TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2022-06-18, n. 202208148

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2022-06-18, n. 202208148
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202208148
Data del deposito : 18 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/06/2022

N. 08148/2022 REG.PROV.COLL.

N. 11076/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11076 del 2021, proposto da
T P, rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Luca Giordano, 15;

contro

Ministero dell'Istruzione, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

A) del decreto cumulativo dirigenziale del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione – Ministero dell'Istruzione, prot. n. 1480 del 1° settembre 2021 (successivamente comunicato), nella parte in cui reca il rigetto dell'istanza di riconoscimento della qualifica professionale conseguita in Romania per l'abilitazione all'insegnamento sulla classe comune A-18 Filosofia e Scienze Umane;
B) dei pareri tecnici, di data e protocollo sconosciuti, eventualmente acquisiti nel corso dell'istruttoria, nei quali vengono ravvisate differenze sostanziali dei percorsi formativi seguiti in Romania rispetto al TFA;
D) di qualsiasi altro atto premesso, connesso e/o consequenziale siccome lesivo dei diritti e degli interessi della ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2022 la dott.ssa Silvia Piemonte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente chiede l’annullamento del decreto dirigenziale del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell’Istruzione del 1° settembre 2021 con cui l'Amministrazione ha rigettato l'istanza per il riconoscimento ai sensi della Direttiva 2005/36/CE, recepita in Italia con il D.Lgs. n. 206 del 2007, del percorso di formazione conseguito in Romania ai fini del riconoscimento dell’abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso A-18 Filosofia e scienze umane nella scuola di istruzione secondaria superiore.

Espone di aver impugnato la precedente nota MIUR prot. n. 5636 del 2 aprile 2019, recante chiarimenti ed informazioni ai cittadini italiani che hanno concluso in Romania i percorsi denominati Programului de Studii psichopedogogice (Nivel I e Nivel II) e che tale ricorso è stato accolto con sentenza del Consiglio di Stato del 13 ottobre 2020 n. 6161, in riforma della pronuncia di questo TAR.

1.1 Si è costituito il Ministero resistente chiedendo rigettarsi il ricorso.

1.2All’esito della camera di consiglio del 14 dicembre 2021 con ordinanza n. 566 è stata accolta l’istanza di misure cautelari.

1.3All’udienza pubblica del 17 maggio 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Il ricorso è infondato.

2.1 L’Amministrazione nel provvedimento oggetto di gravame, nel richiamare l’art. 13 della Direttiva 2013/55/UE ha rilevato la mancanza dell’Attestazione di competenza professionale da parte dell’Autorità rumena “ ritenuta condizione necessaria ai sensi dell’art. 13 della citata Direttiva 2013/55/UE, nonché imprescindibile ai fini del riconoscimento della qualifica corrispondente in Italia, attraverso l’ambito disciplinare ivi dichiarato ” e considerato “ non poter procedere al confronto tra il percorso svolto dagli interessati in Romania e quello italiano, in mancanza di parte della documentazione indicata come imprescindibile nel modello di domanda di riconoscimento compilata, e/o della rispettiva attestazione di competenza professionale del Ministero rumeno, dal valore dirimente in quanto “unico attestato avente ufficiale e specifica attitudine certificativa dello spettro ossia della latitudine della abilitazione conseguita”, come statuito da numerose sentenze TAR favorevoli all’Amministrazione;

In sintesi l’Amministrazione ha rigettato l’istanza per il riconoscimento della qualifica professionale poiché in assenza dell’allegazione da parte dell’istante della certificazione sulla qualifica conseguita all’estero non è stato neppure possibile procedere al confronto tra i percorsi formativi come disposto con la pronuncia che ha annullato la nota MIUR del 2 aprile 2019.

Parte ricorrente sostiene al riguardo di avere in realtà allegato all’istanza e depositato la necessaria documentazione (“ ..il provvedimento impugnato è illegittimo e nullo in quanto si fonda su un errato presupposto di fatto ed un conseguente, quindi, difetto assoluto di istruttoria, in quanto la ricorrente, all’atto della presentazione della domanda di riconoscimento, allegava tutta la documentazione necessaria ivi compresa l’Adeverintia Ministeriale in uno a tutti i certificati rilasciati dall’Autorità Rumena debitamente tradotti in Italiano. ” -pag. 6 del ricorso-)

Tuttavia il Collegio non può non rilevare che il certificato rumeno, c.d. Adeverintia (recante n. prot. 86569) depositata nel presente giudizio reca la data del 28 maggio 2019, mentre l’istanza di riconoscimento dei titoli rumeni è stata presentata il 19 marzo 2018.

Risulta dunque dagli atti depositati che, all’epoca della presentazione dell’istanza di riconoscimento (19 marzo 2018) la ricorrente ha allegato alla domanda unicamente le certificazioni rilasciate dall’Università rumena relative alla frequenza ed al superamento degli esami finali del “Programma di studi Psicopedagogici livello I e II postuniversitario” in cui in realtà non è riportata alcuna attestazione sulla qualifica professionale, trattandosi unicamente di attestazioni rilasciate dalle università sul compimento di percorsi formativi.

Il Collegio non può non rilevare come la disciplina normativa in base alla quale la ricorrente ha chiesto il riconoscimento del titolo estero è testualmente quella di cui al D.lgs. n. 206 del 2007 il quale disciplina il riconoscimento “per l'accesso alle professioni regolamentate e il loro esercizio”.

In particolare l’art. 1 comma 1-bis del richiamato decreto, così dispone che “ Il presente decreto disciplina, altresì, il riconoscimento delle qualifiche professionali già acquisite in uno o più Stati membri dell'Unione europea e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitare nello Stato membro di origine la professione corrispondente, ai fini dell'accesso parziale ad una professione regolamentata sul territorio nazionale, nonché i criteri relativi al riconoscimento dei tirocini professionali effettuati da cittadini italiani in un altro Stato membro ”.

Presupposto imprescindibile perché possa, dunque, richiedersi il riconoscimento della qualifica professionale estera è che il richiedente sia in possesso del relativo titolo che gli consenta di esercitare anche all’estero tale professione.

Tale attestazione di competenza della Stato estero, costituisce documento necessario perché possa presentarsi la conseguente istanza di riconoscimento del titolo stesso in Italia. Difatti l’art. 17 sempre del d.lgs. 106 del 2007 dispone che costituiscono documenti necessari ai fini della presentazione dell’istanza per il riconoscimento del titolo estero: “ a) un certificato o copia di un documento che attesti la nazionalità del prestatore;

b) una copia degli attestati di competenza o del titolo di formazione che dà accesso alla professione ed eventualmente un attestato dell'esperienza professionale dell'interessato;

c) nei casi di cui all'articolo 27, un attestato relativo alla natura ed alla durata dell'attività, rilasciato dall'autorità o dall'organismo competente dello Stato membro d'origine o dello Stato membro da cui proviene il cittadino di cui all'articolo 2, comma 1.

Prescrive inoltre il successivo art. 21 (“Condizioni per il riconoscimento”) al comma 1: “ Al fine dell'applicazione dell'articolo 18, comma 1, per l'accesso o l'esercizio di una professione regolamentata sono ammessi al riconoscimento professionale le qualifiche professionali che sono prescritte da un altro Stato membro per accedere alla corrispondente professione ed esercitarla. Gli attestati di competenza o i titoli di formazione ammessi al riconoscimento sono rilasciati da un'autorità competente in un altro Stato membro, designata ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di tale Stato”.

2.2 Deve al riguardo evidenziarsi che, con riferimento alla specifica materia dell’abilitazione all’insegnamento, non è affatto irrilevante stabilire se il richiesto riconoscimento del titolo estero sia avvenuto in applicazione della disciplina di cui al d.lgs n. 206 del 2007 ovvero in generale dell’applicazione dei principi europei di cui agli articoli 45 e 48 del TFUE -su cui si avrà modo di tornare-, atteso che solo nel primo caso può ritenersi che trovino applicazione le disposizioni di settore, spesso contenute nei provvedimenti ministeriali di indizione delle procedure per l’accesso alle graduatorie o ai concorsi, le quali prevedono come requisito di ammissione anche solo la presentazione dell’istanza di riconoscimento della qualifica professionale conseguita all’estero ai sensi del d.lgs. n. 206 del 2007 (ex multis si veda l’art. 4 co.1 dell’Ordinanza ministeriale 10 luglio 2020 n. 60).

Difatti solo l’effettivo possesso di siffatta qualificazione e l’acquisito diritto di esercitarla nel Paese di origine (ossia il Paese presso cui è stata conseguita la qualifica professionale), può giustificare l’ammissione con riserva alle procedure concorsuali e la sostanziale retroattività del riconoscimento ai sensi del D.lgs. n. 206 del 2007 al momento della presentazione dell’istanza.

2.3 La stessa Giurisprudenza eurounitaria (da ultimo Corte giustizia Unione Europea Sez. VI, Sent., 8.7.2021, n. 166/20) ha chiarito che la disciplina sul regime di riconoscimento di cui alla direttiva 2005/36 (a prescindere se relativo al sistema generale o al c.d. sistema automatico) non si applica nei casi in cui la persona che chiede il riconoscimento delle sue qualifiche professionali non ha ottenuto un titolo di formazione che la qualifichi, nello Stato membro d'origine, per esercitarvi una professione regolamentata.

Si legge difatti nella sentenza richiamata: “ ..occorre rilevare che, per quanto attiene all'obiettivo della direttiva 2005/36, dai suoi articoli 1 e 4 emerge che lo scopo essenziale del riconoscimento reciproco consiste nel consentire al titolare di una qualifica professionale che gli apre l'accesso ad una professione regolamentata nel suo Stato membro d'origine di accedere, nello Stato membro ospitante, alla stessa professione per la quale egli è qualificato nello Stato membro d'origine e di esercitarla sul suo territorio alle stesse condizioni dei suoi cittadini (sentenza del 16 aprile 2015 A., C-477/13, EU:C:2015:239, punto 36).

26 Pertanto, il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali di cui alla suddetta direttiva presuppone che il richiedente disponga di una formazione che lo qualifichi nello Stato membro d'origine per esercitarvi una professione regolamentata.

27 Ciò vale indipendentemente dal regime di riconoscimento delle qualifiche professionali, ossia il regime generale di riconoscimento, ai sensi del titolo III, capo I, della direttiva 2005/36, o il regime automatico di riconoscimento, ai sensi del titolo III, capi II, III e III bis, di tale direttiva.

28 Ne consegue che l'articolo 10 della direttiva 2005/36, che definisce l'ambito di applicazione del regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione previsto al capo I del titolo III di tale direttiva, non può, in forza della sua lettera b), imporre allo Stato membro ospitante, salvo disattendere l'obiettivo di detta direttiva, di esaminare i titoli di formazione posseduti da un richiedente che non possiede le qualifiche necessarie per esercitare la professione di farmacista nel suo Stato membro d'origine (v., per analogia, sentenza del 16 aprile 2015, A., C-477/13, EU:C:2015:239, punti 24 e 37).

29 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 2005/36, in particolare il suo articolo 1 e il suo articolo 10, lettera b), deve essere interpretata nel senso che essa non si applica a una situazione in cui una persona che chiede il riconoscimento delle sue qualifiche professionali non ha ottenuto un titolo di formazione che la qualifichi, nello Stato membro d'origine, per esercitarvi una professione regolamentata.”

2.4 Tanto non comporta che al di fuori dell’ambito applicativo della Direttiva 2005/36 (come modificata dalla Direttiva 2013/55), le competenze professionali comunque acquisite da un cittadino dell’Unione europea non debbano essere valutate dallo Stato ospitante al fine di dare attuazione agli artt. 45 e 49 Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, in tema di libera circolazione dei lavoratori e di libertà di stabilimento, i quali “devono essere interpretati nel senso che, in una situazione in cui l'interessato non possiede il titolo che attesta la sua qualifica professionale di farmacista, ai sensi dell'allegato V, punto 5.6.2, della direttiva 2005/36, ma ha acquisito competenze professionali relative a tale professione tanto nello Stato membro d'origine quanto nello Stato membro ospitante, le autorità competenti di quest'ultimo sono tenute, quando ricevono una domanda di riconoscimento di qualifiche professionali, a valutare tali competenze e a confrontarle con quelle richieste nello Stato membro ospitante ai fini dell'accesso alla professione di farmacista. Se tali competenze corrispondono a quelle richieste dalle disposizioni nazionali dello Stato membro ospitante, quest'ultimo è tenuto a riconoscerle. Se da tale esame comparativo emerge una corrispondenza solo parziale tra queste competenze, lo Stato membro ospitante ha il diritto di esigere che l'interessato dimostri di aver acquisito le conoscenze e le qualifiche mancanti. Spetta alle autorità nazionali competenti valutare, se del caso, se le conoscenze acquisite nello Stato membro ospitante, nell'ambito, in particolare, di un'esperienza pratica, siano valide ai fini dell'accertamento del possesso delle conoscenze mancanti. Se detto esame comparativo evidenzia differenze sostanziali tra la formazione seguita dal richiedente e la formazione richiesta nello Stato membro ospitante, le autorità competenti possono fissare misure di compensazione per colmare tali differenze.

Dunque la valutazione e comparazione ai fini del riconoscimento della qualifica professionale in base alla procedura di cui al D.lgs. n. 206 del 2007 (di recepimento della Direttiva 2005/36 come modificata dalla Direttiva 2013/55) presuppone il possesso -e l’attestazione di tale possesso- della relativa qualifica professionale nello Stato estero.

Tanto specie se si considerano gli effetti di retroattività che ne deriverebbero ai fini della partecipazione alle procedure di selezione del personale scolastico di cui al punto 2.2, quantomeno laddove il riconoscimento del titolo avvenga tout court ossia senza il previo completamento della formazione attraverso misure compensative (art. 22 del d.lgs. n. 206 del 2007).

3. Per quanto precede, appare evidente la legittimità del gravato provvedimento di rigetto, motivato sulla scorta della carenza dell’allegazione di un’attestazione da cui si evinca il possesso della qualifica ad insegnare nel Paese straniero, che costituisce applicazione delle richiamate disposizioni normative.

Né possono invocarsi nel caso di specie le disposizioni di cui alla legge n. 241 del 1990 sulla partecipazione istruttoria dell’istante e la conseguente possibilità di integrazione documentale nel corso del procedimento. Ostano a tale applicazione non solo le previsioni di carattere speciale che per il procedimento in questione prescrivono, come si è visto la allegazione necessaria dei documenti di cui all’art. 17 del d.lgs. 106 del 2007, ma altresì la considerazione che l’attestazione estera in possesso della ricorrente è postuma di più di un anno rispetto alla presentazione dell’istanza.

3.1 Per le suesposte ragioni deve essere respinto il ricorso, ferma restando la facoltà della ricorrente di ripresentare l’istanza di riconoscimento dell’abilitazione sulla base dell’attestazione ricevuta dal Ministero rumeno.

3.In considerazione delle peculiarità della questione di lite devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

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