TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-07-17, n. 202312074
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Pubblicato il 17/07/2023
N. 12074/2023 REG.PROV.COLL.
N. 05079/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 5079 del 2016, proposto da:
Soc Romana Scavi S.r.l. ed Icv S.r.l., ciascuna in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati A A, B C, con domicilio eletto presso lo studio A A in Roma, piazza dei Carracci, 1;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco, legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato U G, dell’Avvocatura Capitolina, con domicilio presso la sua sede in Roma, via Tempio di Giove, 21;
per l’accertamento
dell’illegittimità ed illiceità della condotta di Roma Capitale in relazione all'adempimento degli obblighi previsti dall'art. 11 l.241/90, nella specie la tempestiva realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria del piano di zona "b48 colle fiorito" e, comunque, in relazione agli obblighi discendenti dalla convenzione stipulata ai sensi dell’art. 35, della Legge 22 ottobre 1971, n. 865, per la concessione del diritto di superficie in Roma, Piano di Zona “B48 Colle Fiorito”, “Comparto A/p” per rogito del 18.06.2009 rep. 24778.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2023 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le società odierne ricorrenti sono titolari di un diritto di superficie, costituito ex art. 35 della l. n. 865/1971, nel Piano di Zona (d’ora in poi PdZ) b48 “Colle Fiorito”, su aree acquistate al patrimonio indisponibile del Comune di Roma per la realizzazione di un programma costruttivo di edilizia economica e popolare ricompreso tra quelli ammessi a finanziamento ai sensi della legge nr. 21/2001;il PdZ b48 veniva incluso, da Roma Capitale, nell’ambito del Piano per l’Edilizia Economica e Popolare di cui alla l. n. 167/1962 (variante al II PEEP di cui alla DCC n. 139/2003).
Riferiscono che, nell’ambito del II PEEP il Comune di Roma individuava in un primo momento aree per complessive 40.246 stanze, localizzate in 18 siti (DCC n. 110/1997);nuove localizzazioni seguivano con DCS n. 27 del 21.03.2001 (8.871 stanze);ancora in seguito, veniva approvato il programma sperimentale di edilizia residenziale di cui alla legge nr. 21/2001, intanto emanata, per incrementare l’offerta di alloggi da destinare a locazione con canone convenzionato ex l. 431/1998 o in base alle leggi regionali in materia di ERP a categorie deboli, sulla base del regolamento del DM Infrastrutture e Trasporti 2523 del 27 dicembre 2001, che consentiva anche la cessione a terzi a determinate condizioni meglio specificate in atti (programma attuato con DCC n. 112 del 6-7.02.2002 14 aree, tra cui Colle Fiorito, a condizione di verifica di compatibilità con tutela dei valori storici, architettonici ed archeologici).
Nelle more dell’adozione del Nuovo Piano Regolatore di Roma, di cui alla DCC n. 33 del 2003, la delibera n. 139/2003, approvava la variante al PEEP tramite inserimento del PdZ B48 “Colle Fiorito”.
Le imprese ricorrenti, Romana Scavi e Verticchio Venicio, ottenevano di essere ammesse nel Piano Operativo Regionale per la realizzazione del programma sperimentale i cui alla l. n. 21/2001 con DGR 1012 del 29.10.2004 (per un importo di finanziamento pari ad euro 1.441.244,94 ciascuna);intanto, con DCGn. 422 del 18.07.2003, il Comune di Roma aveva individuato i Piani di Zona in riferimento ai quali era possibile partecipare al Bando di concorso della DGR n. 527/2003 per la realizzazione, acquisto e/o il recupero di alloggi da concedere in locazione a canone convenzionato di cui all’intervento di edilizia residenziale sperimentale denominato “20.000 abitazioni in affitto”e, quindi, accedere al finanziamento concesso dalla Regione Lazio. Con Delibera del Consiglio Comunale n. 33 dell’11.3.2004, venivano fissati i criteri per l’assegnazione in diritto di superficie di aree destinate agli interventi di E.R.P. a favore delle imprese o cooperative fruenti di contributo pubblico individuati quali soggetti attuatori nelle deliberazioni della G.R.L. nn. 519 e 525 del 25 giugno 2003.
La delibera n. 33/2004 fissava una serie di criteri per l’assegnazione in diritto di superficie delle aree in questione, tra i quali la realizzazione delle opere di urbanizzazione in maniera contestuale alle opere edilizie, così da garantire la massima e più celere agibilità del piano;a tal fine si chiedeva un piano temporale degli interventi, assicurando che si sarebbe favorito ogni accorgimento che assicurasse la progettazione e la realizzazione concordata e contemporanea degli interventi edilizi, al fine di perseguire l’obiettivo della qualità architettonico-urbanistica dei nuovi quartieri.
Per tale ragione, avrebbe costituito titolo preferenziale per l’assegnazione delle aree ai soggetti portatori di finanziamento la presentazione di richieste coordinate fra di loro, attraverso normali atti di impegno, da sottoscrivere sia da parte del singolo richiedente che solidalmente da parte di tutto il raggruppamento, per una progettazione e realizzazione coordinata degli interventi edilizi. I soggetti avrebbero dovuto quindi impegnarsi a comunicare all’Amministrazione, entro trenta giorni dall’assegnazione delle aree, il nominativo di un soggetto coordinatore degli interventi.
La Delibera prevedeva, poi, che “al fine di evitare il ripetersi di situazioni di inagibilità dei piani dovuta a mancata o incompleta realizzazione delle opere di urbanizzazione o ad una loro realizzazione differita rispetto ai programmi edilizi, costituirà criterio prioritario all’assegnazione delle aree, l’impegno a realizzare, contestualmente agli interventi edilizi, le opere di urbanizzazione, anche mediante la costituzione di appositi consorzi, sancito attraverso atti formali di impegno, da sottoscrivere sia da parte dei singoli richiedenti che solidalmente da parte di tutto il raggruppamento”.
Per questa ragione, tra alcuni degli operatori già assegnatari di aree edificatorie per la realizzazione degli interventi di edilizia convenzionata o agevolata del PdZ costituivano il “Consorzio Colle Fiorito” così da addivenire alla realizzazione unitaria e diretta delle opere di urbanizzazione a scomputo dei corrispettivi di concessione per la quota afferente alle opere di urbanizzazione e sino a concorrenza dei corrispettivi medesimi, ai sensi del comma 8, lett. b), dell’art. 35 della l. n. 865/1971.
In seguito:
a) con delibera DGC n. 112 del 09.03.2005, veniva approvato .”il progetto preliminare delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria da realizzarsi all’interno del Piano di Zona B48 Colle Fiorito redatto dall’Amministrazione ed il relativo quadro economico presuntivo, per l’importo di complessivi € 24.278.538,00, di cui € 7.488.563,00 per opere di urbanizzazione primaria ed € 16.789.975,00 per opere di urbanizzazione secondaria”;
b) in ragione di difficoltà di accesso dalle zone esterne al comparto, con DCC n. 166 del 21.07.2005 venivano adottate apposite modifiche al PdZ B48, che importavano adeguamenti della rete viaria e dei comparti interni, ferme restando le dotazioni a standard e dimensionamento collettivo che rimaneva invariato;con conseguente DGC n. 259 del 24.05.2006 veniva revocata la DGC n. 112 del 09.03.2005 e si approvava il nuovo progetto preliminare delle opere di urbanizzazione primaria (OUP da ora in poi) interne al pdz;il quadro economico prevedeva importo di OUP pari ad euro 8.966.602,00 ed euro 8.553.842,00 per opere di urbanizzazione secondaria;veniva anche approvato lo schema della convenzione integrativa che, nel ricorso, si assume però mai sottoscritta;
c) con DCC n. 11 del 19.01.2006 venivano localizzati gli interventi di ERP (ex art. 3 L. 247/1974) anche nelle aree del PdZ B48 (interventi assistiti da finanziamento ex l. 21/2001), da realizzarsi in diritto di superficie a favore dei titolari dei finanziamenti ottenuti ex l. 21/2001, tra i quali le odierne ricorrenti (per mc residenziali virtuali di 8.618 ciascuna) che pertanto aderivano al Consorzio già costituito accettando i criteri fissati dall’A.C. con le richiamate deliberazioni CC 19/1999 ed 81/1999 onde addivenire alla realizzazione unitaria e diretta delle opere di urbanizzazione del piano a scomputo sui corrispettivi di concessione per la quota afferente alle opere di urbanizzazione e sino a concorrenza dei corrispettivi medesimi, ai sensi del comma 8, lettera b), dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.
Le ricorrenti ottenevano i necessari permessi di costruire (11.04.2006), prendevano in consegna le aree del comparto (20.04.2006), iniziavano i lavori (29.04.2006), sottoscrivevano gli atti d’obbligo (10.05.2006) e la convenzione per la concessione del diritto di superficie (18.06.2009).
Mentre i lavori di realizzazione dei fabbricati di competenza venivano ultimati il 30.06.2012, i termini di ultimazione delle opere pubbliche venivano più volte prorogati (con atti elencati analiticamente) essendosi rese necessarie dapprima l’esecuzione di sondaggi archeologici;
successivamente, modifiche progettuali in dipendenza dell’inagibilità del Piano di Zona per un insieme di circostanze tra loro autonome e concorrenti, del tutto indipendenti dalla volontà delle ricorrenti, ed ascrivibili esclusivamente a fatto e colpa del Comune di Roma che, secondo la parte ricorrente, non avrebbe posto in essere gli atti di propria esclusiva competenza necessari per addivenire all’ultimazione delle opere di urbanizzazione ed indispensabili per l’agibilità del Piano di Zona;non avrebbe consentito la contemporanea realizzazione di opere edilizie e di urbanizzazione;avrebbe così impedito la consegna degli immobili edificati agli assegnatari e, quindi, la compiuta realizzazione dello scopo cui l’intervento edilizio era preordinato.
Le deducenti, come pure il Consorzio Colle Fiorito e gli altri operatori, hanno più e più volte diffidato e costituito in mora Roma Capitale, affinché provvedesse all’adozione di tutti gli atti e/o ponesse in essere le attività e/o i comportamenti necessari ed opportuni al fine di consentire l’ultimazione delle opere di urbanizzazione, consentendo l’agibilità degli alloggi ed il completamento del programma.
Ciononostante, le ricorrenti stigmatizzano come si sia giunti al paradosso per cui, alla data del ricorso, gli edifici realizzati in forza del programma di E.R.P. previsti fin dall’anno 2001 per rispondere alle esigenze abitative di categorie sociali deboli, pur essendo stati ultimati da anni, non possono assolvere alla loro funzione ed essere consegnati ai loro destinatari a causa del persistere dell’inerzia dell’Amministrazione comunale, con enormi pregiudizi anche a carico degli imprenditori che hanno investito ingenti capitali per la realizzazione e la manutenzione dell’intervento.
Per tale ragione le deducenti diffidavano il Comune di Roma a porre in essere ogni atto necessario o opportuno: a) al fine di concludere le assegnazioni di Piano a soggetti attivi, all’occorrenza delocalizzando determinate assegnazioni e/o procedendo con nuove assegnazioni a soggetti adempienti, in forza del preminente interesse pubblico a garantire l’immediata agibilità ad un Piano di Zona già edificato;b) al completamento degli espropri e dall’acquisizione delle aree esterne al confine di piano necessarie all’ultimazione delle opere di urbanizzazione ed agli allacci delle fognature ai corpi ricettori pubblici;c) al finanziamento delle opere di urbanizzazione primaria e Pubblici servizi indispensabili per l’agibilità del Piano non coperte dagli scomputi di competenza degli operatori.
II) Le ricorrenti elencano ed illustrano come di seguito i singoli aspetti delle prestazioni pubbliche a carico di Roma Capitale che sarebbero rimaste inadempiute o adempiute con ritardo negligente.
II.1) Il mancato finanziamento e la conseguente assenza di copertura economica dei costi di urbanizzazione. Le opere di urbanizzazione primaria assentite dal Comune di Roma ed eseguite nel Piano di zona a totale carico degli assegnatari ammessi a scomputo sono state le seguenti:
- Opere di primo stralcio, approvate con D.D. 1888/2006 per € 1.794.672,97 (doc. 32);
- Opere di secondo stralcio, approvate con D.D. 1123 del 07.07.2008 per € 1.089.080,91 (doc. 34);
- Opere di terzo stralcio, approvate con deliberazione della Giunta Capitolina n. 200 dell’8.05.2013 per € 872.474,12 (doc. 35).
Gli oneri relativi sarebbero stati sostenuti solo dagli assegnatari, mentre nulla avrebbe, ad oggi, stanziato l’Amministrazione comunale.
Il progetto preliminare redatto dall’Amministrazione determinava l’importo necessario per le opere di urbanizzazione primaria in € 7.488.563,00 (Delibera n. 112/2005).
Successivamente, a seguito dell’adeguamento dello stesso, le somme necessarie per le opere di urbanizzazione primaria sono state quantificate in € 8.966.602,00 (Delibera n. 259/2006).
Col Piano di Investimenti per il biennio 2012-2014, il Comune di Roma quantificava l’importo necessario per l’esecuzione dei pubblici servizi e relativi allacci alle reti, determinando così il fabbisogno necessario per la completa agibilità del Piano, avuto riguardo alle dotazioni essenziali (OO.UU. Primaria e pubblici servizi), in € 9.966.602,00.
Di queste somme, soltanto una parte sarebbe risultata coperta dai fondi ricavabili dagli scomputi e, comunque, non sarebbe effettivamente disponibile ed utilizzabile, atteso che non tutti gli operatori assegnatari hanno poi versato quanto dovuto.
Per quanto qui rileva, gli ulteriori € 5.486.838,00, indispensabili per l’agibilità del Piano di zona, avrebbero dovuto essere stanziati direttamente dal Comune di Roma il quale, tuttavia, ha reso disponibile soltanto il limitato importo di € 1.000.000,00, necessario per i pubblici servizi, mentre nulla avrebbe fatto per reperire i restanti € 4.486.838,00.
Ad oggi, espongono le ricorrenti, si attendono ancora gli stanziamenti necessari, con la conseguenza che le opere di urbanizzazione non si possono ultimare.
Ulteriore profilo di inadempimento del Comune nel completamento delle opere di urbanizzazione a scomputo sarebbe da ravvisarsi nella totale inerzia dell’Amministrazione nei confronti degli operatori assegnatari inadempienti. Vale a dire coloro che, pur avendo ottenuto le assegnazioni non hanno stipulato la convenzione ex art. 35 e/o richiesto i permessi di costruire;non hanno versato la quota di oneri di urbanizzazione, né hanno partecipato al Consorzio;con ciò sostanzialmente vanificando gli sforzi profusi dagli altri operatori che, al contrario, hanno dato corso agli obblighi assunti, iniziato ed ultimato i lavori e pagato le opere di urbanizzazione.
A tutt’oggi, pertanto, stante l’inerzia dell’Amministrazione comunale, tali operatori non hanno ancora stipulato la convenzione ex art. 35 L. 865/71, né dato avvio ai lavori di edilizia e, conseguentemente, finanziato la quota di urbanizzazione di loro competenza (lotti F/P, E1/P).
Secondo la ricorrente, il Comune avrebbe dovuto adottare tempestivamente ogni più opportuno provvedimento volto ad obbligarli a stipulare la convenzione e dare avvio ai lavori o ad applicare le previste sanzioni di decadenza o revoca dell’assegnazione per poi riassegnare le aree ad altri operatori in possesso dei requisiti di legge ed in grado di dar tempestivamente corso alle opere.
Ulteriore profilo sul quale si soffermano le ricorrenti e del quale si dolgono, è la mancata assegnazione delle cubature commerciali e, più precisamente, la mancata risoluzione della controversia insorta con uno degli operatori assegnatari e partecipanti al Consorzio Colle Fiorito la Società ROCOAMA (ex CONSAP), che a tutt’oggi:
- avrebbe omesso il pagamento del costo di acquisizione delle aree, eccependo in compensazione un proprio credito nei confronti del Comune di Roma;
- non avrebbe, quindi, ritirato il permesso di costruire;
- non avrebbe stipulato la convenzione ex art. 35 L. 865/71;
- non avrebbe, conseguentemente, dato avvio ai lavori.
A dispetto del lungo tempo intercorso, il Comune nulla avrebbe fatto per obbligare ROCOAMA a firmare la convenzione ex art. 35 L. 865/71.
Tale stato di fatto impedirebbe la stipulazione della convenzione integrativa.
Seguono le voci ulteriori su ognuna delle quali le ricorrenti si diffondono più ampiamente come in atti ed, inoltre, lamentano ancora quanto segue.
II.2) Il mancato completamento degli espropri e la mancata acquisizione delle aree esterne al confine di piano necessarie all’ultimazione delle opere di urbanizzazione ed agli allacci delle fognature ai corpi ricettori pubblici
II.3) Il ritardo nella realizzazione dei Pubblici Servizi indispensabili per consentire l’abitabilità degli alloggi.
II.4) La mancata stipula della convenzione integrativa per la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo di tutti gli operatori aderenti al Consorzio.
Le ricorrenti si soffermano poi sulle diffide variamente interposte per sollecitare l’adempimento delle obbligazioni pubbliche assunte dall’Ente e ne illustrano analiticamente i contenuti ed i presupposti, lamentando che ad esse non avrebbe mai fatto realmente seguito alcun impegno concreto dell’Amministrazione volto ad onorarne gli impegni.
III) In diritto lamentano la violazione degli obblighi assunti da Roma Capitale con particolare riferimento alla DGC n. 259 del 24.05.2006, della convenzione stipulata il 18.06.2009 rep. 24778, degli strumenti di pianificazione variamente richiamati e regolanti la fattispecie, dei principi di buon andamento e leale cooperazione, buona fede e diligenza applicabili
Richiamano a proprio favore le conclusioni dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici n.4/2008;argomentano circa la sussistenza dei presupposti della responsabilità civile dell’amministrazione per sussistenza di un danno ingiusto, anche in rapporto al ritardo nella conclusione del procedimento.
IV) Quantificano i danni derivanti dagli inadempimenti di Roma Capitale per come segue.
Come evidenziato nei rispettivi atti di diffida, le risorse produttive delle imprese odierne ricorrenti, impiegate per la realizzazione di un intervento di mc residenziali 8.618, ammontano a € 4.650.554,82 circa, oltre all’impiego delle risorse destinate all’esecuzione delle opere di urbanizzazione pari ad € 401.167,90 attraverso il Consorzio Colle Fiorito, nonché dell’importo dovuto a Roma Capitale per il diritto di superficie dell’area pari ad € 374.241,53, per un totale, in c.t., di € 5.425.964,00. Conseguentemente, dal richiamato ritardo colpevole dell’Amministrazione, le ricorrenti avrebbero subito e starebbero subendo i seguenti maggiori oneri e danni, derivanti dall’improduttivo vincolo.
IV.1) Sotto un primo profilo, i lavori relativi agli edifici hanno avuto una durata complessiva più lunga rispetto a quella prevista, con conseguenti maggiori oneri subiti per la ridotta produttività delle rispettive organizzazioni imprenditoriali.
Le ricorrenti quantificano i danni patiti, per ciascuna, determinando preliminarmente il “costo di costruzione” dell’intervento attraverso la metodologia meglio specifica in atti.
IV.2) Sotto un secondo profilo, le ricorrenti, dopo aver sostanzialmente completato le opere di edilizia, lamentano di non aver potuto vedere ultimato l’intero intervento con il completamento delle opere esterne e di urbanizzazione primaria e secondaria e la piena agibilità degli edifici realizzati, rimanendo vincolate ancora oggi all’obbligazione e costrette a farsi carico anche di ingenti costi di manutenzione fin dal 30.06.2012, in attesa che l’Amministrazione completi le opere di sua spettanza e consenta così l’ultimazione di quelle di competenza degli operatori.
IV.3) Il D.L. in data 30.06.2012 asseverava “che nel complesso edilizio in oggetto sono state realizzate il 90% delle opere”. L’avvenuta ultimazione dei lavori e la mancata consegna degli immobili agli assegnatari avrebbe conseguentemente comportato la necessità di provvedere alla manutenzione delle opere, sia avuto riguardo agli spazi esterni (verde, piazzali, camminamenti, aree condominiali, intonaci ecc.), che avuto riguardo agli interni (areazione dei locali) sia, soprattutto, agli impianti, che necessitano di essere messi in esercizio e vengono quindi sottoposti regolarmente ad accensione ed a visite periodiche, onde evitarne l’ammaloramento in assenza di utilizzo. Per tale ragione le imprese hanno dovuto provvedere – e stanno a tutt’oggi provvedendo – a porre in essere numerose attività ed ogni accorgimento per far sì che, quando si addiverrà alla consegna degli alloggi, questi ultimi siano idonei all’uso e nelle medesime condizioni in cui si trovavano al momento della loro ultimazione.
Per il periodo successivo alla sostanziale conclusione dei lavori di edilizia, le deducenti chiedono di essere ristorate dei maggiori oneri e costi sostenuti, per la quota parte del 10% atteso che i lavori erano stati quasi completati (90%).
Seguono le quantificazioni dei danni lamentati sul punto dalle due ricorrenti.
IV.3) Sotto un terzo profilo, le imprese odierne ricorrenti si erano tempestivamente attivate al fine di poter procedere alla commercializzazione delle unità da concedere in locazione alla data di fine lavori.
IV.4) Sotto un quarto profilo, ove l’Amministrazione non fosse stata inerte, le deducenti, come detto, avrebbero già dal maggio 2009 proceduto alla commercializzazione delle unità da concedere in locazione. La locazione delle 32 unità realizzate avrebbe determinato un canone di locazione mensile di € 22.253,25 che, diversamente, ancora non è stato ancora conseguito. Si prospetta un tasso medio d’interesse del 3% all’anno e si sviluppa il relativo conteggio degli accessori.
IV.5) Sotto un quinto profilo, ove l’Amministrazione non fosse stata inerte,dalla data di fine lavori le ricorrenti avrebbero incassato la terza tranches del finanziamento regionale, pari ad € 432.373,48, che, diversamente, ancora non hanno conseguito perché condizionata ad una serie di prescrizioni regionali contenute nell’Allegato A alla DGRL n. 489/2006.
IV.6) Sotto un sesto profilo, ove l’Amministrazione non fosse stata inerte, le deducenti non avrebbero dovuto affrontare oneri impropri, quali quelli connessi al “servizio di sorveglianza e guardiania”, sopportati dalla data di fine lavori e a tutt'oggi.
Conclude, pertanto chiedendo che il TAR voglia:
1) accertare e dichiarare l’illegittimità del comportamento di Roma Capitale in relazione alla tempestiva realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria del Piano di Zona B48 Colle Fiorito e comunque l’inadempimento di Roma Capitale agli obblighi incombenti su di essa in forza (a) dello schema di convenzione integrativa per l’attuazione diretta ai sensi dell’art. 35, comma 8, lett. B della l. n. 865/1971 delle opere di urbanizzazione primaria nell’ambito del PdZ B48 a scomputo di quota parte del relativo contributo dovuto approvato con Delibera GC n. 259 del 24.05.2006;(b) della convenzione stipulata ai sensi dell’art. 35 della Legge 22 ottobre 1971, n. 865 per la concessione del diritto di superficie in Roma, Piano di Zona B48 “Colle Fiorito”, “Comparto A/p” pei rogiti del Notaio Carmine Andretta di Roma in data 18.06.2009 rep. 24778;(c) degli strumenti di pianificazione urbanistica predisposti ed adottati da Roma Capitale, delle norme e dei principi anche costituzionali che regolano l’azione amministrativa, dei principi generali di buona fede, correttezza e del neminem laedere;
2) ordinare a Roma Capitale, anche ai sensi dell’art. 2031 c.c. di emanare i provvedimenti idonei e necessari ad addivenire all’agibilità del PdZ B48;
3) condannare Roma Capitale al risarcimento dei danni patiti e patendi in dipendenza del menzionato comportamento, provvisoriamente quantificati alla data del 31.12.2015 in misura pari ad euro € 5.165.368,00 per Romana Scavi S.r.l. e a € 5.261.257,00 in favore di I.C.V. S.r.l.
Con richieste istruttorie e per testi, sui capitoli meglio elencati come in atti.
Costituitasi in giudizio, Roma Capitale si oppone all’accoglimento del ricorso.
In data 7 marzo 2023 la I.C.V. s.r.l. ha presentato atto di rinuncia al presente ricorso.
Roma Capitale, con proprie memorie, deduce quanto segue.
In base alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 11 del 19.01.2006, ad entrambe le società ricorrenti sono state assegnate in diritto di superficie delle aree comprese nel comparto A/p del P.d.Z. B48 “Colle Fiorito”, per la realizzazione di cubature residenziali pari a mc. 8.618, finanziate ai sensi della L. 21/2001;riassume, quindi, le vicende che hanno interessato le medesime successivamente all’assegnazione delle medesime aree.
1 Con Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 62 del 6.8.2019 veniva approvata la declaratoria di decadenza e la conseguente risoluzione della Convenzione stipulata con la società I.C.V. S.r.l.. Avverso la suddetta deliberazione, la società I.C.V. S.r.l. proponeva ricorso, notificato in data 1.10.2019 chiedendone l’annullamento per violazione degli artt. 3, 7, 8 e 10 della L. 241/1990, degli artt. 1375, 1453, 1456, 1458 e 1460 del codice civile e degli artt. 1 e 11 del Disciplinare generale di norme, patti, e condizioni.
In data 05.06.2020 si pronunciava il T.A.R. Lazio con sent. n. 05978/2020, il quale respingeva il ricorso ritenendolo destituito di fondamento. Avverso tale sentenza, la I.C.V. proponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, violazione dell’art. 112 c.p.c., omessa e/o insufficiente motivazione e violazione di legge. In data 07.05.2021 il Consiglio di Stato con sentenza n. 03589/2021 respingeva anche l’appello. Avverso la sentenza del Consiglio di Stato, la I.C.V. S.r.l. proponeva ricorso in Cassazione lamentando il difetto di giurisdizione per violazione dei limiti interni ed esterni della giurisdizione del giudice amministrativo nonché la violazione di giudicato.
In data 14.12.2022, con ordinanza n. 36636/2022, la Suprema Corte di Cassazione respingeva il ricorso, dichiarandolo inammissibile.
Per quanto concerne la Romana Scavi S.r.l., rappresenta Roma Capitale che la medesima con “class action pubblica” di cui al d.lgs. 20 dicembre 2009 n. 198, notificata unitamente ad altri ricorrenti il 14/12/21, ha inteso far accertare le medesime asserite inefficienze dell’Amministrazione capitolina già declinate nel presente ricorso, in relazione allo sviluppo attuativo del Piano di Zona B48 “Colle Fiorito”, adottato dal Consiglio comunale con la Delibera n.139 del 2003. In particolare, con tale azione collettiva ha riproposto la declaratoria dell’illegittimità del silenzio tenuto da Roma Capitale in ordine alle diffide da loro presentate, ai sensi del d. lgs. n. 198/09, in date 08/06/17, 21/11/17, 22/02/18, 20/06/18, 19/01/19, 09/11/19, 08/12/19 e 18/09/2020 ed aventi ad oggetto la contestazione dell’inerzia dell’ente locale con riferimento alle problematiche di cui al “Piano di Zona Colle Fiorito” di seguito indicate.
Il TAR con sentenza n. 7280/2022 ha dichiarato inammissibile il ricorso.
In via preliminare, Roma Capitale deduce circa l’avvenuta presentazione di atto di rinuncia al ricorso della I.C.V. S.r.l.
Quanto alla Romana Scavi, l’azione sarebbe inammissibile in quanto duplicativa della class action già respinta.
Nel merito Roma Capitale insiste articolatamente sugli adempimenti posti in essere dall’Amministrazione, sulla non riconducibilità a propria responsabilità dei ritardi.
Romana Scavi, con proprie memorie, replica alle dedizioni difensive di Roma Capitale, in particolare insistendo circa l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità per aver riproposto la medesima azione già intrapresa nel giudizio conclusosi con sentenza nr. 7280/2020, che non avrebbe identità di petitum e causa petendi.
Nella pubblica udienza del 30 maggio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, va dato atto della rinuncia al ricorso da parte dell’IVC srl, con conseguente parziale estinzione del giudizio per quanto riguarda detta parte ricorrente.
Quanto alla posizione della Romana Scavi, non sono fondate le eccezioni di rito sollevate dalla difesa di Roma Capitale, in quanto l’azione di cui all’odierno giudizio non è sovrapponibile a quella di cui al giudizio conclusosi con la sentenza nr. 7280/2022.
Come puntualmente replicato dalla difesa della ricorrente, in quest’ultimo caso l’azione era riferita a presupposti sostanziali diversi da quelli odierni, tanto che la sentenza nr. 7280/2022 ne affermava l’inammissibilità con motivazione che si basava sulla circostanza che in quella sede non vi erano i presupposti di una c.d. “class action “ pubblica, senza escludere la possibilità di esercitare azioni di accertamento e condanna in via ordinaria, ciò che l’odierna ricorrente ha puntualmente dedotto nella presente sede di giudizio.
Deve quindi esaminarsi il merito della domanda della parte ricorrente, in ordine al quale si osserva quanto segue.
A fondamento dell’azione di condanna e di risarcimento di cui all’odierno giudizio, la Romana Scavi lamenta la violazione degli obblighi assunti da Roma Capitale con particolare riferimento alla DGC n. 259 del 24.05.2006, della convenzione stipulata il 18.06.2009 rep. 24778, degli strumenti di pianificazione variamente richiamati e regolanti la fattispecie, dei principi di buon andamento e leale cooperazione, buona fede e diligenza applicabili.
Si tratta, in sostanza, di un’azione da inadempimento contrattuale di obbligazioni derivanti da una convenzione di natura urbanistica, come tale rientrante nel più ampio novero degli accordi sostitutivi di provvedimenti ex art. 11 della l. n. 241/90: la ricorrente chiede sia di ordinare a Roma Capitale di provvedere ad adottare i necessari atti esecutivi della convenzione urbanistica (tutela reale), sia di condannare l’Amministrazione al risarcimento del danno per il ritardo (inadempimento di obblighi provvedimentali che trovano nella convenzione tra le parti il loro presupposto) patrimonialmente valutabile (e quindi da quantificarsi al momento della domanda, ossia al momento della notifica del ricorso).
Rileva il Collegio che la convenzione dalla quale sorgono le obbligazioni che secondo la ricorrente sono rimasti attualmente inadempiuti, sono sottoscritte tra Roma Capitale ed il Consorzio costituito – come esposto in narrativa – tra i diversi soggetti attuatori del piano di zona di cui si discute.
Secondo la giurisprudenza (Cassazione civile sez. I - 26/04/2010, n. 9941), la stipulazione con il Comune di una convenzione di lottizzazione implica che i proprietari dei terreni interessati alla urbanizzazione pongano in essere un negozio (interno) di costituzione di un consorzio urbanistico volontario - con assunzione delle obbligazioni a fini organizzativi e con costituzione degli effetti reali necessari per conferire al territorio l'assetto giuridico conforme al progetto approvato dalla amministrazione - da ritenersi assoggettato alla disciplina della comunione dettata dal codice civile, ivi compreso l'art. 1101, comma 2, con la conseguenza che, in difetto di espressa deroga convenzionale, giusta la regola da tale norma imposta, le spese per la lottizzazione (quali quelle afferenti, fra l'altro, al progetto, alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria) ed i pesi alla medesima inerenti (quali la cessione al Comune delle opere di urbanizzazione e la destinazione di talune aree, con vincolo permanente, a vantaggio dell'intera lottizzazione o di singoli lotti) si ripartiscono e si distribuiscono in proporzione alle quote dei partecipanti.
Tale presupposto comporta che tra le partecipanti al Consorzio urbanistico e quest’ultimo si crea un rapporto di mandato (in forza del quale, il Consorzio opera nei confronti dell’Amministrazione stipulante come un rappresentante delle consorziate, assumendo in loro nome e per conto gli obblighi collettivi relativi alla urbanizzazione, alla cessione delle aree ed alle altre obbligazioni comuni) e che i destinatari degli effetti finali del piano urbanistico, per quanto riguarda le singole posizioni afferenti la realizzazione dell’edificazione, sono le parti consorziate.
Da questa premessa deriva che i proprietari di suoli o immobili che partecipano ad un Consorzio titolare di una convenzione urbanistica di lottizzazione o di pianificazione attuativa, hanno azione nei confronti dell’Amministrazione per l’adempimento di obblighi o obbligazioni derivanti dalla convenzione urbanistica, pro quota, e possono quindi convenire in giudizio l’Amministrazione stessa laddove lamentino il ritardo o l’inadempimento della stessa convenzione in rapporto alle specifiche utilità che spettano loro uti singuli .
Nel caso di specie, la posizione della Romana Scavi è quindi quella di una parte rappresentata dal Consorzio che si duole dell’inadempimento – da parte di Roma Capitale – delle obbligazioni che il Consorzio ha assunto (anche) nel suo interesse.
Più precisamente, l’Amministrazione sarebbe inadempiente rispetto agli obblighi variamente elencati in parte narrativa sub II.
L’azione, come formulata, va qualificata come di inadempimento convenzionale di obblighi pubblici che sono a carico di Roma Capitale. Andranno dunque esclusi, dal novero delle voci ammissibili di risarcimento, tutti quegli elementi che dipendono – in tutto o in parte – da inadempimento di soggetti terzi (quali quelli elencati in parte narrativa), dato che la domanda di condanna a provvedere ed al relativo risarcimento è posta solo a carico di Roma Capitale.
Inoltre, non potranno essere riconosciute voci di danno esorbitanti dall’interesse diretto della ricorrente, come pretese relative all’adempimento di obbligazioni nei confronti di alte consorziate o del Consorzio in quanto tale.
Di conseguenza dovrà accertarsi, in via istruttoria, l’effettiva quota di danni patrimoniali che sono effettivamente riconducibili – da un lato – alla posizione della ricorrente e – dall’altro - all’inadempimento dell’Amministrazione.
In questo senso, andrà anche accertata la parte di (eventuale) inadempimento effettivamente ascrivibile a negligenza o inerzia dell’Amministrazione.
Inoltre, ai fini della domanda di condanna a provvedere sull’adempimento della convenzione, dovrà essere accertato lo stato attuale di esecuzione della convenzione stessa e stimare adempimenti ancora da svolgersi e tempi connessi.
Nel merito, è quindi necessario disporre istruttoria – e più precisamente verificazione – sui fatti di causa.
In ordine alle specifiche voci di risarcimento (secondo la numerazione del ricorso), il verificatore dovrà accertare, rispettivamente, l’effettiva sussistenza dei danni lamentati, la congruità delle relative stime o valori o importi, nonché riscontrare la riconducibilità effettiva dell’evento al fatto colposo dell’Amministrazione sotto il profilo eziologico (in tutto o in parte).
In questo senso, punto per punto, la verificazione avrà ad oggetto i seguenti aspetti:
IV.1) danni da durata complessiva più lunga di quella prevista e conseguenti maggiori oneri per ridotta produttività delle rispettive organizzazioni imprenditoriali;costo di costruzione dell’intervento;secondo la Romana Scavi, il danno complessivo patito per il decremento produttivo sopportato per fatti alla stessa non ascrivibili nel periodo di esecuzione delle opere sarebbe il seguente: € 4.051,46 x gg.