TAR Bari, sez. I, sentenza 2022-06-10, n. 202200852

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2022-06-10, n. 202200852
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202200852
Data del deposito : 10 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/06/2022

N. 00852/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01093/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1093 del 2021, proposto da
S A, S M D, S A M, rappresentati e difesi dagli Avvocati A V e S C, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l’ottemperanza

al giudicato formatosi sul decreto della Corte di Appello di Bari n. 2399/2009 Cron., pubblicato il 19 giugno 2009, munito di formula esecutiva il 27 maggio 2019, notificato in data 10 giugno 2019 per via telematica ai sensi della legge 53/1994 all'Amministrazione resistente, passato in giudicato come da certificazione rilasciata dalla Cancelleria in data 27 maggio 2019.

Visti il ricorso di ottemperanza e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2022 la dott.ssa M L R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - Con il decreto di cui in epigrafe, la Corte di Appello di Bari, in accoglimento del ricorso per equa riparazione ex lege n. 89/2001 (per l’irragionevole durata di un giudizio pensionistico dinanzi alla Corte dei Conti, Sezione per la Puglia) depositato il 5 settembre 2008 (così testualmente il decreto in questione) dai Signori S A, S M D, Spadavecchia Alfonso, nella qualità di eredi del Signor Spadavecchia Giuseppe, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze il pagamento della somma di euro 1.600,00 (milleseicento/00), oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, e ha disposto la compensazione delle spese processuali.

Con l’atto introduttivo del presente giudizio di ottemperanza, notificato il 26 ottobre 2021 e depositato in pari data, pertanto, i Signori S A, S M D, S A M hanno domandato l’esecuzione del giudicato formatosi in relazione al decreto citato, con la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle somme di cui al predetto decreto della Corte d’Appello di Bari, liquidate in loro favore.

Non si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

All’udienza in camera di consiglio del 9 marzo 2022, la causa è stata introitata per la decisione.

2. - Preliminarmente, occorre precisare che l’art. 5 (“ Comunicazioni ”) della legge 24 marzo 2001, n. 89 (“ Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile ”), nel testo vigente all’epoca della proposizione del ricorso da parte degli odierni istanti (5 settembre 2008) e del decreto di cui si domanda l’ottemperanza (deciso il 26 maggio 2009 e depositato il 19 giugno 2009), disponeva - solo - che:



1. Il decreto di accoglimento della domanda è comunicato a cura della cancelleria, oltre che alle parti, al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento
”.

Sicchè, come pure rilevato da parte ricorrente, non era previsto alcun termine di decadenza per la notifica del decreto di accoglimento al Ministero resistente: infatti, il termine decadenziale di giorni trenta per la notifica del decreto ai fini della conservazione della relativa efficacia, decorrenti dal deposito in cancelleria del provvedimento, è stato successivamente introdotto dal decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (convertito dalla legge 7 agosto 2021, n. 134), che, all’art. 55, comma 1, lettera e), nell’apportare modifiche alla legge n. 89/2001, ha così testualmente disposto:

<<
e) l’articolo 5 è sostituito dal seguente:

“Art. 5 (Notificazioni e comunicazioni). - 1. Il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta.



2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta.



3. La notificazione ai sensi del comma 1 rende improponibile l’opposizione e comporta acquiescenza al decreto da parte del ricorrente.



4. Il decreto che accoglie la domanda è altresì comunicato al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell’eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell’azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.”>>.

Lo stesso art. 55 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 ha, poi, espressamente previsto, al comma 2, che:



2. Le disposizioni di cui al comma 1
” - inclusa, pertanto, quella relativa all’inefficacia del decreto in caso di omessa notifica nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria - “ si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”: conversione poi - appunto - avvenuta con la legge 7 agosto 2012, n. 134, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2012, n. 187, S.O., entrata in vigore “ il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ” (cfr. art. 1, comma 2 della medesima legge n. 134/2012) e, pertanto, in data 12 agosto 2012.

2.1 - Orbene, nella fattispecie concreta in esame, il ricorso per l’indennizzo ex lege n. 89/2001 era stato presentato da parte degli odierni istanti - appunto - il 5 settembre 2008 e definito con il menzionato decreto della Corte di Appello di Bari, reso il 26 maggio 2009 e depositato il 19 giugno 2009, ben prima dell’entrata in vigore delle illustrate modifiche normative.

Pertanto, la notifica del ridetto decreto della Corte di Appello di Bari in forma esecutiva anche presso la sede reale del Ministero, a opera del difensore dei ricorrenti (cfr. la relazione di notifica in atti), avvenuta, nel presente caso, in data 10 giugno 2019, entro il termine, cioè, di dieci anni dalla data di deposito/conoscenza dello stesso (19 giugno 2009), è da considerarsi tempestiva, nonché, peraltro, idonea ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione ex art. 114, comma 1 Cod. Proc. Amm. (si vedano i principi di diritto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 4 dicembre 2020, n. 24;
Cassazione Civile, Sezione Sesta, ordinanza 4 luglio 2017, n. 16465), neppure eccepita dall’Amministrazione.

2.2 - Fermo e dirimente quanto innanzi, si aggiunga, per completezza espositiva, che, come condivisibilmente osservato da Cassazione Civile, Sezione Seconda, 8 agosto 2019, n. 21206, l’art. 5 della legge n. 89/2001 e ss.mm.ii. “ non prevede, espressamente, forme e modalità mediante le quali conseguire la declaratoria di inefficacia del decreto. Tuttavia, considerato che non è contemplato alcun rimedio alternativo all’opposizione, L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, e, ad un tempo, considerato che, ai sensi dell’art. 644 c.p.c., l’inefficacia del decreto “ingiuntivo” (cui è assimilabile il decreto di cui alla L. n. 89 del 2001), non è rilevabile d’ufficio, ma può essere dedotta solo dalla parte interessata, appare conseguenziale ritenere che, l’opposizione prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 5, sia l’unico rimedio per far dichiarare l’inefficacia del decreto, nell’ipotesi in cui sia stato notificato, oltre il termine dei trenta giorni dal deposito del decreto….

….. Sul punto, va enunciato, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, il seguente principio di diritto:

“Nel procedimento di equa riparazione per irragionevole durata del processo, la tardiva notificazione del decreto emanato ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, deve essere fatta valere dal Ministero destinatario della notifica mediante l’opposizione prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter;
il conseguente giudizio di opposizione può limitarsi alla verifica della tardività della notifica e concludersi con la declaratoria della inefficacia del decreto, ….
”>>: opposizione che, dagli atti di causa, non risulta, invece, proposta, con ogni conseguenza di legge.

3. - Nel merito, sul presupposto della persistente inottemperanza dell’Amministrazione, il presente ricorso di ottemperanza è fondato e deve essere, quindi, accolto.

3.1 - Si deve premettere che la pretesa è stata azionata ai sensi dell’art. 112, secondo comma lett. c), del Codice del Processo Amministrativo, statuente che il giudizio di ottemperanza è esperibile per conseguire l’attuazione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del Giudice Ordinario: tra questi si deve far rientrare anche il decreto in esame.

Infatti - alla stregua dell’insegnamento giurisprudenziale prevalente e condivisibile - il decreto di condanna emesso ai sensi dell’art. 3 della legge 24 marzo 2001 n. 89 (in tema di eccessiva durata del processo) ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi e, essendo idoneo ad assumere valore ed efficacia di giudicato, vale ai fini dell’ammissibilità del ricorso di ottemperanza di cui agli artt. 112 e seguenti Cod. Proc. Amm. ( ex multis , Consiglio di Stato, Sezione Quarta, 23 agosto 2010, n. 5915).

Con la precisazione che: a) il giudizio di ottemperanza è limitato alla stretta esecuzione del giudicato del quale si domanda l’attuazione ed esula dal suo ambito la cognizione di qualsiasi altra domanda comunque correlata al giudicato stesso;
b) l’ottemperanza è esperibile indipendentemente da ogni disposizione concernente l’esecuzione civile, attesa la totale diversità ontologica delle due azioni;
c) l’esecuzione dell’ordine del giudice costituisce un inderogabile dovere d’ufficio per la P.A. cui l’ordine è rivolto, nonché per i suoi rappresentanti e funzionari.

Il Collegio, poi, rileva la regolarità in rito del presente ricorso di ottemperanza, poichè, nella fattispecie in esame, risultano osservati sia il dimezzamento dei termini per il deposito del ricorso ex art. 87, terzo comma, c.p.a., sia il disposto dell’art. 114, secondo comma c.p.a., atteso che il decreto di cui in premessa ha comprovata valenza di cosa giudicata, essendo stata prodotta l’attestazione rilasciata (in data 27 maggio 2019) dalla Corte d’Appello di Bari, dalla quale risulta l’assenza di proposizione di ricorso per Cassazione, ai sensi dell’art. 327 Cod. Proc. Civ..

Per quanto concerne, poi, la legittimazione passiva al pagamento degli indennizzi conseguenti all’applicazione della legge 24 marzo 2001 n. 89, in adesione all’orientamento espresso sul punto anche di recente dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, deve ritenersi che, nel caso di specie, tale pagamento sia dovuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, giacché: a) da un lato, le parti nel giudizio di ottemperanza conservano la stessa posizione processuale avuta nel giudizio terminato con la pronuncia da ottemperare;
b) dall’altro, il Ministero della Giustizia è competente quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario e del giudice militare, mentre negli altri casi è competente il Ministero dell’ Economia e delle Finanze (e, nella vicenda in esame, la domanda di equa riparazione ha riguardato l’irragionevole durata di un processo in materia pensionistica innanzi alla Corte dei Conti - Sezione per la Puglia).

Inoltre, il predetto decreto della Corte d’Appello di Bari è stato notificato, munito della formula esecutiva (del 27 maggio 2019), in data 10 giugno 2019 al Ministero dell’Economia e delle Finanze, sicchè sussistono i presupposti di cui all’art. 14, primo comma del decreto legge 31 dicembre 1996 n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997 n. 30 e ss.mm., secondo il quale l’azione esecutiva nei confronti della Pubblica Amministrazione (debitrice di somme di denaro) non può essere iniziata se non dopo l’infruttuosa scadenza del termine di centoventi giorni, decorrente dalla notifica alla P.A. del titolo esecutivo.

Infine, risulta provato che, in data 10 novembre 2020, gli odierni ricorrenti hanno inviato al Ministero intimato l’apposita e formale autodichiarazione ai sensi dell’art. 5- sexies della legge 24 marzo 2001, n. 89 e ss.mm. (introdotto dall’art. 1, comma 777 della legge 28 dicembre 2015, n. 208) e non risulta agli atti di causa che sia seguito il pagamento del dovuto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze entro il termine di sei mesi dalla ricezione della predetta autodichiarazione, né successivamente (sino a tutt’oggi).

4. - Per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso di ottemperanza deve essere accolto, non risultando l’adempimento, da parte dell’Amministrazione intimata, al giudicato formatosi sul decreto in questione, ordinando al Ministero dell’Economia e delle Finanze, entro il termine di 60 (sessanta) giorni decorrenti dalla comunicazione o notifica della presente sentenza, di provvedere al pagamento agli odierni ricorrenti delle somme portate in loro favore dal decreto della Corte di Appello di Bari (di cui in epigrafe), secondo quanto statuito dal decreto stesso.

5. - Può inoltre, sin d’ora, nominarsi quale Commissario ad acta - con facoltà di delega - il Responsabile pro tempore dell’Ufficio X della Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del Personale e dei Servizi del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale provvederà all’espletamento dell’incarico nell’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione dell’inottemperanza - a cura della parte ricorrente - e previa verifica dell’effettivo intervenuto integrale assolvimento degli obblighi di comunicazione.

Non è dovuto un compenso specifico al Commissario ad acta , in base al principio dell’onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti di cui al comma 8 dell’art. 5- sexies della legge n. 89/2001, così come previsto dall’art. 1, comma 777, lett. l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

6. - Sussistono giustificate ragioni per compensare le spese di lite, considerate le caratteristiche dell’attività defensionale prestata e dell’affare esaminato, e, comunque, l’elevatissimo numero di analoghe statuizioni da eseguire da parte del Ministero intimato e le conseguenti, obiettive difficoltà in cui lo stesso è venuto a trovarsi (si veda, tra le ultime, Consiglio di Stato, Sezione Quarta, 9 ottobre 2019, n. 6892, secondo cui “ Il T.A.R. può… anche tener conto del fatto che sia stata chiesta l’ottemperanza ad un giudicato basato sulla violazione della legge n. 89 del 2001, che notoriamente ha comportato l’insorgenza di un notevole contenzioso basato su ricorsi che per la loro semplicità possono essere presentati sulla base di schemi precostituiti, anche in assenza di particolari considerazioni di carattere giuridico. Il TAR - nel caso di accoglimento di un tale ricorso d’ottemperanza - può dunque compensare le spese del giudizio, con una valutazione insindacabile in sede d’appello, che di per sé non incide sul diritto alla effettività della tutela giurisdizionale (poiché le regole sulla statuizione sulle spese coesiste con le altre regole, miranti alla effettività della tutela) e neppure incide sulla dignità e sul decoro della professione forense: la decisione sulle spese non comporta di per sé una valutazione sull’operato del difensore o sulla qualità dei suoi scritti e attiene esclusivamente agli aspetti processuali sopra indicati ”;
e, inoltre, T.A.R. Lazio, Roma, Sezione Prima - quater , 20 marzo 2019, n. 3685;
T.A.R. Lazio, Roma, Sezione Prima, 7 febbraio 2019, n. 1616).

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