TAR Ancona, sez. I, sentenza 2009-01-05, n. 200900005

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2009-01-05, n. 200900005
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 200900005
Data del deposito : 5 gennaio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00996/2002 REG.RIC.

N. 00005/2009 REG.SEN.

N. 00996/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 996 del 2002, proposto da:
G G, residente in Canavaccio di Urbino, già rappresentato e difeso dall’avv. R S ed elettivamente domiciliato in Ancona, alla Piazza Cavour, n. 2, presso lo studio del predetto difensore;
e, quindi, rappresentato e difeso dall’avv. E M S, con domicilio eletto in Ancona, presso lo studio di questi, alla Piazza Cavour, n. 2;

contro

- la REGIONE MARCHE, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. S C ed elettivamente domiciliata in Ancona, alla Via Giannelli, n. 36;

nei confronti di

- Sig. L G, residente in Piano di Pontedazzo n. 43, Cantiano (PU);

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

1) del provvedimento della Regione Marche – Giunta Regionale – Dipartimento Sviluppo Economico – Servizio decentrato Agricoltura e Alimentazione, comunicato con nota prot. n. 8213 del 30.9.2002, con il quale è stata rettificata a danno del ricorrente la priorità generale, già assegnatagli, da tipo “a” a tipo “e” e, di conseguenza, gli è stato revocato il contributo pari ad euro 27.198,69, già concessogli con decreto del Dirigente del Servizio Agricoltura n. 1371 del 20.12.2001 (tale provvedimento essendo il decreto del Dirigente del Servizio Decentrato Agricoltura e Alimentazione di Pesaro della Regione Marche n. 150 del 30.9.2002);

2) della graduatoria regionale della misura A), e di ogni atto formato a seguito della impugnata revoca;

3) di tutti gli atti antecedenti, connessi e consequenziali, compresi quelli non conosciuti.

Visto il ricorso, notificato in data 28.XI.2002, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Marche, in persona del Presidente p.t., depositato il 16.12.2002;

Visto l’atto di costituzione del ricorrente a mezzo di nuovo difensore, notificato in data 20.9.2005;

Vista la memoria prodotta dal ricorrente a sostegno delle proprie difese in data 5.XI.2004;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 22 novembre 2006, il consigliere avv. Liana Tacchi;

Uditi l’avv. Giorgio Benedetti, in sostituzione dell’avv. Edoardo Stecconi, per il ricorrente e l’avv. S C per la Regione Marche;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

1.- Il Sig. G Giovanni, essendo iscritto sia all’I.N.P.S. (dall’1.3.1999) che alla C.C.I.A.A. di Pesaro e Urbino (dal 4.3.1999) con la qualifica di coltivatore diretto, in data 4 giugno 2001 ha presentato alla Regione Marche domanda di adesione al Piano di Sviluppo Rurale per l’anno 2001 – Misura “A” – Investimenti nelle aziende agricole (Regolamento C.E. n. 1257/1999), al fine di beneficiare di sostegno finanziario per i progettati investimenti aziendali.

Tra la documentazione allegata all’istanza vi era una dichiarazione sostitutiva ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445 del 28.12.2000, nella quale il sig. G aveva dichiarato “Di essere imprenditore agricolo a titolo principale in quanto il reddito direttamente proveniente dall’attività agricola dell’azienda non è inferiore al 50% del reddito totale” (Modello 4 – documento n. 7 del fascicolo depositato dalla Regione il 16.XII.2002).

Ed infatti, il Bando della Regione Marche per la Misura “A” – Investimenti nelle aziende agricole, fissando i criteri di selezione delle domande (punto 8), stabiliva il seguente ordine di priorità generali (punto 8.1):

“a) investimenti realizzati da imprenditori agricoli, individuali o società, a titolo principale (IATP) ossia il cui reddito direttamente proveniente dall’attività agricola dell’azienda non sia superiore al 50% del reddito totale dell’imprenditore (omissis)”;

“b) investimenti realizzati da imprenditori che rispettino le seguenti condizioni: (omissis)”;

“c) aziende agricole gestite da cooperative sociali (omissis)”;

“d) aziende agricole ove le ULA impiegate sono assunte come personale dipendente a tempo indeterminato (omissis)”;

“e) tutti gli altri”.

2.- La domanda del sig. Giovanni G è stata, in un primo tempo, valutata ammissibile al finanziamento: si veda il decreto del Dirigente del Servizio Decentrato Agricoltura e Alimentazione di Pesaro n. 106 del 3.8.2001 e l’allegato elenco “A”, che la includeva tra quelle di priorità generale a);
si veda la successiva comunicazione dirigenziale prot. n. 8526 del 6/8/2001. Quindi la Regione ha adottato il provvedimento vero e proprio di accoglimento della domanda di finanziamento, costituito dal decreto del Dirigente del Servizio Agricoltura n. 1371 del 20.12.2001, di approvazione della graduatoria regionale dei richiedenti i benefici di cui al Piano di Sviluppo Rurale Marche Misura A – 2001.

Ancorché tale decreto n. 1371/2001 non sia stato prodotto agli atti, il contenuto di esso, con riguardo alla posizione del sig. G Giovanni, è conoscibile in modo chiaro e completo dalla nota di comunicazione rivolta dalla Regione prot. n. 16480 del 20.12.2001: l’azienda del G era risultata in posizione utile, al n. 451, della graduatoria regionale, ad essa era stata riconosciuta la priorità a) e le era stato attribuito un punteggio totale di 26,167, con conseguente ammissione ai benefici previsti dal bando e concessione di un contributo di lire 52.664.000 a fronte di un investimento ammesso di lire 157.410.000.

Sulla base dell’accordato finanziamento l’interessato ha acceso un mutuo per l’acquisto di un trattore e di altre attrezzature necessarie all’azienda agricola, confidando di poter far fronte al debito attraverso l’erogazione del contributo regionale.

3.- Tuttavia, in seguito, con decreto n. 150 del 30.9.2002, il Dirigente del Servizio Decentrato Regionale Agricoltura e Alimentazione di Pesaro ha stabilito “di rettificare alla ditta G Giovanni, domanda n.2287, la priorità generale assegnata da tipo “a” a tipo “e” e di conseguenza revocare il contributo pari ad euro 27.198,69, già ammesso a finanziamento con D.D.S. Agricoltura n. 1371 del 20.12.2001” (documento n. 2 del fascicolo depositato dalla Regione il 16/12/2002).

La motivazione del decreto in questione, riportata nell’allegato documento istruttorio, chiariva che da un esame della situazione reddituale aziendale prodotta sulla base dei modelli 1 e 2, confrontata con il reddito globale prodotto nell’anno 2000, era emerso che la ditta non ricopriva la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, per cui doveva essere assegnata la priorità di tipo “e” ed andava revocato il contributo già concesso in quanto con la prima graduatoria regionale erano stati finanziati solo gli imprenditori con la qualifica di I.A.T.P.

Con nota prot. n. 8213, sempre del 30.9.2002, il Responsabile del procedimento ed il Dirigente del Servizio hanno comunicato all’interessato, in termini sintetici ma essenziali, il contenuto dell’adottato provvedimento di rettifica della priorità e di revoca del finanziamento (doc. n. 11 del fascicolo del ricorrente).

Stando alla documentazione versata in atti dalla Regione, il provvedimento stesso scaturiva dall’accertamento svolto il 30.9.2002 dal funzionario incaricato S S, il quale aveva rilevato che la ditta G Giovanni non risultava I.A.T.P., avendo confrontato il reddito agricolo con la situazione reddituale denunciata nel modello 2001 – anno 2000 (verbale di accertamento del 30.9.2002, documento n. 9 del fascicolo depositato dalla Regione).

4.- Avverso il provvedimento (decreto n. 150 del 30.9.2002), comunicato con la nota prot. n. 8213 del 30.9.2002, nonché avverso la graduatoria regionale della misura A ed avverso tutti gli altri atti formati in seguito alla revoca, compresi quelli non conosciuti, il sig. Giovanni G ha proposto il presente ricorso giurisdizionale amministrativo chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, in quanto illegittimi per i seguenti motivi:

I) Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione

Il provvedimento di revoca (rectius: di comunicazione del provvedimento di revoca;
nota del Collegio) aveva taciuto del tutto in ordine alle ragioni che avevano portato l’Amministrazione a concedere il contributo salvo poi revocarlo sulla base della medesima documentazione inizialmente presentata.

II) Violazione e falsa applicazione del Reg. CE n. 1257/99 e del Bando per l’attuazione della misura “A” del Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006. Eccesso di potere per travisamento dei fatti

Nel caso in cui, a quanto si poteva solo supporre allo stato degli atti, la revoca fosse dipesa dal fatto che la Regione non aveva considerato il ricorrente I.A.T.P. per via della modestissima pensione da lui percepita da quando aveva definitivamente cessato il lavoro subordinato precedentemente svolto, il provvedimento sarebbe stato comunque viziato per illegittimità e travisamento dei fatti.

In detta ipotesi, l’esclusione dalla graduatoria dei beneficiari e la revoca del contributo sarebbero dovute al fatto che il reddito proveniente dall’azienda agricola condotta dal sig. G sarebbe stato inferiore al 50% del reddito totale dell’imprenditore. Il calcolo dovrebbe essere stato effettuato considerando il reddito complessivo di L. 21.083.000 e facendo la comparazione tra il valore della produzione agricola netta (Lire 8.869.000), più il reddito agrario di lire 840.000, e così lire 9.709.000, con il reddito derivante da “lavoro dipendente” (Lire 17.693.000).

Sennonché, verificata attentamente la composizione di tale reddito da lavoro dipendente, si evinceva che esso era formato unicamente dalla pensione dal sig. G percepita come ex dipendente dell’E.R.S.U., in quanto egli non svolgeva attualmente alcuna altra attività al di fuori di quella di imprenditore agricolo.

Erroneamente l’importo della pensione era stato ricompreso nel reddito globale, atteso che esso non poteva considerarsi reddito prodotto dall’imprenditore agricolo.

Secondo l’art. 46, comma 2° del D.P.R. 22.12I.1986, n. 917 (T.U. imposte sui redditi) costituivano redditi da lavoro dipendente le pensioni di ogni genere;
ma tale disciplina rilevava unicamente ai fini dell’applicazione dell’imposta sui redditi e non valeva a fornire una definizione assoluta della natura giuridica della pensione.

E ciò specialmente nel caso in questione, in cui la ratio della normativa nazionale e comunitaria sottesa all’individuazione dell’imprenditore agricolo a titolo principale ai fini della corresponsione di contributi era quella di limitare le provvidenze a chi dedicava all’attività agricola il proprio prevalente impegno professionale, cosicché il reddito agricolo prevalesse su altri redditi da lavoro.

In altre parole, secondo le intenzioni del legislatore, un soggetto che svolgesse più attività lavorative diverse tra loro poteva ottenere i contributi propri del settore agricolo solo se a tale settore si dedicasse completamente o quantomeno in prevalenza rispetto ad altre attività produttive non omogenee a quella agricola.

Era pertanto ovvio che il richiamo al reddito complessivo presupponesse lo svolgimento di attività extra agricole in atto e non attività ormai da tempo concluse. Proprio per tale ragione doveva restare irrilevante la titolarità di una pensione per attività lavorativa cessata, la quale costituiva solamente l’effetto economico di contributi versati ex lege (e la quale, anzi, doveva rafforzare l’idea della piena occupazione nel settore agricolo). Non a caso le norme in questione facevano sempre riferimento non al soggetto ai fini IRPEF e IRAP (quindi quello fiscale), ma alla figura codicistica dell’imprenditore.

Doveva però rimanere precluso ogni tentativo di ricomprendere, in quello complessivo, un reddito, quale era la pensione, non derivante da un’attività economica produttiva in senso stretto.

E tale principio era stato avallato dalla giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, 23.4.1994, n. 266).

III) Evidente era il periculum in mora, rappresentato dall’impossibilità economica di pagare i ratei del mutuo contratto confidando nell’accordato finanziamento regionale, con danni gravissimi per la sfera sociale, economica e personale del ricorrente e della sua famiglia.

5.- La Regione Marche si è costituita con memoria prodotta il 16.12.2002, nella quale ha esposto compiutamente la vicenda ed ha spiegato con concludenza di argomenti le ragioni per le quali, a termini di bando, formulato in stretta aderenza alla normativa comunitaria, tutti i redditi diversi da quello relativo ai redditi agricoli (quadro A della dichiarazione dei redditi dell’anno precedente) erano da qualificare come extraagricoli, per il che la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale poteva essere riconosciuta solo se il reddito agricolo era pari almeno al 50% del reddito totale dell’imprenditore (e non già ad una cospicua frazione dei redditi da lavoro).

6.- Alla Camera di Consiglio del 17.12.2002 il T.A.R. ha denegato l’invocata tutela cautelare (ordinanza n. 474/2002).

7.- Nella memoria per la discussione prodotta il 5.11.2004 il ricorrente ha ripercorso i fatti ed ha ulteriormente sviluppato le proprie tesi, anche in relazione a taluna giurisprudenza ed ai sopravvenuti mutamenti legislativi riguardanti la figura dell’imprenditore agricolo (D. Leg.vo 29.3.2004, n. 99, articolo 1).

8.- Con atto notificato il 20.9.2005 lo stesso ricorrente si è costituito a mezzo di nuovo difensore, riportandosi a tutte le difese formulate ed alle conclusioni spiegate in precedenza.

9.- La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 22 novembre 2006, rimettendosi le parti agli atti.

Indi essa è passata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

I) 1.- Con riferimento al primo motivo, si osserva che la censura di difetto di motivazione è stata diretta e può valere solo nei riguardi della nota prot. n. 8213 in data 30.9.2002, con cui il dirigente del Servizio Decentrato Agricoltura e Alimentazione aveva comunicato al sig. Giovanni G che, a seguito del riesame della sua domanda, già ammessa a finanziamento con decreto n. 1371 del 20.12.2001, la priorità generale assegnata era stata rettificata da tipo “a” a tipo “e”, con conseguente revoca del finanziamento stesso poiché erano risultate finanziabili con i fondi assegnati solo le domande con priorità di tipo “a”, cioè con la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale.

Ed infatti, nella nota stessa, non erano state chiarite le ragioni in forza delle quali l’Amministrazione regionale, a seguito del riesame della domanda del sig. G, aveva stabilito che non gli competesse la qualità di imprenditore agricolo a titolo principale, con conseguente attribuzione dell’ordine di priorità “a”, e che l’ordine di attribuzione spettante fosse quello di tipo “e” (vedi il punto 8.1 del bando).

2.- Ma la nota prot. n. 8213 del 30.9.2002 non aveva valore provvedimentale intrinseco, bensì solo notiziale dell’atto adottato, nella stessa data del 30.9.2002, con cui si era, in effetti, provveduto a rettificare alla domanda del sig. G la priorità generale già assegnatagli da tipo “a” a tipo “e” e, di conseguenza, a revocare il contributo, pari ad euro 27.198,69, già ammesso a finanziamento con D.D.S. Agricoltura n. 1371 del 20.12.2001.

Tale atto provvedimentale era il decreto del Dirigente del Servizio Decentrato Agricoltura e Alimentazione n. 150 del 30.9.2002 ed esso, nell’allegato documento istruttorio, sufficientemente chiariva le cause della sua adozione: era emerso, dall’esame della situazione reddituale aziendale prodotta sulla base dei modelli 1 e 2 e dal confronto con il reddito globale prodotto nell’anno 2000, che la ditta non rivestiva la qualifica di I.A.T.P. (doc. n. 2 del fascicolo depositato dalla Regione il 16.12.2002).

3.- Ad ogni buon conto il decreto di retrocessione dalla priorità di tipo “a” a quella di tipo “e” e perciò di revoca del contributo già ammesso a finanziamento risultava essere stato adottato a seguito di verbale di accertamento cartaceo redatto, sempre in data 30.9.2002, dal funzionario incaricato del Servizio regionale decentrato, sig. S S;
accertamento il quale era stato provocato dal fatto che la ditta G Giovanni, in data 1.7.2002, aveva richiesto l’erogazione in saldo totale del contributo allegando anche una copia rettificata dei modelli 1 e 2, concernenti il reddito netto nell’anno 2000 ed i dati tecnico-economici dell’azienda.

Il funzionario verificatore, riesaminando la pratica, aveva effettuato il confronto tra il reddito agricolo e la situazione reddituale complessiva del richiedente, quest’ultima quale desumibile dalla dichiarazione del modello

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