TAR Salerno, sez. III, sentenza 2023-01-16, n. 202300112
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Testo completo
Pubblicato il 16/01/2023
N. 00112/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01573/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1573 del 2022, proposto da -OMISSIS- in qualità di amministratore unico e rappresentante legale della -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliataria
ex lege
in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;
per l’accertamento
del SILENZIO INADEMPIMENTO FORMATOSI SULLA -OMISSIS-EX ART. 103 D. L. 34/2020 CONVERTITO IN L. 77/2020
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS-
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2023 il dott. Valerio Bello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ex artt. 31 e 117 c.p.a., parte ricorrente ha adito il Tribunale per ottenere la declaratoria del silenzio illegittimamente serbato dall’amministrazione resistente sull’istanza di emersione del lavoro irregolare presentata, a norma dell’art. 103, d.l. 34/20, in data 13 luglio 2020, rimasta inevasa, nonché la condanna della medesima a concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
2. L’amministrazione resistente si è costituita in giudizio con memoria di stile.
3. Alla camera di consiglio del 9 gennaio 2023 parte ricorrente ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere, con vittoria di spese, avendo l’amministrazione, dopo la notifica del ricorso, definito positivamente la procedura, mentre il Collegio ha rilevato d’ufficio la tardività del ricorso in quanto proposto oltre l’anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. Il difensore di parte ricorrente ha chiesto, conseguentemente, di essere rimesso in termini alla stregua dell’art. 37 c.p.a. in considerazione dell’esistenza di contrasti giurisprudenziali in ordine alla questione rilevata d’ufficio, indi la causa è stata trattenuta in decisione.
4. In via preliminare, va osservato che questa Sezione ha già avuto modo di aderire all’orientamento espresso più di recente dal Consiglio di Stato (sez. III, 09/05/2022, sent. n.3578) in forza del quale “il procedimento avviato con l'istanza di emersione del rapporto di lavoro irregolare nell'interesse di una persona di cittadinanza straniera deve essere chiuso nel termine di 180 giorni, e ciò in quanto ai sensi dell'art. 2, comma 4, l. 7 agosto 1990, n. 241, la materia dell'emersione deve ritenersi esclusa dall'intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo previsto dai tre commi dell'art. 2 e, a maggior ragione, dal termine più breve previsto dal relativo comma 2” (sez. III, 26/10/2022, sent. n. 2843).
Applicando il superiore principio al caso di specie, il ricorso deve ritenersi sicuramente tardivo, in quanto notificato in data 24 settembre 2022, oltre l’anno dalla scadenza del termine di 180 giorni previsto per la conclusione del procedimento (9 febbraio 2022).
5. Ciò nondimeno, sussistono i presupposti per l’accoglimento dell’istanza di rimessione in termini formulata da parte ricorrente.
La rimessione in termini per errore scusabile, a norma dell’art. 37 c.p.a., può essere disposta, anche d’ufficio, oltre che per gravi impedimenti di fatto, “in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto”, che per la giurisprudenza possono essere individuate anche in una “situazione normativa confusa oppure uno stato di incertezza per l'oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma o, ancora, per contrasti giurisprudenziali esistenti” (Consiglio di Stato sez. V, 20/07/2022, n.6384).
Orbene, non v’è dubbio circa la sussistenza del contrasto di giurisprudenza segnalato dal ricorrente in ordine all’ammissibilità dell’azione avverso il silenzio serbato sulle istanze di emersione del lavoro irregolare ex art. 103, d.l. 34/20, nonché alla specificazione dell’eventuale termine di conclusione del procedimento, manifestato dalle pronunce riguardanti tale disciplina di recente introduzione.
Infatti, ad un orientamento negativo secondo il quale “l'istanza di emersione del rapporto di lavoro irregolare ex art. 103, comma 1, d.l. 19 maggio 2020 n. 34, conv. nella l. 17 luglio 2020 n. 77, non è soggetta ai termini di conclusione del procedimento di cui all'art. 2, l. 7 agosto 1990 n. 241, stante la previsione nel comma 4 del medesimo art. 2 dell'esclusione della materia dell'immigrazione dal l'intero sistema dei termini previsti per i procedimenti amministrativi” (cfr. ex multis, T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 11/06/2021, n.380;T.A.R. Marche, Ancona, sez. I, 10/04/2021, n. 303;T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 27/12/2021, n. 1122), formatosi sulla scorta di quanto ritenuto dal Consiglio di Stato con riferimento alla precedente procedura di emersione del lavoro irregolare di cui all’art. 5, d.lgs 109/12 (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 13/05/2015, n.2384, la quale evidenziò come “la ragionevolezza della assenza di termini per la conclusione del procedimento di emersione dal lavoro irregolare dell'extracomunitario deriva dal fatto che, nell'ambito dei procedimenti relativi all'immigrazione, di particolare complessità sul piano amministrativo, tale procedura ha natura del tutto eccezionale coinvolgendo soggetti eterogenei tra loro, sia per gli interessi di cui sono portatori, sia per i plurimi requisiti da verificare per ciascuno di essi”), se ne è contrapposto un altro, alla stregua del quale “in materia di domanda di emersione dal lavoro irregolare di cui all'art. 103, comma 1, d.l. n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, sussiste un termine entro il quale l'amministrazione procedente deve concludere il procedimento” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 06/10/2021, n.2145), al quale questa stessa Sezione, con sentenza n. 2843/22, ha aderito.
Da ultimo, il Consiglio di Stato, da un lato rivedendo il proprio precedente orientamento teso ad escludere la giustiziabilità del silenzio dell’amministrazione nelle procedure di emersione del lavoro irregolare e disattendendo la tesi secondo la quale “non essendo rinvenibili nell'ordinamento termini specifici e diversi, deve applicarsi il termine di 30 giorni” (in questo senso T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 06/10/2021, n.2145), dall’altro ha affermato, quanto all’individuazione del termine di conclusione del procedimento, come lo stesso “deve essere chiuso nel termine di 180 giorni, e ciò in quanto ai sensi dell'art. 2, comma 4, l. 7 agosto 1990, n. 241, la materia dell'emersione deve ritenersi esclusa dall'intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo previsto dai tre commi dell'art. 2 e, a maggior ragione, dal termine più breve previsto dal relativo comma 2” (Consiglio di Stato sez. III, 09/05/2022, n.3578), soluzione anch’essa condivisa da questa Sezione nella summenzionata sentenza n. 2843/22.
6. Tanto chiarito, ad avviso del Collegio, l’evidenza del descritto, duplice, contrasto giurisprudenziale formatosi in pendenza del termine decadenziale entro il quale parte ricorrente avrebbe potuto e dovuto proporre la domanda secondo quanto affermato da ultimo dal Consiglio di Stato e da questo Tribunale nelle sentenze richiamate in tema di ammissibilità e tempestività dell’azione avverso il silenzio, integra quella situazione di incertezza che giustifica la rimessione in termini per errore scusabile, in accoglimento dell’istanza formulata.
7. Nel merito, superate le eccezioni di rito, può dichiararsi cessata la materia del contendere, essendo stata la pretesa del ricorrente integralmente soddisfatta.
8. Tenuto conto della novità della questione, dell’esistenza di contrasti giurisprudenziali e dell’esito della lite, sussistono i presupposti per disporre la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.
Il contributo unificato va posto a carico dell’Amministrazione resistente.