competente ufficio comunale in data 3.7.2013: il che comporta che la superficie in concessione debba rimanere la medesima assentita in data 4.11.2011.
Stante l’esito del giudizio, si ravvisano sufficienti ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese processuali.