TAR Lecce, sez. III, sentenza 2009-11-12, n. 200902666

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. III, sentenza 2009-11-12, n. 200902666
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 200902666
Data del deposito : 12 novembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02130/2005 REG.RIC.

N. 02666/2009 REG.SEN.

N. 02130/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2130 del 2005, proposto da:
-OMISSIS- Giorgio, rappresentato e difeso dall'avv. M. A G, con domicilio eletto presso M. A G in Lecce, via G. Oberdan N. 43;

contro

Comune di Taviano;

per l'annullamento

Della determinazione prot. N.12580 del Settore Assetto del Territorio del Comune di Taviano, comunicata nel mese di settembre 2005, con cui il Responsabile del Settore ha respinto la domanda di definizione degli illeciti edilizi presentata dal ricorrente in data 10.12.2004 ai sensi dell’art.32 D.L. n.269 del 30.09.2003, convertito con L. n.326 del 29.11.2003, denegando il titolo edilizio in sanatoria e comunicando altresì l’avvio del procedimento finalizzato all’emissione dei provvedimenti sanzionatori di cui all’art.31 DPR n.380/01;

di ogni atto comunque connesso, presupposto e/o consequenziale.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2009 la dott.ssa P M e udito l’avv. Grimaldi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Il sig. -OMISSIS- impugna il provvedimento con il quale l’A.C. di Taviano ha respinto l’istanza di definizione degli illeciti edilizi, proposta ai sensi dell’art.32 della L.326/2003, relativa alla costruzione di un fabbricato ad uso residenziale ( composta da una casa di civile abitazione al piano rialzato, un vano destinato a garage , deposito e ripostiglio al piano seminterrato , un porticato con terrazzino) realizzato in assenza di assenso edificatorio.

A sostegno del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:

1))Violazione art.10 bis L.

7.8.1990 n.241;violazione dei principi in materia di partecipazione al procedimento.

2)Violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 32 D.L. 269 del 30.9.2003(convertito con legge n.326 del 24.11.2003), dell’art. 2 comma 1 L.R. n.28 del 23.12.2003 e dell’art.1 comma 37 ss. L. 308 del 15.12.2004;
Eccesso di potere;
difetto di istruttoria e di motivazione.

Nella pubblica udienza del 18 giugno 2009 la causa è stata riservata per la decisione.

Il ricorso è infondato ed immeritevole di accoglimento.

La questione della sanabilità degli abusi edilizi in zone vincolate è stata già affrontata di recente dalla Sezione con argomentazioni dalle quali non è dato discostarsi( per tutte, fra le ultime, sent. 17/2009) e che possono essere riportate nel caso in esame.

Le norme che disciplinano il condono degli abusi in questione sono i commi 26 e 27 lett. D) dell’art.32 del D.L. n.269 del 2003,della seguente formulazione:

“26. Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all' allegato 1:

a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4,5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n.47 ;

b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio .

27. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n.47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:

d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;”.

La Corte costituzionale, con sentenza 28 giugno 2004, n. 196 ha dichiarato l'illegittimità del comma 26, nel testo originario e in quello risultante dalla legge di conversione n. 326 del 2003, nella parte in cui non prevede che la legge regionale possa determinare la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio di cui all'allegato 1.

L’art.2 comma 1 della legge della Regione Puglia n.28 del 2003,così come modificata dall’art.4 della legge n.19 del 2004,ha disposto nel modo seguente : “Fermo restando il disposto dell'articolo 32, comma 26, del d.lgs. 269/2003, per i numeri da 1 a 3 dell'allegato 1 e purchè gli abusi abbiano i requisiti previsti dall'articolo 31, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella Regione Puglia sono suscettibili di sanatoria le tipologie di illecito di cui ai n. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 al d.lgs. 269/2003.”

La legislazione regionale non si è quindi discostata minimamente dalle previsioni della legge nazionale.

Oltre agli abusi maggiori (nn.da 1 a 3 dell’Allegato 1 al D.L. n.269 del 2003) anche gli abusi minori (nn.da 4 a 6 dell’allegato) sono sanabili nella Regione Puglia.

A questa generale sanabilità (nei limiti generali previsti dal comma 25 dell’art.32) il comma 27 lett D) prevede delle eccezioni quanto agli abusi commessi su immobili vincolati.

L’ambito di tali eccezioni va inteso alla luce della affermata validità (ad opera del comma 27,primo alinea,dell’art.32) di quanto previsto dagli artt. 32 e 33 della legge n.47 del 1985.

Le disposizioni dei citati artt. 32 e 33,da un lato,e dell’art. 32 comma 27 lett. D) del D.L. n.269 del 2003,dall’altro, devono essere correlate tenendo presente che gli uni contemplano le condizioni che consentono il condono di un abuso,l’altro contempla invece condizioni nelle quali l’abuso non può essere condonato.

Il combinato disposto dell’art. 32 della legge n.47 del 1985 e dell’art. 32 comma 27 lett. D) del d.l. n.269 del 2003 comporta quindi che un abuso commesso su un bene vincolato può essere condonato,a meno che non ricorrano ,insieme, l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa prima della esecuzione delle opere,la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio,la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Se una di tali condizioni non ricorre (ad esempio la difformità dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici),l’abuso realizzato su un immobile soggetto ad un vincolo di inedificabilità relativa sfuggirà alla disciplina dell’eccezione regolata dall’art.32 comma 27 lett.D) citato (cioè alla non condonabilità) e sarà invece assoggettato alla disciplina generale dell’art.32 della legge n.47 del 1985,sicchè sarà condonabile anche (ad esempio) l’abuso realizzato dopo la imposizione del vincolo (sempre in presenza delle condizioni previste dal citato art.32 della legge n.47 del 1985).

Più semplice è il coordinamento fra l’art.33 della legge n.47 del 1985 e l’art.32 comma 27 lett. D) del D.L. n.269 del 2003,dato che la realizzazione di un abuso in area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta,dopo l’imposizione del vincolo stesso,importa la non condonabilità dello stesso,ai sensi dell’art.33.E’ pertanto irrilevante la sussistenza o meno delle altre condizioni contemplate dall’art.32 comma 27 lett.D) citato.

Così definito il rapporto fra i due complessi normativi illustrati,è evidente che i commi 14 (condonabilità degli abusi commessi su aree di proprietà dello Stato subordinatamente alla disponibilità dell’area) e 17 ( condonabilità degli abusi commessi su aree appartenenti al patrimonio disponibile o indisponibile o al demanio dello Stato subordinatamente al parere favorevole alla disponibilità dell’area stessa, rilasciato dall’autorità preposta alla tutela del vincolo ) dell’art.32 del D.L. n.269 del 2003 attengono a profili del condono del tutto irrilevanti quanto alla individuazione dei confini del condono medesimo con riferimento agli abusi commessi su immobili assoggettati a vincoli.

Un ‘ulteriore riflessione merita,poi, il termine “immobili”;si assume,infatti,che questo sostantivo individua le costruzioni e non le aree sicchè l’esclusione dal condono disciplinata dall’art. 32 comma 27 lett. D) del D.L. n.269 del 2003 disciplinerebbe solo gli abusi commessi su opera dell’uomo vincolate specificamente,non su aree assoggettate a vincoli.

La riferibilità del sostantivo in questione ad ampie aree , in quanto “immobili”, risulta (oltre che dall’utilizzazione dello stesso con riferimento sia alle opere dell’uomo che a quelle della natura nell’art.1 della legge n.1497 del 1939,nell’art.1 della legge n.1089 del 1939,negli artt.2 – beni culturali - e 139 – beni ambientali - del D.Lgs. n.490 del 1999, negli artt. 2 - beni culturali - e 136 – beni ambientali – del D. Lgs. N.42 del 2004) dalla lettera della disposizione ,che richiama i vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali.

Se poi sussistessero ancora dubbi,va rilevato che la formulazione originaria dell’art.32 della legge n.47 del 1985 parla di opere eseguite su aree sottoposte a vincoli,mentre la formulazione attuale (contenuta nel testo dettato dall’art.32 comma 43 del D.L. n.269 del 2003) parla di opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo.

E’appena il caso di osservare che l’art. 32 della legge n.47 del 1985 ,nella attuale formulazione,concorre a formare il quadro normativo insieme con l’art. 32 comma 27 del D.L. n.269 del 2003.

E’ dunque chiaro l’ampio significato attribuito dal legislatore al termine “immobili”.

Va infine indagato se il quadro normativo delineato abbia subito nel tempo modifiche a seguito di norme sopravvenute.

L’art.1 comma 37 della legge n.308 del 2004 prevede che :” Per i lavori compiuti su beni paesaggistici entro e non oltre il 30 settembre 2004 senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa, l'accertamento di compatibilità paesaggistica dei lavori effettivamente eseguiti, anche rispetto all'autorizzazione eventualmente rilasciata, comporta l'estinzione del reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e di ogni altro reato in materia paesaggistica alle seguenti condizioni:

a) che le tipologie edilizie realizzate e i materiali utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico;

b) che i trasgressori abbiano previamente pagato:

1) la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, maggiorata da un terzo alla metà;

2) una sanzione pecuniaria aggiuntiva determinata, dall'autorità amministrativa competente all'applicazione della sanzione di cui al precedente numero 1), tra un minimo di tremila euro ed un massimo di cinquantamila euro .”

La sanzione pecuniaria di cui all’articolo 167 del D.Lgs. n.42 del 2004 è una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione,sicchè la irrogazione della sanzione presuppone la determinazione della maggior somma con riferimento al profitto conseguito,cioè alla persistenza dell’opera;
la demolizione di questa impedirebbe,infatti,la quantificazione della maggior somma corrispondente al profitto conseguito mediante la trasgressione.

La esigenza del coordinamento fra le varie disposizioni che sanzionano gli abusi o ne disciplinano il condono porterebbe a ritenere che la sanatoria delle violazioni delle norme poste a tutela del paesaggio ,cioè la sanatoria di lavori eseguiti in assenza della previa autorizzazione paesaggistica ma in conformità alla valutazione discrezionale formulata ex post dall’autorità competente,prevista per tutti i lavori compiuti su beni paesaggistici fino al 30 settembre 2004 incluso,ricomprenda anche i lavori che rientrano nello spazio temporale di operatività del D.L n.269 del 2003 e che la sopravvivenza dell’opera abusiva ai sensi del combinato disposto dell’art.1 comma 37 della legge n.308 del 2004 e dell’art. 167 del D.Lgs n.42 del 2004 sia inconciliabile con la incondonabilità ( e quindi la soggezione alla sanzione demolitoria ) degli abusi contemplati dall’art. 32 comma 27 lett.D del D.L. n.269 del 2003.

Tale incondonabilità ,infatti, è determinata dalla assenza o difformità rispetto al titolo edilizio e dal contrasto con le norme e previsioni urbanistiche,cioè dai presupposti ordinari del condono (situazioni senza le quali il condono non avrebbe ragion d’essere),nonché da un elemento ulteriore rispetto ai presupposti ineliminabili del condono e perciò qualificabile come la ragion d’essere della incondonabilità,cioè la realizzazione dell’abuso dopo l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa.

Una volta che tale ultima violazione è stata ritenuta sanabile,viene da riflettere sulla sopravvivenza della complessiva disciplina della incondonabilità prevista dall’art.32 comma 27 lett. D) del D.L. n.269 del 2003.

Questo processo interpretativo trova però un insormontabile ostacolo nella diversità degli interessi in gioco.

Come ha rilevato la Corte Costituzionale nella sentenza n.196 del 2004 il condono disciplinato dal D.L. n.269 del 2003 costituisce il risultato del bilanciamento di vari interessi: quelli della tutela delle esigenze pianificatorie,del paesaggio,della cultura,della salute,del diritto all’abitazione e al lavoro,dell’interesse finanziario dello Stato.

Se il condono di cui alla legge n.47 del 1985 comportava il sacrificio delle esigenze pianificatorie quanto alla applicazione delle sanzioni amministrative e delle sanzioni penali edilizie (previste dall’art.20 della legge n.47 del 1985) in base al disposto dell’art.38,il condono di cui al D.L. n.269 del 2003 ha comportato anche il sacrificio della tutela paesaggistica quanto alla applicazione delle sanzioni penali specifiche.

L’art.163 del D.Lgs. n.490 del 1999 aveva infatti sanzionato penalmente la esecuzione di lavori su immobili tutelati senza la previa acquisizione dello specifico titolo abilitativo (prevedendo un’ipotesi di reato prima non contemplate) ,sicchè il nuovo testo dell’art. 32 della legge n.47 del 1985 (introdotto dall’art. 32 comma 43 del D.L. n.269 del 2003) ha stabilito che “Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo”,estendendo la causa di estinzione al reato paesistico.

Il raccordo fra i due “condoni “ quanto alla estinzione dei reati edilizi è costituito dall’art. 32 comma 36 del D.L. n.269 del 2003,secondo il quale “ La presentazione nei termini della domanda di definizione dell' illecito edilizio, l'oblazione interamente corrisposta nonché il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti di cui all'articolo 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47”,cioè l’estinzione dei reati edilizi.

La produzione di effetti (amministrativi e penali) sotto il profilo edilizio e quello paesistico è,quindi,oggetto di separate previsioni.

L’art.1 comma 37 della legge n.308 del 2004 ricollega,invece ,al condono “ l'estinzione del reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e di ogni altro reato in materia paesaggistica” non dei reati edilizi.

La mancanza di una espressa previsione in tal senso impedisce di estendere la causa di estinzione dai reati paesaggistici ai reati edilizi (in tal senso Cassazione penale,Sez.III,5 aprile 2006 n.15946;idem ,7 dicembre 2007 n.583).

La diversità dei due regimi è stata anche oggetto di esame da parte della Corte Costituzionale (sentenza 27 aprile 2007 n.144),che ha rilevato la diversità dell’oggetto fra i reati paesaggistici (volti alla tutela del bene materiale costituito dal paesaggio e dall’ambiente) e i reati edilizi (volti alla tutela del bene immateriale costituito dalla complessiva disciplina amministrativa dell’uso del territorio) e, per incidens,nella sentenza 5 maggio 2006 n.183 ha ritenuto l’irrilevanza della disciplina statuale relativa al condono paesaggistico rispetto al potere regionale attinente alla previsione di sanzioni edilizie per lo stesso fatto.

In conclusione, l’attinenza del condono previsto dall’ art.1 comma 37 della legge n.308 del 2004 alla tutela paesistica sotto il profilo penale,e quindi anche quello amministrativo specifico, e la diversità dei beni tutelati dalle norme paesistiche e da quelle che,bilanciando i vari interessi in gioco, disciplinano profili paesistici e profili edilizi del condono sotto l’aspetto amministrativo e quello penale impediscono di interpretare queste ultime alla luce delle altre (posto che le une e le altre sono norme eccezionali insuscettibili di interpretazione estensiva o analogica ).

Il condono “paesistico” di cui all’art.1 comma 37 della legge n.308 del 2004 comporta dunque la sottrazione del fatto alla disciplina penale ed a quella amministrativa attinenti alla tutela paesistica,rimanendo ferma però la sanzionabilità del fatto edilizio sotto i profili amministrativo e penale.

La disciplina dell’art.1 comma 37 della legge n.308 del 2004 è pertanto inidonea ad incidere su una regola data ad una pluralità di interessi,che attua un bilanciamento degli stessi ed è quindi insuscettibile di contaminazioni ad opera di una regola che attiene ad uno solo degli interessi bilanciati.

Del pari limitati al profilo paesistico (amministrativo e penale ) sono gli accertamenti di compatibilità paesistica previsti dall’art.167 comma 4 e dall’art.181 comma 1 ter del D.Lgs. n.42 del 2004 (attinenti al rilascio in via ordinaria della autorizzazione paesaggistica per lavori già realizzati,di limitata entità e ritenuti compatibili con le esigenze di tutela del paesaggio) e dall’art.182 comma 3 bis del medesimo testo (relativi alla definizione dei procedimenti attivati con la presentazione, entro il 30 aprile 2004, di domande di autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria);perciò irrilevanti ai fini della definizione di un fenomeno molto più complesso ( quanto agli interessi coinvolti e conseguentemente bilanciati) quale è il condono,insieme edilizio e paesaggistico, ex art. 32 commi 25,26 e 27 lett. D) del D. L. n.269 del 2003.

Alla luce di quando ritenuto le censure dedotte sono infondate atteso che l’intervento edilizio è stato eseguito in assenza di titolo edilizio (secondo le affermazioni formulate dallo stesso ricorrente ), in contrasto con le norme urbanistiche e le prescrizioni degli strumenti urbanistici (dato che la tipologia dell’abuso risultante dalla domanda di condono edilizio è quella di cui al n.1 dell’allegato al D.L. n.269 del 2003),in area sottoposta ai vincoli di cui all’art.32 comma 27 lett. D) del D.L. n.269 del 2003 e successivamente all’imposizione dei vincoli stessi( trattasi di vincoli ex L.1497/1939).

Quanto alla dedotta violazione dell’art.10 bis della L.241/1990, la acclarata legittimità dell’atto ne impedisce la annullabilità ai sensi dell’art. 21 octies della medesima L.241/1990.

Non sussiste neppure il lamentato difetto motivazionale contenendo il provvedimento impugnato, in maniera sufficiente, sia pur sintetica, le ragioni del diniego.

A quanto sopra consegue la reiezione del gravame.

Nulla per le spese in assenza di costituzione dell’Amm.ne intimata.

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