TAR Bari, sez. I, sentenza 2009-07-07, n. 200901751

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2009-07-07, n. 200901751
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 200901751
Data del deposito : 7 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01076/2008 REG.RIC.

N. 01751/2009 REG.SEN.

N. 01076/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1076 del 2008, proposto dal Consorzio di Cooperative Sociali Opus-Opere Pugliesi di utilità sociale e dalla Soc. coop. Sociale San Riccardo Pampuri, in proprio e quali componenti dell’A.T.I. per l’esecuzione dell’attività per cui è causa, rappresentati e difesi dall'avv. G C, con domicilio eletto in Bari, via Cardassi, 58;

contro

il Comune di Foggia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati M B e D D, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi D'Ambrosio in Bari, piazza Garibaldi, 23;

il Dirigente del Settore Politiche Sociali del Comune di Foggia;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della nota del Dirigente del Settore Politiche Sociali del Comune di Foggia, prot n. 5422 del 20.05.2008;

nonché per l’accertamento del diritto

della ricorrente alla revisione del prezzo di appalto ai sensi dell’art. 115 D. Lgs. 163/2006 (ex 6, L. n. 537 del 24.12.1993 e successive modificazioni e integrazioni);

nonché per la condanna, previa concessione delle misure cautelari,

del Comune resistente, in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento

- delle somme di seguito determinate a titolo di revisione del prezzo alla data di presentazione del presente ricorso, oltre a quelle a maturare sino alla effettuazione delle prestazioni, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge;

- del risarcimento del danno ai sensi dell’art 1218 c.c. oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Foggia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2009 il cons. G A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO



1. Il Consorzio di Cooperative Sociali Opus-Opere Pugliesi di utilità sociale insieme con la Società cooperativa sociale San Riccardo Pampuri ha svolto il servizio di assistenza domiciliare agli anziani, essendo l’A.T.I. dai medesimi formata risultata aggiudicataria di una gara pubblica, indetta dal Comune di Foggia, secondo il criterio dell'offerta economicamente vantaggiosa.

Il servizio, previsto per tre anni, ha avuto inizio il 2 gennaio 2003 ed è comunque stato svolto anche oltre il termine convenuto, fino al 31 luglio 2006.

Il Consorzio anzidetto, in qualità di mandatario dell’A.T.I., ha poi richiesto ripetute volte, sin dal 31 giugno 2005, che fosse riconosciuta la revisione del prezzo di appalto. Le istanze sono rimaste senza esito, tranne l'ultima, datata 5 aprile 2008, a cui Dirigente del Settore Politiche sociali ha risposto (negativamente) con la nota prot. n. 5422 del 20 maggio 2008.

Tale atto disconosce il diritto alla revisione del prezzo per due ordini di ragioni:

- perché la norma, invocata dai ricorrenti a sostegno della loro pretesa (ovvero l'articolo 6 della legge 24 dicembre 1993 n. 537 é stata abrogata dall'articolo 256 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163;

- perché la medesima disposizione richiamata non sarebbe applicabile ai contratti in essere, bensì solo a quelli da stipulare.

Tale motivazione è stata poi contestata dal Consorzio con lettera datata 20 giugno 2008.

I componenti dell'associazione temporanea d'impresa hanno quindi proposto ricorso, chiedendo l'annullamento della citata nota dirigenziale, l’accertamento del diritto delle ricorrenti alla revisione del prezzo d'appalto, nonché la condanna del Comune resistente al pagamento delle somme dovute a titolo di revisione del prezzo, oltre interessi e rivalutazione monetaria, e al risarcimento del danno, ai sensi dell’art 1218 del codice civile, con interessi e rivalutazione monetaria.

Si è costituito il Comune di Foggia, eccependo il difetto di giurisdizione del Tribunale adito e contestando nel merito le tesi attoree.



2.a. Preliminarmente deve essere rigettato il rilievo dell’Amministrazione resistente in ordine alla giurisdizione.

L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla pretesa delle istanti alla revisione del prezzo, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della legge n. 537/93, in relazione ad un contratto di appalto di servizi, stipulato con il Comune di Foggia.

Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, “La controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la previsione della revisione prezzi per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, relativi a servizi e forniture, è accompagnata dalla disposizione di cui al comma 19 del medesimo art. 6, secondo cui “le controversie derivanti dall'applicazione del presente articolo sono devolute alla giurisdizione, in via esclusiva, del giudice amministrativo”.

La giurisdizione del giudice amministrativo è pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza (Cass., Sez. Unite, n. 10616/1996;
Cons. Stato, V, n. 141/2002) ed è stata confermata, di recente, dal D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), che anzi ha esteso tale giurisdizione anche alla revisione prezzi dei contratti di lavori pubblici (art. 244, comma 3, del citato D. Lgs. n. 163/2006)” (Consiglio Stato, Sez. VI, 25 luglio 2006 n. 4640;
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 21 marzo 2006 n. 925;
30 gennaio 2009 n. 159;
T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 19 luglio 2006 n. 4027).



2.b. L'azione è parzialmente fondata.

Sulla valenza delle disposizioni invocate a sostegno della domanda, la Sezione si è già pronunciata, con una puntuale ricostruzione dell'assetto normativo, che, in questa sede, non può che essere richiamata:

“2. L'art. 6, 4° comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nel testo sostituito dall'art. 44, quarto comma, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, impone a tutte le amministrazioni di inserire una clausola di revisione periodica del prezzo in tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, in funzione cogente, essendo la precitata norma intesa a coniugare l’esigenza, di interesse generale, di contenere la spesa pubblica, con quella, ugualmente di interesse generale, di garantire la corretta e puntuale erogazione del servizio nel tempo.

Invero, mentre l'art. 1664 c.c. regola in via generale l'istituto della revisione prezzi nei contratti di appalto, senza ulteriore definizione dei caratteri dei rapporti ai quali si applica, l'art. 6 della legge n. 537 del 1993, disciplinando compiutamente la revisione dei contratti ad esecuzione continuativa o periodica stipulati dalle p.a., va ritenuta -in coerente applicazione del principio "lex specialis derogat generali"- prevalente rispetto a quella generale di diritto comune, che diviene, quindi, recessiva, ancorché astrattamente applicabile, in mancanza di diversa specifica disciplina, anche agli appalti pubblici .

Conseguentemente, deve ritenersi che il sistema di verifica complessiva della funzionalità del sinallagma, disciplinato dall’art. 1664 c.c., vada sostituito, per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa delle pubbliche amministrazioni, dalla normativa derogatrice più volte citata, in base alla quale la revisione prezzi costituisce contenuto necessario del contratto.

Ferme restando le dirimenti precitate considerazioni, devesi rilevare che ulteriori ragioni militano a favore della tesi dell’inapplicabilità dell’art. 1664 c.c. alla fattispecie oggetto dell’odierno “thema decidendum”, quali la natura pacificamente derogabile del disposto di cui all’art. 1664 c.c. e quella, di converso, imperativa di cui all’art.6 della legge n.537/93, le quali impediscono di integrare il precetto di quest’ultima -che non prevede alcuna alea a carico dell’appaltatore- con l’applicazione di una disposizione che, nella negoziazione privata, potrebbe essere esclusa mediante la previsione pattizia dell’eliminazione di ogni rischio per l’esecutore dell’opera e che diverrebbe obbligatoria, per via interpretativa, nei contratti con le pubbliche amministrazioni, ancorché la disposizione direttamente ed inderogabilmente applicabile agli stessi non contempli alcuna, analoga limitazione.

Giova altresì osservare che l’art. 1664 c.c. condiziona il diritto alla revisione dei prezzi alla circostanza che le relative variazioni risultino riconducibili a circostanze imprevedibili, mentre l’art.6 L. n. 537/93 si limita a sancire il titolo all’adeguamento del corrispettivo per il solo effetto dell’aumento dei costi, senza alcuna ulteriore definizione delle sue cause, sicché, anche sotto questo ulteriore profilo, il regime delineato dalla disposizione codicistica appare contrastante con la disciplina dei contratti pubblici e con la sua finalità, consistente proprio nell’intenzione di mantenere inalterato l’equilibrio economico del contratto, per come definito nelle condizioni di aggiudicazione, in modo da renderlo insensibile ad ogni alterazione degli oneri sopportati dall’appaltatore nel corso del rapporto.

Come si vede, il riconoscimento di un’alea nei contratti del tipo di quello in esame va escluso non solo per effetto dell’inapplicabilità agli stessi dell’art. 1664 c.c., ma anche sulla base di una lettura della normativa di riferimento coerente con la “ratio”, appena segnalata, di garantire, senza limite, i contraenti da sopravvenienze idonee a mutare l’assetto di interessi definito all’inizio del rapporto.

Pertanto, il Collegio ritiene di non aver motivo di discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale (ex plurimis: Consiglio di Stato, Sez.V°, 19 febbraio 2003, n. 916) in base al quale “in materia di revisione prezzi relativa ai contratti stipulati dalle p.a., il conflitto e/o l'antinomia tra l'art. 6, quarto comma, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, come modificato dall'art. 44 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e l'art. 1664 c.c., va risolto in applicazione del criterio principale che presiede alla soluzione dei conflitti tra norme, e cioè quello di specialità” e lo ritiene applicabile al contratto…, da cui scaturisce la pretesa azionata con il presente giudizio.

… 3. La mancata rilevazione da parte dell’ISTAT “dei prezzi del mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni”, secondo quanto disposto dall’articolo 6, comma 6, citato, comporta l’applicazione dell’indice che misura la variazione dei prezzi per la famiglie degli operai e degli impiegati, il cosiddetto “Indice F.O.I.”, (cfr.: Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373).

Va osservato al riguardo che la tesi adombrata dalla ricorrente secondo cui – in mancanza delle specifiche rilevazioni ISTAT – occorrerebbe procedere ad una puntuale ricognizione degli aumenti intervenuti relativamente alle specifiche componenti dei costi non può essere condivisa perché è il frutto di un fraintendimento della” ratio” dell’istituto della revisione in esame.

L’istituto della revisione è, infatti, preordinato in primo luogo alla tutela degli interessi dell’amministrazione e, specificamente, all’esigenza di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da alterare e sconvolgere le previsioni sulla cui base è avvenuta la stipulazione, come si desume dall’originaria formulazione della disposizione di cui all’art.6 della legge n.537/93, che prevedeva che la revisione venisse operata attraverso il confronto tra il prezzo pattuito ed i “prezzi di riferimento” -elaborati dal Ministero del Bilancio sulla base di apposite rilevazioni- e stabiliva che, all’esito della revisione, la controparte dell’amministrazione potesse recedere dal contratto, in caso di non accettazione del corrispettivo conforme al prezzo di riferimento.

L’originaria normativa è stata quindi sostituita dall’articolo 44 della legge 24 dicembre 1994, n. 724 che ha introdotto il testo attualmente vigente.

Di conseguenza, l’istituto solo in via mediata tutela l’interesse della parte privata a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino in corso di rapporto nel senso che la normativa – nel prescrivere la revisione periodica – tutela anzitutto l’interesse del contraente pubblico e prevede la revisione in aumento del corrispettivo sulla base dei parametri indicati nel comma 6, essenzialmente al fine di evitare che, rimanendo fisso il corrispettivo, la controparte privata “compensi” gli incrementi di costi con una riduzione dello standard qualitativo della prestazione.

E’ dunque in questo quadro che devono interpretarsi i commi 4 e 6 del precitato art. 6 della legge n. 537/93, e quindi verificare, in difetto delle rilevazioni ivi previste, quale sia il parametro applicabile.

A tal uopo, giova osservare che le rilevazioni dell’ISTAT previste nel comma 6, non sono riferite alle variazioni intervenute nelle componenti di costo sopportate dall’impresa ma ai “prezzi del mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni”, con ciò intendendo escludere che la “ratio” ispiratrice della disciplina sia quella di porre a carico dell’amministrazione gli incrementi medi dei costi dell’impresa, che sono certo diversi rispetto agli aumenti medi dei prezzi dei beni e delle prestazioni, posto che i primi non si traducono in un automatico aumento dei secondi (nel senso che un aumento di costi può essere compensato dall’impresa attraverso una migliore organizzazione o attraverso la riduzione di altri costi o dei margini di guadagno).

Se quindi ci si muove nell’ottica che la revisione deve essere accordata non sulla base di una rilevazione degli aumenti medi dei costi dell’impresa – nel senso che la normativa non mira a concedere al contraente privato una rinegoziazione del corrispettivo per compensare gli aumenti dei costi a suo carico (in questo senso si veda Consiglio di Stato, sez. V, 8 luglio 2002, n. 3795) - ma sulla base di una rilevazione degli aumenti medi dei prezzi dei beni e dei servizi, è allora corretto ritenere che, in difetto delle “rilevazioni dei prezzi del mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni”, occorre fare riferimento, ai fini dell’applicazione della normativa in esame, al più generale ma, comunque, significativo indice che misura l’aumento medio dei prezzi per le famiglie degli operai e degli impiegati, come sostenuto dal resistente comune” (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006, confermata per il capo dal Consiglio Stato, Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786;
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 6 aprile 2007 n. 1047;
14 agosto 2008 n. 1970).

Quanto premesso impone di dichiarare il diritto delle ricorrenti ad ottenere la revisione del corrispettivo dell’appalto sulla base del cd. indice F.O.I., come sopra indicato, sicuramente per il periodo (triennale) di vigenza del contratto, facendo obbligo all’Amministrazione municipale di Foggia di procedere alla determinazione ed alla conseguente corresponsione degli importi dovuti per il predetto titolo, rinviando alle ulteriori determinazioni dell’Amministrazione la quantificazione dell’importo relativo, che tenga conto altresì delle puntuali deduzioni della parte sul punto.

Per quanto riguarda gli accessori di legge, va precisato che il compenso revisionale costituisce debito di valuta e pertanto, è soggetto alla corresponsione di interessi per ritardato pagamento, ricadendo nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 di "Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni”, mentre in ogni caso non potrebbe trovare accoglimento la pretesa alla rivalutazione monetaria, in quanto, una volta riconosciuti gli interessi, "il danno da svalutazione costituisce una mera eventualità ed è riconoscibile in favore del creditore solo se questi dimostri di avere subito un danno maggiore dell'importo corrispondente agli interessi legali, prova della quale è pertanto onerata la ricorrente e che non è stata fornita nel caso in esame (Cass. Civ. Sez. III, 10 febbraio 2004 n. 2849)" (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 14 agosto 2008 n. 1970).

Il riconoscimento della revisione dei prezzi invece non può essere esteso al periodo (successivo al 2 gennaio 2006) in cui la prestazione del servizio è stata resa di fatto (fino al 31 luglio 2006).

Lo svolgimento dell'attività, per il primo semestre del 2006, non solo non trovava titolo in un contratto accessorio, ma addirittura non risulta, allo stato degli atti, neppure autorizzato da una deliberazione di proroga (comunque preclusa dall'articolo 23 della legge 18 aprile 2005 n. 62, norma abrogativa dell'ultimo periodo dell'articolo 6, comma 2, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, la quale, anche attraverso una rigida disciplina transitoria, favoriva il pronto espletamento di gare ad evidenza pubblica).

In un'analoga ipotesi, la Sezione ha osservato:

"Come è noto, i contratti della Pubblica Amministrazione “devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, al fine di identificarne con precisione il contenuto negoziale e consentire, per l’effetto, i necessari controlli dell’autorità tutoria. Ne consegue la inammissibilità di una conclusione del contratto stesso ‘per facta concludentia’, essendo altresì necessario che l’intera vicenda negoziale, salva diversa previsione di legge, sia consacrata in un unico documento contenente tutte le clausole disciplinanti il rapporto” (Cass. Civ., sez. II, n. 7913 del 30.05.2002;
nello stesso senso Id., sez. I, n. 24826 del 24.11.2005;
Cons. Stato, sez. V, n. 7147 del 15.12.2005). Secondo tale principio, neppure lo scambio di atti scritti tra impresa ed Amministrazione (aventi contenuto sostanziale di proposta ed accettazione) è idoneo a formare un contratto valido, richiedendosi invece che le volontà negoziali siano formalizzate con la stipula del contratto.

Nella fattispecie, la riscontrata carenza di un rituale accordo scritto tra le parti… consente di escludere la sussistenza del credito vantato dalla società ricorrente: il meccanismo della revisione prezzi nei contratti di durata, introdotto dal legislatore mediante norma imperativa idonea ad integrare la volontà negoziale delle parti, presuppone infatti l’esistenza di un contratto validamente stipulato, secondo le forme richieste per gli enti pubblici.

Le prestazioni eseguite dalla ricorrente nel trimestre…”[qui: semestre], “in assenza di contratto, potranno perciò essere remunerate ad altro titolo ove ne ricorrano i presupposti" (sentenza 3 luglio 2008 n. 1607).

È da respingere infine la domanda risarcitoria non essendo allegato alcuno specifico danno patrimoniale, che residui una volta assolti da parte del Comune gli obblighi di pagamento delle somme dovute a titolo di revisione e dei prezzi, come sopra definiti.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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