TAR Bari, sez. II, sentenza 2013-03-15, n. 201300401
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Testo completo
N. 00401/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00679/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 679 del 2007, proposto da:
La T G, rappresentato e difeso dall'avv. Annarita Armiento, con domicilio eletto presso Annarita Armiento in Bari, c/o V.Brattelli via Cairoli, 126;
contro
Ministero dell'Interno, Prefettura di Foggia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97;
per l'annullamento
del decreto del Prefetto della Provincia di Foggia, prot.n.362/AREA I^BIS del 19.02.2007 di revoca della nomina a guardia particolare giurata del sig. LA TORRE, di revoca della licenza di porto d’armi per difesa personale e del divieto di detenere armi, munizioni e materie esplodenti ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S.;
di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso a quello impugnato;
nonché per il risarcimento del danno ingiusto derivante dagli illegittimi atti impugnati e consistente nella mancata percezione della retribuzione dalla data della intervenuta revoca prefettizia alla data della reintegrazione cautelare ovvero secondo quantificazione equitativa, oltre accessori, dalla maturazione del diritto sino al soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Prefettura di Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2013 il dott. S G e uditi per le parti i difensori avv. Giovanna Corrente, su delega dell'avv. A. Armiento e avv. dello Stato Grazia Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Oggetto della presente impugnativa è il decreto del Prefetto della Provincia di Foggia, prot.n.362/AREA I^BIS del 19.02.2007 di revoca della nomina a guardia particolare giurata, di revoca della licenza di porto d’armi per difesa personale e del divieto di detenere armi, munizioni e materie esplodenti ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S. nei confronti del sig. L T.
A sostegno del gravame la parte ricorrente deduce le censure di violazione degli artt. 10, 11, 39 e 138 n. 5 del R.D. 18.06.1931 n. 773, degli artt. 7, 8, 9 e 10 L. 07/08/1990 n. 241, degli artt. 24, 27 e 97 Cost. ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento, contraddittorietà, sviamento, ingiustizia manifesta.
Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso è fondato.
Al riguardo il Collegio rileva che con un precedente ricorso il sig. La T G aveva impugnato davanti al TAR per la Puglia il precedente decreto, n. 365/P.A./AREA I, del 2 febbraio 2004, con il quale il Prefetto di Foggia aveva disposto la revoca della sua nomina a guardia particolare giurata e della licenza di porto d'armi per difesa personale, vietandogli di detenere armi, munizioni e materie esplodenti.
La revoca dei titoli di polizia aveva per presupposto il venir meno dei requisiti di cui all’art. 138 del t.u.l.p.s., essendo stato il sig. L T denunciato per avere minacciato con la pistola l’ex moglie P Z. Il TAR Puglia, dopo aver accolto l’istanza cautelare, aveva, con la sentenza n. 5170/2005, respinto il suddetto ricorso.
Con il presente ricorso il ricorrente ha impugnato invece il decreto del Prefetto della Provincia di Foggia, prot.n.362/AREA I^BIS del 19.02.2007 di analogo contenuto, che si fonda espressamente su tale sentenza n. 5170 di rigetto.
Orbene, nelle more del presente giudizio, la sentenza n. 5170/2005 di questo Tribunale è stata riformata in appello con decisione del Consiglio di Stato Sez. III n. 3370/2011, che ha definitivamente annullato il precedente provvedimento del Prefetto di Foggia del 2 febbraio 2004.
In tale decisione il giudice d’appello ha evidenziato che, nell’esercizio di tale potere l'Amministrazione deve dare puntualmente atto delle ragioni che inducono a ritenere che i fatti accertati, per tipologia e per modalità di realizzazione, abbiano fatto venir meno il necessario requisito della buona condotta (Consiglio Stato, sez. VI, 26 luglio 2010, n. 4853). E tale accertamento deve essere particolarmente rigoroso quando, come nella fattispecie, il venir meno del requisito della buona condotta si riflette direttamente sulla capacità lavorativa del soggetto interessato. I fatti che costituiscono il presupposto per l’emanazione del provvedimento di revoca debbano essere oggetto di un approfondito accertamento che può anche nascere dalla denuncia proveniente da un terzo, ma non può basarsi esclusivamente su tale denuncia, occorrendo invece l'individuazione di seri elementi ostativi, frutto (anche) di accertamenti di polizia, direttamente riferibili alla condotta della parte interessata. Va escluso, in assenza di ulteriori elementi probatori circa lo svolgimento dei fatti e le responsabilità dell'interessato, qualsiasi automatismo tra una denuncia penale e la revoca dell'autorizzazione all'esercizio della professione di guardia particolare giurata. Nella fattispecie in esame, il precedente provvedimento del Prefetto di Foggia del 2 febbraio 2004 di revoca, ha fatto riferimento alla denuncia della ex moglie P Z per la minaccia del 27 gennaio 2004 ed alcuni episodi di minor rilievo (sempre riguardanti il rapporto conflittuale con l’ex coniuge) verificatisi nell’anno precedente.
Tali elementi, nel loro complesso, non potevano giustificare il provvedimento di revoca adottato e dimostrano la mancanza di una adeguata attività istruttoria volta a dare consistenza ed attendibilità agli addebiti con la conseguenza che tale atto risulta illegittimo, per difetto di istruttoria e di motivazione, tenuto anche conto che nessun seguito di rilevanza penale ha avuto la denuncia dell’ex coniuge per il citato episodio del 27 gennaio 2004.
Tali considerazioni comportano l’accoglimento delle censure prospettate da parte ricorrente avverso l’impugnato provvedimento, che ha per presupposto la suindicata sentenza n. 5170/2005 di questo Tribunale, riformata in appello con decisione del Consiglio di Stato Sez. III n. 3370/2011.
Infatti la P.A. non ha neanche successivamente fornito ulteriori elementi (neanche riguardante fatti successivi) idonei a dimostrare la non idoneità all’esercizio della funzione di guardia particolare giurata da parte del signor L T.
Il ricorso va pertanto accolto con conseguente annullamento del decreto del Prefetto della Provincia di Foggia, prot.n.362/AREA I^BIS del 19.02.2007.
Non può invece trovare accoglimento la domanda risarcitoria, proposta dal signor L T, il quale, per effetto delle misure cautelari disposte prima dal TAR per la Puglia e poi dalla Sezione V di Consiglio di Stato, che aveva sospeso l’esecutività della sentenza di primo grado n. 5170/2005, ha continuato a svolgere in tutti questi anni la sua attività lavorativa di guardia giurata.
Per tale motivo il ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare nel presente giudizio come risulta dall’ordinanza cautelare n. 499/2007, in quanto –come si evince dalla documentazione prodotta in giudizio dall’Avvocatura dello Stato e non contestata ex adverso- l’Amministrazione, in data 6 giugno 2007 aveva già provveduto a dare esecuzione all’ordinanza di sospensiva del Consiglio di Stato.
La richiesta, per i residui periodi non coperti dalle indicate misure cautelari, deve essere peraltro respinta non potendo ravvisarsi nella condotta dell’amministrazione quella colpa (grave) che costituisce il presupposto per il riconoscimento di un danno ingiusto e quindi risarcibile.
Si deve infatti ricordare che, ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa, dovendo quindi verificarsi se l'adozione e l'esecuzione dell'atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona fede alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente ispirarsi, con la conseguenza che può essere affermata detta responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato e negarla, invece, quando l'indagine conduce al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (Consiglio Stato, sez. V, 26 maggio 2010, n. 3367).
In base alle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto, mentre va invece respinta la domanda risarcitoria.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.