TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2024-02-26, n. 202403781

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2024-02-26, n. 202403781
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202403781
Data del deposito : 26 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/02/2024

N. 03781/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01467/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1467 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati R C, G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio R C in Roma, viale Liegi 35b;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

della determina dirigenziale del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare prot. n.-OMISSIS- del 15.11.2022, notificata il 22.11.2022, con la quale, in pretesa esecuzione della sentenza di codesto ecc.mo TAR n. -OMISSIS- del 29.8.2022, è stata (nuovamente) disposta nei riguardi del Tenente Colonnello Carabinieri spe R -OMISSIS-, già sospeso precauzionalmente dall'impiego, “a decorrere dal 19 dicembre 2019, ai soli fini giuridici, la sanzione della “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari” ai sensi degli articoli 1373, 861, comma primo, lettera d) e 867, comma quinto del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e, per l'effetto, il predetto Ufficiale cessa dal servizio permanente e viene iscritto d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado, ai sensi degli articoli 923, comma primo, lettera i) e 861, comma quarto del richiamato Decreto Legislativo n. 66/2010”;
nonché di ogni ulteriore atto presupposto, conseguente e/o, comunque, connesso, oltre che richiamato nella predetta determina dirigenziale, con particolare riguardo a: (i) verbale della Commissione di Disciplina del 16.12.2020 ove l'ufficiale è stato ritenuto “NON meritevole di conservare il grado”;
(ii) note prot. n. -OMISSIS- del 17.10.2020 del Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri recanti rispettivamente “Ordine di deferimento alla Commissione di Disciplina”, “Ordine di costituzione e convocazione della Commissione di Disciplina” e comunicazione all'interessato dell'avvenuto deferimento alla Commissione di Disciplina;
(iii) relazione finale del 28.7.2020 redatta dall'Ufficiale Inquirente;
(iv) nota di contestazione degli addebiti dell'1.7.2020 redatta dall'Ufficiale Inquirente, notificata in pari data al ricorrente, e presupposta nota prot. n. 5168/4-6-22 dell'8.6.2020 con cui il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri ha nominato il predetto Ufficiale Inquirente;
(v) nota prot. n. -OMISSIS- del 29.1.2020, spedita il 30.1.2020, del Comando Legione Allievi Carabinieri di conclusione degli accertamenti preliminari e proposta di avvio della inchiesta disciplinare formale nei confronti del ricorrente e, per quanto occorrer possa, nota prot. n. -OMISSIS- del 21.2.2020 del Comando della Scuola dell'Arma dei Carabinieri;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2023 la dott.ssa A V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, Tenente Colonnello dell’Arma dei Carabinieri, ha impugnato la determina dirigenziale del 15.11.2022 con la quale il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare gli ha nuovamente comminato la sanzione della perdita del grado, in esecuzione della sentenza n. -OMISSIS- del 29.8.2022, che aveva annullato la medesima sanzione disciplinare di Stato precedentemente inflittagli, a seguito del coinvolgimento del ricorrente medesimo nel procedimento penale (n. -OMISSIS- R.G.) avviato dinanzi al Tribunale di Catanzaro, in relazione a fatti che sarebbero stati da lui commessi, secondo l’ipotesi accusatoria, quando ricopriva l’incarico di Comandante Provinciale di Teramo (anno 2018).

Espone in fatto che, nell’ambito dell’indagine penale suddetta, in data 19.12.2019, era stato sottoposto a custodia cautelare in esecuzione di un provvedimento emesso dal GIP del Tribunale di Catanzaro, riguardante n. 338 soggetti, indagati a vario titolo, nell’ambito del complesso procedimento penale promosso dalla Procura di Catanzaro. Con specifico riferimento alla posizione dell’odierno ricorrente i reati ipotizzati a suo carico, secondo l’ordinanza del GIP, erano quelli di:

- “Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio” (artt. 61 n. 2, 81 cpv, 110 e 326 con l’aggravante di cui all’art. 416 bis 1 c.p.);

- “Abuso d’ufficio” (artt. 61 n. 2, 81 cpv, 110 e 323 c.p. aggravato dalla circostanza di cui all’art. 416 bis 1 c.p., per avere “…agevolato l’attività dell’associazione di tipo ‘ndranghetistico, sempre con riferimento alla pratica “..omissis..” pendente presso la Prefettura di Teramo” (stralcio sub doc. 1 ric).

Ai sensi dell’art. 915, co. 1, d.lgs. n. 66/2010, a seguito dell’esecuzione della misura cautelare personale, il ricorrente era stato sottoposto a sospensione obbligatoria (precauzionale) dall’impiego. In data 18.1.2020, su decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro, la custodia cautelare in carcere era stata convertita negli arresti domiciliari.

Nei confronti del ricorrente veniva quindi proposta la sottoposizione ad inchiesta formale dal Comando di appartenenza (Comando Legione Allievi) con nota prot. n. -OMISSIS-/del 29.1.2020, acquisita dal Comando Generale il successivo 30.1.2020. Seguiva il provvedimento del Comando generale dell’Arma dei carabinieri in data 8 giugno 2020, recante l’avvio dell’inchiesta formale, ai sensi dell’articolo 1378 del decreto legislativo n. 66 del 2010.

Quindi, in data 1 luglio 2020, al ricorrente veniva notificato l’atto di avvio del procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 1376 d.lgs. n. 66/2010 (doc. 7 ric.) con cui l’Ufficiale inquirente (nominato dal Comando Generale con nota prot. n. -OMISSIS-) gli contestava il seguente addebito disciplinare: “Ufficiale dei Carabinieri, violando i doveri inerenti alle sue funzioni e comunque abusando della sua qualità di pubblico ufficiale, quale Tenente Colonnello dell’Arma dei Carabinieri con l’incarico di Comandante Provinciale di Teramo:

-acquisiva notizie d’ufficio che dovevano rimanere segrete (relative a un’indagine effettuata dai CC di -OMISSIS-, che vedevano coinvolto quale persona offesa l’imprenditore edile -OMISSIS-) e, ne rivelava o ne agevolava la conoscenza all’Avv. -OMISSIS--legale del cit. imprenditore. In Prov. CZ il 25 febbraio 2018;

- rivelava a -OMISSIS- -OMISSIS-, notizie d’ufficio che dovevano rimanere segrete o ne agevolava la conoscenza, riferendo che l’imprenditore -OMISSIS- era monitorato o comunque oggetto di investigazione da parte della Guardia di Finanza. In Catanzaro, il 3 agosto 2018;

-su richiesta dell’Avv. -OMISSIS- esaminava una pratica, relativa alla ditta -OMISSIS-, pendente presso la Prefettura di TE, rivelando criticità oggetto delle verifiche in corso. In Prov. CZ il 22 settembre 2018”. Ciò con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso ‘ndranghetistico, nota come cosca -OMISSIS-.

-in concorso con -OMISSIS- -OMISSIS-, in violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della p.a. sanciti dagli arttt. 3 e 97 della Costituzione, nonché in violazione del segreto istruttorio di cui agli artt. 326 c.p. e legge 241/1990 sul procedimento amministrativo, intenzionalmente procuravano a -OMISSIS- un ingiusto vantaggio patrimoniale, concertando preventivamente le modalità e tempi di intervento per la definizione della “pratica” pendente dinanzi la Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Teramo. In provincia di Teramo, tra il 22 ed il 25 settembre 2018, nonché il 2 ottobre 2018, con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare l’attività di associazione di tipo mafioso ‘ndranghetistico”.

I fatti, come sopra formulati nella contestazione disciplinare, risultavano integralmente mutuati dai capi d’imputazione di cui al succitato procedimento penale. Il loro rilievo disciplinare veniva riferito alla violazione dei doveri di cui agli artt. 712 (doveri attinenti al giuramento), 713 (Doveri attinenti al grado), 717 (Senso di responsabilità), 722 (Doveri attinenti alla tutela del segreto), 725 (Doveri propri dei superiori), 732 (Contegno del Militare) del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90.

Successivamente, con sentenza n. -OMISSIS- del 17.7.2020, depositata il 28.7.2020, la Corte Suprema di Cassazione, Sesta Sezione Penale, in accoglimento del ricorso proposto dall’odierno ricorrente, ha annullato senza rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Catanzaro e quella presupposta del GIP di Catanzaro di applicazione della misura cautelare in relazione ai reati di cui ai capi “A-bis.4” e “A-bis.5” (corrispondenti a quelli sopra trascritti), disponendo l’immediata liberazione del ricorrente, che poi effettivamente è stata ordinata dalla Procura Generale della Corte di Cassazione il 18.7.2020. Quindi, con nota del 21.7.2020 l’incolpato ha trasmesso all’Ufficiale inquirente copia dell’ordinanza del Tribunale del Riesame di Catanzaro e del dispositivo della Corte di Cassazione del 17.7.2020.

Con note del 17.10.2020 il Comando Generale ha ordinato il deferimento del ricorrente alla Commissione di Disciplina, ha nominato i componenti di detta Commissione e ha proposto che nei confronti del ricorrente fosse “…disposta la sospensione precauzionale dall’impiego, a titolo facoltativo, ai sensi dell’articolo 916 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in commutazione e prosecuzione del provvedimento precauzionale cui è attualmente sottoposto”. Con nota del 23.11.2020 la competente Direzione Generale del Ministero della Difesa ha recepito la proposta del Comando Generale. In data 16.12.2020 si è svolta la riunione della Commissione di Disciplina dinnanzi alla quale l’Ufficiale è comparso con il proprio difensore ed ha rappresentato le proprie ragioni (peraltro già anticipate, in modo più ampio, mediante il deposito di apposita memoria difensiva). All’esito della discussione la Commissione, ritenuti insussistenti i presupposti per disporre un supplemento istruttorio, ha proceduto alla votazione in conseguenza della quale l’Ufficiale è stato ritenuto “non meritevole di conservare il grado”. Quindi, il successivo 10.4.2021 al ricorrente è stata notificata la determina dirigenziale prot. n.-OMISSIS- del 4.3.2021 con cui la Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa, visti tutti gli atti della procedura e genericamente disattesi i contenuti delle memorie di parte “in quanto non apportano alcun elemento utile a propria discolpa”, ha condiviso le conclusioni della Commissione di Disciplina e, per l’effetto, ha disposto nei confronti del -OMISSIS- “a decorrere dal 19 dicembre 2019, ai soli fini giuridici, la sanzione della “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari” ai sensi degli articoli 861, comma primo, lettera d) e 867, comma quinto del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e, per l’effetto, il predetto Ufficiale cessa dal servizio permanente e viene iscritto d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano, senza alcun grado, ai sensi degli articoli 923, comma primo, lettera i) e 861, comma quarto del richiamato Decreto Legislativo n. 66/2010”.

Con ricorso Rg. n. -OMISSIS- l’Ufficiale interessato ha impugnato, dinnanzi a questo TAR, la sanzione disciplinare di stato che era stata irrogata con il provvedimento predetto e con pronuncia n. -OMISSIS-, in accoglimento del ricorso, il provvedimento impugnato è stato annullato, sul presupposto della fondatezza del secondo motivo di gravame, “ afferente alla carenza di motivazione e al mancato approfondimento dei temi posti dalla Cassazione con la sentenza n. -OMISSIS- del 28.7.2020, che ha accolto diverse censure proposte dall’imputato, con notevole ridimensionamento (allo stato degli atti) della sua posizione processuale. Dato quest’ultimo che, in sede di riedizione del potere sanzionatorio, dovrà essere necessariamente e adeguatamente valutato ai fini della determinazione della sanzione eventualmente irrogata al ricorrente.

L’Amministrazione, in esecuzione della predetta pronuncia, ha annullato il provvedimento impugnato e contestualmente, in esito al procedimento di rinnovazione di cui all’articolo 1373 del C.O.M., ha comminato al ricorrente, con il Decreto Dirigenziale-OMISSIS- in data 15 novembre 2022, nuovamente la sanzione della “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari”.

Avverso il suddetto provvedimento il ricorrente ha articolato i seguenti motivi di diritto:

1) Decadenza per tardività dall’esercizio dell’azione disciplinare. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1376 e 1292, co. 3, d.lgs. n. 60/2010, anche in relazione agli artt. 1040, co. 1, lett. d), n. 19 e 1041, co. 1, lett. s), n. 6, d.p.r. n. 90/2010, anche in relazione alle “linee guida” di cui alla nota del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri prot. n. 350/39-2005 dell’8.10.2010. Violazione artt. 3 e 97 Cost.

Il provvedimento sarebbe illegittimo, innanzitutto, in quanto violativo dell’art.1373 del d.lgs. n. 66/2010 che prevederebbe la possibilità di “rinnovazione del procedimento disciplinare” nei soli casi di annullamento di una sanzione disciplinare a carico del militare intervenuta per effetto di autotutela da parte della stessa P.A., di sentenza coperta da giudicato e/o decreto decisorio di ricorso straordinario, ipotesi non verificatesi nel caso di specie.

In secondo luogo l’Amministrazione avrebbe superato termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui la stessa avrebbe avuto piena conoscenza dell’annullamento per rinnovare il procedimento disciplinare, in quanto la sentenza sarebbe stata notificata all’Amministrazione l’8 settembre 2022 e l’adozione della nuova determinazione sanzionatoria sarebbe avvenuta il 15 novembre 2022 (68 giorni dopo).

Inoltre, ai sensi dell’art. 1392, co. 2, d.lgs. n. 66/2010, co. 4, “In ogni caso, il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi novanta giorni dall'ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività è stata compiuta”. Nel caso di specie, l’ultimo atto della procedura disciplinare adottato prima della determina dirigenziale prot. n.-OMISSIS- del 4.3.2021 di irrogazione della sanzione a carico del ricorrente, poi annullata dalla sentenza n. -OMISSIS-, risulterebbe essere il verbale della seduta della Commissione di disciplina redatto il 15 dicembre 2020 e, dunque, tra la data di adozione dello stesso (15.12.2020) e quella dell’originario provvedimento sanzionatorio annullato (4.3.2021) risulterebbero decorsi 79 giorni senza alcuna ulteriore attività;
cosicché, una volta venuto meno il provvedimento sanzionatorio (per effetto dell’annullamento disposto dalla sentenza di questo TAR del 29 agosto 2022, notificata l’8 settembre 2022), l’amministrazione avrebbe dovuto riprendere (e concludere) il procedimento disciplinare con l’adozione di un nuovo provvedimento finale entro i successivi 11 giorni, onde evitare di incorrere nella fattispecie di estinzione prescritta dall’art. 1392, co. 4, d.lgs. n. 66/2010, da applicare in relazione al citato art. 1373. Considerato, infine, che, nel caso di specie, l’Amministrazione avrebbe violato i termini perentori previsti dalla normativa di riferimento per l’esercizio dell’azione disciplinare di Stato nei confronti del ricorrente, nemmeno avrebbe potuto rinnovare il procedimento ai sensi del citato art. 1373.

2) Violazione e/o falsa applicazione artt. 861, 867, 923, 1355, 1370, 1389 e 1393 d.lgs. n. 66/2010, artt. 712, 713, 717, 725 e 732 d.P.R. n. 90/2010, nonché art. 3 e ss. legge n. 241/1990. Eccesso di potere: travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti;
difetto di istruttoria;
contraddittorietà in atti;
manifesta illogicità e irragionevolezza;
violazione del principio di proporzionalità;
ingiustizia manifesta. Violazione artt. 3 e 97 Cost.

Il nuovo provvedimento adottato dall’Amministrazione sarebbe illegittimo in quanto basato su una motivazione del tutto illogica e fuorviante, che, ancora una volta, non terrebbe conto dell’oggettivo ridimensionamento delle condotte ascritte al ricorrente, né delle prescrizioni contenute nella sentenza n. -OMISSIS-, in quanto avrebbe solo formalmente citato la sentenza della Corte di Cassazione del 17.7.2020 e le memorie difensive del ricorrente medesimo senza, tuttavia, approfondire sostanzialmente l’istruttoria, attività particolarmente necessaria, secondo la giurisprudenza, laddove l’Amministrazione abbia ritenuto di non avvalersi della sospensione del procedimento disciplinare in attesa della definizione del complesso procedimento penale. Le condotte ascritte al ricorrente, alla luce del ridimensionamento penale delle stesse avvenuto con la sentenza della Cassazione del 17.7.2020, inoltre, non avrebbero potuto fondare la sanzione della perdita del grado, precedentemente già annullata per ipotesi accusatorie ritenute più gravi.

3) Violazione e/o falsa applicazione art. 1393 d.lgs. n. 66/2010. Eccesso di potere: illogicità e irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione.

La sanzione irrogata sarebbe illegittima anche in relazione alla presupposta decisione dell’Amministrazione di non sospendere il procedimento disciplinare in attesa della definizione di quello penale e/o, comunque, di non voler disporre un ulteriore supplemento istruttorio, sebbene ciò fosse doveroso vista la complessità del procedimento (art. 1393 c.o.m.).

2. L’amministrazione, ritualmente costituitasi, con deposito documentale e memoria del 17.02.2023 ha controdedotto a tutte le censure di parte ricorrente chiedendo, nel merito, il rigetto del ricorso in quanto infondato.

3. Con ordinanza n. -OMISSIS- è stata accolta la richiesta cautelare del ricorrente con sospensione dell’impugnato provvedimento.

4. All’udienza pubblica del 22 novembre 2023, in vista della quale parte ricorrente ha depositato un’ulteriore memoria, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce plurimi profili di violazione di legge ed eccesso di potere, lamentando la violazione dei termini del procedimento disciplinare.

Tali censure non sono meritevoli di favorevole considerazione.

La parte allega anzitutto la violazione dell’articolo 1373 del C.O.M., il quale consentirebbe – in tesi – la rinnovazione del procedimento disciplinare nei soli casi di annullamento di una sanzione disciplinare a carico del militare intervenuta per effetto di autotutela da parte dell’Amministrazione, di sentenza coperta da giudicato o decreto decisorio di ricorso straordinario. Il ricorrente sostiene che nessuna di tali ipotesi si sarebbe verificata nel caso in esame, in quanto la sentenza di questo Tribunale Amministrativo n. -OMISSIS- del 2022, che ha annullato la sanzione disciplinare originariamente irrogata, non è passata in giudicato, stante la pendenza dell’appello innanzi al Consiglio di Stato.

Sotto altro profilo, il ricorrente deduce che, anche a voler ritenere che il procedimento potesse essere rinnovato prima del passaggio in giudicato della decisione giurisdizionale sopra richiamata, emergerebbe, comunque, la violazione del termine di sessanta giorni stabilito dall’articolo 1373 del C.O.M. per la riedizione del procedimento disciplinare. Ciò in quanto la sentenza di questo Tribunale Amministrativo sarebbe stata notificata all’Amministrazione l’8 settembre 2022 e, pertanto, alla data di adozione del provvedimento sanzionatorio del 15 novembre 2022 sarebbero trascorsi complessivamente sessantotto giorni.

Sul punto, deve osservarsi che l’articolo 1373 del C.O.M. (rubricato “ Rinnovazione del procedimento disciplinare ”) dispone che “ Annullati uno o più atti del procedimento disciplinare a seguito di autotutela, anche contenziosa, di giudicato amministrativo ovvero di decreto decisorio di ricorso straordinario, se non è esclusa la facoltà dell’amministrazione di rinnovare in tutto o in parte il procedimento e non sono già decorsi, limitatamente alle sanzioni di stato, gli originari termini perentori, il nuovo procedimento riprende, a partire dal primo degli atti annullati, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto piena conoscenza dell’annullamento o dalla data di adozione del provvedimento di autotutela ”.

Al riguardo la giurisprudenza ha osservato che “ La lettura della norma opera riferimento ad un nuovo procedimento disciplinare, da porsi in essere a partire dall’ultimo degli atti annullati, ove non siano già decorsi gli originari termini perentori, e riferisce il termine perentorio di sessanta giorni alla “ripresa” del procedimento disciplinare.

Si osserva, di poi, che l’annullamento che consente la rinnovazione del procedimento è riferito al “giudicato amministrativo”, dovendo, dunque, ritenersi questo l’elemento su cui calcolare, anche a voler accedere alla tesi di parte ricorrente, la verifica dell’osservanza dei residui termini di decadenza .” (Consiglio di Stato, sez. IV, 26.11.2015, n. 5368).

Inoltre, con riferimento alla similare ipotesi di cui all’art. 119 del d.P.R. n. 3 del 1957, il Consiglio di Stato si è già espresso in ordine alle modalità e alla tempistica della rinnovazione del procedimento descritto precisando “ che lo stesso, nel prevedere un termine per la riassunzione del procedimento disciplinare annullato dal giudice amministrativo, fa riferimento al passaggio in giudicato della sentenza e stabilisce un termine "ad quem". L’Amministrazione, in altri termini, può attivarsi anche prima di tale passaggio in giudicato (come nel caso di specie, in cui il MAE ha provveduto pendente l’appello), ma a ciò non è obbligata (nel termine di 30 gg stabilito dal citato art. 119) in mancanza del presupposto passaggio in cosa giudicata (Consiglio di Stato, sez. VI, 22 giugno 1999, n. 844). ” (Consiglio di Stato, sez. IV, 8.03.2019, n. 1598).

Nel caso di specie l’annullamento che ha portato alla ripetizione del procedimento è scaturito dalla sentenza n. -OMISSIS-, notificata in data 8 settembre 2022, che, al momento dell’emanazione del secondo provvedimento di irrogazione della perdita del grado, datato 15 novembre 2022, non risultava essere ancora passata in giudicato, con la conseguenza che, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali citati, il termine di decadenza invocato da parte ricorrente non era spirato, non essendosi ancora verificato il presupposto (passaggio in giudicato) perché iniziasse a decorrere il termine di sessanta giorni di cui all’articolo 1373 del C.O.M., che il ricorrente assume essere stato superato.

D’altro canto, come pure detto, l’Amministrazione non era tenuta ad attendere che passasse in giudicato la sentenza di annullamento del primo provvedimento sanzionatorio per poter dare corso alla rinnovazione del procedimento disciplinare.

Da ciò l’infondatezza delle censure fin qui scrutinate.

Il ricorrente evidenzia, ancora, che, trattandosi di procedimento disciplinare non conseguente a un giudizio penale, troverebbe applicazione la previsione generale di cui all’articolo 1392, comma 4, del C.O.M., secondo la quale il predetto procedimento si estingue se sono decorsi novanta giorni dall’ultimo atto della procedura senza che nessuna ulteriore attività sia stata compiuta.

In questa prospettiva, la parte allega che l’ultimo atto dell’ iter disciplinare adottato prima della determina dirigenziale del 4 marzo 2021, recante l’originario provvedimento sanzionatorio a carico del ricorrente, poi annullato da questo Tribunale Amministrativo, sarebbe il verbale della seduta della Commissione di disciplina redatto il 15 dicembre 2020 ( rectius : il 16 dicembre 2020). Tra questo atto e l’originaria sanzione disciplinare risultavano quindi decorsi, secondo la parte, settantanove dei novanta giorni a disposizione dell’Amministrazione. Ne deriverebbe che, una volta annullato il primo provvedimento, l’Amministrazione avrebbe avuto complessivamente a disposizione soltanto il residuo termine di undici giorni per riprendere e concludere il procedimento disciplinare. Tale termine non sarebbe stato, tuttavia, osservato, atteso che il nuovo provvedimento sanzionatorio del 15 novembre 2022 sarebbe intervenuto a distanza di settantotto giorni dall’annullamento della precedente sanzione o comunque di sessantotto giorni dalla notifica della sentenza di annullamento.

Al riguardo, deve osservarsi che il termine di novanta giorni di cui all’articolo 1392, comma 4, del C.O.M. si riferisce non già alla durata complessiva del procedimento disciplinare, bensì soltanto all’intervallo massimo che può intercorrere tra un atto e l’altro della procedura. Si tratta, quindi, di un termine che è volto unicamente a sanzionare l’inerzia dell’Amministrazione nel dare impulso a ciascun singolo passaggio procedimentale, una volta compiuto il precedente. Conseguentemente, non è coerente con la stessa ragion d’essere della previsione normativa ipotizzare di prendere in considerazione la parte residua di tale termine, non consumata tra il penultimo atto della procedura e il provvedimento sanzionatorio già annullato.

Deve, piuttosto, ritenersi che il termine di cui all’articolo 1392, comma 4, del C.O.M. debba sempre essere computato per intero, tra un atto e il successivo. Nel caso in esame, pertanto, avrebbe potuto assumere rilievo unicamente l’eventuale superamento dei previsti novanta giorni tra un atto e l’altro del procedimento disciplinare rinnovato, una volta che lo stesso fosse stato riavviato, ai sensi dell’articolo 1373 del C.O.M.;
violazione che, tuttavia, non è stata dedotta.

Infine, con un’ultima censura articolata nel primo motivo, il ricorrente ha allegato che, sin dall’adozione del primo provvedimento sanzionatorio, era stato violato l’ulteriore termine perentorio previsto dall’articolo 1392, comma 2, del C.O.M. per la rituale e tempestiva instaurazione del procedimento disciplinare. Ciò in quanto, a fronte della conclusione degli accertamenti preliminari con nota del 29 gennaio 2020, la contestazione degli addebiti è stata notificata all’interessato soltanto il 1° luglio 2020, e quindi ben oltre il termine perentorio di sessanta giorni stabilito dalla disposizione richiamata.

Al riguardo, deve osservarsi che, come evidenziato dall’Amministrazione nelle proprie difese, l’intero procedimento individuava quale dies a quo il 19 dicembre 2019 (giorno dell’arresto del ricorrente) rispetto al quale, dunque, gli accertamenti preliminari si sarebbero dovuti concludere il 16 giugno 2020 (180 giorni dall’avvenuta conoscenza del fatto ex. artt. 1392 e 1041) mentre la contestazione degli addebiti avrebbe dovuto essere effettuata entro i successivi 60 giorni (ex art. 1392, co. 2). Nel caso di specie, come documentato in atti, l’avvio dell’inchiesta formale è stato disposto l’8 giugno 2020 e, quindi, entro il termine di 180 giorni dalla conoscenza del fatto disciplinarmente rilevante da parte dell’Amministrazione. A sua volta, la contestazione addebiti è stata effettuata in data 1 luglio 2020, e dunque entro il termine di 60 giorni di cui alla normativa citata.

Non può invece accedersi alla tesi del ricorrente, il quale individua la data di conclusione della fase degli accertamenti preliminari, dalla quale far decorrere il termine di 60 giorni per la contestazione degli addebiti, nella proposta del Comandante di corpo di sottoporre il militare a inchiesta formale, datata 29 gennaio 2020. Come chiarito dalla giurisprudenza, infatti, la fase degli accertamenti preliminari non si conclude formalmente con la proposta del Comandante di corpo, bensì soltanto con la decisione dell’autorità competente (nel caso in esame, il Comando generale dell’Arma dei carabinieri) di avviare l’inchiesta formale (Cons. Stato, Sez. II, 13 novembre 2023, n. 9689).

L’Amministrazione, dunque, non appare aver violato i termini perentori previsti dalla normativa di riferimento, e, pertanto, il provvedimento, sotto questo profilo, non è affetto dai vizi denunciati dal ricorrente.

1.2. Nemmeno possono trovare positivo accoglimento le censure dedotte con il secondo motivo di ricorso ed aventi ad oggetto l’asserita erroneità della determinazione dell’amministrazione, dovuta ad eccesso di potere, travisamento dei fatti ed illogicità dei presupposti, in riferimento alla circostanza che l’Amministrazione medesima avrebbe irrogato la stessa sanzione disciplinare precedentemente annullata anche in presenza di fatti oggettivamente più lievi in capo al ricorrente.

Al riguardo deve sottolinearsi che " La valutazione della gravità del fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce espressione di ampia discrezionalità amministrativa, insindacabile salvo che per evidenti profili di manifesto travisamento o manifesta illogicità o irragionevolezza, che palesino con immediatezza una chiara carenza di proporzionalità tra l'infrazione e il fatto. L'obbligo motivazionale è attenuato e assolto attraverso il puntuale riferimento al fatto addebitato, in relazione a condotte di particolare gravità che rendono insuscettibile di ridimensionamento la sanzione irrogata, in specie a fronte di comportamenti palesemente contrari ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l'agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato, a quelli di correttezza ed esemplarità propri dello status militare e di appartenente all'Arma dei Carabinieri" (

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