TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2021-04-08, n. 202104151

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2021-04-08, n. 202104151
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202104151
Data del deposito : 8 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/04/2021

N. 04151/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01044/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1044 del 2012, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via L. Capuana, 207;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento del rigetto istanza di concessione equo indennizzo per infermita' dipendenti da causa di servizio


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 19 marzo 2021 la dott.ssa Lucia Gizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con ricorso ritualmente notificato, -OMISSIS- impugnava il decreto n. 5126/N del 12.10.2011, con cui il Ministero dell’Interno – Dipartimento P.S. – Direzione centrale per le risorse umane – Servizio trattamento pensioni e previdenza non aveva riconosciuto, come dipendente da causa di servizio, l’infermità di “-OMISSIS-”, da cui egli è risultato affetto.

Parte ricorrente premetteva che: aveva prestato servizio nella Polizia di Stato presso il reparto di frontiera di -OMISSIS-(fino al 1992) e il nucleo artificieri antisabotaggio di -OMISSIS- (fino al 2008), svolgendo turni di lavoro nelle 24 ore e servizi esterni gravosi e stressanti.

Nel 2003, 2004, 2005, il ricorrente presentava domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità di “-OMISSIS-”. La Commissione medica ospedaliera di Padova (d’ora in avanti, CMO) riconosceva l’infermità di “-OMISSIS-” e la ascriveva alla alla tab. B. Però, con parere n. 22817 del 2.2.2009, il Comitato di verifica per le cause di servizio (d’ora in avanti, CVCS) riteneva che l’infermità di “-OMISSIS-” non dipendesse da causa di servizio. Il decreto gravato quindi rigettava la sua domanda, con riferimento all’infermità di “-OMISSIS-”.

A fondamento del proprio gravame, parte ricorrente deduceva violazione di legge ed eccesso di potere perché il decreto gravato si fondava esclusivamente sul parere negativo del CVCS, in realtà non vincolante, e comunque formulato in termini astratti, generici e probabilistici, senza riferimenti specifici al caso concreto. La motivazione sarebbe pertanto del tutto carente. Inoltre, il provvedimento gravato sarebbe affetto da travisamento dei presupposti di fatto, in quanto l’amministrazione non avrebbe tenuto conto della quantità e qualità del servizio svolto come risultante dai rapporti informativi.

Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno.

Alla udienza del 19.3.2021, previo deposito di memorie difensive, la causa veniva trattenuta in decisione.

2.Oggetto di gravame è, infatti, il decreto n. 5126/N del 12.10.2011, con cui il Ministero dell’Interno – Dipartimento P.S. – Direzione centrale per le risorse umane – Servizio trattamento pensioni e previdenza non aveva riconosciuto, come dipendente da causa di servizio, l’infermità di “-OMISSIS-”, da cui il ricorrente è risultato affetto.

2.1. In termini generali, ricorda il Collegio come, secondo la costante e condivisibile giurisprudenza amministrativa, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio, anche in relazione all’equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica del CVCS.

Ed invero, questo Comitato – che ha una composizione complessa, essendo costituito non solo da medici, ma anche da soggetti con professionalità amministrative e giuridiche – “accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione” (art. 11 del Dpr n. 461 del 2001).

Il provvedimento finale, che riconosce l’infermità o la lesione come dipendente da causa di servizio, è adottato dall’Amministrazione competente “su conforme parere del Comitato” (art. 14 del Dpr n. 461 del 2001). Qualora, l’Amministrazione, “per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l'obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato”. In tal caso, “l’Amministrazione adotta il provvedimento (…) motivandolo conformemente al parere del Comitato” (art. 14 del Dpr n. 461 del 2001).

Come chiarito dalla giurisprudenza, il Dpr n. 461 del 2001 ha affidato (artt. 11 e 12) al CVCS il compito di accertare l’esistenza del nesso causale (o concausale) con il servizio delle infermità contratte dai pubblici dipendenti.

Ai fini del riconoscimento della dipendenza di infermità da fatti di servizio, infatti, il parere del CVCS non solo è obbligatorio ma è altresì vincolante e insurrogabile, posto che l’Amministrazione ha il dovere di adottare il provvedimento in conformità al giudizio di questo organo (ex multis, Tar Campania, Salerno, n. 1735 del 2019;
Tar Lazio, Roma, n. 10702 del 2019;
Tar Calabria, Catanzaro, n. 778 del 2015).

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 14 Dpr n. 461 del 2001, quindi, il parere del CVCS si impone, nel suo contenuto tecnico-discrezionale, all'Amministrazione, la quale, nell'adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non deve attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico. In altre parole, l'Amministrazione deve conformarsi al suddetto parere, al quale può senz'altro rinviare per relationem e, solo ove ritenga di non poterlo fare, certamente per ragioni non di tipo tecnico, che deve in ogni caso esplicitare, può chiedere un ulteriore parere (ex multis, Tar Lazio, Roma, n. 11462 e n. 10675 del 2019;
Tar Campania, Salerno, n. 635 del 2015).

Peraltro, il CVCS esprime un giudizio conclusivo, che rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la CMO: si tratta di un parere di carattere più complesso, sia per la composizione dell'organo (essendo presenti nel Comitato soggetti con professionalità mediche, giuridiche ed amministrative), sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata soltanto agli aspetti medico-legali, che assorbe quindi i diversi pareri resi dagli organi intervenuti nel procedimento, sicché l'Amministrazione non è tenuta a motivare le ragioni per le quali si adegua ad esso, mentre una motivazione specifica e puntuale è dovuta nei soli casi in cui l'Amministrazione, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dallo stesso ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del predetto Comitato.

2.2. Ciò chiarito, bisogna poi ricordare che il CVCS perviene alle proprie conclusioni in ordine alla dipendenza da causa di servizio della patologia da cui è affetto il dipendente, assumendo a base cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il relativo parere è espressione di discrezionalità tecnica.

Di conseguenza, per costante giurisprudenza, il sindacato giurisdizionale sulle decisioni dell’Amministrazione che recepiscono il parere del CVCS sulla dipendenza di un’infermità da causa di servizio è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l’inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione stessa, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto, tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (Cons. Stato, n. 7761 e n. 6778 del 2019, n. 5822 del 2018;
n. 1454 del 2014;
Tar Torino, 286 del 2016;
Tar Puglia, Lecce, n. 935 del 2018 e n. 340 del 2016;
Tar Abruzzo, Pescara, n. 11 del 2016, Tar Lazio, Roma, n. 242 del 2016). Il giudice amministrativo, pertanto, non può sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità, in sede amministrativa, neanche in caso di difformi conclusioni raggiunte dai sanitari compulsati autonomamente dalla parte.

Il sindacato giurisdizionale si incentra dunque prevalentemente sul difetto di motivazione o di istruttoria inficiante il parere espresso dal CVCS, unico organo competente, come si è visto, ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di una infermità da causa di servizio.

3. Nel caso di specie, il decreto ministeriale n. 5126/N del 12.10.2011 ha recepito il parere del CVCS n. 22817 del 2.2.2009, a cui si è conformato e alla cui motivazione ha rinviato integralmente.

Quest’ultimo parere, dopo aver richiamato l’accertamento medico-legale della CMO di Roma, ha escluso, per le patologie accertate a carico del ricorrente, la dipendenza da fatti di servizio.

Il parere del CVCS – adeguatamente motivato – ha escluso un’efficienza causale o concausale del servizio svolto con riferimento alla “-OMISSIS-”, in quanto trattasi di “-OMISSIS-”, rispetto alla quale le modalità di svolgimento del servizio e i connessi disagi non sono tali da assurgerne a causa.

Rispetto alla chiara e adeguata motivazione del suddetto parere, la quale risulta attendibile e immune da vizi logici, le censure sollevate dal ricorrente con il gravame – volte a riconoscere la dipendenza da causa di servizio della patologia accertata – mirano a sostituire il giudizio tecnico-scientifico del CVCS con un altro giudizio che dovrebbe rendere questo Tribunale.

Tuttavia, il Comitato di verifica ha chiarito, come si è visto, le ragioni per cui la patologia di cui il ricorrente è risultato affetto non è ascrivibile al servizio svolto, ritenendo in sostanza che l’-OMISSIS- sia imputabile a -OMISSIS-. Peraltro, dagli atti di causa non si evince quale specifica tipologia di servizio possa aver procurato le patologie, trattandosi di un servizio operativo, svolto certamente con condizioni atmosferiche, a volte, avverse e con turni di lavoro diurni e notturni, ma in ogni caso rientranti nell'attività di un appartenente alla Polizia di Stato.

Il parere, insomma, risulta corretto quanto a criterio tecnico e procedimento applicativo utilizzato. Né può ravvisarsi in esso, per quanto detto, un difetto di istruttoria o di motivazione.

In conclusione, il ricorso non è fondato, dal momento che il Comitato di verifica ha analizzato la patologia da cui il ricorrente è affetto, valutando la riconducibilità dell’affezione riscontrata alle sole condizioni soggettive e personali del ricorrente, escludendo che i luoghi di lavori possano aver inciso, anche solo in termini di peggioramento, su di esse.

4. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va rigettato.

Attesto l’oggetto del contendere, possono compensarsi tra le parti le spese di lite.

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