TAR Catania, sez. I, sentenza 2019-05-10, n. 201901089

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2019-05-10, n. 201901089
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201901089
Data del deposito : 10 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2019

N. 01089/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00170/1995 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 170 del 1995, proposto da
Banca Monte dei Paschi di Siena (già Banca Agricola Etnea S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A L, G M T, con domicilio eletto presso lo studio Pietro Nicotra in Catania, via Vincenzo Giuffrida 2/B;

contro

Assessorato Regionale Lavoro, Previdenza Sociale, Formazione Professionale ed Emigrazione, Ufficio Provinciale del Lavoro e M.O. - Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

del provvedimento comunicato dall’Assessorato Regionale Lavoro, Previdenza Sociale, Formazione Professionale ed Emigrazione, Ufficio Provinciale del Lavoro e M.O. - Catania il 27 ottobre 1994 di reiezione dell’istanza presentata dalla società ricorrente in data 3 giugno 1993 ai sensi e per gli effetti della legge 15 maggio 1991 numero 27;

di ogni atto connesso, antecedente, conseguente ancorché non conosciuto

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Assessorato Regionale Lavoro, Previdenza Sociale, Formazione Professionale ed Emigrazione, Ufficio Provinciale del Lavoro e M.O. – Catania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 11 marzo 2019 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. Con il provvedimento impugnato, l’Ufficio del lavoro di Catania ha rigettato l’istanza resa ai sensi dell’articolo 10 della legge regionale 15 maggio 1991 numero 27 e volta alla concessione dei contributi a favore di aziende che procedono ad assunzione di lavoratori dipendenti con contratto di formazione lavoro regolati dalla legge 19/12/1984 n. 863.

Il diniego è stato motivato, con rinvio ad una relazione ispettiva dell’Ispettorato del lavoro nella quale sarebbe stata constatata una violazione di quanto disposto dal C.C.N.L. in ordine all’orario di lavoro, svolto in misura superiore alle previsioni contrattuali, con la conseguenza che ai sensi dell’articolo 3, comma 9, della legge 863/84, il contratto di formazione lavoro “deve essere considerato a tempo indeterminato sin dalla sua instaurazione”.

Con ricorso notificato il 20 dicembre 1994 e depositato l’11 gennaio 1995 la ricorrente ha impugnato siffatto provvedimento affidandosi alle seguenti censure:

Violazione di legge ed eccesso di potere con riferimento al disposto della legge regionale 15 maggio 1991 n. 27, della legge 19/12/1984 n. 863, e successive modifiche, in relazione alle norme di cui agli articoli 2107 e 2108 del codice civile nonché della legge 15/3/1923 n. 962. Omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione.

L’articolo 10 della legge regionale 10 maggio 1991 n. 27 stabilisce che l’Assessore per il lavoro della previdenza sociale possa concedere ai datori di lavoro, che procedono all’assunzione di dipendenti con contratti di formazione lavoro ai sensi della normativa di cui alla legge 19.12.1984 n. 863, i contributi nella misura ivi previsti.

L’articolo 10 al punto quattro dispone il controllo ispettivo tramite gli ispettorati del lavoro in ordine al regolare svolgimento delle attività formative e dispone in caso di accertata inosservanza la revoca dei contributi.

Il rapporto dipendente da tale previsione normativa sarebbe una “species” del “genus” contratto di lavoro subordinato, sicché conseguirebbe l’applicazione alla fattispecie in esame di tutte le disposizioni per quest’ultimo previste.

La legge n. 863/84 ha previsto tutta una serie di violazioni da cui deriva una particolare conseguenza nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, a tempo determinato.

Il comma 9 dell’articolo 3 stabilisce “in caso di inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione lavoro, il contratto si considera tempo indeterminato fin dalla data di instaurazione del relativo rapporto”.

In ordine alla formazione lavoro la circolare del competente assessorato regionale n. 153 del 23 maggio 1991, nell’allegato 1, contiene “disposizioni per l’attività dei contratti di formazione lavoro nonché il quadro di riferimento giuridico amministrativo cui uffici vorranno attenersi nell’espletamento dei loro compiti istituzionali”;
al punto 10 , sotto il titolo “inosservanza degli obblighi del CFL”, viene stabilito che “rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, comma 9, tutti quegli adempimenti che riguardano solo e specificamente gli obblighi di formazione ricadenti sul datore di lavoro nel corso del rapporto. Si configurano inosservanze di cui al comma 9:

10.1 una mancata formazione delle attività previste nel progetto e nel contratto;

10.2 un’attività formativa carente o inadeguata”.

Anche le norme successivamente promulgate, come l’articolo 8 della legge 29/12/1990 n. 407, hanno previsto all’articolo 8, punto 8, la revoca dei benefici concessi per il caso di “inadempimento da parte del datore di lavoro agli obblighi inerenti alla formazione del lavoratore”.

Infine, la legge regionale 15 maggio 1991 numero 27, all’articolo 10, punto 4, recita testualmente che “l’assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell’emigrazione effettua controlli ispettivi a mezzo degli ispettorati del lavoro anche per quanto concerne il regolare svolgimento delle attività formative e dispone in caso di inosservanza la revoca dei contributi”.

Conseguirebbe che la vigilanza degli organi ispettivi sarebbe riferita, esclusivamente, alla verifica dell’assolvimento dell’obbligo di formazione e del regolare svolgimento della stessa, sicché l’erogazione o la revoca dei contributi non avrebbe potuto essere relazionata alle ore di lavoro.

Costituitasi, l’Amministrazione ha concluso per l’infondatezza del ricorso, deducendo che dalla relazione dell’Ispettorato de lavoro di Messina era emerso che un dipendente aveva effettuato un numero di ore supplementare (n. 286) nel 1993, superiore ai limiti fissati dal CCNL di categoria, di guisa che questi avrebbe dovuto essere considerato con rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dalla sua instaurazione.

Con Ordinanza n. 596/95, questo Tribunale ha rigettato la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, non rinvenendo il presupposto del periculum in mora.

Alla Pubblica Udienza di smaltimento dell’11.3.2019 il ricorso è stato posto in decisione.

II. Il ricorso è fondato.

Va condivisa la ricostruzione di parte ricorrente.

L’articolo 10 della legge regionale 10 maggio 1991 n. 27 stabilisce che l’Assessore per il lavoro della previdenza sociale possa concedere ai datori di lavoro, che procedono all’assunzione di dipendenti con contratti di formazione lavoro ai sensi della normativa di cui alla legge 19.12.1984 n. 863, i contributi nella misura ivi previsti.

L’articolo 10 al comma 4 dispone che “l'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e della emigrazione effettua controlli ispettivi a mezzo degli ispettorati del lavoro anche per quanto concerne il regolare svolgimento delle attività formative e dispone, in caso di accertata inosservanza, la revoca dei contributi”.

L’art. 8, comma 8, della Legge del 29/12/1990 - n. 407 stabilisce che “in caso di inadempimento da parte del datore di lavoro agli obblighi inerenti alla formazione del lavoratore, l'Ispettorato del lavoro, previa diffida, dispone la revoca, fin dalla costituzione del rapporto di formazione e lavoro, del beneficio di cui al comma 1 per il lavoratore interessato”.

Così come dedotto da parte ricorrente, le violazioni dalle quali far discendere determinate conseguenze sono tipizzate dalla legge n. 863/84 nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, ponendo soltanto un preciso rapporto tra obblighi strettamente relativi alla formazione al lavoro e il mancato rispetto degli stessi.

Per quanto qui di interesse, il comma 9 dell’articolo 3 stabilisce che “in caso di inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione lavoro, il contratto si considera tempo indeterminato fin dalla data di instaurazione del relativo rapporto”.

La connotazione specifica del mancato rispetto di tali obblighi, in effetti, appare normata dalla circolare del competente assessorato regionale n. 153 del 23 maggio 1991, che, nell’allegato 1, contiene “disposizioni per l’attività dei contratti di formazione lavoro nonché il quadro di riferimento giuridico amministrativo i cui uffici vorranno attenersi nell’espletamento dei loro compiti istituzionali”.

In particolare al punto 10 di tale allegato, sotto il titolo “inosservanza degli obblighi del CFL”, viene stabilito che “rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, comma 9, tutti quegli adempimenti che riguardano solo e specificamente gli obblighi di formazione ricadenti sul datore di lavoro nel corso del rapporto. Si configurano inosservanze di cui al comma 9:

10.1 una mancata formazione delle attività previste nel progetto e nel contratto;

10.2 un’attività formativa carente o inadeguata”.

Consegue, così come sostenuto in ricorso, che seppur la vigilanza degli organi ispettivi può interessare ogni aspetto del rapporto lavorativo (cfr. comma 9 della detta circolare), l’ambito della revoca o della mancata erogazione dei benefici è espressamente riferito alla sola verifica dell’assolvimento dell’obbligo di formazione e del regolare svolgimento della stessa e, pertanto, non avrebbe potuto essere relazionato al mero riscontro dell’avvenuta effettuazione di un maggior numero di ore di lavoro, posto che queste ultime non sono di per sé espressive di una mancata formazione del lavoratore.

Infatti, come chiarito, la revoca del contributo, nel quadro normativo sopra descritto, opera non già quale sanzione di una qualsiasi violazione contrattuale degli obblighi derivanti in capo al datore di lavoro dal CCNL di riferimento, ma solo quale conseguenza del difetto di formazione: invero, la concessione di un contributo finalizzato a specifici obiettivi integra un provvedimento “di scopo” che rende vincolato causalmente l’impiego delle somme, così che il beneficiario si obbliga nei confronti del mutuante-erogatore al raggiungimento dello scopo (che diviene comune ad entrambe le parti, in un rapporto di collaborazione cooperativa e non di natura sinallagmatica). Da ciò consegue che la decadenza dalla relativa utilità per il beneficiario si realizza solo se – e nella misura in cui – il mancato raggiungimento dello “scopo” del provvedimento costituisce un inadempimento da parte del destinatario-beneficiario stesso.

Ciò posto, se la revoca del contributo costituisce la conseguenza di uno specifico inadempimento del beneficiario relativamente alla “formazione” dell’assunto, il quadro normativo di riferimento va inteso come rivolto alla tutela di quest’ultimo, essendo intento delle parti promuoverne non solo l’impiego, ma prima ancora la qualificazione professionale.

Conclusivamente, il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato va annullato, con la conseguente condanna dell’Amministrazione all’erogazione del contributo, con interessi legali dal dì della domanda e sino all’effettivo soddisfo.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

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