TAR Lecce, sez. II, sentenza 2010-11-29, n. 201002704
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N. 02704/2010 REG.SEN.
N. 01522/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1522 del 1998, proposto da:
Monaco A, rappresentato e difeso dall’avv.to A Parisi, con domicilio eletto presso A Parisi in Lecce, via San Domenico Savio, n. 72;
contro
Comune di Lecce, rappresentato e difeso nella fase iniziale del giudizio dall’avv.to M L D S e successivamente dall’avv.to E C, con domicilio eletto presso il Municipio di Lecce – Settore Avvocatura;
per l'annullamento
del provvedimento del 17 marzo 1998, con il quale il Dirigente dell’Ufficio Annona del Comune di Lecce ha disposto la revoca dell’autorizzazione amministrativa n. 666 del 28 luglio 1987, nonché degli atti connessi e presupposti.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2010 il referendario dott. Paolo Marotta e udito per la parte resistente l'avv.to S. Lazzari, in sostituzione dell'avv.to E. Ciulla;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente ha impugnato la nota - provvedimento del 17 marzo 1998, con la quale il Dirigente dell’Ufficio Annona e Attività economiche e produttive del Comune di Lecce ha disposto la revoca dell’autorizzazione amministrativa n. 666/87/PA, rilasciata in data 28 luglio 1987 per la gestione di un chiosco-bar, sito in S. Cataldo di Lecce in via Amerigo Vespucci.
Il ricorrente, dopo aver evidenziato che il provvedimento impugnato si fonda su due note informative della Questura e della Prefettura di Lecce in ordine ad una sentenza emessa dal G.I.P. di Lecce per fatti avvenuti nel 1993 e per i quali il ricorrente medesimo ha chiesto ed ottenuto l’applicazione dell’art. 444 c.p.p., con concessione della sospensione condizionale della pena, e che, ai sensi degli artt. 444 e 445 c.p.p., l’applicazione della pena su richiesta della parte non comporta l’applicazione delle pene accessorie e non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi, fa rilevare che nel caso di specie mancherebbero i presupposti per l’adozione dell’impugnato provvedimento.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale, contestando la fondatezza del gravame e chiedendone, pertanto, la reiezione.
Con Ordinanza n. 708/98 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione della efficacia del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente.
Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato.
L’impugnato provvedimento si fonda sul generico richiamo alla nota della Questura di Lecce n. 4505 del 29 settembre 1997 ed alla nota della Prefettura di Lecce n. 2197 del 9 ottobre 1997. Con la prima la Questura di Lecce informava il Sindaco di Lecce che dal Casellario giudiziale risultavano a carico del ricorrente alcuni precedenti penali (condanne per emissione di assegni a vuoto, per la gestione di pubblici esercizi in assenza della autorizzazione, nonché per associazione a delinquere finalizzata alla immigrazione clandestina di cittadini extracomunitari) e rappresentava che, conseguentemente, doveva ritenersi che il ricorrente non fosse in possesso dei requisiti soggettivi previsti dagli artt. 11 e 92 del T.U.L.P.S. nonché di quelli di cui alla legge n. 287/91.
Con la seconda nota il Prefetto di Lecce, dopo aver evidenziato che il ricorrente non risultava in possesso dei requisiti di cui agli artt. 11 e 92 del T.U.L.P.S., invitava sostanzialmente il Sindaco di Lecce ad astenersi dal rilasciare l’autorizzazione amministrativa richiesta.
Orbene, l’art. 11 del T.U.L.P.S. (r.d. 18 giugno 1931 n. 773) stabilisce, al primo comma, che le autorizzazioni di polizia “debbono” essere negate: 1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;2) a chi è sottoposto all’ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che le autorizzazioni di polizia “possono” essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all’autorità, e a chi non può provare la buona condotta.
L’art. 92 del medesimo Testo unico stabilisce che, oltre a quanto previsto dall’art. 11, la licenza di esercizio pubblico e l’autorizzazione di cui all’art. 89 non possono essere date a chi è stato condannato per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, o contro la sanità pubblica o per giuochi d’azzardo, o per delitti commessi in stato di ubriachezza o per contravvenzioni concernenti la prevenzione dell’alcoolismo, o per infrazioni alla legge sul lotto, o per abuso di sostanze stupefacenti.
Ricostruito il quadro normativo di riferimento, il Collegio fa rilevare che per il reato principale contestatogli (associazione a delinquere finalizzata alla immigrazione clandestina di cittadini extracomunitari) il ricorrente ha chiesto ed ottenuto l’applicazione dell’art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento) ed ha beneficiato della sospensione condizionale della pena. Ora, anche prescindendo dalla qualificazione e dagli effetti della pronuncia ex art. 444 c.p.p., la sospensione condizionale della pena produce gli effetti positivi descritti espressamente dalla norma richiamata e, conseguentemente, la condanna a pena sospesa non può, di per sé, costituire motivo di diniego (o di revoca) dei provvedimenti ampliativi (concessione, licenze, autorizzazioni) richiesti (o ottenuti) dal privato (Tar Lazio, Roma, Sez. III, 30 maggio 2007 n. 5017).
Con riguardo agli altri precedenti penali per i quali il ricorrente ha riportato sentenza di condanna (emissione di assegni senza provvista, gestione di pubblici esercizi in assenza della prescritta autorizzazione), il Collegio fa rilevare che si trattava di reati non riconducibili al novero di quelli previsti dall’art.11, comma 1°, o dall’art. 92 del T.U.L.P.S. (peraltro, il reato di emissione di assegni senza provvista è stato successivamente derubricato ad illecito amministrativo, per effetto del d.lgs. 30 dicembre 1999 n. 386, mentre l’art. 665 c.p. è stato abrogato dal d.lgs. 13 luglio 1994 n. 480).
Conseguentemente, dall’accertamento della responsabilità penale del ricorrente per le predette pregresse attività criminose non poteva derivare quale effetto automatico la revoca dell’autorizzazione amministrativa precedentemente rilasciata per l’esercizio di un chiosco-bar, dovendo nel caso di specie l’esercizio dei poteri di autotutela fondarsi su una attenta e motivata valutazione della pericolosità sociale del ricorrente in relazione alla natura della attività gestita.
Di tale valutazione non vi è traccia nel provvedimento impugnato, nel quale l’amministrazione per giustificare l’esercizio del potere di revoca si è limita a richiamare le note della Questura e della Prefettura di Lecce.
In conclusione, il ricorso va accolto e, conseguentemente, il provvedimento impugnato deve essere annullato.
In relazione alla peculiarità della fattispecie, il Collegio ravvisa, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.