TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2013-01-25, n. 201300625
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N. 00625/2013 REG.PROV.COLL.
N. 10306/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 10306/97 R.G., proposto da:
T M, rappresentata e difesa dagli avvocati F R e G P, con domicilio eletto presso la seconda in Napoli, via A. Manzoni n. 120/A;
contro
Inpdap, in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via Toledo, 107;
per il riconoscimento
delle maggiori spettanze su indennità di buonuscita.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Inpdap;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Data per letta nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2013 la relazione del consigliere Paolo Corciulo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La signora Maria Tuccillo, dipendente pubblico con qualifica di insegnante elementare nel periodo tra il 18 ottobre 1968 e il 10 settembre 1985, all’atto della cessazione del servizio ottenne l’indennità di anzianità, senza che fosse computata l’indennità integrativa speciale;solo nel 1995 le fu determinata la riliquidazione di tale voce, comprensiva anche dell’indennità integrativa speciale, sebbene computata nella misura del 60% della mensilità spettante all’atto di cessazione del servizio, senza che le fosse inoltre riconosciuta la rivalutazione monetaria e gli interessi.
Con il presente ricorso la signora Tuccillo ha chiesto il riconoscimento dell’indennità in questione, da calcolarsi nella misura dell’intera mensilità spettante al momento della cessazione del servizio, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
A tale, fine ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art.1. primo comma, lettera a) e dell’art. 2, quarto comma della legge 29 gennaio 1994 n. 87 - normativa la cui applicazione avrebbe dato causa alla violazione dei suoi diritti - in quanto in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, assumendo un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai lavoratori dipendenti privati e pubblici di altre amministrazioni, a cui l’indennità era stata attribuita nella misura del 30 %, senza, tra l’altro, disconoscimento del diritto alla percezione della rivalutazione monetaria e degli interessi.
Si è costituito in giudizio l’INPDAP concludendo per il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 23 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso non può trovare accoglimento.
L’art. 1 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 stabilisce che “in attesa della omogeneizzazione dei trattamenti retributivi e pensionistici per i lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione e per i lavoratori privati, conseguente all'applicazione del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e ferma la disciplina del trattamento di fine servizio in essere per i dipendenti degli enti locali, l'indennità integrativa speciale, di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, viene computata, a decorrere dal 1° dicembre 1994, nella base di calcolo della indennità di buonuscita e di analoghi trattamenti di fine servizio determinati in applicazione delle norme già vigenti con riferimento allo stipendio ed agli altri elementi retributivi considerati utili: a) per i dipendenti degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni, nella misura di una quota pari al 30 per cento dell'indennità integrativa speciale annua in godimento alla data della cessazione dal servizio con riferimento agli anni utili ai fini del calcolo dell'indennità di anzianità;b) per i dipendenti delle altre pubbliche amministrazioni, nonché per gli iscritti all'Opera di previdenza e assistenza per i ferrovieri dello Stato (OPAFS), nella misura di una quota pari al 60 per cento dell'indennità integrativa speciale annua in godimento alla data della cessazione dal servizio con riferimento agli anni utili ai fini del calcolo dell'indennità di buonuscita o analogo trattamento” L’art.2, comma quarto della medesima legge prevede poi che “le somme dovute a titolo di prestazioni ai sensi della presente legge e quelle dovute per contributi a norma del presente articolo non danno luogo a corresponsione di interessi, né a rivalutazione monetaria”.
La legittimità costituzionale della citata normativa, applicata al rapporto dedotto in giudizio, è stata più volte esaminata dalla Corte Costituzionale che ne ha sempre riconosciuto la piena conformità ai principi della Carta.
Invero, la Corte con sentenza 12 marzo 2004 n. 91, chiamata a decidere della legittimità costituzionale dell'art. 1 comma 1 lett. b) l. 29 gennaio 1994 n. 87 ha stabilito che “la valutazione della congruità della retribuzione ai fini dell'art. 36 cost. deve essere effettuata con riguardo alla globalità della stessa e non alle sue singole componenti e che l'indennità di buonuscita e gli altri trattamenti analoghi, avendo anche funzione previdenziale, devono essere disciplinati secondo i criteri della solidarietà sociale e del pubblico interesse a che sia garantita, per far fronte agli eventi indicati nell'art. 38 comma 2 cost., la corresponsione di un "minimum" la cui determinazione è riservata alla competenza del legislatore, il quale nell'operare le sue scelte discrezionali deve tenere conto anche delle esigenze della finanza pubblica;è conforme ai suddetti principi l'adozione del criterio della computabilità dell'indennità integrativa speciale nell'ambito dei trattamenti di fine rapporto soltanto in una misura percentuale e non integralmente, trovando tale criterio giustificazione nell'esigenza di contenere le risorse finanziarie necessarie per dare attuazione alla l. n. 87 del 1994 senza incidere sulla "garanzia delle esigenze minime di protezione della persona", che deve essere comunque salvaguardata, ed essendo esso adeguato all'esigenza di omogeneizzare i risultati finali del calcolo dei diversi trattamenti di fine rapporto”.
Con precedente sentenza 27 marzo 2003 n. 87 la Corte, nell’esprimere il medesimo principio secondo cui la congruità della contribuzione non va valutata in relazione ai singoli elementi che confluiscono nella base di calcolo, ma in relazione all'istituto che quegli elementi concorrono a determinare - per cui non può sostenersi che l'entità della contribuzione comporti, quale conseguenza costituzionalmente necessaria, una corrispondente entità nell'indennità di buonuscita dell'elemento sul quale la contribuzione è calcolata - ha ritenuto che è irrilevante, in un giudizio avente ad oggetto l'entità della indennità di buonuscita, la prospettata violazione del principio di eguaglianza quanto alla entità in sè della contribuzione”.
Va aggiunto che in precedenza la Corte aveva ritenuto il carattere satisfattivo della risposta data dal legislatore con la legge in esame alla sentenza n. 243 del 1993 ed alle aspettative dei pubblici dipendenti ad un'estensione della base di computo dell'indennità erogata in occasione della cessazione dal servizio, fino a ricomprendervi l'indennità integrativa speciale (sentenze n. 103 del 1995 e n. 55 del 1997;ordinanze nn. 207, 324, 468 e 495 del 1995, nn. 19 e 125 del 1996).
Dal citato quadro della giurisprudenza costituzionale deriva la manifesta infondatezza delle questioni proposte, uniche ragioni poste a fondamento della pretesa della ricorrente.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parte le spese processuali.