TAR Bari, sez. II, sentenza 2019-05-09, n. 201900635
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Pubblicato il 09/05/2019
N. 00635/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01714/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1714 del 2012, proposto da:
CSISE Coop. Sociale Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A L e I L, con domicilio eletto in Bari, via Nicolai, 29;
contro
Azienda sanitaria locale Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato E T, con domicilio eletto presso l’ufficio legale dell’ente in Bari, lungomare Starita, 6;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- della deliberazione del Direttore generale dell’ASL Bari n. 1469 del 13.8.2012 in cui si determina “di disporre che il DSM effettui le remunerazioni delle prestazioni legittime, solo dopo aver provveduto a redigere e condividere con gli Enti gestori un piano di rientro delle somme già riconosciute, per prestazioni non effettuate e per le quali sono state richieste apposite note di credito con nota prot. 133627/uor1 del 13.08.2012”;
- della nota prot. n. 133627/Uor1 del 13.8.2012, avente ad oggetto “richiesta di note di credito e messa in mora”, con la quale l’ASL della Provincia di Bari rappresentando che “i pagamenti effettuati per i posti letto “a disposizione” risultano sine titulo , oltre che in contrasto con le prescrizioni normative e contrattuali vigenti” chiede “di emettere note di credito relative ai pagamenti che questa Amministrazione ha effettuato per posti letto non occupati e per i quali non è stata effettuata alcuna prestazione sanitaria a far data dall’anno 2009 fino al c.a.”;
- della nota prot. n. 139782/1 del 31.8.2012 della Direzione generale dell’ASL Bari che “costituisce atto di messa in mora ad ogni effetto di legge” per le somme chieste in restituzione dall’ASL della Provincia di Bari alla Coop. Sociale CSISE Onlus;
e per l’accertamento
- dell’insussistenza dell’obbligo di restituzione dei pagamenti effettuati per i posti letto a disposizione, a partire dal 2009;
- dell’obbligo dell’ASL Bari di pagare le tariffe come incrementate della quota del C.C.N.L.;
- dell’obbligo dell’ASL Bari di pagare i posti letto inoccupati relativi alle fatture emesse e
nonché per la condanna dell’ASL Bari al pagamento di tali maggiori somme accertate;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda sanitaria locale Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2019 per le parti i difensori avv. M P, su delega orale dell’avv. A L, e avv. G C, su delega orale dell’avv. E T;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. - Con la censurata deliberazione n. 1469 del 13.8.2012 il Direttore generale dell’Azienda sanitaria locale Bari disponeva che il Dipartimento di salute mentale effettuasse la corresponsione delle remunerazioni delle prestazioni legittime, solo dopo aver provveduto a redigere e condividere con gli enti gestori un piano di rientro delle somme già riconosciute per prestazioni non effettuate e per le quali erano state richieste apposite note di credito.
Con l’atto introduttivo del presente giudizio la CSISE Coop. Sociale Onlus contestava la citata deliberazione n. 1469/2012.
Censurava, altresì, la nota ASL del 13.8.2012 con cui venivano richiesti i pagamenti effettuati per posti letto “a disposizione”, pagamenti risultati sine titulo , e la nota ASL del 31.8.2012 di messa in mora per le somme richieste in restituzione dalla stessa ASL alla cooperativa istante.
Chiedeva, infine, l’accertamento dell’insussistenza dell’obbligo di restituzione dei pagamenti effettuati per posti letto a disposizione a partire dal 2009, dell’obbligo dell’ASL Bari di pagare le tariffe come incrementate della quota del C.C.N.L. e dell’obbligo della medesima Azienda di pagare i posti letto inoccupati relativi alle fatture emesse, nonché per la condanna dell’ASL Bari al pagamento di tali maggiori somme accertate.
Deduceva censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione all’art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502/1992, violazione degli artt. 1321 e ss. del codice civile in relazione agli artt. 1372 e 1373 del codice civile;violazione del regolamento regionale 8 luglio 2008, n. 11;violazione dell’art. 32 della Costituzione;eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà, travisamento dei fatti e dei presupposti di diritto: con la gravata delibera n. 1469/2012 l’ASL avrebbe violato gli accordi stipulati ai sensi dell’art. 8- quinquies del decreto legislativo n. 502/1992 con la stessa ricorrente, accordi che contemplano espressamente l’acquisto complessivo di posti letto accreditati;secondo la prospettazione della Cooperativa istante l’attenta disamina di plurime clausole di detti contratti (alla luce di una interpretazione sia letterale, sia teleologica) deporrebbe nel senso per cui l’ASL avrebbe dovuto pagare i posti stabiliti e, quindi, sia i posti occupati, sia i posti inoccupati, senza alcuna distinzione;
2) violazione dell’art. 8- quinquies del decreto legislativo n. 502/1992;violazione degli artt. 1321 e ss. in relazione agli artt. 1372 e 1362 del codice civile;violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del regolamento regionale 8 luglio 2008, n. 11 e dell’art. 11 legge n. 241/1990: l’ASL non avrebbe osservato le regole (in particolare l’art. 9 del regolamento regionale n. 11/2008) che essa stessa si era autoimposta, rendendosi inadempiente nei confronti del privato, in quanto non avrebbe mai aggiornato le tariffe pattuite relativamente alle spese di personale per effetto dei rinnovi dei C.C.N.L. (rinnovi, costituenti secondo la Cooperativa, l’unico presupposto per la rivalutazione della suddetta voce alla luce del citato regolamento regionale);nel caso in questione i maggiori costi sostenuti dalla CSISE per le spese di personale sarebbero derivati direttamente dalla rideterminazione stipendiale che si sarebbe resa necessaria a seguito del rinnovo del C.C.N.L. sottoscritto in data 12.10.2009 dalla stessa ricorrente insieme alle rappresentante sindacale;in forza dell’art. 5 degli accordi contrattuali stipulati il pagamento da parte dell’ASL Bari delle prestazioni erogate sarebbe dovuto avvenire secondo la tariffa regionale in vigore e quindi ricomprendendo i dovuti incrementi relativi al rinnovo del C.C.N.L.;inoltre, sarebbe valido ed efficace l’obbligo in capo all’Amministrazione di provvedere a remunerare in favore della ricorrente le prestazioni sanitarie acquistate come da contratto, stante il chiaro disposto dell’art. 1 dell’accordo contrattuale stipulato per il 2011 (“Il contratto ha validità a partire dal 01.01.11 con scadenza il 31.12.11, e comunque fino alla definizione della procedura stabilita dalla ASL BA per la prossima sottoscrizione degli accordi contrattuali”);all’opposto, l’ASL Bari dal giugno 2012 sarebbe venuta meno a detto impegno contrattuale di onorare le fatture regolarmente emesse dalla Cooperativa a fronte dei posti letto acquistati e inoccupati e delle relative prestazioni fornite, per un ammontare complessivo al 13.11.2012 di € 49.521,05.
2. - Si costituiva l’Azienda sanitaria locale Bari, resistendo al gravame.
3. - All’udienza pubblica del 16.4.2019 il Collegio, avendo rilevato d’ufficio la questione relativa al possibile difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo adito, invitava le parti a discutere sul punto ai sensi dell’art. 73, comma 3 del codice del processo amministrativo.
La causa passava in decisione.
4. - Ciò premesso, ritiene questo Collegio che il Giudice amministrativo adito è carente di giurisdizione in ordine alla cognizione della domanda di cui al ricorso introduttivo in favore della Magistratura ordinaria.
Invero, la presente controversia ha - a ben vedere - ad oggetto questioni relative alla corresponsione di “corrispettivi” derivanti dagli accordi ex art. 8- quinquies del d.lgs. n. 502/1992 intercorsi tra la Cooperativa CSISE e l’ASL Bari.
Alla fattispecie si applica dunque l’art. 133, comma 1, lett. c) del codice del processo amministrativo (“Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: … c) le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, …”).
Come rilevato dalla sentenza della Corte di cassazione civile, Sez. un., 20.6.2012, n. 10149, «Sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie, concernenti “indennità, canoni o altri corrispettivi”, nelle quali sia contestata l’applicazione della cosiddetta “regressione tariffaria” nei rapporti, qualificabili come concessione di pubblico servizio, tra le Ausl e le case di cura o le strutture minori, quali laboratori o gabinetti specialistici, laddove la controversia abbia ad oggetto soltanto l’effettiva debenza dei corrispettivi in favore del concessionario, senza coinvolgere la verifica dell’azione autoritativa della p.a., posto che, nell’attuale sistema sanitario, il pagamento delle prestazioni rese dai soggetti privati accreditati viene effettuata nell’ambito di appositi accordi contrattuali, ben potendo il giudice ordinario direttamente accertare e sindacare le singole voci costitutive del credito fatto valere dal privato.».
Le Sezioni Unite stabiliscono che le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi rientrano nella giurisdizione del Giudice ordinario se non coinvolgano l’accertamento dell’esistenza o del contenuto della concessione, né la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero non investano l’esercizio di poteri discrezionali - valutativi nella determinazione delle indennità o canoni stessi, concludendo che dette controversie riservate alla giurisdizione del Giudice ordinario sono sostanzialmente quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio “obbligo-pretesa”, senza che assuma rilievo un potere d’intervento riservato alla P.A. per la tutela d’interessi generali. Se, viceversa, la controversia esula da tali limiti e coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, il conflitto tra P.A. e concessionario si configura secondo il differente binomio “potere-interesse” e viene attratto nella sfera della competenza giurisdizionale del Giudice amministrativo.
In termini analoghi si è espressa la Corte di cassazione civile, Sez. un., con sentenza del 29.10.2015, n. 22094 in relazione ad un contratto per l’erogazione e acquisto di prestazioni di ricovero da parte di strutture della spedalità privata operanti in regime di accreditamento provvisorio/istituzionale, stipulato ai sensi dell’articolo 8- quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992.
Da ultimo la sentenza della Corte di cassazione civile, Sez. un., 9.6.2017, n. 14428 ha osservato in tema di giurisdizione sugli accordi ex art. 8- quinquies del decreto legislativo n. 502/1992 (sul presupposto della loro qualificazione giuridica alla stregua di concessioni - contratto del pubblico servizio sanitario):
«… 5. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, i rapporti fra le AUSL e le case di cura o le strutture minori quali ambulatori, laboratori o gabinetti specialistici vanno qualificati come concessioni di pubblico servizio sia nel previgente regime convenzionale di cui alla L. n. 833 del 1978, art. 5, sia in quello successivo sondato sul sistema dell’accreditamento (Cass., Sez. U, 14 gennaio 2005, n. 603;Cass., Sez. U, 8 luglio 2005, n. 14335).
Detti rapporti vennero devoluti dalla L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, alla giurisdizione amministrativa, ad eccezione delle “controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi” attribuite, invece dallo stesso art. 5, comma 2 alla giurisdizione ordinaria. Com’è noto, la L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7 aveva demandato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi comprese quelle riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere rese nell’ambito del servizio sanitario nazionale. Tale disposizione è stata poi dichiarata incostituzionale (Corte cost. n. 204 del 2004) nella parte che comprendeva nella nuova giurisdizione tutte le controversie in tema di pubblici servizi anziché solo quelle “relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi ....”. In tal modo veniva sostanzialmente ripristinato il criterio di riparto della citata L. n. 1034 del 1971, art. 5, che infine è stato recepito, senza significative modifiche, dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. c (cod. proc. amm.).
Siffatta ripartizione è stata sempre interpretata da queste Sezioni Unite nel senso che le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario ove non coinvolgano l’accertamento dell’esistenza o del contenuto della concessione, né la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero investano l’esercizio di poteri discrezionali - valutativi nella determinazione delle indennità o canoni stessi, involgendo, quindi, l’accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali sia sull’“ an ”, sia sul “ quantum ” del corrispettivo (Cass., Sez. U, 12 gennaio 2007, n. 411;Cass., Sez. U, 4 luglio 2006, n. 15217).
Deve pertanto che ribadirsi che le controversie concernenti “indennità, canoni o altri corrispettivi” riservate alla giurisdizione del giudice ordinario sono sostanzialmente quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio “obbligo-pretesa”, senza che assuma rilievo un potere d’intervento riservato alla P.A. per la tutela d’interessi generali. Al contrario, laddove la controversia esula da tali limiti, coinvolgendo la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, il conflitto tra P.A. e concessionario si configura secondo il binomio “potere-interesse” e viene attratto nella sfera della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (Cass., Sez. U, 20 giugno 2012, n. 10149;Cass., Sez. U, 23 ottobre 2006, n. 22661;Cass., Sez. U, 11 giugno 2001, n. 7861). …».
Nel caso di specie la controversia ha ad oggetto unicamente l’effettiva debenza dei “corrispettivi” in favore del concessionario, senza coinvolgere in alcun modo la verifica dell’azione autoritativa della P.A., posto che l’azione proposta dalla Cooperativa istante si fonda su una peculiare interpretazione delle clausole contrattuali (in particolare dell’art. 5 circa il concetto di “prestazioni erogate”).
5. - Da quanto esposto discende la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito sulla domanda di cui all’atto introduttivo in favore del giudice ordinario, innanzi al quale la domanda potrà essere riproposta nei termini di legge secondo i principi affermati dalle sentenze della Corte costituzionale, 12 marzo 2007, n. 77 e della Corte di cassazione, Sez. Un., 22 febbraio 2007, n. 4109 e in virtù delle previsioni normative di cui agli artt. 59 della legge 18.6.2009, n. 69 e 11 del codice del processo amministrativo.
6. - In considerazione della peculiarità della presente controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.