TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-07-17, n. 202312022

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-07-17, n. 202312022
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202312022
Data del deposito : 17 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2023

N. 12022/2023 REG.PROV.COLL.

N. 12949/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12949 del 2018, proposto da
Vodafone Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano d’Ercole, N P e F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. Stefano d’Ercole in Roma, via in Arcione, n. 71;

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese entrambe dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Fire s.p.a., Europa factor s.p.a., Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori e degli utenti, Associazione utenti dei servizi radiotelevisivi, Assoutenti, Cittadinanzaattiva, Codacons, Movimento difesa del cittadino, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

- del provvedimento n. 27289 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, adottato nell’adunanza del 1° agosto 2018 a conclusione del procedimento n. PS11048 con il quale l’Autorità ha deliberato: « a) che la pratica commerciale descritta al par. II del presente provvedimento, posta in essere da Vodafone Italia s.p.a., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, violazione degli artt. 24 e 25, comma 1, lettera b), del codice del consumo, e ne vieta l’ulteriore diffusione;
b) di irrogare alla società Vodafone Italia s.p.a. una sanzione amministrativa pecuniaria di 800.000 € (ottocentomila euro)
»;

- di ogni altro atto allo stesso presupposto, connesso o consequenziale allo stesso, ivi compreso, per quanto occorrer possa, il parere reso dall’Agcom nel corso del procedimento in questione e il provvedimento dell’Agcm con cui è stato deliberato il rigetto degli impegni presentati da Vodafone.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 maggio 2023 il dott. Matthias Viggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Parte ricorrente impugnava il provvedimento sanzionatorio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) indicato in epigrafe (adottato all’esito del procedimento PS11048), ravvisando una pratica commerciale scorretta nell’invio di lettere di sollecito di pagamento, a presunti clienti morosi intenzionali contenenti la prospettazione dell’iscrizione del nominativo dei clienti nella banca dati S.I.Mo.I.Tel., non ancora operativa, al fine di indurli a pagare gli addebiti richiesti.

2. Si costituiva in resistenza l’Autorità, concludendo per il rigetto del ricorso, mentre non si costituivano le associazioni dei consumatori, cui pure il ricorso era stato notificato.

3. Al ricorso era unita istanza di sospensione interinale dell’efficacia dell’atto;
nondimeno, alla camera di consiglio del 19 dicembre 2018, parte ricorrente rinunciava al pronunciamento cautelare e la causa veniva cancellata dal ruolo delle sospensive.

4. Le parti si scambiavano ulteriori memorie in vista dell’udienza del 10 maggio 2023, all’esito della quale il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.

5. Esaurita l’esposizione dello svolgimento del processo, è possibile passare all’illustrazione delle doglianze spiegate dalla società ricorrente nell’atto di impugnazione.

5.1. Con un primo articolato motivo, la società evidenzia la correttezza del proprio operato, non potendo essere i solleciti di pagamento qualificabili come pratica commerciale scorretta. Invero, parte ricorrente rappresenta in primo luogo l’astratta legittimità dell’iscrizione dell’utente moroso intenzionale nella banca dati, al fine di evitare il fenomeno del c.d. turismo telefonico (ossia il passaggio ad altro operatore prima di aver definito le proprie pendenze con la compagnia di provenienza). Inoltre, l’utilizzo – nel testo dell’avviso – dei verbi al condizionale, nonché la mancata indicazioni delle conseguenze negative derivanti dall’iscrizione nella banca dati S.I.Mo.I.Tel, costituirebbero la prova dell’assenza dell’indebito condizionamento. In aggiunta, sul sito internet della compagnia vi sarebbe ampia informativa che chiarirebbe il funzionamento della banca dati, i presupposti dell’iscrizione, nonché le conseguenze. Infine, l’esiguità delle missive di sollecito segnalate all’Agcm dimostrerebbe l’assenza di offensività della pratica commerciale.

5.2. A mezzo del secondo motivo, invece, la società lamenta la sproporzione della sanzione irrogata.

6. Il ricorso è infondato.

7. In particolare, con riferimento al primo motivo, va rilevato come non colgono nel segno le argomentazioni spese dalla parte ricorrente.

7.1. Preliminarmente, va rilevato come la pratica contestata si sia concretamente sviluppata attraverso l’invio di missive ai consumatori contenenti intimazioni di pagamento accompagnate dal seguente avviso: « Il permanere della morosità potrebbe, inoltre, comportare l’iscrizione del Suo nominativo nella banca dati S.I.Mo.I.Tel. relativa a morosità intenzionali della clientela del settore telefonico, come previsto dal provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 523 dell’8 ottobre 2015 » unito ad un rinvio alle sezioni del sito internet per maggiori informazioni sul tema. Del pari incontestata è la circostanza che al momento della spedizione della richiesta di pagamento la citata banca dati S.I.Mo.I.Tel non fosse ancora operativa. Allo stesso tempo, pacifica risulta l’omissione, nei solleciti de quibus , delle informazioni relative alle conseguenze dell’iscrizione del proprio nominativo in banca dati.

7.2. Quanto ai destinatari delle missive, va rilevato come l’Agcm abbia correttamente evidenziato come le società di recupero credito incaricate non avessero istruzioni concernenti le ipotesi di crediti in contestazione, circostanza che rende evidente il pericolo di invio del sollecito anche a soggetti che in ogni caso non avrebbero potuto essere iscritti nella banca dati (invero, in caso di contestazione dell’obbligazione non è possibile procedere all’iscrizione).

7.3. Su quest’ultimo profilo va ribadito – cosí replicando anche ad altra doglianza della ricorrente – che le pratiche commerciali scorrette costituiscono illeciti di pericolo , relativamente ai quali non è necessaria la effettiva lesione del bene giuridico protetto dalla norma (Cons. Stato, sez. VI, 10 gennaio 2022, n. 161;
similmente, nella giurisprudenza europea è stata reputata illecita anche una pratica che coinvolgeva un singolo consumatore v. Corte Giust. Ue, sez. I, 16 aprile 2015, causa C-388/13).

7.4. Quanto alla pratica in sé, risulta evidente che l’intimazione di pagamento, contenente l’avviso sopra trascritto, costituisca strumento che può condizionare l’ agere del consumatore, inducendolo a versare alla compagnia la somma domandata.

7.5. Va aggiunto che l’informazione fornita nella missiva e sul sito internet non appare completa (ad esempio non è chiarito che la banca dati non fosse ancora operativa) determinando, quindi, un ulteriore condizionamento nell’utente: questi, infatti, dietro la – palese – minaccia di iscrizione in una banca dati potrebbe rinunciare di far valere le proprie ragioni tacitando, quindi, il professionista per evitare conseguenze (che, tra l’altro, non vengono rese esplicite).

7.6. Su questo punto è opportuno un ulteriore chiarimento: come già (correttamente) evidenziato nel provvedimento, la società è libera di scegliere le modalità per la riscossione dei proprî crediti, ricorrendo anche ad intimazioni e solleciti di pagamento, non potendo in generale essere tutelato chi deliberatamente decide di non adempiere un’obbligazione precedentemente assunta. Nondimeno, considerata la posizione sul mercato e la evidente disparità di forza economica tra le parti, è necessario che la compagnia agisca nel pieno rispetto delle regole, circostanza non verificatasi nel caso in esame. Difatti, se è vero che la «minaccia» di iscrizione non avrebbe potuto avere seguito (non essendo ancora funzionante la banca dati), è altresí evidente che si tratta di un escamotage impiegato per esercitare una coercizione morale sul consumatore eccedente i confini della diligenza professionale.

7.7. Proprio la grande dimensione del professionista impone il rigoroso rispetto delle regole sulla tutela del consumatore, tra cui spiccano i generali principî di correttezza e buona fede, palesemente violati mediante una condotta caratterizzata da un insidioso artifizio, costituito dalla rappresentazione, seppure in termini, di una circostanza non corrispondente al vero.

7.8. A corroborare quanto esposto vale osservare che anche l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), nel parere infraprocedimentale, abbia evidenziato l’anomalia della condotta della società ricorrente.

7.9. Né possono essere condivise le doglianze dell’esponente, atteso che la chiara indicazione delle conseguenze dell’iscrizione avrebbe dovuto essere riportata direttamente sull’avviso di pagamento al fine fornire immediatamente al consumatore tutte le informazioni di cui ha necessità, senza onerarlo di una defatigante ricerca delle notizie d’interesse tra le pagine del sito internet (Tar Lazio, sez. I, 18 novembre 2022, n. 15326).

7.10. Similmente, l’utilizzo dei verbi al condizionale costituisce circostanza irrilevante ai fini della valutazione della pratica, atteso che il contesto complessivo del sollecito rende palese, al consumatore, la minaccia di iscrizione e, quindi, l’indebito condizionamento.

8. Anche la seconda censura è infondata.

8.1. Difatti, appare evidente come l’Autorità abbia fatto corretta applicazione dei parametri normativi che regolano la fattispecie: in particolare, quanto alla gravità della pratica, si è tenuto conto della dimensione economica del professionista (il cui fatturato nel 2017 era ben superiore ai sei miliardi di euro), della rilevanza dell’impresa (operante nel settore comunicazioni e, quindi, fornitrice di un servizio di primaria importanza per i consumatori), della natura aggressiva della condotta contestata e della durata della violazione.

8.2. La valutazione appare, quindi, rispondente ad un criterio di adeguatezza, anche sotto il profilo della deterrenza, oltre che ai principî di logicità e ragionevolezza che regolano in genere l’azione amministrativa: difatti, l’importo finale comminato veniva calcolato tenendo conto sia dell’esistenza di precedenti provvedimenti sanzionatori, ma anche dell’impegno a per fornire ai consumatori maggiori e puntuali informazioni sulle modalità di funzionamento del S.I.Mo.I.Tel, giungendo, infine, ad una somma pari allo 0,15% del fatturato (pari, tra l’altro, ad un dodicesimo dell’importo edittale massimo). In definitiva, l’importo della sanzione applicata risulta non solo congruo e proporzionato, ma anche pienamente in linea con i criterî avallati dalla giurisprudenza (cfr., per tutte, Tar Lazio, sez. I, 8 luglio 2022, n. 9428).

9. Alla luce della esposta infondatezza delle doglianze, il ricorso è definitivamente respinto.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo

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