TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2020-04-28, n. 202001528

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2020-04-28, n. 202001528
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202001528
Data del deposito : 28 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/04/2020

N. 01528/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00842/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 842 del 2019, proposto da
G D, rappresentato e difeso dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto in Napoli, alla via V. Colonna n. 9/O – presso lo studio Gava;

contro

Comune di Pimonte, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Napoli, presso la Segreteria del TAR Campania;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

a) del provvedimento del Responsabile Area Urbanistica prot. 8297 del 29.11.2018, successivamente comunicato, con cui si chiede il pagamento degli oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, nonché integrazione dell’oblazione e sanzione ambientale-indennità risarcitoria all’esito della definizione delle due sanatorie edilizie chieste dal ricorrente;

b) del provvedimento del Responsabile dell’area Urbanistica prot. 8317 del 31.11.2018 con cui è stata rigettata la richiesta di rilascio di certificato di agibilità a titolo provvisorio relativamente all’immobile del ricorrente in Pimonte, alla Via Resicco n. 32 - in Catasto al fg. n.8 p.lla n. 358 sub. n. 2;

c) di ogni atto precedente, presupposto, connesso e conseguenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pimonte;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 21 aprile 2020 il dott. Michele Buonauro, in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, senza discussione orale e sulla base degli atti, come previsto dal comma 5 della citata norma;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il ricorrente, in qualità di proprietario di un fondo sito nel Comune di Pimonte, alla via Resicco n. 32, dopo aver presentato due istanze di condono - sia ex L. 47/85 (pratica n. 192) che ex L. 724/94 (pratica n. 729) – in relazione ad una serie di ampliamenti dell’originario fabbricato rurale, ha contestato il provvedimento prot. 8297 del 29.11.2018, con cui si chiede il pagamento degli oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, nonché l’integrazione dell’oblazione e la sanzione ambientale-indennità risarcitoria, all’esito della definizione delle due sanatorie edilizie. Evoca, a suo favore, la disciplina di cui all’art. 17 comma 3 lettera a) del D.P.R. 380/2001 (che prevede l’esenzione dal contributo di costruzione per gli immobili rurali) ed all’art. 34, comma 7, lett. e), L. n. 47 del 1985 (che prevede la decurtazione del 50% dell’oblazione prevista per la sanatoria di opere abusive condonate, realizzate “ nelle zone agricole in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze produttive dei coltivatori diretti o degli imprenditori agricoli a titolo principale ”). Contesta infine la modalità di computo della sanzione ambientale-indennità risarcitoria (fissata dal Comune di Pimonte in euro 12.260,68) e, per illegittimità derivata, il diniego del rilascio del certificato di agibilità (fondato sul mancato pagamento degli oneri contestati in questa sede).

1.1. L’amministrazione comunale si è costituita ed ha concluso per la reiezione della domanda.

1.2. A seguito della richiesta istruttoria emessa dal Collegio con ordinanza n. 435 del 2019, l’istanza cautelare è stata accolta, in relazione al pregiudizio economico, dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 5665 del 2019 (di riforma dell’ordinanza n. 773 del 2019 resa in primo grado).

1.3. All’udienza del 21 aprile 2020 la causa, celebrata nelle forme previste dall’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

2. Il ricorso non è fondato.

2.1. La controversia introduce una serie di plurime contestazioni (tra loro interconnesse) attinenti a questioni patrimoniali relative al rilascio del permesso in sanatoria (in applicazione della straordinaria normativa condonistica) dell’immobile di proprietà del ricorrente sito nel Comune di Pimonte, alla via Resicco n. 32. In ordine logico e cronologico occorre innanzitutto verificare la debenza, o meno, del contributo di costruzione richiesto dall’amministrazione ai fini del rilascio del provvedimento finale di sanatoria delle opere abusive di ampliamento del fabbricato rurale.

2.1.1. Giova preliminarmente rammentare che, con l’entrata in vigore della L. 10/1977, è stato introdotto il principio della onerosità della concessione edilizia, attraverso l’affermazione del principio secondo cui “ ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione delle opere è subordinata a concessione da parte del sindaco, ai sensi della presente legge ” (art. 1), nonché del principio secondo cui “ la concessione comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione ”. Nel contempo, la stessa L. 10/1977 ha previsto all’art. 9 alcune deroghe al principio della generale onerosità della concessione edilizia, stabilendo che il contributo di concessione non è dovuto, tra l’altro, “ a) per le opere da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell’art. 12 L. 9 maggio 1975, n. 153 ”.

2.1.2. Il principio della esenzione dal contributo di concessione per l’edificazione di residenze “rurali” da parte di imprenditori agricoli a titolo principale è stato ribadito, in modo pressoché identico, dall’art. 17 comma 3 lettera a) del D.P.R. 380/2001. La norma trova la propria ragion d’essere in motivazioni di carattere politico correlate alla volontà del legislatore di incentivare, tutelare e valorizzare le attività imprenditoriali agricole, a tal fine esentando l’imprenditore agricolo a titolo principale che decida di insediare la propria abitazione nei pressi o all’interno della propria azienda agricola, dall’onere economico di contribuire alle opere di urbanizzazione correlate a tale insediamento abitativo. In sostanza, fin dall’impostazione della L. 10/1977, l’esenzione dal contributo di concessione per la realizzazione di residenze rurali da parte di imprenditori agricoli si configura come un beneficio di carattere soggettivo e oggettivo correlato, per un verso, alla qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale dell’avente diritto, e, per altro verso, alla destinazione funzionale dell’immobile a soddisfare le esigenze abitative del medesimo in prossimità o all’interno della propria azienda agricola. In particolare viene in rilievo il rinvio all’art. 12 della L. 9 maggio 1975, n. 153 (successivamente abrogato dall’art. 1 del d. lg. 29 marzo 2004 n. 99 a sua volta modificato dall’art. 1 d. lg. 27 maggio 2005, n. 101), e si prevede una duplice condizione: a) che la zona di intervento abbia nello strumento urbanistico destinazione agricola;
b) che l’intervento sia funzionale allo sfruttamento agricolo del fondo.

2.1.3. Non è sufficiente, quindi, la destinazione agricola dell’area interessata dalla costruzione, essendo, invece, necessaria la concorrenza della destinazione della costruzione allo sfruttamento del fondo, che a sua volta presuppone la qualità soggettiva del richiedente, di imprenditore agricolo a titolo principale. In ordine al requisito soggettivo la giurisprudenza è univoca nell’interpretazione restrittiva della norma, sì da delimitarne l’ambito esclusivamente all’imprenditore agricolo a titolo principale ai sensi del ricordato art. 12, l. 9 maggio 1975, n. 153, oggi sostituito dall’art. 1 L. 29 marzo 2004, n. 99 (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 settembre 1990, n. 682;
TAR Sicilia, Catania, sez. I, 3 ottobre 2005, n. 1533;
Palermo, sez. I, 15 luglio 2004, n. 1554).

2.2. In ordine ad un profilo oggettivo, vengono in rilievo le caratteristiche ontologiche del fabbricato da erigersi.

Secondo la tesi del ricorrente, qualificatosi imprenditore agricolo (quanto meno a decorrere dall’anno 2009), sia al momento della commissione degli abusi edilizi, sia al momento della conclusione del procedimento di condono edilizio, il fabbricato avrebbe avuto unicamente una destinazione agricola e servente rispetto alle coltivazioni che insistono intorno alla proprietà immobiliare. Per questo motivo sarebbe erronea la ricostruzione effettuata dal Comune di Pimonte, secondo cui la destinazione interinale dell’immobile (prima struttura riabilitativa ANFFAS denominata “Comunità Agricola” per soggetti disabili fino all’anno 2001;
poi attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande denominato “Country Club” fino al 2003;
ed infine attività di ristorazione gestita dalla società “La taverna del brigante”), dimostrerebbe al contrario la mancanza di un nesso tra la costruzione – come modificata – e l’attività agricola.

2.2.1. L’impostazione del ricorrente, pur suggestiva, non merita condivisione. Ed invero, al di là della rilevanza temporale della destinazione d’uso dell’immobile, gli elementi addotti dall’amministrazione comunale a sostegno della sottoposizione del cespite al contributo di costruzione dimostrano univocamente che, in disparte ogni considerazione su tali requisiti soggettivi, il tipo di costruzione, consistente nell’ampliamento del pregresso fabbricato rurale, sia - in modo quanto meno potenziale - destinato ad un oggettivo uso commerciale-imprenditoriale, con il corollario che la nuova struttura è ben lontana dal potersi ritenere destinata ad esclusivi scopi agricoli. Insomma la destinazione interinale ad attività diversa da quella agricola costituisce la prova della attitudine strutturale del nuovo edificio ad usi ulteriori rispetto alla mera conduzione del fondo ed alle esigenze dell'imprenditore agricolo a titolo principale, venendo meno il necessario nesso di strumentalità e/o funzionalità tra l’intervento oggetto del rilasciato permesso di costruire in sanatoria e le esigenze del fondo agricolo.

Occorre, per inciso, rimarcare che la valutazione richiesta dalla normativa di riferimento è ben distinta dalle condizioni richieste dall’ordinamento tributario ai fini della classificazione dell’immobile, con la conseguenza che la decisione n. 1485 del 2017 resa dalla CTR della Campania, evocata dal ricorrente a sostegno della sua tesi, non è suscettibile di incidere sul quadro sopra delineato.

In questa prospettiva diviene indifferente la specificazione della destinazione urbanistica prevalente (ai sensi dell’art. 23 ter del t.u. edilizia), poiché tale disciplina ha valore sul piano dell’accertamento della conformità urbanistico-edilizia, ma non rileva ai fini della debenza del contributo di costruzione. Vale sul punto ribadire che l'invocata esenzione dall'onere della contribuzione è applicabile nei soli confronti dei locali destinati ad abitazione del conduttore dell'azienda agricola, ma non nei riguardi degli altri edifici non necessari alla conduzione dell'azienda agricola, e devolvibili, come tali, ad altre - sebbene connesse - destinazioni. Rispetto a queste ulteriori attività non è conseguentemente ravvisabile alcuna ragione perché la loro edificazione non partecipi agli oneri connessi al maggior carico urbanistico e ai maggiori oneri per la realizzazione delle infrastrutture.

In conclusione, i nuovi interventi realizzati dalla ricorrente non rientrano tra le ipotesi di esenzione, non essendo riconducibili alla previsione di cui all'art. 17, comma 3, lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001, attesa l’assenza delle caratteristiche tipologico-dimensionali atte a dimostrare un rapporto di connessione con l’esercizio dell’attività agricola, con la conseguenza che il ricorrente deve corrispondere, a fronte dell’intervento edilizio autorizzato, il relativo contributo di costruzione.

2.2.2. Tali ragioni comportano, già a valle, la reiezione delle censure che si fondano sulla rilevanza temporale del momento di computo del contributo di costruzione;
senza contare, ed in disparte la circostanza che il ricorrente avrebbe acquisito la qualifica di imprenditore agricolo solo nel 2009, l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la regola ordinaria (l’obbligazione di pagamento degli oneri concessori sorge con il rilascio della concessione edilizia e la determinazione del relativo contributo va riferita al momento in cui sorge l’obbligazione) non può applicarsi all’ipotesi – come nella specie – di procedimento di condono, in cui gli oneri di concessione vanno rapportati al momento di ultimazione dell’opera e della presentazione della domanda di sanatoria, e non al momento del rilascio del titolo concessorio (cfr. C.d.S. n.. 3425 del 2014).

2.3. L’accertamento della legittimità del contributo di costruzione richiesto dall’amministrazione comunale priva di efficacia le successive (e dipendenti) contestazioni in ordine alla quantificazione degli altri oneri accessori, nonché dell’oblazione (che va corrisposta in misura intera al momento della presentazione della domanda di condono, non potendosi accogliere la tesi della natura agricola del manufatto).

2.4. Per quanto attiene, infine, alle contestazioni sui criteri di quantificazione della sanzione ambientale-indennità risarcitoria, in disparte la genericità della doglianza, il Collegio rileva che nel provvedimento impugnato sono richiamati i parametri seguiti dall'amministrazione (ed in primo luogo il regolamento deliberato del Consiglio comunale n. 43 del 7 novembre 2005). Peraltro, la giurisprudenza ha precisato che la motivazione della sanzione in questione è ricollegata ad una stima tecnica di carattere generale, sostanzialmente equitativa, insuscettibile di una dimostrazione articolata ed analitica (cfr. Cons. St, IV, 17 settembre 2013 n. 4631), sfuggendo il danno paesaggistico, per la sua intrinseca natura, a una indagine dettagliata e minuta (cfr. Tar Napoli, VIII, 9 febbraio 2012, n. 695).

2.5. L’infondatezza delle censure priva di ogni fondamento l’evocata illegittimità derivata del mancato rilascio del certificato di agibilità, il quale presuppone la completezza del procedimento edilizio (non ancora perfezionatosi in mancanza del pagamento integrale di quanto dovuto).

3. Le spese di giudizio, in considerazione della peculiarità e complessità della vicenda, possono essere compensate.

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