TAR Firenze, sez. III, sentenza 2020-04-06, n. 202000400

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. III, sentenza 2020-04-06, n. 202000400
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202000400
Data del deposito : 6 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/04/2020

N. 00400/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00780/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 780 del 2019, proposto da
M D T, rappresentato e difeso dall'avvocato P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fata Musto in Firenze, via Melegnano n. 10;

contro

Comune di Montecarlo, rappresentato e difeso dall'avvocato R Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandro Mori in Firenze, via Baracca, n. 147;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 25 in data 6.4.2019, a firma del titolare dell’Area Gestione del Territorio del Comune di Montecarlo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Montecarlo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2020 il dott. G B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il signor M D T è proprietario di un terreno per effetto di atto di donazione dei genitori sottoscritto nel 2011;
la suddetta area è tuttora coltivata da quest’ultimi, i quali negli anni 1995/1996 avevano ivi realizzato alcuni manufatti destinati a ricovero di attrezzi e di animali da cortile.

I manufatti in questione (cassone da autocarro adibito a rimessa di attrezzi, cella frigorifera su cordolo di cemento adibita a rimessa di attrezzi, tettoia in plastica appoggiata su 2 manufatti, recinzioni aventi rispettivamente funzione di pollaio e di canile, deposito di materiale vario su suolo agricolo) non sono stati mai contestati dal Comune di Montecarlo, benché il fabbricato intestato ai genitori del ricorrente posto al confine fosse stato oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia autorizzati dal Comune medesimo.

L’Ente, con ordinanza n. 25 del 6.4.2019, ha ordinato la demolizione delle suddette opere (ricadenti sul terreno di cui al foglio 13, mappale 83), stante l’assenza del necessario permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica.

Avverso tale provvedimento il ricorrente è insorto deducendo:

1) Violazione dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 7 della legge n. 241/1990, dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 e dell’art. 196 della L.R. n. 65/2014;
eccesso di potere per difetto di motivazione, errore nei presupposti, violazione del giusto procedimento.

L’atto impugnato richiama l’avvenuta comunicazione di avvio del procedimento, ma il ricorrente mai l’ha ricevuta (il ricorrente non ha avuto conoscenza né del presupposto verbale di accertamento, né della nota del 8.8.2018).

2) Violazione dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 3 della legge n. 241/1990, dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 e dell’art. 196 della L.R. n. 65/2014;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, violazione del giusto procedimento.

La risalenza nel tempo degli abusi edilizi, l’avanzata età dei genitori del ricorrente, che ha impedito il rinvenimento di eventuali titoli autorizzatori, e la mancanza di ricerche condotte dal Comune sul punto costituiscono indice di un maturato affidamento in capo al privato, a fronte del quale era necessaria la motivazione, a sostegno dell’impugnata ordinanza, circa l’interesse pubblico perseguito.

3) Violazione dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 3 della legge n. 241/1990, dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 e dell’art. 196 della L.R. n. 65/2014;
eccesso di potere per difetto di motivazione, errore nei presupposti.

Considerate l’epoca remota di realizzazione dei manufatti e la loro utilizzazione richiedente la quotidiana presenza in loco, e considerato che il ricorrente non ha la propria residenza e il proprio centro di interessi in Italia, se ne deduce che l’ordinanza è stata adottata nei confronti di soggetto che non è né proprietario né responsabile della realizzazione dei manufatti contestati. L’interessato aggiunge che doveva essere applicata la normativa vigente al momento della realizzazione degli abusi edilizi, i quali costituirebbero pertinenze di fabbricato rurale non comportanti incremento di superficie o di volume e richiedenti al più un’autorizzazione e non la concessione edilizia. Il ricovero per animali da cortile e relativa recinzione e il ripostiglio per attrezzi sono realizzabili senza titolo edilizio;
la delibera consiliare n. 37/2015 reca la disciplina di dettaglio per il dimensionamento delle opere di cui all’art. 137 della L.R. n. 65/2014. La giurisprudenza ha riconosciuto che non è necessario il permesso di costruire per realizzare un pollaio di modesta entità e accessorio all’abitazione principale e che la recinzione di fondi rustici senza opere murarie non richiede titolo edilizio. Ai sensi dell’art. 82, penultimo comma, del d.p.r. n. 616/1977 l’attività agro silvo pastorale non comportante alterazione permanente dello stato dei luoghi non richiede autorizzazione paesaggistica;
anche per le opere amovibili non occorre l’autorizzazione paesaggistica.

4) Violazione dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 3 della legge n. 241/1990, dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 e dell’art. 196 della L.R. n. 65/2014;
eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, errore nei presupposti.

L’impugnata ordinanza, laddove prevede l’acquisizione al patrimonio comunale qualora non si ottemperi all’ordine di demolizione, è illegittima in quanto è illegittimo l’ordine stesso e in quanto sono sanzionati depositi di materiale, una recinzione, manufatti appoggiati sul terreno non comportanti trasformazione irreversibile dell’area.

Si è costituito in giudizio il Comune di Montecarlo.

Con ordinanza n. 434 dell’11.7.2019 è stata respinta l’istanza cautelare.

All’udienza del 4 marzo 2020 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. Con la prima censura il ricorrente sostiene di non avere mai ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento richiamata nell’impugnata ordinanza.

Il rilievo non ha pregio.

La predetta comunicazione risulta ritirata dal padre del ricorrente in data 16.8.2018 (documento n. 2 depositato in giudizio dal Comune), all’indirizzo di residenza indicato nel certificato anagrafico del ricorrente medesimo (documento n. 3).

In ogni caso l'ordinanza di demolizione, per la sua natura di atto urgente dovuto e rigorosamente vincolato, non implicante valutazioni discrezionali ma risolventesi in meri accertamenti tecnici, fondato su un presupposto di fatto rientrante nella sfera di controllo del soggetto interessato, non richiede gli apporti partecipativi di quest'ultimo, il quale, in relazione alla disciplina tipizzata dei procedimenti repressivi, contemplante la preventiva contestazione dell'abuso ai fini del ripristino di sua iniziativa dell'originario assetto dei luoghi, viene, in ogni caso, posto in condizione di interloquire con l'amministrazione prima di ogni definitiva statuizione di rimozione d'ufficio delle opere abusive;
tanto più che, in relazione ad una simile tipologia provvedimentale, può trovare applicazione l'art. 21 octies della legge n. 241/1990, che statuisce la non annullabilità dell'atto adottato in violazione delle norme sul procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente enucleato (

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi