TAR Torino, sez. III, sentenza 2023-12-16, n. 202301008

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. III, sentenza 2023-12-16, n. 202301008
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202301008
Data del deposito : 16 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/12/2023

N. 01008/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00456/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 456 del 2023, proposto da
-Ricorrente-, rappresentato e difeso dagli avvocati E R e S N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia Dip. Amm. Penitenziaria e Casa Circondariale di Asti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale di Torino, domiciliataria ex lege in Torino, via dell’Arsenale, 21;

per l’annullamento

del decreto 13 marzo 2023, adottato dal Capo Dipartimento – Direzione Generale del Personale del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, con il quale è stata comminata al ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione, nonché per l’annullamento degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del procedimento;
e per ogni ulteriore, consequenziale statuizione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia Dip. Amm. Penitenziaria e della Casa Circondariale di Asti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2023 il dott. Alessandro Cappadonia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria presso la Casa di reclusione di Asti, in data 23 marzo 2022, mentre era in servizio presso il locale Sala Regia-Centralino del carcere di Asti, in violazione dell’art. 75 D.P.R. n. 309/1990 veniva trovato in possesso di 7,90 grammi di “ presunta sostanza stupefacente del tipo hashish ” che veniva sequestrata (cfr. verbale redatto in data 23 marzo 2022).

Con nota prot. n. -OMISSIS-il funzionario istruttore riceveva l’incarico dipartimentale relativamente al procedimento disciplinare nei confronti dell’odierno ricorrente per l’infrazione prevista dall’art. 6, comma 2, lett. a), b) e d) del D.lgs. n. 449/1992.

In data 6 ottobre 2022 veniva notificato l’atto di contestazione degli addebiti all’incolpato.

Il funzionario istruttore concludeva l’istruttoria in data 11 novembre 2022.

Il 16 novembre 2022 la Direzione generale procedente investiva il Consiglio centrale.

Il Consiglio celebrava la prima riunione il 14 dicembre 2022.

In data 22 febbraio 2023 si svolgeva l’udienza per la trattazione del procedimento.

Il Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia Penitenziaria, quindi, riteneva che le condotte poste in essere dall’incolpato fossero in pieno contrasto con il senso dell’onore e della morale che dovrebbero contraddistinguere un appartenente ad un Corpo di Polizia dello Stato;
il Consiglio affermava la natura dolosa della violazione dei doveri, non conciliabile con la prosecuzione del rapporto di servizio tra l’incolpato e l’amministrazione, anche in ragione delle numerose sanzioni disciplinari comminate a suo carico.

Il Consiglio deliberava, pertanto, di proporre al Capo del Dipartimento la sanzione della destituzione.

In data 13 marzo 2023, il Capo Dipartimento – Direzione Generale del Personale, anche in ragione del “ gravissimo pregiudizio allo Stato e all’Amministrazione Penitenziaria che non può essere rappresentata da persone che si sono poste contro la legge proprio quando ad esse è demandato istituzionalmente il compito di farla rispettare ”, adottava il decreto, notificato il successivo 14 marzo 2023, con il quale è stata comminata all’odierno ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio.

Avverso tali provvedimenti è insorto il ricorrente, il quale ne lamenta l’illegittimità per i seguenti motivi di diritto, così testualmente rubricati:

1) Violazione di legge in relazione all’art. 6 del D.lgs. 30 ottobre 1992 n. 449;
eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti;
carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione;
illogicità;
contraddittorietà;
sviamento;

2) Violazione di legge in relazione all’art. 6 ed all’art. 15 del D.lgs. 30 ottobre 1992 n. 449, all’art. 120 del D.P.R. n. 3/1957 ed ai contratti collettivi applicabili al personale di polizia penitenziaria;
eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti;
carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione;
illogicità;
contraddittorietà;
sviamento;
illegittimità costituzionale;

3) Violazione di legge in relazione all’art. 6, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 449/1992;
eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti;
carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione;
illogicità, contraddittorietà, sviamento.

In data 19 giugno 2023 si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia e la Casa circondariale di Asti per resistere al ricorso.

Con ordinanza n. 221 del 23 giugno 2023, la Sezione – ritenuto che le esigenze cautelari potessero essere adeguatamente tutelate con la sollecita fissazione dell’udienza di merito ex art. 55, comma 10, cod. proc. amm. – ha fissato l’udienza di discussione al 12 dicembre 2023.

All’udienza pubblica del 12 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato con riferimento al secondo motivo per le ragioni appresso indicate.

Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce, tra l’altro, che “ se il fascicolo è stato trasmesso nell’immediatezza dei fatti (23 marzo 2022) è da ritenere tardiva la contestazione effettuata solo in data 6 ottobre 2022 ”. Nel caso in esame il procedimento disciplinare è stato iniziato oltre i 180 giorni dalla conoscenza del fatto e si è concluso oltre i 270 giorni da quando l’amministrazione ha avuto conoscenza del fatto. Né varrebbe a ritenere il contrario il fatto che il comma 4 dell’art. 6 del D.lgs. n. 449/1992 (recante i suddetti termini) si riferisca a procedimenti disciplinari preceduti da procedimento penale: se i termini anzidetti sono previsti in caso di procedimento penale, non dovrebbe essere ritenuta corretta l’applicazione di termini diversi e più lunghi in casi meno rilevanti, dal punto di vista disciplinare, in cui non è stato attivato il procedimento penale, come nel caso in esame.

Il Collegio ritiene che nella vicenda de qua rivesta profilo assorbente la tardività della contestazione, pur in presenza di una sanzione (la destituzione dal servizio) irrogata ai sensi del comma 2, lettere a), b) e d), dell’art. 6, vale a dire non all’esito di specifiche e predeterminate condanne penali o misure di sicurezza o prevenzione, bensì all’esito di valutazione disciplinare di fatti e circostanze che, ai sensi del citato art. 6, comma 2, D.lgs. n. 449/1992, non necessariamente conseguono a fattispecie penali.

L’art. 10 del D.lgs. n. 449 del 1992, relativo alla “ procedura da osservare nel rilevare le infrazioni ”, non prevede esplicitamente un termine entro il quale il superiore debba procedere ad elevare il rapporto disciplinare, limitandosi viceversa a stabilire che il “ superiore che rileva l’infrazione deve ... contestare, dopo essersi qualificato, la mancanza al responsabile ”.

Tuttavia, per espresso rinvio normativo recato dall’articolo 24, comma 5, del medesimo D.lgs. n. 449 del 1992 (secondo cui “ Per quanto non previsto dal presente decreto in materia di disciplina e di procedura, si applicano, in quanto compatibili, le corrispondenti norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con il D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ”), trova applicazione l’art. 103 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, a mente del quale “ l’Ufficio del personale deve contestare subito gli addebiti all’interessato ”.

In particolare, ai sensi dell’art. 103 T.U. 10.01.1957 n. 3, l’ufficio del personale che abbia comunque notizia di una infrazione disciplinare commessa da un impiegato svolge gli opportuni accertamenti preliminari e, ove ritenga che il fatto sia punibile con la sanzione della censura, rimette gli atti al competente capo ufficio;
negli altri casi contesta subito gli addebiti all’impiegato invitandolo a presentare le giustificazioni. L’art. 15, comma 4, del D.lgs. 30 ottobre 1992 n. 449 prevede che il funzionario investito della istruzione provvede, entro dieci giorni, a contestare gli addebiti al trasgressore, invitandolo a presentare giustificazioni e svolge, successivamente, tutti gli altri accertamenti ritenuti da lui necessari o richiesti dall’incolpato.

Secondo la giurisprudenza, “ anche quando l’ordinamento di settore non fissa alcun termine perentorio entro cui l’Amministrazione deve dare inizio al procedimento disciplinare (Consiglio Stato, sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2863), ciò non esime l’Amministrazione dall’agire con ragionevole prontezza e tempestività nella contestazione degli addebiti (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 06 novembre 2008, n. 19287). È, infatti, illegittima la contestazione di addebiti per inadempienze ai doveri d’ufficio, dopo uno sproporzionato intervallo di tempo dalla conoscenza del fatto illecito da parte della p.a. (Consiglio Stato, sez. VI, 24 maggio 2000, n. 3015) ” (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 2 novembre 2010, n. 7153;
T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 8 giugno 2020, n. 589).

Il principio normativo, che subordina la legittimità del procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare alla previa contestazione degli addebiti, è finalizzato a evitare che l’interessato resti sottoposto ad un procedimento disciplinare per un tempo indeterminato, costituendo, tra l’altro, la sollecita trattazione e la tempestiva definizione del procedimento disciplinare un interesse non soltanto del dipendente incolpato, ma anche della stessa amministrazione.

Il requisito della immediatezza deve essere interpretato, tuttavia, in senso relativo e con ragionevole elasticità, valutando il comportamento del datore di lavoro alla stregua degli artt. 1375 e 1175 c.c., tenendo conto della specifica realtà fattuale in relazione alla quale si è concretizzato l’illecito disciplinare, della complessità delle indagini necessarie per accertare detto illecito nonché del tempo occorrente per valutare adeguatamente, seppure con opportuna celerità, la gravità della condotta del lavoratore (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 2 novembre 2010, n. 7153;
T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 8 giugno 2020, n. 589).

Applicate tali coordinate normative e giurisprudenziali alla fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, il Collegio ritiene che l’intervallo temporale che separa la conoscenza dei fatti da parte dell’amministrazione (23 marzo 2022) dalla contestazione dell’addebito (6 ottobre 2022) sia manifestamente eccessivo, irragionevole e sproporzionato, tenuto conto della scarsa complessità delle indagini necessarie per contestare l’illecito.

Poiché il vizio accertato dal Collegio garantisce al ricorrente di conseguire il bene della vita, è consentito, per motivi di economia processuale, l’assorbimento dei restanti motivi dal cui accoglimento il ricorrente non potrebbe ricavare utilità sostanziali maggiori.

In definitiva, il ricorso deve essere accolto e conseguentemente deve essere annullato il provvedimento disciplinare impugnato.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, ferma la refusione del contributo unificato in favore della parte ricorrente, nella misura effettivamente versata, alle condizioni di legge.

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