TAR Milano, sez. I, sentenza 2013-03-02, n. 201300585

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. I, sentenza 2013-03-02, n. 201300585
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201300585
Data del deposito : 2 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01851/2001 REG.RIC.

N. 00585/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01851/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1851 del 2001, proposto da:
P A, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Vercesi, con domicilio eletto presso l’avv. Carlo Nassi in Milano, via L. Majno, 5

contro

Ministero della Difesa - Comando Generale Arma dei Carabinieri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Milano, via Freguglia, 1

per l'annullamento

dell’atto n. prot. 8/77-4-30 emesso dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Commissione di valutazione e avanzamento in data 27 febbraio 2001;

della valutazione n. prot. 230/2-1, trasmessa da parte del Comando Regione Carabinieri Lombardia il 2 marzo 2001, nella parte in cui fa decorrere l’avanzamento del ricorrente dal 1999 anziché dal 1998;

dell’atto prot. 230/3-1-2000 in data 10 aprile 2001, nella parte in cui fa decorrere l’anzianità assoluta del ricorrente dal 9 gennaio 1999 anziché dal 9 gennaio 1998 e comunque nella parte in cui fa decorrere l’avanzamento del ricorrente dal 1999 anziché dal 1998;

di ogni altro atto presupposto, derivato o conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Generale Arma dei Carabinieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2013 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso depositato in data 6 giugno 2001, il sig. P, Maresciallo ordinario dei Carabinieri, chiedeva l’accertamento dell’illegittimità degli atti con i quali era stato considerato idoneo all’avanzamento di carriera per anzianità con decorrenza dal 1999 anziché dal 1998.

Il ricorrente premetteva, al riguardo, che avrebbe dovuto conseguire il grado superiore di Maresciallo ordinario con decorrenza già dal gennaio 1998, ma che il suo avanzamento in carriera era stato sospeso a causa della sussistenza a suo carico di un procedimento penale.

Tale procedimento penale era maturato a seguito dell’irrogazione nei confronti del ricorrente di una sanzione disciplinare di corpo (consegna per sette giorni) ed era sfociato, alla fine, in una pronuncia di assoluzione con formula piena (“il fatto non sussiste”).

A fronte di tale esito, peraltro, al sig. P, pur essendo stato incluso nella prima aliquota utile di valutazione, a seguito del cessare della causa impeditiva, era stata riconosciuta l’anzianità solo a decorrere dal gennaio 1999.

A sostegno del suo ricorso, P deduceva molteplici profili di illegittimità con riferimento agli atti impugnati.

In primo luogo, il ricorrente ravvisava una diretta violazione delle norme prescriventi la corretta decorrenza dell’avanzamento di un militare avente il suo stesso stato di servizio (ex artt. 35, 36 e 37 del d.lgs. n. 198/1995).

In secondo luogo, esponeva che la sospensione di cui all’art. 35 su citato avrebbe avuto lo scopo di consentire all’amministrazione di incidere negativamente sulla anzianità del militare, ai sensi dell’art. 7 della L. n. 89/53, soltanto dopo che lo stesso fosse stato condannato o gli fosse stata irrogata definitivamente una sanzione di stato, mentre nel caso di specie gli era stata applicata una mera sanzione disciplinare di corpo.

Di conseguenza, a dire del ricorrente, la disamina dell’idoneità del candidato all’avanzamento si sarebbe posta come una verifica necessariamente vincolata non dei requisiti individuali, come aveva inteso fare l’amministrazione, bensì della sola mancanza di effetti sfavorevoli in capo al candidato stesso in esito alla conclusione dei procedimenti integranti le cause impeditive che avevano legittimato la sospensione temporanea dall’aliquota di valutazione.

Il ricorrente deduceva, infine, l’illegittimità degli atti impugnati per eccesso di potere, in quanto l’amministrazione, a dire del P in modo del tutto contraddittorio, da un lato avrebbe sospeso la sua valutazione per l’avanzamento a causa del processo penale in corso, dall’altro avrebbe comunque posticipato l’anzianità della promozione di un anno sulla scorta di una diversa e nuova motivazione, ovvero quella riferibile all’irrogazione della sanzione disciplinare.

Infine, il ricorrente si doleva anche della contraddittorietà esterna tra i due provvedimenti (di inidoneità con riferimento all’anno 1998 e di idoneità con riferimento all’anno 1999), in quanto contenenti esiti diametralmente opposti pur nel persistere delle stesse condizioni soggettive e di servizio;
contestava, altresì, il merito della motivazione apposta al suddetto giudizio di inidoneità.

Si costituiva l’amministrazione, che resisteva al ricorso, e la causa passava in decisione all’udienza pubblica del 30 gennaio 2013.

DIRITTO

Il ricorso è infondato, anche perché basato, con riferimento al suo nucleo fondante, su di una ricostruzione errata della normativa di settore all’epoca vigente.

Invero, occorre distinguere tra la sospensione della valutazione per l’avanzamento di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 198/1995 e la valutazione di avanzamento stessa.

La prima era prevista in presenza di alcuni fatti impeditivi (ad es., rinvio a giudizio, procedimento disciplinare da cui potesse derivare una situazione di stato), la seconda si fondava su un giudizio di idoneità espresso dalle commissioni a ciò competenti (ex art. 34 della L. n. 212 del 1983).

Il tenore letterale dell’art. 37 del d.lgs. n. 198/1995, d’altra parte, non lasciava spazio a dubbi interpretativi: “i marescialli esclusi dalle aliquote di valutazione per i motivi di cui all'art. 36, nell'avanzamento ad anzianità sono promossi, se idonei, con la stessa decorrenza attribuita ai pari grado con i quali sarebbero stati valutati in assenza delle cause impeditive, riacquistando l'anzianità relativa precedentemente posseduta”.

In buona sostanza, cioè, il superamento delle cause impeditive di valutazione non implicava l’automatico conferimento dell’idoneità di giudizio con riferimento all’anno nel quale si era concretizzata la fattispecie di sospensione.

Premesso ciò, risulta agevole verificare come l’amministrazione abbia correttamente seguito la procedura di legge nel riprendere in considerazione la posizione del ricorrente per l’aliquota relativa all’anno 1998, al cessare della causa impeditiva rappresentata dal processo penale cui il P era stato sottoposto, e nell’esprimere in ogni caso nei suoi confronti un giudizio di inidoneità “per aver fornito nell’ultimo periodo un rendimento insoddisfacente e per aver evidenziato scarse qualità professionali, incorrendo in sanzione disciplinare (…)”.

Ragionare nei termini di una verifica necessariamente vincolata della sola mancanza di effetti sfavorevoli in capo al candidato, in esito alla conclusione dei procedimenti integranti le cause impeditive che avevano legittimato la sospensione temporanea dall’aliquota di valutazione, avrebbe significato, di fatto, eludere l’applicazione del comma 1 del predetto art. 37 del d.lgs. n. 198/1995 (“L'avanzamento ad anzianità avviene secondo le modalità di cui all'art. 34 della legge 10 maggio 1983, n. 212”) proprio e solo nei confronti dei soggetti sottoposti, come il ricorrente, ad un processo penale.

D’altro canto, nessuna contraddittorietà esterna è ravvisabile tra i due provvedimenti impugnati (giudizio di inidoneità per l’anno 1998 e giudizio di idoneità per l’anno 1999), poiché essi afferiscono a periodi di valutazione diversi e tra di loro autonomi, e a condizioni soggettive e di servizio solo parzialmente coincidenti.

Occorre, infine, osservare che la motivazione del giudizio di inidoneità per l’anno 1998 appare congrua ed idonea a rappresentare l’iter logico seguito dall’amministrazione. Le ragioni poste alla base del mancato avanzamento per anzianità non sono, invero, imperniate sulle sole contestazioni disciplinari addebitate al ricorrente, ma spaziano dal “rendimento insufficiente” alla mancanza di “sufficienti garanzie per ben esercitare le funzioni del grado superiore”.

In definitiva, cioè, il combinato disposto della sanzione disciplinare inflitta (la cui legittimità è stata accertata da questo Tribunale con la sentenza n. 421/13) e delle scarse qualità professionali ravvisate nel ricorrente, ha consentito all’amministrazione di esprimere un giudizio scevro da profili di illogicità ed insindacabile nel suo nucleo più squisitamente valutativo della personalità del militare, in assenza di significativi elementi di segno contrario (cfr. sul punto, tra le altre, Cons. di Stato, sent. n. 3551 del 2005).

Il ricorso va dunque integralmente respinto, con spese di lite che seguono la soccombenza, e che sono liquidate come da dispositivo.

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