TAR Bari, sez. I, sentenza 2015-06-23, n. 201500931
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Testo completo
N. 00931/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00155/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 155 del 2012, proposto da:
A.T.I. Cooperativa Sociale Questa Città Soc. Coop. Soc. e Cooperativa d'Accoglienza San Sebastiano Soc. Coop. Soc., rappresentata e difesa dall'avv. A F B, con domicilio eletto presso A F B, in Bari, Via Beata Elia di San Clemente, 20;
contro
Comune di Gravina in Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. L L, con domicilio eletto presso Felice Eugenio Lorusso, in Bari, Via Amendola, 166/5;
per la condanna
del Comune di Gravina in Puglia al risarcimento del danno ex art. 30 c.p.a., derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa, ovvero dall’illegittima adozione della delibera di G.C. n. 26 del 10 maggio 2011, notificata il 26 luglio 2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gravina in Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2015 il dott. A G A;
Uditi per le parti i difensori avv.ti A F B e L L;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 9 gennaio 2012 e depositato in data 6 febbraio 2012, l’ATI Cooperativa Sociale “Questa Città” e “Cooperativa Sociale e Cooperativa d’Accoglienza San Sebastiano” Società Cooperativa Sociale adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, chiedendo:
- la condanna del Comune di Gravina in Puglia al risarcimento del danno ingiusto, derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa ovvero dall’illegittima adozione della delibera di G.C. n. 26 del 10 maggio 2011, notificata in data 26 luglio 2011, quantificato in € 6.931.811,74, di cui € 70.211,74 per danno emergente, € 5.489.280,00 per lucro cessante ed € 1.372.320,00 per danno all’immagine, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;
- in subordine, solo nell’ipotesi in cui si fosse ritenuta legittima la revoca disposta dallo stesso Comune, il risarcimento del danno emergente, in ogni caso, oltre al risarcimento per responsabilità precontrattuale, nella misura da stabilire, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
A supporto di tali richieste risarcitorie, l’A.T.I. ricorrente esponeva in fatto che, con Deliberazione del Commissario Straordinario, munito dei poteri della Giunta Comunale, n. 175 del 18 novembre 2004, veniva approvato il Programma Triennale 2005/2007 e l’elenco annuale 2005 delle opere pubbliche, comprendente, tra le altre, il “Completamento Rudere ex Provincia in via Matera per la realizzazione di una residenza per anziani”, da compiere con il concorso finanziario totale o parziale di promotori privati, sia in ordine alla costruzione che in ordine alla gestione dello stesso.
Con determinazione Dirigenziale n. 660 del 16 agosto 2005 venivano attivate le procedure di cui all’art. 37-bis della L. n. 109/1994, mediante l’approvazione di un avviso pubblico per la realizzazione di opere pubbliche in modalità di project financing , comprendente tra l’altro l’intervento finalizzato al completamento del rudere per la realizzazione della residenza per anziani sopra ricordata, per un costo presunto di € 1.550.000,00.
L’A.T.I. ricorrente presentava in data 29 dicembre 2005 la domanda di partecipazione per la realizzazione dell’intervento di cui al menzionato avviso pubblico, allegando gli elaborati e i documenti richiesti dall’art. 37-bis della L. n. 109/1994, in particolare la bozza di convenzione per la concessione di costruzione e gestione della residenza per anziani.
Con Deliberazione n. 98 del 1 giugno 2006 la Giunta Comunale approvava la proposta progettuale presentata dalla ricorrente per la realizzazione e gestione della residenza in questione, valutando la stessa come rispondente al pubblico interesse, altresì suggerendo delle migliorie al progetto preliminare per come presentato.
Per l’effetto, con Determina Dirigenziale n. 754 del 11 settembre 2006 veniva indetta procedura di gara per licitazione privata con eventuale successiva procedura negoziata, ai sensi dell’art. 155 del D.Lgs. n. 163/2006 per l’affidamento in concessione, con l’utilizzo di capitale privato, della progettazione definitiva ed esecutiva, costruzione e gestione della “Residenza Anziani” in via Matera.
Con la medesima Determina veniva approvato il bando di gara con i relativi moduli, venendo altresì specificato che l’aggiudicazione sarebbe avvenuta secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 del D.Lgs. n. 163/2006.
Svolte le procedure di gara, con Determinazione Dirigenziale n. 1082 del 15 dicembre 2006, l’Amministrazione Comunale procedeva ad aggiudicare definitivamente la concessione della progettazione definitiva ed esecutiva per la realizzazione dell’opera in questione alla costituenda A.T.I., odierna ricorrente, dando atto che:
- la concessione avrebbe avuto efficacia e decorrenza dalla data di stipula della convenzione disciplinante i rapporti tra il Comune concedente e il concessionario;
- l’opera de qua non avrebbe comportato impegno di spesa per l’Amministrazione, atteso che il corrispettivo per la stessa era rappresentato, per l’aggiudicatario, dalla assegnazione a quest’ultimo della titolarità, per un periodo di tempo pari a trentadue anni, della gestione amministrativa della struttura a realizzarsi per l’erogazione del complesso dei servizi socio assistenziali e sanitari collegati alla medesima.
Con nota del 15 gennaio 2007, l’Amministrazione Comunale richiedeva all’A.T.I. aggiudicataria la documentazione in essa analiticamente indicata, necessaria per la verifica del possesso dei requisiti richiesti in capo alla ricorrente per la successiva stipula del contratto.
Con note del 30 gennaio 2007, 12 ottobre 2007 e 16 ottobre 2007, previa richiesta di proroga del termine per la produzione della documentazione richiesta, l’A.T.I. Cooperativa “Questa Città” e “Cooperativa d’Accoglienza San Sebastiano” integrava la documentazione già prodotta, a mezzo di trasmissione di atti ed attraverso l’autodichiarazione attestante il possesso dei requisiti di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’art. 98, comma 1, del D.P.R. n. 554/1999.
Tuttavia, all’esito delle verifiche preliminari finalizzate alla stipula del contratto di concessione, venivano evidenziate delle incongruenze in atti, nello specifico riguardanti:
- la mancata costituzione della società di progetto, così come previsto dal punto 19) del bando di gara;
- la necessità di eliminare dall’art. 6 dello schema di contratto la previsione della cessione di crediti “ atteso che la realizzazione dell’intervento è totalmente finanziata dalla concessionaria ”;
- la mancata adeguata tutela dell’interesse pubblico, in termini di esigibilità della penale risarcitoria a carico dell’aggiudicataria e degli oneri posti a carico dell’Amministrazione Comunale.
Per le innanzi dette motivazioni, con Determina Dirigenziale n. 96 del 22 febbraio 2011, il responsabile del procedimento avviava il procedimento per l’annullamento della Determinazione Dirigenziale n. 1082 del 15 dicembre 2006, recante l’aggiudicazione definitiva della concessione della progettazione definitiva ed esecutiva, costruzione e gestione della “Residenza Anziani”.
All’A.T.I veniva chiesto di controdedurre in merito alla:
- ravvisata insussistenza del possesso dei requisiti del concessionario, in riferimento sia all’ammontare del capitale sociale sia alla consistenza del fatturato medio, sulla scorta della documentazione contabile prodotta ed acquisita all’istruttoria;
- mancata costituzione della società di progetto di cui al punto 19) del bando di gara;
- adattabilità della struttura esistente allo stato rustico alle attuali normative tecniche e sismiche in materia di costruzioni;
- compatibilità dell’articolato della Bozza di convenzione che imponeva all’Amministrazione un obbligo di garanzia di piena occupazione della struttura, ovvero, in alternativa, un meccanismo indennitario a carico delle casse comunali con la volontà comunale di non assumere impegni di spesa per l’Amministrazione, come attestato dalla Deliberazione di G.C. n. 98/2006 e nella Determinazione n. 1082/2006.
L’Amministrazione Comunale, non ricevendo alcun riscontro da parte dell’A.T.I. ricorrente, verificato il contrasto tra la propria volontà, così come formalizzata, e l’articolato della bozza di convenzione sull’eventualità di esborsi in caso di sottoutilizzazione della struttura, annullava in via di autotutela, con delibera n. 26 del 10 maggio 2011, l’approvazione della proposta progettuale presentata dalla ricorrente ai sensi degli artt. 21- octies e 21- nonies L. n. 241/1990.
Tanto premesso, a supporto della domanda risarcitoria come sopra evidenziata, la ricorrente deduceva la violazione dell’art 97 Cost. e degli artt. 1337 e 1338 c.c., nonché la violazione dei doveri di lealtà, correttezza, buona fede ed affidamento.
La ricorrente lamentava, innanzitutto, l’adozione del provvedimento di annullamento, da parte dell’Amministrazione, oltre il termine di cinque anni dall’approvazione della proposta.
In particolare, l’atto adottato sarebbe stato privo di tutti i presupposti stabiliti dalla legge, tra l’altro, essendo stato pronunciato ai sensi dell’art. 21- octies e non dell’art 21- quinques L. n. 241/1990, non sussistendo, in tesi, un caso di violazione di legge e, in generale, alcun interesse pubblico attuale e concreto alla revoca.
Con atto di costituzione depositato in data 2 aprile 2012, si costituiva in giudizio il Comune di Gravina in Puglia chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione processuale in capo alla ricorrente, nel merito instando per la reiezione del medesimo, in quanto infondato in fatto ed in diritto.
All’udienza pubblica 13 maggio 2015, la causa era definitivamente trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, il ricorso è infondato e, pertanto, non può essere accolto.
L’infondatezza nel merito della domanda principale permette di prescindere dall’analisi di dettaglio dell’eccezione preliminare di inammissibilità spiccata dall’Amministrazione resistente.
Come evidenziato sopra, con unico motivo di ricorso, l’A.T.I. ricorrente ha eccepito la violazione dell’art. 97 Cost. e degli artt. 1337 e 1338 c.c., nonché la violazione dei doveri di correttezza, lealtà, buona fede ed affidamento da parte del Comune di Gravina in Puglia.
Si è in proposito evidenziato che l’Amministrazione resistente sia intervenuta con una revoca in autotutela a distanza di cinque anni dall’adozione della delibera di approvazione della proposta presentata per la realizzazione in project financing della costruzione e gestione della residenza per anziani in questione, in assenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’annullamento e/o revoca del provvedimento.
Ai fini di un corretto inquadramento della problematica di cui al caso di specie, occorre svolgere un sintetico cenno introduttivo all’istituto del project financing .
La disciplina della fattispecie in esame è stata introdotta per la prima volta nell’ordinamento italiano con la L. n. 415/1998 (c.d. legge Merloni- ter ). Successivamente, il Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 163/2006) negli artt. 153-160 ha assorbito la normativa de qua , sostanzialmente riproducendo la disciplina previgente.
Come è noto, in sé considerato, il project financing costituisce una metodologia di realizzazione di opere di pubblico interesse tramite forme di finanziamento applicate a progetti dotati di autonoma capacità di generare ricavi, che consente, attraverso una specifica struttura contrattuale di allocazione dei rischi, di garantire le ragioni di credito dei finanziatori con i flussi di cassa attesi dal progetto, in tal modo limitando o azzerando gli impegni in conto capitale a carico dei promotori.
Il tratto distintivo della figura in esame, individuato dal legislatore, è nella modalità di remunerazione del soggetto affidatario dell’opera, consistenti nell’attribuzione in capo al medesimo, dell’utile e del rischio economico derivante dalla gestione amministrativa della stessa, una volta realizzata.
Nel caso di specie, l’aver voluto prevedere nella Bozza di convenzione (cfr. artt. 12 - 15) un obbligo di garanzia a carico del Comune di piena occupazione della struttura ovvero, in alternativa un meccanismo indennitario a carico delle casse comunali, costituisce di per sé un elemento del tutto contrastante e distonico con il modello astratto del project financing per come sopra anche solo sinteticamente accennato.
Tale evidente distonia, nella misura in cui determinava, peraltro, un netto contrasto con il contenuto concreto della Deliberazione di G.C. n. 98 del 1 giugno 2006 - in cui si era dato espressamente atto che l’opera in questione non avrebbe dovuto comportare impegno di spesa per l’Amministrazione - costituiva e costituisce base giuridica di per sé compiutamente idonea a fondare la legittimità del provvedimento di annullamento impugnato.
In altri termini, la previsione di una clausola di garanzia per la ricorrente, funzionale alla traslazione in capo al Comune del rischio economico da mancata occupazione della struttura residenziale per anziani oggetto dell’intervento in esame, finiva per contrastare sia con il modello astratto di project financing individuato dal legislatore, sia con il formale deliberato dell’Amministrazione Comunale relativo alla volontà negoziale di non fornire alcuna compartecipazione alla spesa.
Da tanto non può che derivare l’evidente infondatezza dell’impianto generale del ricorso introduttivo e la sua necessaria reiezione.
Volendo passare alla successiva problematica relativa alla configurazione dell’autotutela esercitata nel caso di specie in termini di annullamento ex artt. 21- octies e nonies L. n. 241/1990, come ha sostenuto il Comune, ovvero come revoca ex art. 21- quinques L. n. 241/1990, come invece sostenuto dalla ricorrente, può osservarsi che, mentre per l’annullamento di un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole devono sussistere, a livello di presupposti, l’illegittimità e le ragioni di pubblico interesse, per la revoca è sufficiente la inidoneità del provvedimento amministrativo al perseguimento del pubblico interesse per il quale venne illo tempore emanato, anche in base ad una nuova valutazione del caso di specie da parte dell’Amministrazione emanante.
L’A.T.I. ricorrente, nella vicenda che qui ci occupa, ha sostenuto che l’autotutela posta in essere in concreto avrebbe dovuto essere esercitata dal Comune di Gravina in Puglia attraverso la revoca del provvedimento di aggiudicazione, non configurandosi, in tesi, una violazione di legge determinativa di una illegittimità rilevante ex artt. 21- octies e nonies L. n. 241/1990.
Sul punto, come anche evidenziato supra , il comportamento dell’Amministrazione resistente risulta essere stato legittimo.
Risulta evidente, infatti, il contrasto tra la Bozza di convenzione presentata dalla ricorrente (artt. 12 - 15) e la volontà del Comune, per come formalizzata negli atti prodromici all’aggiudicazione successivamente annullata.
Del resto, il Comune di Gravina in Puglia non avrebbe potuto che annullare, ex artt. 21- octies e nonies L. n. 241/1990, il provvedimento di aggiudicazione definitiva, perché, nel suo configurarsi concreto, determinava violazione:
1) dell’art. 191, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000, per il quale gli Enti Locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l’attestazione finanziaria di cui all’art. 153, comma 5 dello stesso D.Lgs..
2) della lex specialis della procedura, la quale, in coerenza con gli atti indittivi, non contemplava alcuna eventualità di esborsi da parte del Comune in caso di sottoutilizzazione della struttura.
Peraltro e ad abundantiam , non emerge alcun obbligo della P.A. di corrispondere un indennizzo verso l’A.T.I. ricorrente, essendo detto indennizzo riconosciuto solo in caso di revoca di atto amministrativo a efficacia durevole che incida su rapporti negoziali qualora l'esercizio del potere di autotutela, oltre a essere legittimo, si accompagni a un complessivo comportamento improntato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662). Nel caso di specie, i rapporti negoziali non erano ancora stati formalmente instaurati, in tal modo privandosi del relativo presupposto l’introdotta richiesta di indennizzo.
In ordine, poi, alla questione relativa ai rapporti tra domanda di annullamento e domanda di risarcimento del danno, parimenti postasi nel caso di specie in conseguenza della mancata tempestiva impugnazione dei provvedimenti amministrativi di annullamento, è nota l’ampia evoluzione normativa e giurisprudenziale determinatasi in materia.
Riconosciuta l’ammissibilità della tutela risarcitoria degli interessi legittimi con la sentenza 22 luglio 1999, n. 500, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il successivo art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nel novellare l’art. 7, comma 3, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, stabiliva che, in tali casi, la tutela risarcitoria andasse richiesta al Giudice Amministrativo, atteggiandosi a “ strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio ” (cfr. sul punto, gli approfondimenti di cui alle note sentenze 6 luglio 2004, n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191 della Corte Costituzionale).
In questo quadro, l’elaborazione delle condizioni processuali e sostanziali che governavano e governano la tutela risarcitoria degli interessi legittimi è stata al centro di un vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinale, che ha riguardato, in particolare modo il ruolo della domanda pregiudiziale di annullamento del provvedimento illegittimo rispetto alla consequenziale domanda di risarcimento del danno.
Il dibattito in questione, come è noto, ha trovato un punto fermo nella disciplina dettata in materia dal Codice del processo amministrativo.
L’art. 30 c.p.a. ha infatti previsto, che l’azione di condanna al risarcimento del danno può essere proposta in via autonoma (comma 1) entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo (comma 3, primo periodo).
La norma, da leggere in combinato disposto con il comma 4 dell'art.