TAR Roma, sez. III, sentenza 2019-01-08, n. 201900231

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2019-01-08, n. 201900231
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201900231
Data del deposito : 8 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/01/2019

N. 00231/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00631/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 631 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Wind Tre spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Clarich, Gian Michele Roberti, Isabella Perego, Marco Serpone, Angelo Raffaele Cassano, con domicilio digitale PEC dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di Marcello Clarich in Roma, viale Liegi, 32;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa secondo legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Unione per la difesa dei consumatori (Udicon), rappresentata e difesa dagli avvocati Donato Patera e Giuseppe Catalano, con domicilio digitale PEC dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di Manuele Misiani in Roma, piazza Benedetto Cairoli, 2;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Codacons - Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, Associazione degli utenti per i diritti telefonici- AUS Tel Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio digitale PEC dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Ufficio legale del Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73;
Associazione Movimento Consumatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Fiorio e Corrado Pinna, con domicilio digitale PEC dai Registri di Giustizia;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

della delibera dell’AGCom n.497 del 19 dicembre 2017, concernente l’irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria (1) e lo storno agli utenti di importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni di servizio non fruiti (2),

della delibera dell’AGCom n.115 del 1° marzo 2018, relativa alla posticipazione della decorrenza delle fatture, con revoca del predetto storno, impugnata con i motivi aggiunti depositati il 16 marzo 2018, il 29 marzo 2018 e il 14 maggio 2018,

della delibera presidenziale dell’AGCom n.9 del 9 aprile 2018, successivamente ratificata, attinente alla convocazione degli operatori e delle associazioni dei consumatori per convenire sulle tempistiche di adempimento alle diffide contenute, tra l’altro, nella predetta delibera n.115 del 2018, impugnata con motivi aggiunti depositati il 21 giugno 2018,

della delibera dell’AGCom n.269 del 6 giugno 2018, di fissazione del termine di adempimento della cennata delibera n.115 del 2018 al 31 dicembre 2018, impugnata con motivi aggiunti depositati il 4 ottobre 2018,

di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’AGCom;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Udicon;

Visti gli interventi ad opponendum del Codacons, dell’AUS Tel Onlus e del Movimento Consumatori;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2018 il dott. S L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


FATTO e DIRITTO

Con delibera n.497 del 19 dicembre 2017 l’AGCom irrogava a Wind Tre spa una sanzione amministrativa pecuniaria, per la mancata cadenza di rinnovo delle offerte di telefonia fissa e di fatturazione su base mensile o suoi multipli, e disponeva inoltre, in sede di ripristino del corretto ciclo di fatturazione, lo storno agli utenti di importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni di servizio non fruiti, a partire dal 23 giugno 2017.

La predetta Società impugnava la cennata delibera, censurandola per violazione dell’art.19 quinquiesdecies del D.L. n.148 del 2017 (conv. in Legge n.172 del 2017), dell’art.1 del D.L. n.7 del 2007 (conv. in Legge n.40 del 2007), degli artt.13, 70, 71, 98 del D.Lgs. n.259 del 2003, degli artt.1, 3, 21 septies della Legge n.241 del 1990, dell’art.2 della Legge n.481 del 1995, dell’art.1 della Legge n.689 del 1981, dell’art.1 della Legge n.124 del 2017, degli artt.1339, 2033 c.c., degli artt.24, 41, 97 Cost., degli artt.12, 16 della Direttiva 2002/21/CE, degli artt.17, 20, 21 della Direttiva 2002/22/ CE, dell’art.6 CEDU, dell’art.41 della Carta di Nizza, dell’art.9 della Delibera n.410 del 2014, per incompetenza, per eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e per sviamento.

La ricorrente in particolare ha fatto presente quanto segue.

La disciplina (1) relativa alla cadenza della fatturazione (mensile) deve essere dettata dalla legge.

In subordine (2), l’AGCom non poteva regolare la durata del ciclo di fatturazione;
la legge è intervenuta sul punto solo successivamente;
erano stati lesi lo ius variandi degli operatori, il principio di concorrenza, l’autonomia imprenditoriale;
vi era contraddittorietà tra le delibere;
non si perseguiva in concreto il fine della trasparenza e comparabilità delle offerte;
vi era una disparità di trattamento tra gli operatori;
la misura ripristinatoria era irragionevole e sproporzionata e necessitava di maggior tempo.

L’Autorità predetta (3) non aveva il potere di ordinare agli operatori il rimborso di somme indebitamente percepite, non trattandosi di misura sanzionatoria e in assenza poi di una specifica richiesta sul punto da parte degli utenti.

Era mancato (4) il contraddittorio procedimentale in sede di individuazione del meccanismo di rimborso.

Non chiaro appare in ogni caso (5) il summenzionato meccanismo, non risultando giorni di mancata erogazione del servizio;
non poteva poi essere imposto agli operatori il mantenimento inalterato dei prezzi, al di là della cadenza dei cicli di fatturazione.

Lo storno degli importi inoltre (6) non poteva essere disposto con effetto immediato, ma occorreva fissare in ogni caso un termine di adempimento ragionevole.

All’epoca dei fatti in ultimo (7) il massimo edittale della sanzione prevista era pari alla metà di quella irrogata in concreto;
non sussistevano comunque i presupposti della gravità della condotta assunta.

L’AGCom si costituiva in giudizio per la reiezione del gravame, illustrandone con successiva memoria l’infondatezza nel merito.

Con ordinanza n.791 del 2018 il Tribunale accoglieva la domanda cautelare presentata dalla Società, limitatamente allo storno degli importi agli utenti.

Con delibera n.115 del 1° marzo 2018 l’Autorità disponeva la revoca dello storno e contestualmente imponeva, dopo il ripristino del ciclo di fatturazione mensile, la posticipazione della data di decorrenza delle fatture per un numero di giorni pari a quelli erosi colla fatturazione a 28 giorni.

Wind Tre spa impugnava con motivi aggiunti la suddetta determina, deducendo la violazione dell’art.1 e ss. della Legge n.481 del 1995, dell’art.1 della Legge n.689 del 1981, dell’art.2033 c.c., degli artt.4, 13 del D.Lgs. n.259 del 2003, dell’art.21 septies della Legge n.241 del 1990, delle Direttive 2002/21/CE e 2002/22/CE, della delibera n.121 del 2017, dell’ordinanza cautelare n.791 del 2018, l’incompetenza, l’eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e per sviamento.

La Società nello specifico sosteneva quanto segue.

Poteva al più (1) essere imposto un obbligo di indennizzo e si ribadiva quanto contenuto nel motivo sub 3 del ricorso introduttivo.

I prezzi delle fatture (2) a 30 giorni non potevano essere uguali a quelli delle fatture a 28 giorni, differendo la durata del servizio;
non c’era poi prova che nel momento di riduzione del ciclo di fatturazione da 30 a 28 giorni si erano mantenuti i prezzi inalterati;
il rimborso posticipato doveva essere previsto anche per chi era ancora cliente della ricorrente;
veniva riaffermato quanto detto nel motivo sub 6 al ricorso.

Il potere regolatorio (3) era insussistente perché era intervenuta la legge (cfr. D.L. n.148 del 2017, conv. in Legge n.172 del 2017).

La delibera (4) era viziata per illegittimità derivata dalla determina n.121 del 2017 presupposta.

Non era stato osservato (5) quanto previsto nell’ordinanza cautelare n.791 del 2018.

Con decreto n.1782 del 2018 veniva accolta la richiesta, abbinata ai motivi aggiunti, di adozione di una misura cautelare provvisoria.

Con nuovi motivi aggiunti, sempre rivolti avverso la delibera n.115 del 2018, venivano dedotti la violazione dell’art.4 e ss. del D.Lgs. n.259 del 2003, degli artt.3, 7 e ss. della Legge n.241 del 1990 nonché l’eccesso di potere per sviamento, travisamento, illogicità, arbitrarietà, errata motivazione, irragionevolezza.

L’interessata in particolare richiamava (6) le censure contenute nei motivi sub 4, 5, 6 del ricorso e faceva presente che la posticipazione della fatturazione aveva lo stesso effetto economico del rimborso.

Il Codacons e l’Associazione degli utenti per i diritti telefonici intervenivano ad opponendum e, affermati la legittimazione e l’interesse a partecipare al giudizio, sostenevano nel merito che l’operazione prevista nella delibera n.115 del 2018 non era difficoltosa.

Con memoria la ricorrente ribadiva i propri assunti e ribatteva agli interventori ad opponendum.

Con altra memoria l’AGCom controdeduceva in relazione ai motivi aggiunti e segnalava in fatto che con Decreto Presidenziale n.9 del 9 aprile 2018 venivano convocati gli operatori e le associazioni dei consumatori al fine di convenire sulle tempistiche degli adempimenti imposti.

L’Udicon si costituiva in giudizio per il rigetto delle impugnative, deducendo in rito l’inammissibilità delle stesse per l’eccessivo numero di pagine da cui erano composte e nel merito l’infondatezza delle medesime.

Spiegava intervento ad opponendum anche il Movimento Consumatori, affermando la propria legittimazione al processo.

Con ordinanza n.2273 del 2018 la Sezione prendeva atto della rinuncia all’istanza cautelare abbinata ai motivi aggiunti.

Con ulteriore atto di motivi aggiunti, rivolto del pari avverso la delibera n.115 del 2018, la ricorrente deduceva la violazione della delibera n.121 del 2017 nonché l’eccesso di potere per sviamento, travisamento, illogicità, arbitrarietà, errata motivazione, irragionevolezza.

La Società in particolare sosteneva che non sussistevano i presupposti (7) per richiedere indietro somme, indipendentemente dalle modalità fissate, in assenza di un’adeguata base legislativa e non potendo essere assunta come presupposto la delibera n.121 del 2017.

Con nuovi motivi aggiunti veniva impugnato il predetto Decreto Presidenziale n.9 del 2018, censurato per illegittimità derivata dagli atti presupposti e per ragioni contenute già nel motivo sub 4 del ricorso introduttivo.

Con delibera n.269 del 6 giugno 2018 l’AGCom fissava il termine per gli adempimenti in questione al 31 dicembre 2018.

Con motivi aggiunti Wind Tre spa impugnava anche quest’ultima delibera, per illegittimità derivata dagli atti presupposti nonché per eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e per sviamento.

La ricorrente ha sostenuto che era mancata un’adeguata istruttoria, che si erano presentate difficoltà tecniche e che non si erano considerati i possibili insorgenti problemi derivanti da ripetibilità di somme dovute dagli utenti, in particolare nel caso di cambio di operatore.

Con memorie l’interessata, il Movimento Consumatori e l’AGCom ribadivano i rispettivi assunti.

Seguivano le repliche del Codacons e della ricorrente.

Nell’udienza del 14 novembre 2018 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.

Va in primo luogo respinta, siccome destituita di fondamento, l’eccezione dell’Udicon di inammissibilità delle impugnative per l’eccessivo numero di pagine con cui venivano redatte, atteso che tale evenienza, peraltro non verificata in fatto anche a fronte della rilevanza della controversia (cfr. ricorso e motivi aggiunti), non conduce a detta inammissibilità (cfr. CGA n.536 del 2014).

Il ricorso introduttivo è improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte in cui è contestata la delibera n.497 del 2017, laddove la stessa prevedeva lo storno agli utenti di importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni di servizio non fruiti, a partire dal 23 giugno 2017 (cfr. all.1 al ricorso), atteso che, a contenzioso in corso, con successiva delibera n.115 del 2018, l’Autorità disponeva la revoca del suddetto storno, rideterminandosi sul punto (cfr. all.1 ai motivi aggiunti).

Detto ricorso invece è fondato e va pertanto accolto nella parte in cui è contestata, all’interno della predetta determina n.497 del 2017, l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, per la mancata cadenza di rinnovo delle offerte di telefonia fissa e di fatturazione su base mensile o suoi multipli.

Va invero rilevato al riguardo e in modo assorbente quanto segue.

Veniva irrogata dall’AGCom a Wind Tre spa la sanzione nel massimo edittale di €1.160.000,00, ex art.98, comma 16 del D.Lgs. n.259 del 2003, così come modificato dall’art.1, comma 43 della Legge 4 agosto 2017 n.124, per il mancato ripristino della corretta cadenza di rinnovo e fatturazione delle offerte di telefonia fissa, entro il termine di adempimento del 22 giugno 2017, fissato nella delibera n.121 del 2017.

In base tuttavia all’art.1 della Legge n.689 del 1981, nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative, se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione (cfr., tra le altre, in ultimo, Corte Cass., Sez. Lav. n.27002 del 2018).

Obene, trattandosi di violazione maturata il 22 giugno 2017, andava applicato l’art.98, comma 16 del D.Lgs. n.259 del 2003 illo tempore vigente, nel quale era previsto un massimo edittale per la sanzione de qua di €580.000,00 e non di €1.160.000,00.

La sanzione amministrativa pecuniaria va pertanto annullata, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’AGCom sul punto.

I tre ordini di motivi aggiunti rivolti avverso la delibera n.115 del 2018 appaiono di contro destituiti di fondamento e vanno pertanto respinti.

Occorre evidenziare al riguardo quanto di seguito esposto.

In relazione al motivo sub 1, che richiama tra l’altro il motivo sub 3 del ricorso introduttivo: premesso che non si tratta più di rimborso di somme, vista le revoca disposta sul punto, e specificato quindi che non occorreva un’istanza dei privati, trattandosi di iniziativa che poteva essere intrapresa d’ufficio, la misura latu sensu ripristinatoria, assunta dall’Autorità mediante la delibera n.115 del 2018, può ben essere ricondotta alla previsione di cui all’art.2, comma 20d della Legge n.481 del 1995, laddove è attribuito il potere di ordinare al soggetto esercente il servizio la cessazione di comportamenti lesivi dei diritti degli utenti, con correlativa imposizione dell’obbligo di corrispondere un indennizzo (cfr. anche art.2, comma 12h della Legge n.481 del 1995 e, tra le altre, TAR Lazio, III, n.4988, n.5001, n.5313, n.3261 del 2018, riferiti al presupposto potere di regolazione del servizio);
pertanto, in uno con la determina di riattivazione del corretto ciclo di fatturazione mensile, è chiaramente evincibile dalla formulazione della disposizione l’intento del legislatore di assicurare agli utenti una riparazione per i loro diritti lesi, affidata all’operato della predetta Autorità;
del resto le funzioni in esame assegnate all’AGCom appaiono volte ad assicurare effettivamente e in concreto una tutela agli utenti, quali soggetti deboli del rapporto negoziale, anche per dissuadere gli operatori dal perpetrare condotte illegittime e pregiudizievoli;
il sistema così delineato è dunque volto al perseguimento di rilevanti interessi pubblici, che trovano saldo ancoraggio già nella fonte normativa di rango costituzionale (cfr. artt.2, 15, 21 Cost.) con riferimento allo svolgimento della personalità del singolo individuo, per poi essere considerati e declinati in tutta la normativa consumeristica, dal codice civile prima alla legislazione speciale poi (cfr. anche artt.4, 13 D.Lgs. n.259 del 2003).

Per ciò che attiene al motivo sub 2: la misura assunta con la predetta delibera n.115 del 2018, nella parte in cui dispone la posticipazione della decorrenza delle fatture, appare adottata sulla base di valutazioni tipicamente tecnico-discrezionali, all’evidenza non irragionevoli;
la stessa invero risulta emessa a modifica della precedente delibera n.497 del 2017, sotto l’impulso delle ordinanze cautelari medio tempore pubblicate da questo Tribunale, tra cui la n.791 del 2018, considerando le esigenze da un lato degli operatori e dall’altro degli utenti, mediante revoca del rimborso e contestuale postergazione della decorrenza delle fatture, rendendo così meno onerosi gli adempimenti per gli operatori, di più agevole esecuzione, definiti e delimitati in modo congruo e adeguato ( “la data di decorrenza delle fatture […] dovrà pertanto essere posticipata per un numero di giorni pari a quelli erosi in violazione…” estratto dalla delibera n.115 del 2018);
del resto la condotta sanzionata atteneva proprio alla pregressa contrapposta decisione dell’operatore di anticipare la decorrenza della fatturazione;
tanto premesso, ogni altra considerazione di raffronto tra i prezzi dei cicli di fatturazione a 28 e 30 giorni difetta di rilevanza, oltre che apparire affetta da genericità;
il differimento inoltre delle misure con riferimento agli utenti che non sono più clienti di Wind tre spa, decisione peraltro vantaggiosa per la ricorrente, non implicava in alcun modo, per quanto dianzi esposto, che lo stesso intendimento dovesse essere assunto nei confronti di chi è ancora cliente;
laddove invece è richiamato il motivo sub 6 del ricorso, la censura è improcedibile, giacchè sulle tempistiche degli adempimenti seguivano prima il Decreto Presidenziale n.9 del 2018 e poi la delibera n.269 del 2018.

Per quanto concerne il motivo sub 3: sulla sussistenza del potere regolatorio dell’AGCom, anche prima dell’intervento del D.L. n.148 del 2017, conv. in Legge n.172 del 2017, appare bastevole far rimando a quanto ampiamente evidenziato nelle sentenze TAR Lazio, III, n.3261 e n.5313 del 2018 e richiamare, tra le altre, TAR Lazio, III, n.4988 e n.5001 del 2018, laddove è affermato che “la nuova legislazione, di introduzione dei commi 1 bis e ss. all’art.1 del D.L. n.7 del 2007 (conv. in Legge n.40 del 2007), si salda con la disciplina dettata dall’Autorità, rafforzandone le previsioni e disponendo per l’avvenire.”

Con riferimento al motivo sub 4: non si rinviene alcun vizio di illegittimità derivata della delibera de qua dalla presupposta determina n.121 del 2017, sol che si consideri quanto già diffusamente esposto in TAR Lazio, III, n.5313 del 2018 (cfr. ancora TAR Lazio, III, n.4988, n.5001 ed anche n.3261 del 2018).

In relazione al motivo sub 5: la delibera n.115 del 2018 supera, all’evidenza, i rilievi mossi con l’ordinanza cautelare n.791 del 2018 alla determina n.497 del 2017, atteso che veniva revocata la previsione sul rimborso diretto delle somme agli utenti.

Quanto al motivo sub 6, che richiama tra l’altro i motivi sub 4, 5, 6 del ricorso introduttivo: la delibera n.115 del 2018 è stata assunta, come già detto, considerando proprio anche le ragioni degli operatori, tra cui la ricorrente, emerse in sede di contenzioso, dopo l’adozione della delibera n.497 del 2017 (cfr., tra l’altro, premesse della delibera n.115 del 2018, all.2 atti Codacons);
chiaro risulta poi, per quanto dianzi emerso, il meccanismo ripristinatorio (cfr. ancora dispositivo della delibera n.115 del 2018, all.2 atti Codacons);
improcedibile è inoltre, per quanto già detto, la censura contenuta nel motivo sub 6 del ricorso richiamato;
del tutto irrilevante poi è la dedotta valutazione sugli effetti economici della disposta posticipazione della decorrenza delle fatture, una volta appurata, come visto, la legittimità del potere esercitato sul punto dall’AGCom.

In relazione al motivo sub 7 è sufficiente richiamare nuovamente tutto quanto suevidenziato in relazione al potere esercitato dall’Autorità, da cui emerge che la condotta assunta dall’AGCom è esente dai vizi dedotti.

I quarti motivi aggiunti, rivolti avverso il Decreto Presidenziale n.9 del 2018, di convocazione degli operatori e delle associazioni dei consumatori al fine di convenire sulle tempistiche degli adempimenti imposti, sono destituiti di fondamento e dunque da respingere, atteso che, per quanto già esposto, non sussistono i vizi di illegittimità derivata dagli atti presupposti né quelli dedotti col motivo sub 4 del ricorso introduttivo.

I quinti motivi aggiunti, di impugnazione della delibera n.269 del 2018, di fissazione del termine per gli adempimenti in questione al 31 dicembre 2018, appaiono del pari infondati e dunque soggetti a reiezione.

Invero difetta, come visto, il vizio di illegittimità derivata dagli atti presupposti;
non è in alcun modo rinvenibile inoltre la dedotta carenza di istruttoria, sol che si consideri che l’ultima delibera impugnata n.269 del 2018, rappresenta la tappa conclusiva di un percorso iniziato con la delibera n.121 del 2017 e proseguito con la n.497 del 2017, la n.115 del 2018, il decreto n.9 del 2018, atti tutti corredati nelle premesse da congrua e adeguata motivazione e adottati considerando le esigenze evidenziate dagli operatori, a fronte dei diritti lesi degli utenti, anche in un’ottica di contemperamento delle contrapposte posizioni;
in relazione in ultimo ai possibili insorgenti problemi derivanti da ripetibilità di somme dovute dagli utenti, in particolare nel caso di cambio di operatore, va detto che trattasi di evento futuro e incerto e dunque di corrispondente censura inammissibile per difetto di legittimazione e di interesse concreti e attuali.

In considerazione dell’esito della controversia nonché della novità e peculiarità delle questioni affrontate, sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti.

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