TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2016-01-15, n. 201600018

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2016-01-15, n. 201600018
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 201600018
Data del deposito : 15 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00037/2015 REG.RIC.

N. 00018/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00037/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 37 del 2015, proposto da:
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti G D P e G D V, con domicilio eletto presso il primo avvocato in Campobasso, Traversa Via Crispi, n. 70/a;

contro

Ministero dell'Interno in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Campobasso, via Garibaldi, n. 124;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 14/8824/discip. 2014 del 24 ottobre 2014, a firma del Dirigente del compartimento, recante la sanzione disciplinare del "richiamo scritto", in quanto comandato in servizio di vigilanza stradale con orario 13/19 in qualità di capo pattuglia, assumeva in servizio in ritardo, avendo inoltre un atteggiamento non conforme nei confronti del dirigente della Sezione Polizia Stradale di -OMISSIS-;
di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2015 il dott. -OMISSIS- -OMISSIS- e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato, l’Assistente Capo della Polizia di Stato -OMISSIS- -OMISSIS-, ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare, il provvedimento del 24 ottobre 2014, dettagliato in epigrafe, con il quale il Dirigente del Compartimento gli ha irrogato la sanzione disciplinare del richiamo scritto con la seguente causale “ in data 15 luglio 2014, comandato di servizio di vigilanza stradale con orario 13/19 in qualità di capo pattuglia, si assumeva in servizio in ritardo. Lo stesso assumeva, altresì, un atteggiamento non conforme nei confronti del Dirigente della Sezione Polizia Stradale di -OMISSIS- ”.

Il ricorrente ha affidato il gravame ai motivi così di seguito rubricati.

I) Inesistenza della prova a carico del ricorrente circa il ritardo in servizio e presunto contegno scorretto tenuto nei riguardi del Dirigente.

II) violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 737/1981 e del d.P.R. n. 782/1985;
violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990;
violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere;
irragionevolezza;
difetto di motivazione;
erroneità manifesta.

Con atto depositato in data 6 febbraio 2015 si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno chiedendo il rigetto del ricorso.

In vista dell’udienza di merito, parte ricorrente ha insistito nelle proprie deduzioni impugnatorie, esplicitando ulteriormente le proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 5 novembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Rivestono carattere preliminare i profili di doglianza relativi ai vizi che, secondo parte ricorrente, renderebbero illegittimo del procedimento sanzionatorio impugnato.

In primo luogo, l’Assistente Capo -OMISSIS- lamenta la tardività del procedimento disciplinare, rilevando che sia il termine per la contestazione degli addebiti di 10 giorni sia quello di conclusione del procedimento di 90 giorni sarebbero stati violati, con conseguente illegittimità della sanzione irrogata. In particolare, il provvedimento sanzionatorio, prosegue il ricorrente, avrebbe dovuto essere adottato entro il 23 ottobre 2014, mentre risulta emanato in 24 ottobre 2014 e notificato il successivo 20 novembre.

Il motivo è destituito di fondamento.

Quanto alla pretesa violazione del termine per la contestazione degli addebiti, parte ricorrente invoca la previsione di cui all’articolo 19 del d.P.R.25 ottobre 1981, n. 737 che, tuttavia, reca la disciplina per l’istruttoria relativa alle diverse sanzioni della sospensione e della destituzione ovvero due sanzioni disciplinari ben più gravi del richiamo scritto irrogato al ricorrente e, per questo motivo, disciplinate con disposizioni che scadenzano in modo più dettagliato l’articolazione anche temporale dell’istruttoria procedimentale.

Ne consegue che nonostante il fatto contestato si sia verificato il 15 luglio 2014, non è ravvisabile alcuna tardività della contestazione degli addebiti datata 18 agosto 2014 e notificata all’incolpato in data 18 settembre 2014, non essendo stabilito uno specifico termine per l’espletamento di tale incombente.

Ma nessuna tardività può essere ravvisata neppure con riguardo al gravato provvedimento disciplinare adottato in data 24 ottobre 2015, tenuto conto che, con nota del 19 settembre 2014, lo stesso ricorrente aveva richiesto (ed ottenuto) una proroga di 10 giorni del termine per presentare le proprie difese, con la conseguente estensione anche del termine a disposizione dell’Amministrazione per concludere il procedimento. Diversamente, escludendo cioè una corrispondente proroga anche del termine di conclusione del procedimento, la dilazione accordata al ricorrente si sarebbe tradotta in una compressione dello spatium deliberandi dell’Amministrazione.

Il ricorrente adduce, inoltre, che il provvedimento gravato sarebbe viziato per incompetenza, in quanto adottato dal Dirigente del compartimento, in luogo del Dirigente di Sezione, secondo quanto previsto dal citato d.P.R. n. 737/1981.

Il rilievo è privo di pregio.

Si deve tener conto che nel rapporto sui fatti redatto ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. n. 737/1981, il Dirigente della sezione di -OMISSIS- spiegava espressamente che l’indirizzamento al Capo del Compartimento del medesimo rapporto derivava dal fatto che “ le condotte poste in essere dall’Ass.C. -OMISSIS- -OMISSIS- possano comportare una sanzione disciplinare più grave del Richiamo Scritto ”, che, invece, rientrava nelle competenze del Dirigente della Sezione.

In altre parole, sulla base dei fatti riportati, il Dirigente segnalante aveva ritenuto che le condotte ascritte al ricorrente potessero meritare una sanzione disciplinare più grave per l’adozione della quale sarebbe stato competente il Capo del Compartimento a cui ha conseguentemente trasmesso il rapporto;
del resto, che sussistesse effettivamente una tale convinzione è circostanza avvalorata dal fatto che in sede di decisione sull’irrogazione della sanzione gravata in questa sede, si è deciso di accogliere parzialmente le deduzioni dell’Assitente Capo -OMISSIS- non sanzionandolo per l’addebito, che invece gli era stato contestato, consistente nell’aver effettuato il servizio di pattugliamento in una zona diversa da quella assegnata dal comando.

In sostanza, all’avvio del procedimento sanzionatorio la posizione disciplinare del ricorrente si presentava più grave di quella poi oggetto di sanzione, con la conseguenza di incardinare ex ante la competenza di un Dirigente di livello gerarchico superiore (quale è appunto il Dirigente del Compartimento).

Sennonché, l’adozione della sanzione del richiamo scritto da parte del Dirigente di Compartimento anziché dal Dirigente della Sezione di -OMISSIS-, non determina, ad avviso del Collegio, alcuna illegittimità del provvedimento adottato, atteso che nelle organizzazioni di tipo gerarchico, a cui appartiene anche la Polizia di Stato, l’Autorità di grado superiore (Dirigente di Compartimento) dispone anche dei poteri e prerogative di quella di grado inferiore (Dirigente di Sezione).

A ciò si aggiunga che la previsione della competenza del Dirigente più elevato in grado per l’adozione delle sanzioni più gravi risponde evidentemente alla finalità di garantire uno scrutinio da parte di soggetto che, per posizione gerarchica ed esperienza maturata, è in grado di assicurare una maggiore ponderazione della decisione, con la conseguenza che il ricorrente non può lamentare alcun pregiudizio, avendo sotto tale profilo ricevuto una maggiore garanzia per l’intervento di un soggetto terzo nella vicenda che, peraltro, ha (almeno in parte) accolto le proprie deduzioni difensive.

Esaminate le doglianze riferite al procedimento sanzionatorio, può ora passarsi allo scrutinio dei motivi relativi al merito della sanzione.

Secondo parte ricorrente, l’Amministrazione non avrebbe assolto all’onere su di essa incombente di provare l’effettiva commissione dei fatti sanzionati. In particolare, non vi sarebbe prova che l’Assistente Capo -OMISSIS- abbia davvero cominciato in ritardo il proprio turno nonché degli ulteriori addebiti ad esso mossi: mancherebbero, in particolare, dettagliate relazioni di servizio e dichiarazioni di colleghi a supporto di quanto contestato dall’Amministrazione resistente. Nonostante i fatti rilevanti siano avvenuti alla presenza di altre persone, queste non sarebbero state sentite, di modo che anche l’istruttoria del procedimento disciplinare sarebbe incompleta e lacunosa.

Lo stesso Dirigente della Sezione del ricorrente avrebbe, poi, tenuto un comportamento non irreprensibile avendo ripreso il ricorrente alla presenza di altri colleghi e formulato nella relazione riferita alla condotta del ricorrente una proposta di sanzione che, invece, non avrebbe potuto avanzare.

Anche tali profili di doglianza sono infondati.

Può prescindersi dalla questione dell’effettiva configurabilità di un onere della prova incombente sull’Amministrazione, in quanto il Collegio ritiene che dalle stesse deduzioni difensive espresse nel procedimento disciplinare emerga la sostanziale ammissione degli addebiti ascritti all’Assistente Capo -OMISSIS-.

Giova rammentare che la violazione per cui il ricorrente è stato sanzionato consiste nell’aver iniziato con ritardo il servizio di cui era stato incaricato e di aver tenuto un atteggiamento “non conforme” nei confronti del Dirigente della sua Sezione di Polizia Stradale.

Ciò avuto presente, il ricorrente nelle proprie controdeduzioni afferma che in data 15 luglio 2014 era stato comandato in servizio di vigilanza stradale con turno 13/19 e che effettivamente si era leggermente attardato per aver dovuto recuperare le chiavi del proprio armadietto nella macchina e di aver incontrato altri due colleghi con i quali si intratteneva, proprio al momento in cui passava il Dirigente della Sezione il quale gli faceva notare il ritardo.

Sennonché, immediatamente dopo l’incontro, il sig. -OMISSIS- afferma di aver assecondato l’esigenza di un confronto immediato con il proprio superiore, nonostante quest’ultimo avesse esplicitamente disposto di rinviare il confronto ad un momento successivo, in modo da garantire l’immediato espletamento del servizio di vigilanza.

Ciononostante alle ore 13.25, quando cioè era trascorsa quasi mezz’ora dal momento in cui avrebbe dovuto cominciare il servizio di vigilanza stradale secondo il turno che gli era stato assegnato, il ricorrente si recava nell’ufficio del Dirigente.

Può dunque ritenersi provato che il ricorrente, nonostante fosse già stato sollecitato ad iniziare il turno di vigilanza stradale, ha disatteso tali istruzioni, preferendo assecondare un suo impulso di immediato confronto, senza che però fosse ravvisabile alcuna urgenza e pur in presenza di un diniego del Dirigente.

I toni accesi del colloquio intercorso tra il ricorrente e il Dirigente di sezione sono poi anch’essi sostanzialmente confermati dal ricorrente, il quale ammette di aver energicamente sostenuto le proprie ragioni e di aver lasciato, all’atto di uscire, la porta della stanza del proprio superiore volutamente aperta.

Ulteriormente priva di pregio è la lamentata violazione dell’art. 12, ult. co., del d.P.R. n. 737/1981 secondo cui il rapporto sui fatti oggetto di addebito, predisposto dal superiore che li ha rilevati, non deve contenere alcuna proposta di sanzione. Secondo parte ricorrente, invece, la relazione inoltrata dal Dirigente di Sezione a quello di Compartimento disattenderebbe la prescrizione appena citata, contenendo un’espressa proposta di irrogare una sanzione più grave del richiamo scritto.

Rileva al riguardo il Collegio che tale ultimo riferimento operato dal Dirigente della Sezione nel rapporto, non costituiva una proposta di sanzione, ma la giustificazione della stessa trasmissione del rapporto al Dirigente superiore, atteso che, ove fosse stata applicabile la sanzione del richiamo scritto, la competenza ad adottare il provvedimento sanzionatorio sarebbe stata dello stesso Dirigente di Sezione che aveva constatato l’infrazione, il quale, quindi, non avrebbe dovuto trasmettere alcun rapporto.

In definitiva il riferimento da parte del Dirigente di Sezione all’applicabilità nella fattispecie di una sanzione più grave del richiamo scritto, non costituiva una proposta sanzionatoria, ma la esplicitazione delle ragioni per le quali si era scelto di porre in essere una scansione procedimentale fondata sulla previa predisposizione di un rapporto al Dirigente di Compartimento (competente all’adozione della sanzione ipotizzata in quel momento).

Con l’ulteriore profilo di doglianza, il ricorrente lamenta che l’infrazione sarebbe stata rilevata in presenza di altre persone, in violazione di quanto disposto all’art. 12 del d.P.R. n. 737/1981.

Anche tale profilo di doglianza è privo di pregio.

Il predetto art. 12 del d.P.R. n. 737/1981 prevede espressamente che il superiore che rileva l’infrazione deve: “ astenersi, di massima, dal richiamarlo in presenza di altre persone, tranne che le circostanze non impongano l'immediata repressione ”. Nel caso di specie, secondo quanto emerge dalla ricostruzione dei fatti, il Dirigente ha incontrato il ricorrente che conversava con altri colleghi all’orario in cui egli, invece, avrebbe dovuto già svolgere il servizio di vigilanza stradale.

Ne consegue che il superiore gerarchico non avrebbe potuto esimersi dal sollecitare il ricorrente ad assumere immediatamente il servizio, realizzandosi proprio uno dei casi in cui l’infrazione era in corso al momento in cui è stata rilevata ed era dunque necessario un intervento repressivo immediato (anche quindi in presenza di altre persone) per ripristinare l’ordine violato.

In definitiva tutti i motivi sono infondati e il ricorso deve essere respinto.

La natura della controversia e la complessità di alcune delle questioni trattate costituiscono ragioni sufficienti per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

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