TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2024-02-15, n. 202403069

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2024-02-15, n. 202403069
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202403069
Data del deposito : 15 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/02/2024

N. 03069/2024 REG.PROV.COLL.

N. 08495/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8495 del 2013, proposto da M F e F F, rappresentati e difesi dall’avvocato F M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C C in Roma, via dell’Amba Aradam, 24;

contro

Comune di Albano Laziale, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento di applicazione di sanzione pecuniaria I.T. 5765 adottato, ai sensi della l.r. Lazio n. 15 dell’11 agosto 2008, art. 15, comma 3, in data 3 luglio 2013, dal dirigente del Settore IV – Servizio III – Condoni edilizi e vigilanza edilizia della Città di Albano Laziale e notificato ai ricorrenti in data 5 luglio 2013.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2024 la dott.ssa V G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato il 2 agosto 2013 e depositato il 17 settembre 2013, gli odierni ricorrenti impugnano la determina dirigenziale con cui il Comune di Albano Laziale, avendo accertato l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 33259/OR184 del 17 luglio 2012, ha irrogato nei loro confronti, ai sensi dell’art. 15, comma 3, ultimo periodo, della l.r. Lazio 11 agosto 2008, n. 15, la sanzione pecuniaria di euro 2.000,00.

2. Espongono in fatto i ricorrenti che con la citata ordinanza, avverso la quale precisano di aver proposto ricorso innanzi a questo Tribunale, il Comune di Albano Laziale ha loro ingiunto la demolizione di un manufatto realizzato, in asserita assenza di permesso di costruire, nel terreno del quale essi hanno acquistato la nuda proprietà in forza di atto di donazione stipulato il 31 gennaio 1992. Riferiscono, al riguardo, di “ non aver mai avuto la disponibilità materiale del citato terreno ” e di aver appreso solo a seguito della notifica dell’ordinanza di demolizione che sullo stesso insistevano le opere edilizie contestate, le quali “ sembra […] siano state realizzate alla fine dell’anno 1994 dalle parti donanti del citato atto pubblico di donazione ”.

3. In diritto i ricorrenti formulano un unico motivo rubricato “ Eccesso di potere, sotto specie di errata rappresentazione della situazione di fatto accertata dalla Città di Albano Laziale tanto con riferimento all’autore materiale delle opere edili asseritamente ritenute abusive, quanto con riferimento alla consistenza qualitativa e quantitativa delle suddette opere. Violazione di legge ”.

4. Il Comune di Albano Laziale, benché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

5. A seguito di avviso di perenzione, inviato dalla segreteria il 19 settembre 2018, i ricorrenti hanno depositato l’11 febbraio 2019 istanza di fissazione dell’udienza nei termini e nei modi previsti dall’art. 82 c.p.a.

6. Alla pubblica udienza del 16 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Occorre preliminarmente dare atto dell’avvenuta definizione, nelle more del presente giudizio, del gravame proposto dagli stessi ricorrenti avverso l’ordinanza di demolizione la cui inottemperanza ha comportato l’applicazione della sanzione pecuniaria oggetto dell’odierna controversia. In particolare, la sentenza di questo Tribunale, Sez. II stralcio, n. 10063 del 13 giugno 2023, ha respinto tale ricorso (RG n. 8266/2012) rilevando, tra l’altro, che “ in materia di abusi edilizi, destinatario dell’ordine di demolizione è quel soggetto che abbia la «disponibilità» dell’opera, anche solo giuridica, indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente realizzata ” e che “ l’equiparazione del proprietario all’autore dell’abuso rivela che la misura ripristinatoria ha carattere oggettivo, essendo diretta a reintegrare immediatamente l’ordine urbanistico ”.

2. Il ricorso è infondato per le ragioni che di seguito si illustrano.

3. I ricorrenti deducono, sotto un primo profilo, il difetto di legittimazione passiva a subire la sanzione, evidenziando che, essendo essi titolari della sola nuda proprietà del terreno, non avevano la disponibilità materiale e giuridica del bene e non erano, quindi, in grado di ottemperare all’ordine di demolizione.

3.1. La doglianza non merita condivisione.

3.2. Sul nudo proprietario, che, come di recente ribadito dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 16 dell’11 ottobre 2023 (cfr., in particolare, i paragrafi da 24 a 31 di tale decisione), è legittimo destinatario dell’ordine di demolizione, grava, infatti, il dovere di attivarsi per ripristinare l’ordine giuridico violato, non potendo egli sottrarsi a tale obbligo, posto a tutela di valori costituzionalmente protetti inerenti il paesaggio, l’ambiente e l’ordinato assetto del territorio, unicamente adducendo la mancanza del possesso del bene. Al contrario, il nudo proprietario è tenuto a provvedere alla rimozione delle opere abusive, dovendo, in caso di opposizione dell’usufruttuario, promuovere nei suoi confronti le opportune azioni giudiziarie volte al recupero del pieno godimento dell’immobile e al ripristino dello status quo ante (cfr., sul punto, l’ampia ricostruzione contenuta nella sentenza di questa Sezione n. 12331 del 21 luglio 2023, cui si rinvia anche ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a).

Ne deriva che il nudo proprietario, in caso di inerzia, è esposto alle sanzioni previste dalla legge per il caso di inottemperanza all’ordine demolitorio, rappresentate dall’acquisizione gratuita al patrimonio comunale e dalla sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4- bis , del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e all’art. 15, comma 3, ultimo periodo, della l.r. Lazio n. 15 del 2008, fatto salvo, trattandosi di misure di natura afflittiva, il caso in cui egli dimostri la non imputabilità a sé di tale inottemperanza. Anche su tale aspetto si è pronunciata l’Adunanza Plenaria con la menzionata sentenza n. 16 del 2023, ove si afferma che “ anche nei confronti del nudo proprietario si applica il principio sopra esposto […] per il quale l’atto di acquisizione non può essere emesso quando risulti la non imputabilità della mancata ottemperanza da parte del destinatario dell’ordine di demolizione . Anche il nudo proprietario, dunque, può dedurre e comprovare di essere stato impossibilitato ad effettuare la demolizione, in ragione di una malattia completamente invalidante, che non gli consente di compiere gli atti giuridici necessari all’uopo, né direttamente, né per interposta persona ”.

Ora, calando i principi sopra richiamati nella fattispecie in esame, si deve rilevare che i ricorrenti non hanno in alcun modo rappresentato di essersi attivati con l’adozione di misure volte al ripristino dello stato dei luoghi, né hanno eccepito il ricorrere di specifiche circostanze che abbiano loro precluso di agire in tal senso, essendosi limitati a dedurre la loro condizione di nudi proprietari dalla quale deriverebbe che “ nessuno degli odierni ricorrenti era (ed è) in grado di ottemperare alla ridetta ingiunzione di demolizione, poiché, appunto – e lo si ripete – la disponibilità materiale ed esclusiva, al pari dell’effettivo godimento esclusivo di quel terreno, è nella signoria delle parti donanti ”. Sussistevano, pertanto, considerata la condotta inerte tenuta dai ricorrenti nella fase dell’ottemperanza all’ordine demolitorio, i presupposti per applicare nei loro confronti la sanzione pecuniaria comminata con il provvedimento impugnato.

4. Sotto un secondo profilo, i ricorrenti deducono l’illegittima applicazione retroattiva del più volte citato art. 15, comma 3, ultimo periodo, della l.r. Lazio n. 15 del 2008, evidenziando che l’abuso è stato commesso dagli usufruttuari verosimilmente alla fine dell’anno 1994 e, dunque, in epoca precedente all’entrata in vigore della norma sanzionatoria.

4.1. La censura è manifestamente infondata.

4.2. L’illecito sanzionato dalla norma regionale in questione, infatti, non deve essere individuato nella commissione dell’abuso edilizio bensì nella distinta condotta, di carattere omissivo, consistente nell’inottemperanza all’ordine di demolizione, sicché è a tale condotta che occorre riferirsi ai fini del rispetto del principio di irretroattività espresso, in materia sanzionatoria, dall’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (cfr., sulla natura dell’illecito sanzionato dall’art. 31, comma 4- bis , del d.P.R. n. 380 del 2001 e sull’ambito di applicazione ratione temporis di tale disposizione, Ad. Plen. n. 16 del 2023 cit., paragrafi da 37 a 40).

Conseguentemente, considerato che nel caso in esame l’ordine di demolizione è stato notificato ai ricorrenti in data 20 luglio 2012 e, dunque, in epoca successiva all’entrata in vigore della l.r. n. 15 del 2008, l’applicazione alla fattispecie di cui è causa della sanzione stabilita dall’art. 15, comma 3, ultimo periodo, di tale legge è avvenuta nel pieno rispetto del principio di irretroattività.

5. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

6. Nulla deve disporsi in merito alle spese di lite stante la mancata costituzione in giudizio del Comune di Albano Laziale.

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