TAR Firenze, sez. III, sentenza 2012-02-28, n. 201200392

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. III, sentenza 2012-02-28, n. 201200392
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201200392
Data del deposito : 28 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02115/1999 REG.RIC.

N. 00392/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02115/1999 REG.RIC.

N. 02108/2010 REG.RIC.

N. 02123/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2115 del 1999, proposto da R L, R A, M A e G P, rappresentati e difesi dagli avvocati R G e M M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. R G in Firenze, via dei Servi n. 38, e proposto inoltre da P C, rappresentato e difeso dagli avvocati F J e G I (subentrati agli avvocati R G e M M), ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria di questo TAR in Firenze, via Ricasoli n. 40;

contro

Comune di Pietrasanta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Lenzetti, con domicilio eletto presso la Segreteria di questo T.A.R. in Firenze, via Ricasoli n. 40;



sul ricorso numero di registro generale 2108 del 2010, proposto da P C, rappresentato e difeso dagli avvocati G I e Francesco Iacobelli, e domiciliato per legge presso la Segreteria di questo T.A.R. in Firenze, via Ricasoli n. 40;

contro

Comune di Pietrasanta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Orzalesi, con domicilio eletto presso lo Studio Associato Gracili in Firenze, via dei Servi n. 38;



sul ricorso numero di registro generale 2123 del 2010, proposto da R A, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Lazzarini, con domicilio eletto presso la Segreteria di questo T.A.R. in Firenze, via Ricasoli n. 40;

contro

Comune di Pietrasanta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Orzalesi, con domicilio eletto presso lo Studio Associato Gracili in Firenze, via dei Servi n. 38;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 2115 del 1999:

- delle ordinanze n. 28 del 29.4.1999, n. 27 del 29.4.1999, n. 26 del 29.4.1999, n. 29 del 29.4.1999, di annullamento delle precedenti ingiunzioni di demolizione, nella parte in cui qualificano gli interventi realizzati da alcuni dei ricorrenti come lottizzazione abusiva;

- dell'ordinanza n. 30 del 29.4.1999, notificata ai signori Politi, Martinelli e Ghislandi in data 3.5.1999, a R L in data 4.5.1999, a R A in data 15.5.1999, con la quale il Dirigente del settore Assetto del Territorio del Comune di Pietrasanta ha ordinato, ai sensi dell'art. 18, commi 7, 8 e 9, della legge n. 47/1985, la sospensione immediata dei lavori di edificazione di edifici di qualsiasi specie nonché di opere di recinzione ed infrastrutture primarie, con l'avvertimento che tale provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi;

quanto al ricorso n. 2108 del 2010:

dell'ordinanza n. 32 dell'11.8.2010, notificata il 12.8.2010, con la quale il Funzionario Delegato del Comune di Pietrasanta ha disposto l'acquisizione definitiva al patrimonio comunale dell'immobile sito in Pietrasanta, via Padule, distinto al catasto urbano al foglio 32 mappale 148;

quanto al ricorso n. 2123 del 2010:

-della ordinanza n. 32 dell’11.8.2010, avente ad oggetto l’acquisizione definitiva al patrimonio comunale di immobile posto in Pietrasanta, via del Padule, distinto in catasto nel foglio 32 mappale 148, emessa dal Comune di Pietrasanta, notificata al ricorrente in data 17.8.2010;

-della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo del Comune di Pietrasanta prot. 3990 (id. 603738 del 22.1.2010) datata 27.1.2010;

- di ogni altro atto comunque connesso, prodromico o consequenziale ed attinente, che ancorché non indicato è qui espressamente impugnato, di cui si chiede anche la disapplicazione;


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pietrasanta;

Viste le memorie difensive delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2012 il dott. G B e uditi per le parti i difensori, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I signori R L, R A, P C, M A e G P (ricorrenti) sono comproprietari, insieme ai signori Bartolucci Gabriele, Marsili Sabrina, Marsili Giuseppe, Chicca Giovanni, Frediani Donatella, Conforti Alessandro, Marsalli Barbara, Marsalli Lucia, G M e P Enrica, di un terreno situato in Pietrasanta, località Padule, avente superficie catastale di mq. 9320, situato in zona agricola produttiva di tipo A.

Alcuni comproprietari (in particolare, i fratelli Ratti, P C, M A, attuali ricorrenti, nonché la signora P) hanno costruito, ciascuno di propria iniziativa, piccoli manufatti destinati a civile abitazione, lasciando comunque il terreno in gran parte libero da costruzioni.

I signori R A, R L, P C e P Elena, avendo ultimato i manufatti abusivi entro il dicembre 1993, hanno presentato al Comune di Pietrasanta domanda di condono edilizio ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994.

L’istanza dei signori R A, R L e P C è stata però respinta.

Il Comune, con ordinanze del 6.3.1996, del 26.9.1997, del 17.11.1998 e del 25.11.1997, ha ingiunto la demolizione delle opere abusive, rispettivamente, a R L, R A, P C e M A.

Il Comune stesso, con ordinanze n. 26, 27, 28 e 29 del 29.4.1999, ha annullato i suddetti provvedimenti, avendo accertato che gli abusi edilizi in questione sono inseriti in un comprensorio interessato da lottizzazione abusiva.

L’amministrazione inoltre, con ordinanza n. 30 del 29.4.1999, ha ingiunto ai ricorrenti e agli altri comproprietari di sospendere i lavori di costruzione degli edifici, delle opere di recinzione e delle infrastrutture primarie, ai sensi dell’art. 18, commi 7, 8 e 9, della legge n. 47/1985, ritenendo che nella vicenda in esame si configurasse la lottizzazione abusiva materiale e negoziale.

Avverso le ordinanze di annullamento e di sospensione dei lavori i ricorrenti sono insorti con l’impugnativa n. 2115/1999, deducendo:

1) violazione dell’art. 4 della legge n. 10/1977 e dell’art. 18 della legge n. 47/1985;
eccesso di potere per carenza di istruttoria;

2) violazione dell’art. 18, comma 1, della legge n. 47/1985;
eccesso di potere per carenza dei presupposti;

3) violazione dell’art. 18, commi 7, 8 e 9, della legge n. 47/1985;
eccesso di potere per illogicità manifesta;

4) violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990;

5) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per difetto di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Pietrasanta.

Con ordinanza n. 493 del 16.11.1999 è stata respinta l’istanza cautelare.

Il Comune, con ordinanza n. 32 dell’11.8.2010, ha disposto l’acquisizione al proprio patrimonio disponibile dell’immobile interessato dalla lottizzazione abusiva (posto in via del Padule n. 78 e catastalmente identificato al foglio n. 32, mappale n. 148).

Tale provvedimento è stato impugnato dal signor P C, con ricorso n. 2108/2010, deducendo:

1) violazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e dell’art. 30 del d.p.r. n. 380/2001;
eccesso di potere per carenza di presupposti e di istruttoria;

2) eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà delle disposizioni della P.A.;
carenza di istruttoria;

3) eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e carenza di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Pietrasanta.

Con ordinanza n. 60 del 14.1.2011 è stata respinta la domanda cautelare introdotta col suddetto gravame.

La citata ordinanza n. 32 dell’11.8.2010 è stata altresì impugnata, con ricorso n. 2123/2010, dal signor R A, deducendo:

1) violazione degli artt. 7 e 9 della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per violazione del giusto procedimento;
carenza di istruttoria e difetto dei presupposti;
violazione dell’art. 1 della legge n. 241/1990 e dell’art. 97 della Costituzione;
violazione dell’art. 66 dello Statuto comunale;

2) eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di presupposti in fatto e in diritto;
violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;

3) illegittimità derivata dalle ordinanze impugnate con il ricorso n. 2115/1999;
violazione dell’art. 1 della legge n. 241/1990 e dell’art. 97 della Costituzione;
violazione del giusto procedimento;
eccesso di potere per carenza di presupposti;

4) violazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e dell’art. 30 del d.p.r. n. 380/2001;
eccesso di potere per carenza di presupposti e di istruttoria;

5) eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà delle disposizioni della P.A. ed assoluta carenza di istruttoria;
perplessità.

Anche in relazione al terzo ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Pietrasanta.

Con ordinanza n. 61 del 14.1.2011 è stata respinta l’istanza cautelare introdotta col terzo ricorso.

Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2012 le cause sono state poste in decisione.


DIRITTO

Va preliminarmente disposta la riunione dei tre ricorsi in epigrafe, in ragione della loro connessione soggettiva e oggettiva.

Occorre innanzitutto soffermarsi sulle questioni in rito eccepite dal Comune resistente.

Quest’ultimo ha obiettato che i signori R A e P C non sono più proprietari dell’immobile in argomento, in quanto il medesimo è stato trasferito al patrimonio comunale per effetto dell’avvenuto decorso di 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza di sospensione e come emerge dalla trascrizione dell’ordinanza medesima.

Su tale premessa, l’amministrazione eccepisce l’inammissibilità del secondo e terzo ricorso per difetto di legittimazione attiva o, comunque, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

L’eccezione non è condivisibile.

Ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/1985 (ora art. 30 del d.p.r. n. 380/2001), trascorsi 90 giorni senza che intervenga la revoca del provvedimento di sospensione dei lavori, le aree oggetto di lottizzazione abusiva sono acquisite di diritto al patrimonio comunale.

Il Comune di Pietrasanta, con l’impugnata ordinanza n. 32 del 2010, ha disposto l’acquisizione dopo aver comunicato l’avvio del relativo procedimento.

Orbene, i ricorrenti hanno impugnato con il gravame n. 2115/1999 il provvedimento di sospensione, il quale ha propri effetti lesivi in quanto, una volta trascritto, rende nulli gli atti privati di disposizione dell’immobile e, decorso il termine di 90 giorni, ne determina l’acquisizione al patrimonio pubblico.

Ne deriva che l’eventuale accoglimento del ricorso reintegrerebbe i ricorrenti nel pieno possesso e proprietà del bene, con ripercussioni sul connesso atto di acquisizione, che infatti gli interessati hanno impugnato anche per vizi di illegittimità derivata.

Sussiste pertanto l’interesse a ricorrere avverso i provvedimenti emessi dal Comune in applicazione degli artt. 18 della legge n. 47/1985 e 30 del d.p.r. n. 380/2001.

Non depone in senso contrario il fatto che, ai sensi delle suddette norme, l’acquisizione pubblica operi di diritto, in quanto il provvedimento impugnato con il secondo e terzo ricorso, nel disporre l’acquisizione ad esito di verifica della situazione esistente e di rinnovato procedimento istruttorio (attestato dalla motivazione dell’atto e dall’apposita comunicazione di avvio del procedimento), non dà atto di pregressi effetti espropriativi prodottisi ipso iure, ma assume una propria efficacia lesiva, alla stregua di atto di accertamento costitutivo.

Entrando nel merito della trattazione delle impugnative, si osserva quanto segue.

Con la prima censura del ricorso n. 2115/1999 i ricorrenti lamentano la mancata notifica dell’ordinanza sospensiva dei lavori ad alcuni comproprietari (ad esempio a G M e P Enrica);
evidenziano, quale ulteriore elemento sintomatico di carenza di istruttoria, che ad uno dei comproprietari (e cioè alla signora P Enrica) è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria avente ad oggetto un manufatto destinato a civile abitazione ricadente nel comprensorio poi ritenuto abusivamente lottizzato.

Il motivo è infondato.

La concessione in sanatoria rilasciata alla signora P è stata annullata, in autotutela, dal Comune, sulla base della valutazione della lottizzazione complessiva che ha interessato il comprensorio in questione.

L’ordine di sospendere i lavori, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/1985, è stato rivolto anche ai signori G M e P Enrica (aventi causa di R F e V M), i quali infatti l’hanno impugnato con separato ricorso (n. 2666/1999).

Con il secondo rilievo i ricorrenti deducono che non vi sono elementi costitutivi di lottizzazione abusiva;
in particolare, secondo gli istanti la suddivisione in lotti del terreno agricolo non è di per sé indicativa dello scopo edificatorio;
gli stessi aggiungono che solo pochi comproprietari hanno costruito sul terreno de quo e che l’esiguità delle opere eseguite, la ridotta dimensione degli edifici, l’esiguo numero di abitanti, la distanza dai centri abitati e la mancanza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria dovevano indurre ad escludere la sussistenza di una lottizzazione abusiva;
precisano che la strada di accesso esisteva già prima dell’acquisto immobiliare dei ricorrenti.

La doglianza non è condivisibile.

Dai documenti depositati in giudizio (si vedano, in particolare, le aerofotogrammetrie dello stato dei luoghi, relative agli anni 1985, 1994, 1995 e 1999 –documenti n. 26 e seguenti depositati in giudizio dal Comune-) si desume una crescente attività edificatoria abusiva coinvolgente un ampio comprensorio;
a ciò si aggiungono la destinazione abitativa degli edifici realizzati, contrastante con la destinazione urbanistica agricola e comportante un aggravio del carico urbanistico complessivo, la suddivisione di un terreno agricolo in cinque lotti, la realizzazione di una strada di accesso ai singoli lotti (la quale non figura nell’aerofotogrammetria del 1985 ed appare invece nell’aerofotogrammetria del 1995 –documenti n. 26 e 28 depositati in giudizio- e nelle fotografie riproducenti l’attuale stato dei luoghi prodotte dal Comune –documento n. 31-), la mancanza della qualifica di imprenditore agricolo in capo ai proprietari (mancanza dedotta dal Comune nella memoria difensiva e non contestata dai ricorrenti).

Si configura nel caso in esame una progressiva, crescente negli anni, alterazione del territorio comprendente cinque lotti, tra cui quelli dei ricorrenti, tale da snaturare la vocazione agricola dello stesso e concretante un aggravio non autorizzato, distribuito sul comprensorio e non limitato ad una singola porzione, del carico urbanistico, in violazione delle regole che presiedono all’ordinata realizzazione delle opere di urbanizzazione e alla pianificazione urbanistica, alla cui tutela si ispira il regime repressivo della lottizzazione abusiva.

Non depone in senso contrario il fatto che non sia stata realizzata, allo stato attuale, una piena e completa urbanizzazione della zona, in quanto è sufficiente a configurare la lottizzazione abusiva la potenzialità della ulteriore trasformazione urbanistica, ossia il pericolo che il territorio subisca ulteriori trasformazioni a integrazione di quelle esistenti (si vedano, ad esempio: Cass. pen., III, 30.3.1982 e 29.3.1983, secondo cui la lesività della lottizzazione abusiva non è circoscritta alla trasformazione effettiva, ma va riferita “al pericolo che il territorio subisca una urbanizzazione non prevista o di tipo diverso da quella prevista”), pericolo desumibile, nel caso di specie, dalle trasformazioni fin qui impresse nella zona in questione.

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono che al momento dell’adozione della contestata ordinanza non vi erano lavori in corso, né vi erano elementi tali da far prevedere la prossima realizzazione di nuovi manufatti;
aggiungono che non sussistono gli estremi della lottizzazione abusiva, come dimostrerebbe la condotta del Comune, che, tra il 1996 e il 1998, ha ordinato la demolizione di singole opere abusive ai sensi dell’art. 7 della legge n. 47/1985.

La censura non può essere accolta.

L’amministrazione con le impugnate ordinanze n. 26, 27, 28 e 29 del 29.4.1999 ha annullato, in autotutela, le ingiunzioni a demolire riguardanti i singoli abusi edilizi, essendosi resa conto che ciascun abuso edilizio si inseriva nell’ambito di una più vasta attività lottizzatoria, sottoposta ex lege a diverso regime repressivo.

La lottizzazione abusiva può costituire non solo un illecito di danno (rispetto alle opere già realizzate), ma anche un illecito di pericolo (rispetto alle urbanizzazioni ancora possibili) qualora, pur a fronte dell’avvenuta ultimazione di edifici, strade o altri manufatti, vi sia la possibilità che l’urbanizzazione del comprensorio, ancora incompleta, sia portata a termine per stati di avanzamento successivi.

Orbene, l’ordinanza sospensiva ex art. 18 della legge n. 47/1985 tiene conto di tale natura dell’illecito e, di conseguenza, da un lato si pone a prevenzione dell’eventuale ulteriore avanzamento dei lavori, onde scongiurare il pericolo che siano realizzate altre opere edilizie o di urbanizzazione ancora possibili nel comprensorio, dall’altro si pone in chiave preclusiva di possibili forme di lottizzazione cartolare, evitando modifiche dell’immobile anche dal punto di vista del regime proprietario (la trascrizione del provvedimento amministrativo de quo ha infatti l’effetto di inibire qualsiasi atto di cessione del bene).

Invero l’ordine sospensivo dei lavori non costituisce un mero atto cautelare assimilabile all’ordinanza prevista dall’art. 7 della legge n. 47/1985, ma, ove non revocato, produce definitivi effetti modificativi della posizione giuridica dei privati destinatari, in quanto determina la nullità degli atti di disposizione riguardanti i suoli e le opere interessate dall’illecita attività edilizia (art. 18, commi 7 e 9, della legge n. 47/1985) e, decorsi 90 giorni, comporta l’acquisizione immobiliare al patrimonio pubblico (art. 18, comma 8).

Resta fermo che l'ingiunzione a demolire (in aggiunta o in alternativa all’ordine di sospensione) non può essere preclusa dalla pendenza del procedimento volto a sanzionare la lottizzazione abusiva, dal momento che l’ingiunzione stessa rappresenta quel "quid pluris" ammesso nelle ipotesi di lottizzazione materiale caratterizzate da uno stadio avanzato di realizzazione degli immobili abusivi o dalla ultimazione di una o più opere (TAR Campania, Napoli, II, 23.6.2010, n. 15773). Invero, la circostanza, prevista dall’art. 18, comma 8, della legge n. 47/1985, che l’amministrazione è chiamata a procedere alla demolizione una volta acquisito l’immobile, induce ad ammettere nella fase precedente la possibilità per il Comune di ordinare, contestualmente alla sospensione dei lavori, la demolizione degli edifici ultimati, potendo essere appropriato, a fronte dell’ultimazione di uno o più manufatti presenti nel comprensorio, l’ordine di demolire.

E tuttavia, il destinatario dell’ordine di sospensione non ha interesse a dolersi della mancata adozione di una misura repressiva ancor più lesiva della sua posizione giuridica, alla quale si aggiungerebbe comunque la successiva procedura di acquisizione coattiva ex art. 18 della legge n. 47/1985.

Nella vicenda in esame, peraltro, il progressivo incedere dell’attività costruttiva (dimostrato dalle aerofotogrammetrie depositate in giudizio) ed un’attività di urbanizzazione ancora possibile negli spazi ancora liberi giustificano la scelta dell’Ente di ingiungere la sospensione dei lavori, in sintonia con la già evidenziata natura di illecito di pericolo insita nella lottizzazione abusiva.

Quanto alla parte della censura incentrata sulla mancanza degli estremi della lottizzazione abusiva, il Collegio richiama le considerazioni espresse nel secondo motivo di ricorso.

Il quarto rilievo è incentrato sulla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990.

La censura non può essere accolta.

Alla luce delle considerazioni espresse dal Collegio nella trattazione delle precedenti censure, si deve ritenere che, ricorrendo gli elementi costitutivi della lottizzazione abusiva, nella vicenda in esame una specifica comunicazione di avvio del procedimento era superflua, in quanto il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, con la conseguenza che le impugnate ordinanze, in virtù dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990, non sono annullabili (TAR Campania, Napoli, II, 25.1.2011, n. 416).

Con il quinto motivo i ricorrenti deducono che il procedimento penale aperto a carico del signor R L faceva riferimento all’accertamento del reato di abuso edilizio, e non di lottizzazione abusiva, e che il Comune non ha specificato l’iter logico posto a suffragio del suo giudizio di sussistenza della lottizzazione abusiva, incorrendo così nella violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990.

La doglianza è infondata.

La declaratoria, da parte del giudice penale, circa l’estinzione del reato previsto dall’art. 20, lett. b, della legge n. 47/1985 non costituisce di per sé un precedente idoneo a limitare il ripensamento dell’amministrazione circa la natura giuridica degli abusi edilizi accertati.

Inoltre, gli atti impugnati fanno puntuale riferimento ai presupposti di fatto e di diritto della rinnovata azione repressiva: in essi si dà contezza dello stato dei luoghi che appare sintomatico di lottizzazione abusiva e delle norme legislative disciplinanti la fattispecie in esame, cosicchè appare comprensibile il ragionamento logico che ha indotto l’Ente a caducare le pregresse ingiunzioni a demolire e a disporre la sospensione dell’attività edilizia.

Pertanto, il ricorso n. 2115/1999 deve essere respinto.

Quanto all’impugnativa n. 2108/2010, avente ad oggetto l’ordinanza di acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, si osserva quanto segue.

Con la prima censura il ricorrente deduce la violazione dell’art. 18 della legge n. 47/1985 e dell’art. 30 del d.p.r. n. 380/2001, nonché la carenza di istruttoria;
lamenta inoltre che il Comune ha contestato la lottizzazione abusiva in forza di un sommario verbale della Polizia municipale e senza convocare tutti i comproprietari ai fini della necessaria verifica delle singole posizioni.

Il rilievo non è condivisibile.

Trattasi di doglianza che, essendo riferita alla valutazione di illiceità della lottizzazione già espressa dall’Ente con la presupposta ordinanza di sospensione, evidenzia profili di illegittimità derivata.

Vale al riguardo il giudizio di infondatezza espresso dal Collegio nella trattazione delle censure dedotte con il primo ricorso.

Con il secondo motivo l’esponente evidenzia, quali elementi sintomatici di illogicità, contraddittorietà e difetto di istruttoria, l’adozione e l’autoannullamento dell’ordine di demolizione rivolto al signor C P.

L’assunto non ha alcun pregio.

Trattasi di censura che si attaglia all’ordinanza di sospensione dei lavori oggetto del primo ricorso, e non al provvedimento di acquisizione, il quale costituisce atto vincolato, consequenziale all’ordinanza stessa.

Ad ogni modo, le ragioni che hanno portato l’amministrazione a rimeditare sulla natura dell’abuso edilizio, ad annullare l’ordine di demolizione e ad avviare un distinto procedimento repressivo sono puntualmente argomentate nei provvedimenti oggetto del primo ricorso.

Con la terza censura l’istante lamenta l’omessa considerazione, da parte del Comune, delle osservazioni presentate dagli interessati;
al riguardo il ricorrente obietta di non avere alcun alloggio disponibile, in alternativa a quello in oggetto, e che nemmeno i suoi genitori sarebbero in grado di offrirgli ospitalità, il tutto a fronte della conclamata assenza di alloggi a disposizione del Comune di Pietrasanta.

Il rilievo è infondato.

Le problematiche addotte dal ricorrente, non riguardando elementi costitutivi dell’illecito in questione o profili di legittimità dell’azione amministrativa, rivelano sostanzialmente valutazioni di inopportunità da lui palesate avverso l’atto impugnato.

Trattasi di argomentazioni giuridicamente irrilevanti, che non possono trovare tutela nella vicenda in esame, in quanto, a fronte della lottizzazione abusiva, l’amministrazione è vincolata ad adottare i provvedimenti previsti dall’art. 30 del d.p.r. n. 380/2001, senza che residuino spazi di apprezzamento discrezionale delle esigenze abitative dell’interessato, esigenze che devono necessariamente trovare soddisfacimento con gli atti autorizzatori previsti dal legislatore e non, in via di fatto, attraverso il ricorso a condotte illecite.

In definitiva, anche l’impugnazione n. 2108/2010 va respinta.

Quanto al terzo ricorso (n. 2123/2010), avente ad oggetto, al pari della precedente impugnativa, l’ordinanza di acquisizione, si osserva quanto appresso.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la mancata valutazione, da parte del Comune, della memoria presentata il 9.2.2010 (di cui nell’atto impugnato si nega erroneamente l’esistenza).

La doglianza non è accoglibile.

Il ricorrente, con missiva acquisita al protocollo comunale in data 9.2.2010 (documento n. 7 depositato in giudizio), ha chiesto all’amministrazione di vagliare la situazione abitativa dello stesso e della sua famiglia, priva di altra possibile abitazione.

Orbene, trattasi di argomentazioni che non possono trovare tutela nella vicenda in esame, in quanto, a fronte della lottizzazione abusiva, l’amministrazione è vincolata ad adottare i provvedimenti previsti dall’art. 30 del d.p.r. n. 380/2001, senza che residuino spazi di apprezzamento discrezionale delle esigenze abitative dell’interessato, esigenze che devono necessariamente trovare soddisfacimento con gli atti autorizzatori previsti dal legislatore e non, in via di fatto, attraverso il ricorso a condotte illecite.

In altri termini, le osservazioni presentate non sono giuridicamente rilevanti e non comportano, quindi, un obbligo di replica a carico del Comune;
appare peraltro palese che la loro valutazione da parte dell’amministrazione procedente non avrebbe potuto comportare l’adozione di un provvedimento diverso da quello in concreto adottato, con la conseguenza che l’omissione lamentata non può costituire causa di annullabilità, ex art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/1990.

La seconda censura è incentrata sul difetto di motivazione circa la sussistenza dell’interesse pubblico all’acquisizione, disposta a 11 anni di distanza dall’ordinanza di sospensione.

Il rilievo è infondato.

Nessun affidamento può essersi ingenerato negli interessati, in quanto, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/1985 (e del successivo art. 30 del d.p.r. n. 380/2001), ove l’ordine di sospensione dei lavori non sia revocato e trascorsi 90 giorni, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio comunale.

L’atto di acquisizione de quo, adottato a seguito della verifica delle condizioni legittimanti e dopo l’invio di apposita comunicazione di avvio del procedimento, costituisce sostanzialmente una determinazione confermativa di un effetto già realizzatosi ex lege, stante la persistente validità dell’ordine di sospensione dei lavori e l’avvenuto decorso di 90 giorni dalla sua adozione.

L’interesse pubblico è quindi in re ipsa, insito nella disciplina del procedimento repressivo contenuta nell’art. 18, comma 8, della legge n. 47/1985 e nell’art. 30, comma 8, del d.p.r. n. 380/2001.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce che l’illegittimità degli atti impugnati col ricorso n. 2115/1999 travolge il contestato provvedimento di acquisizione, precisando che l’amministrazione, in base all’art. 1 della legge n. 241/1990 e all’art. 97 della Costituzione, avrebbe dovuto attendere l’esito del contenzioso in corso.

Il rilievo non è condivisibile.

Vale al riguardo il giudizio di infondatezza espresso dal Collegio in ordine al primo ricorso;
in ogni caso, non sussiste alcun obbligo per l’Ente di attendere l’esito del giudizio, essendo state respinte le istanze cautelari introdotte con i ricorsi n. 2115/1999 e 2123/2010.

Con la quarta doglianza l’istante sostiene che non vi sono gli estremi della lottizzazione abusiva, e che il Comune si è basato sul sommario verbale della Polizia municipale senza chiedere chiarimenti ai comproprietari.

L’assunto non ha alcun pregio.

Trattasi di censura riguardante la presupposta ordinanza di sospensione dei lavori e rilevante quale motivo di illegittimità derivata, al pari del primo motivo del ricorso n. 2108/2010.

Valgono, pertanto, le considerazioni espresse dal Collegio nella trattazione del primo gravame.

Con il quinto rilievo il ricorrente lamenta, quali elementi sintomatici di illogicità, contraddittorietà e difetto di istruttoria, l’adozione e il successivo annullamento in autotutela dell’ingiunzione a demolire.

L’assunto è infondato.

Valgono le considerazioni espresse dal Collegio nella trattazione dell’analogo secondo motivo del ricorso n. 2108/2010, alle quali si rinvia.

In conclusione, i tre ricorsi devono essere respinti.

Le spese di giudizio, compresi gli onorari difensivi, sono stabilite in euro 2.000 (duemila), oltre IVA e CPA, per ciascuna impugnativa, da porre a carico dei rispettivi ricorrenti.

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