TAR Firenze, sez. I, sentenza 2009-06-11, n. 200901009

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2009-06-11, n. 200901009
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 200901009
Data del deposito : 11 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01152/2006 REG.RIC.

N. 01009/2009 REG.SEN.

N. 01152/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1152 del 2006, proposto da:
A S, L B, A B, M P C, E C, P C, M C, R C, A C, G C, M D M, P F, R F, I F, P G, O L I, A L, R M, C M, G M, F M, F M, G M, M N, G P, A P T, S P, A S, F T, G V, D V, S S, C R, S M, Giuseppina Bancala', A L, B Protta, Francesco Frascogna, Bruno Marani, Alberto Caciai, Loriano Fabbri, Marta Tiberi, Angelo Cannistraro, Margherita Micheli, Vincenzo Carpenito, Lorella Ghezzi, Virgilio Davitti, Giuseppe Pisicchio, Franco Spinello, Ermanno Bizzarri, Armando Ciapetti, Franco Passetti, Italo Bisti, Marcello Guazzerotti, Maria Paola Marchini, Lilia Bogi, Alessandro Valle, Amato De Simone, Guido Rapino, Patrizio Caccavallo, Velia Simoni, Stefano Nannetti, Stefano Franceschini, Andrea Ruzzi, Luciano Borri, Dante Gaudenzi, Edi Marconi, Daniele Calussi, Sergio Cortecci, Luigi Abbate, Bruno Dini, Alberto Corti, Gianfranco Boncioli, Angiolo Ciccioni, Maria Leticia Profili Moretti, Franca Pettinari, Remigio Morello, Tullio Pezzopana, Donatella Pizzi, Paola Porta, Renato Rapino, Fabio Barbi, Mauro Baricci, Claudio Agutoli, Massimo Caramelli, Denio Rocchi, Fabio Caldara, Lorenzo Formica, Giovanni Rossi, Anna Maria Trovo', Renzo Pari, Franco Rossi, rappresentati e difesi dagli avv.ti Andrea Cuccurullo, Francesco Gulina, Umberto Gulina, con domicilio eletto presso Andrea Cuccurullo in Firenze, lungarno A. Vespucci n. 20;

contro

Comune di Grosseto, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Susanna Cruciani, con domicilio eletto presso l’avv. Graziella Ferraroni in Firenze, via Duca D'Aosta n. 2;

per l'accertamento

e determinazione delle somme effettivamente dovute a titolo di conguaglio per l’acquisizione dei terreni del PEEP di Grosseto, via Giulio Cesare, in particolare per i lotti 1, 3 e 4, dagli assegnatari e per essi dagli attuali proprietari loro aventi causa, con la conseguente dichiarazione di nullità o inefficacia delle determine dirigenziali in data 27.10.2003 n. 2152 e 12.2.2004 n. 296, con le quali il Comune aveva determinato unilateralmente l’importo ed aveva richiesto il versamento di somme a conguaglio per l’acquisizione delle aree di quel PEEP.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Grosseto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 06/05/2009 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

I ricorrenti agiscono in giudizio quali aventi causa delle cooperative originariamente assegnatarie dei terreni destinati alla realizzazione degli alloggi PEEP di via Giulio Cesare in Grosseto e quindi destinatari finali della richiesta del Comune di conguaglio dei costi di acquisizione dei terreni medesimi, a seguito delle vicende giudiziarie che hanno avuto ad oggetto la determinazione dell’indennità di espropriazione a favore degli originari proprietari dei terreni espropriati. In particolare, dopo che con la sentenza n. 701 del 1998 la Corte d’Appello di Firenze si era pronunciata sulle azioni dei proprietari espropriati e dopo che altre vertenze espropriative erano state definite con atto di transazione del 5 giugno 1992, il Comune con le determinazioni n. 2152 del 2003 e n. 296 del 2004 aveva infatti provveduto a richiedere a ciascuna cooperativa, a conguaglio la somma di euro 151.908,38.

Nel ricorso essi muovono la seguente censura all’operato della p.a.:“Violazione dell’art. 35 legge n. 865/1971 e s.m.;
violazione degli artt. 1776, secondo comma, e 1227 c.c.”, in particolare contestando che possa rientrare nel calcolo dei costi sostenuti dal Comune per le acquisizione delle aree quanto determinato a seguito di transazione, quanto pagato a seguito dei ritardi del Comune nella determinazione dell’indennità di esproprio, i costi per interessi e rivalutazione monetaria a causa dei ritardi nei pagamenti stessi.

Si è costituito in giudizio il Comune di Grosseto per resistere al ricorso, eccependo altresì la inammissibilità del gravame.

Successivamente l’Amministrazione comunale ha proceduto a richiedere a ciascun ricorrente, pro parte, quanto dovuto a titolo di rimborso, effettuando una ripartizione in ragione delle rendite catastali e pertinenze a ciascuno facenti capo.

Avverso tali richieste i ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti di impugnazione, da un lato censurando, per illegittimità derivata, gli atti di richiesta medesimi, e dall’altro avanzando la censura di “illegittimità per eccesso di potere per difetto di motivazione e per erroneo o falso presupposto”, censurando il calcolo del dovuto da ogni assegnatario sulla base della rendita catastale degli immobili.

Con ordinanza n. 792 del 29 settembre 2006 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione.

Entrambe le parti hanno depositato memorie finali. Il Comune di Grosseto nella propria ha eccepito il difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, richiamando una recente pronuncia in tal senso del Consiglio di Stato (sez. IV n. 509 del 2009).

Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 6 maggio 2009, relatore il dr. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio è chiamato a pronunciarsi sull’eccezione di difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo formulata dall’Amministrazione.

L’eccezione, nonostante il diverso avviso fatto proprio dal giudice d’appello nella decisione della IV Sez. n. 509 del 2009, risulta ad avviso del Collegio infondata. Deve essere evidenziato infatti che le controversie riguardanti il conguaglio imposto per le maggiori somme corrisposte per l'acquisto delle aree del Peep rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sia per gli argomenti già in passato richiamati dalla Sezione (materia urbanistica e disciplina dei servizi pubblici: cfr. TAR Toscana, sez. 1^, 19 gennaio 2004, n. 96) sia e soprattutto per la necessaria valorizzazione del disposto di cui all’art. 11, comma 5, della legge n. 241 del 1990, che rimette alla giurisdizione esclusiva del g.a. la cognizione degli accordi tra privati e p.a. Ai sensi dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971 il Comune provvede all’esproprio delle aree rientranti nei piani per l’edilizia economia e popolare, poi concede le aree medesime a soggetti tra cui cooperative per la realizzazione degli edifici ed annessi, concessione che avviene con delibera comunale in uno con l’approvazione di una convenzione, che disciplina tra l’altro il corrispettivo della concessione e le modalità del relativo versamento. Questa convenzione di cui parla l’art. 35 della legge n. 865 del 1971 rientra, a ben vedere, negli accordi amministrativi di cui all’art. 11 della legge n. 241 del 1990, trattandosi di un esercizio convenzionale della funzione pubblica, con l’effetto che le controversie che insorgano in applicazione del contenuto della convenzione medesima rientrano nella giurisdizione esclusiva del g.a. ai sensi del comma 5 dell’art. 11, il che vale anche per la determinazione del corrispettivo della concessione.

Egualmente infondata è altresì l’eccezione di tardività del ricorso per mancata tempestiva impugnazione delle delibere comunali che hanno determinato l’ammontare del conguaglio: vertendosi in materia di diritti soggettivi attribuiti alla giurisdizione esclusiva del g.a. per la cognizione delle relative controversie non è necessario il rispetto del termine decadenziale di impugnazione degli atti, potendo i diritti in questione essere azionati comunque nel termine di prescrizione.

Con il ricorso introduttivo del giudizio, nonché con il primo motivo aggiunto, i ricorrenti - pur non contestando in termini generali che il corrispettivo di assegnazione che pagano gli operatori deve corrispondere al costo di esproprio e che può esserci spazio per una ulteriore richiesta di conguaglio da parte dell’ente qualora il corrispettivo pagato all’assegnazione sia stato inferiore a quello di legge – censurano la concreta determinazione del conguaglio avvenuta nella specie perché collegata a costi che il Comune ha pagato a causa del proprio comportamento contrario a diligenza (espropriazione Benocci Agostino, Paolo, Silma e Martellini Aurelio), a corrispettivi determinati a seguito di transazione (espropriazione Barsotti Sergio e Francini Giulia), eccepiscono comunque la prescrizione e contestano la richiesta di conguaglio in ordine agli interessi e rivalutazione.

È necessario prendere le mosse dal dato normativo. L’art. 35, comma ottavo, della legge n. 865/1971 stabilisce che i corrispettivi e i prezzi delle aree cedute in proprietà devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal Comune o dal consorzio per l’acquisizione delle aree comprese nel piano approvato. È noto che le aree comprese nei piani per l’edilizia residenziale pubblica ai sensi della legge n. 167/1962 vengono espropriate dai Comuni o loro consorzi, e da questi concesse in diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico e popolare. Tra ente concedente e richiedente viene stipulata una convenzione, per atto pubblico e da trascriversi presso il competente ufficio dei registri immobiliari, la quale deve avere il contenuto indicato dalla legge (commi 2, 4 e 7). Il comma ottavo dell’art. 35 cit. stabilisce che la convenzione di cui al comma 7 deve prevedere “il corrispettivo della concessione in misura pari al costo di acquisizione delle aree”. L’art. 16 D.L. 22.12.1981, n. 786, convertito in legge n. 51/1982, ha previsto che il prezzo di concessione in diritto di superficie delle aree destinate ad interventi di edilizia economica e popolare “deve essere determinato in misura tale da coprire le spese di acquisto”. L’art. 3 comma 63 della legge n. 662/1996, modificando il tenore letterale del comma 8 dell’art. 35, ha stabilito che la convenzione del comma 7 deve prevedere, tra l’altro, “il corrispettivo della concessione e le modalità del relativo versamento determinati dalla delibera di cui al settimo comma”.

La giurisprudenza, interpretando queste norme, ne ha tratto l’affermazione normativa del principio del perfetto pareggio economico, con corrispondenza delle entrate ed uscite e rimborso, da parte degli assegnatari delle aree o loro aventi causa, di tutte le spese sostenute per l’acquisto delle aree medesime. Ed ha altresì affermato che quand’anche nessuna previsione fosse contenuta in convenzione, dovrebbe ritenersi operante ex art. 1339 c.c., per integrazione del contenuto del contratto, il contenuto inderogabile della richiamata disposizione legislativa della completa copertura delle spese sostenute dal Comune ai suddetti scopi (in termini Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 577).

Tale principio di perfetto pareggio economico deve essere applicato anche nella specie e comporta la infondatezza delle censure in esame. In ordine alle specifiche doglianze dei ricorrenti deve infatti osservarsi che l’Amministrazione resistente ha dimostrato la correttezza del proprio agire, essendo infatti emerso che: a) con riferimento all’espropriazione Benocci-Martellini le indennità provvisorie di espropriazione erano state determinate con riferimento al valore agricolo e sono state poi determinate in importo maggiore con sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 701 del 1998, la quale ha fatto applicazione di un innovativo principio sancito dalla Cassazione secondo il quale l’inserimento di un terreno nel PEEP ne giustifica il legale carattere edificatorio, risultando quindi insussistente una negligenza dell’Amministrazione nel calcolo iniziale;
b) con riferimento all’espropriazione Barsotti-Francini l’Amministrazione evidenzia, senza contestazioni sul punto dei ricorrenti, che a fronte di un calcolo avvenuto in sede di CTU giudiziaria dell’indennità di espropriazione in un ammontare di 4 miliardi di lire, l’Amministrazione è pervenuta ad un accordo transattivi per lire 1.891.080.327, dovendosi quindi escludere anche in questo caso la negligenza dell’Amministrazione, che ha anzi contenuto i costi rispetto a quelli che sarebbero derivati dal calcolo giudiziario;
c) risulta infondata anche l’eccezione di prescrizione, che i ricorrenti non formulano in termini precisi e circostanziati, limitandosi a far decorrere la prescrizione dalla stipulazione della transazione del giugno 1992, mentre la prescrizione decorre dall’ultima liquidazione di indennità espropriative, quindi dopo la sentenza n. 701 del 1996, pagamento che l’Amministrazione asserisce, non contestata, di aver effettuato il 16 maggio 1998, non essendosi quindi maturata la prescrizione all’emanazione degli atti gravati;
d) infondato risulta altresì il rilievo attinente al calcolo anche degli interessi nel conguaglio, disponendo la delibera consiliare n. 54 del 2001 che il calcolo deve avvenire al netto degli interessi maturati.

Alla luce dei rilievi che precedono la censura formulata in ricorso e il primo motivo aggiunto devono essere respinti.

Con il secondo motivo aggiunto i ricorrenti censurano il criterio adottato dall’Amministrazione per effettuare tra di essi il riparto delle somme dovute a titolo di conguaglio, e cioè il rapportarsi alla rendita catastale di ciascuno degli immobili assegnati a ciascun ricorrente.

La censura è infondata.

L’Amministrazione ha posto in luce di non aver ottenuto la collaborazione degli odierni ricorrenti, che non hanno fornito le tabelle millesimali, e di aver conseguentemente utilizzato quale parametro di commisurazione del conguaglio alla titolarità di ciascun interessato la rendita catastale. Il Collegio ritiene il criterio utilizzato tutt’altro che illogico e irrazionale ed evidenzia anzi che esso riesce bene a stabilire, in termini comparativi, il valore di un immobile in assenza di più specifici parametri indicati dal legislatore.

Conclusivamente, il ricorso deve quindi essere respinto, con condanna dei ricorrenti alla refusione delle spese di giudizio nei confronti del Comune di Grosseto, liquidate come in dispositivo.

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