TAR Firenze, sez. II, sentenza 2023-02-15, n. 202300156

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2023-02-15, n. 202300156
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202300156
Data del deposito : 15 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/02/2023

N. 00156/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00651/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 651 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G M e D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri 4;

per l'annullamento

- del Decreto del Prefetto della Provincia di Firenze n. -OMISSIS- del 4.3.2021, notificato al ricorrente in data 16.3.2021, con il quale è stato fatto “divieto al Sig. -OMISSIS-…di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni e materie esplodenti di qualsiasi genere, con obbligo di consegnare immediatamente tutto il materiale che eventualmente detiene presso il Comando Stazione Carabinieri di Rufina che ne curerà la custodia” e con la previsione che “entro 150 giorni dalla notifica ..l'interessato dovrà cedere tutte le armi …oppure, se non più interessato, manifestare all'ufficio di polizia di volerli avviare per la rottamazione”;
del decreto n. -OMISSIS- del 18.3.2021 notificato al ricorrente in data 19.3.2021 con cui il Questore della Provincia di Firenze, richiamando il Decreto del Prefetto di Firenze n. -OMISSIS- del 4.3.2021, ha disposto la revoca della licenza di porto di fucile per uso di caccia intestata al ricorrente, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorché incognito al ricorrente compresi, per quanto occorrer possa, il verbale della Stazione Carabinieri di Rufina di ritiro cautelare ex art. 39, comma 2, TULPS del 9.5.2020;
la nota del 14.10.2020 del Comando Provinciale Carabinieri di Firenze e il verbale del 15.2.2021 della Stazione Carabinieri di Rufina richiamati nel provvedimento prefettizio e le comunicazione ex art. 7 L. 241/90 della Questura di Firenze del 17.6.2020 prot. CAT6F-det e della Prefettura di Firenze del 27.10.2020 prot. n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2023 il dott. Alessandro Cacciari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. All’odierno ricorrente, con provvedimento del Prefetto di Firenze 4 marzo 2021, n. -OMISSIS-, è stata vietata la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti. Il divieto è motivato dalla sua denuncia in data 9 maggio 2020 per minacce e danneggiamento, consistente nell’avere danneggiato con un bastone l’autocarro del nipote in occasione dell’ennesimo litigio.

Successivamente il Questore di Firenze, con decreto 18 marzo 2021 n. -OMISSIS-, ha disposto la revoca della sua licenza di porto armi per uso caccia.

Entrambi i provvedimenti, unitamente al verbale di ritiro cautelare delle armi del 9 maggio 2020, sono stati impugnati con il presente ricorso, notificato il 13 maggio 2021 e depositato il 26 maggio 2021.

Il ricorrente lamenta che nella comunicazione di avvio del procedimento per l’emanazione del provvedimento prefettizio inibitorio, quale presupposto di fatto è menzionata unicamente la denuncia del nipote sporta il 9 maggio 2020 mentre il provvedimento finale assume a fondamento una più generale situazione di conflittualità che sarebbe rilevabile da due informative dell’Arma dei Carabinieri non menzionate nella citata comunicazione e che contengono la narrazione di ulteriori fatti effettuata, senza riscontri oggettivi, dalla madre del querelante. Mancherebbe quindi corrispondenza tra le circostanze dedotte a presupposto della comunicazione di avvio del procedimento e quelle poste a base del provvedimento finale, il che non gli avrebbe consentito di svolgere una piena difesa endoprocedimentale. Il provvedimento prefettizio richiama la nota del Comando Provinciale Carabinieri di Firenze in data 14 ottobre 2020 nella quale, tra l’altro, si rileva la sussistenza di una situazione di conflittualità. Il ricorrente lamenta che i fatti contestati non sarebbero mai stati accertati e che il provvedimento prefettizio si basi unicamente sulle dichiarazioni del nipote che non troverebbero alcun ulteriore riscontro;
la sua attendibilità sarebbe compromessa a causa di precedenti dissidi insorti per motivi di carattere economico. Ricorda il ricorrente che per più di trent’anni dal rilascio della licenza di porto d’armi non ha mai ricevuto contestazione alcuna né assunto condotte violente o aggressive. In assenza di ulteriori elementi, le mere dichiarazioni del nipote non sarebbero idonee a giustificare l’adozione del provvedimento. L’istruttoria sarebbe carente poiché basata sulle sole dichiarazioni della madre del querelante, senza audizione di altre persone né lo svolgimento di verifiche sulla personalità dell’interessato. I provvedimenti di cui si tratta si configurerebbero come un automatismo rispetto alla querela proposta dal nipote.

Il decreto questorile con cui gli è stato revocato il porto armi sarebbe affetto dagli stessi vizi denunciati nei confronti del provvedimento prefettizio e, in più ,autonomamente censurabile per non avere preso in considerazione di scritti difensivi e poiché la sanzione della revoca sarebbe abnorme, in quanto i provvedimenti in discussione sono stati adottati in ragione della sola querela presentata dal nipote e delle dichiarazioni della di lui madre. A tutto concedere il Questore avrebbe dovuto disporre la sospensione della licenza sino all’esito del procedimento penale.

In memoria depositata per l’udienza di discussione il ricorrente rileva che il Tribunale penale di Firenze, aderendo alle conclusioni del Pubblico Ministero, con sentenza 2-OMISSIS- l’ha assolto per non aver commesso il fatto e la sentenza è divenuta irrevocabile il 28 febbraio 2022 per omessa impugnazione.

Si è costituita con comparsa di stile l’Avvocatura dello Stato per il Ministero dell’Interno chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza del 7 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Secondo l’indirizzo seguito da questa Sezione, dal quale non si vede ragione di discostarsi, la litigiosità familiare è di per sé motivo sufficiente per il diniego o la revoca del porto armi e l’applicazione del divieto di detenere armi (T.A.R Toscana II, 12 giugno 2020 n. 722;
1° dicembre 2021, n. 1604;
9 maggio 2022, n. 645;
29 settembre 2021 n. 1234;
1° dicembre 2022 n. 1411). Anche fatti estranei alla gestione delle armi consentono alla pubblica autorità di valutare la mancanza di meritevolezza circa il mantenimento o il conseguimento della licenza di polizia (C.d.S. III, 5 luglio 2016 n. 2996). I provvedimenti in materia emessi dalle competenti Amministrazioni hanno carattere preventivo e loro funzione è quella di prevenire il verificarsi di fatti antigiuridici legati al cattivo uso delle armi e ogni elemento dal quale ragionevolmente si possa inferire la probabilità di un cattivo uso delle stesse giustifica i provvedimenti di ritiro (o di diniego di rilascio). Una situazione di accesa conflittualità familiare integra questa circostanza poiché la situazione di litigiosità, secondo un giudizio di comune diligenza e prudenza, è astrattamente idonea a cagionare un uso non corretto delle armi.

Il porto d'armi non costituisce poi oggetto di un diritto assoluto poiché rappresenta un'eccezione al normale divieto di detenere armi e può essere riconosciuto solo a fronte della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l'ordine pubblico e la tranquilla convivenza della collettività. Il provvedimento inibitorio alla detenzione delle armi ha carattere preventivo poiché è diretto a prevenirne l’abuso (ma anche il verificarsi di involontari incidenti nel loro utilizzo), e il successivo vaglio giurisdizionale è limitato all'esame dell’esistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate dall’Amministrazione siano razionali e legittime (T.A.R. Toscana II, 8 febbraio 2018 n. 247;
17 maggio 2018 n. 2974).

Il giudizio che compie l'Autorità di pubblica sicurezza in materia è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale, caratterizzata dal fatto che stante l'assenza di un diritto assoluto al porto d'armi, nella valutazione comparativa degli interessi coinvolti assume carattere prevalente, nella scelta selettiva dell'Amministrazione, quello collettivo inerente alla sicurezza e all'incolumità delle persone.

Nel caso di specie la situazione di conflittualità tra l’interessato e il nipote non viene negata e, anzi, è confermata dalla stessa iniziativa giudiziaria del secondo. Tanto è sufficiente a giustificare i provvedimenti odiernamente impugnati, i quali sono stati emanati dalle Amministrazioni intimate nell’esercizio della loro funzione autorizzatoria tesa non a sanzionare fatti compiuti dal richiedente il titolo, ma a evitare che fatti antigiuridici possano accadere in futuro. Una situazione di litigiosità familiare è sufficiente a motivare il divieto di detenere armi e la revoca del porto armi poiché essa, a prescindere dalle reciproche responsabilità nella sua causazione, appare indice del pericolo che fatti antigiuridici possano accedere de futuro secondo una valutazione prudenziale che, come sopra esposto, deve mettere al primo posto l’interesse alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica stante l’assenza, nel nostro ordinamento, di un diritto al porto delle armi.

Stante la situazione fattuale, si può ragionevolmente presumere che una più compiuta formulazione della comunicazione di avvio procedimento non avrebbe determinato l’emanazione di un provvedimento finale con diverso contenuto (art. 21 octies, comma 2, l. 7 agosto 1990, n. 241).

L’assoluzione con la più ampia formula del ricorrente dal reato oggetto della querela sporta dal nipote non è motivo di illegittimità dei provvedimenti impugnati, che devono essere vagliati con riguardo alla situazione esistente all’epoca della loro emanazione, ma può costituire motivo per la richiesta di revoca con riguardo alla situazione attuale.

Per tali motivi il ricorso deve essere respinto. Le spese processuali vengono tuttavia compensate tra le parti in ragione della peculiarità della fattispecie.

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