TAR Ancona, sez. II, sentenza breve 2024-03-28, n. 202400329
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Testo completo
Pubblicato il 28/03/2024
N. 00329/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00102/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 102 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Questura di Macerata e Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso cui domiciliano in Ancona, corso Mazzini, 55;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. -OMISSIS-del 27/09/2023 di revoca del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciato al ricorrente e di rigetto dell'istanza di aggiornamento dello stesso, presentata in data 24/03/3034 tramite kit postale, adottato dal Questore di Macerata, notificato li 20/12/2023;
- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, anche di contenuto sconosciuto al ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Macerata e del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2024 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 60 c.p.a. per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata;
Considerato che:
- con l’impugnato provvedimento è stato revocato al ricorrente il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e ne è stato rifiutato il rinnovo, essendo stato questi condannato, con sentenza del Tribunale di Macerata del 14 giugno 2023, ad anni uno e mesi otto di reclusione nonché a diverse pene accessorie per il reato di cui agli artt. 609 bis , ultimo comma, e 609 ter , comma 1, n. 5), c.p., che l’Amministrazione ha ritenuto di particolare allarme e, tenuto conto della modalità della condotta, indice di pericolosità sociale;
- a sostegno del gravame si deduce, in sostanza, attraverso l’articolazione di più motivi, che l’Amministrazione si sarebbe basata esclusivamente sul titolo di reato, senza effettuare una valutazione in concreto della personalità del ricorrente, anche alla luce di altri elementi favorevoli (lunga permanenza in Italia, vincoli familiari e inserimento sociale), e senza tener conto del fatto che il giudice penale ha concesso l’attenuante della minore gravità oltre che il beneficio della sospensione condizionale della pena. Di qui il difetto di motivazione dell’atto gravato, che si manifesterebbe anche per l’apodittico riferimento al fatto che la formazione di vincoli familiari sul territorio nazionale non potrebbe costituire scudo o garanzia assoluta di immunità rispetto al rischio di revoca o diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, mentre, di fatto, l’effettività dei legami familiari del ricorrente (in Italia da molti anni, con figli minori nati in Italia e cittadini italiani) non sarebbe stata valutata;
- si sono costituite in giudizio le intimate Amministrazioni per resistere al ricorso;
- all’udienza camerale del 21 marzo 2024, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 60 c.p.a., previo avviso alle parti, che nulla hanno opposto al riguardo;
Ritenuto che il ricorso sia infondato alla luce delle seguenti considerazioni:
- ai sensi dell'articolo 9, comma 7, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è revocato quando mancano o vengono a mancare le condizioni per il suo rilascio, elencate al comma 4, il quale a sua volta dispone che lo stesso “ non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato ” e che “ nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice ”. Il medesimo comma 4 prevede, inoltre, una tutela rafforzata per lo straniero che abbia riportato una condanna, anche non definitiva, per uno dei gravi reati dolosi di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, imponendo all’Amministrazione che intenda adottare un provvedimento di revoca del titolo di soggiorno fondato su tali condanne, di tenere conto anche della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo;
- ciò posto, la Questura di Macerata ha correttamente revocato al ricorrente - negandone il rinnovo - il permesso di soggiorno per UE per lungosoggiornanti, essendo egli stato ritenuto socialmente pericoloso all’esito di un giudizio che ha tenuto conto di diversi elementi e che è stato formulato sulla base di un adeguato bilanciamento degli interessi coinvolti;
- premesso, infatti, che il giudizio di pericolosità sociale è rimesso alla prudente e discrezionale valutazione dell'Autorità di pubblica sicurezza e può trarre giustificazione da comportamenti o situazioni, anche non definitivamente sanzionati in sede penale, con una valutazione indiziaria della condotta dell'interessato fondata su dati di esperienza generalizzati, ritiene il Collegio che l'Amministrazione, con il provvedimento impugnato, abbia correttamente esercitato il potere discrezionale ad essa attribuito dall'art. 9, commi 4 e 7, del d.lgs. n. 286/1998, formulando un giudizio che non appare inficiato da profili di evidente illogicità e/o irragionevolezza;
- nel provvedimento, infatti, si legge che non soltanto si è tenuto conto della condanna per uno dei reati contemplati all’art. 381, comma 1, c.p.p. e dell’irrilevanza della sua non definitività ai sensi di quanto disposto dall’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998, ma anche della situazione familiare dell’interessato;si legge, inoltre, che, nel giudizio di bilanciamento, la prevalenza per l’interesse pubblico al mantenimento dell’ordine e della sicurezza è scaturita dalla gravità dei fatti commessi (perpetrati in danno di una minore) e dal particolare allarme sociale che essi destano, i quali denotano che il soggetto è poco incline al rispetto delle regole. Il fatto che egli soggiornasse in Italia da molto tempo e che fosse già possessore di un titolo di soggiorno di lungo periodo costituisce quasi un’aggravante, dal momento che il ricorrente avrebbe dovuto essere già perfettamente integrato nel tessuto sociale, comprenderne le regole e percepire il disvalore di determinati comportamenti, mentre, invece, i fatti per cui è stato condannato dimostrano il contrario;
- la Questura ha tenuto conto, altresì, dei vincoli familiari dello straniero presenti sul territorio nazionale e della sua lunga permanenza in Italia;proprio in virtù di questi elementi, infatti, al ricorrente è stata riconosciuta la possibilità di rimanere sul territorio nazionale in virtù di un diverso titolo di soggiorno;
- diversamente da quanto sostenuto in ricorso, quindi, è stato compiuto un adeguato bilanciamento dei contrapposti interessi, valutando anche la situazione personale e familiare del destinatario del contestato provvedimento, che si rivela altresì immune dal lamentato vizio motivazionale;
- né a diverse conclusioni può condurre il fatto che nel provvedimento non si faccia riferimento alla circostanza che il giudice penale abbia concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, atteso che la valutazione effettuata in sede penale non vincola l’Amministrazione, che è invece chiamata ad un giudizio complessivo sulla personalità del richiedente, nell’ambito del quale la condanna ricevuta costituisce un fatto storico indicativo di una mancata completa adesione ai valori fondamentali del nostro ordinamento;
Ritenuto, per le suesposte considerazioni, che il provvedimento impugnato sia immune dai vizi denunciati e che, pertanto, il ricorso sia infondato e da respingere;
Ritenuto, altresì, che ricorrano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, anche tenuto conto della natura della controversia;