TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-06-12, n. 202301919

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-06-12, n. 202301919
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202301919
Data del deposito : 12 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/06/2023

N. 01919/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01239/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1239 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A D G e A D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Città Metropolitana di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso il suo studio in Palermo, via Maqueda n. 100;

per l’annullamento

della determina dirigenziale n. 138 del 19 aprile 2017 emanata dalla Città Metropolitana di Palermo, con la quale è stata revocata l’autorizzazione n. 302 del 1.09.2006 abilitante all’attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto denominata “Agenzia -OMISSIS-” di -OMISSIS- Paolo, con sede in -OMISSIS-;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Città Metropolitana di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il dott. Francesco Mulieri e udito il difensore di parte ricorrente, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con ricorso notificato il 10 maggio 2017 e depositato il 12 maggio successivo, il ricorrente titolare - giusta autorizzazione n. 302 del 01.09.2006 rilasciata dalla Città Metropolitana di Palermo di un’attività di agenzia per la circolazione dei mezzi di trasporto denominata “Agenzia -OMISSIS-” con sede in -OMISSIS- - ha impugnato la Determinazione Dirigenziale n. 138 del 19.04.2017 con la quale la predetta amministrazione ha disposto la revocato la sora citata autorizzazione “in quanto la tutela dell’interesse pubblico impone che la Pubblica Amministrazione vigilante debba compiere una valutazione della condotta dell’interessato onde stabilire se essa sia consona allo status professionale di Agenzia di consulenza alla circolazione dei mezzi di trasporto, addirittura prescindendo dalla definizione del procedimento penale in Corte di Cassazione”.

Articola con le seguenti censure:

1) “Nullità ed illegittimità della determina dirigenziale impugnata per eccesso di potere e violazione dell’art 13 comma 12 del regolamento della Provincia regionale di Palermo approvato con deliberazione del consiglio provinciale 153/2/c del 17/06/1997” .

2) “Nullità ed illegittimità della determina dirigenziale impugnata per violazione di legge, eccesso di potere, carenza di motivazione e travisamento ed erronea applicazione dei fatti posti a fondamento della decisione”.

Il ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe stato illegittimamente adottato con determina dirigenziale, in violazione del calendato Regolamento Provinciale. Deduce inoltre la violazione della legge n. 264 dell’8 agosto 1991, ed in particolare dell’art. 3, comma 1, lettera c), per carenza di motivazione e travisamento ed erronea applicazione dei fatti posti a fondamento della decisione: gli unici fatti posti a fondamento dell’istruttoria del provvedimento impugnato si troverebbero racchiusi nelle sentenze penali ivi richiamate e quindi l’amministrazione, prima di provvedere, avrebbe dovuto attendere che tale affermazione di responsabilità fosse giurisdizionalmente accertata con statuizione passaggio in giudicato.

Il ricorrente ha chiesto inoltre il risarcimento dei danni conseguenti alla dedotta illegittimità della disposta revoca, quantificato in una somma pari ad euro 1.000,00 per ogni mese di chiusura.

2. - Per resistere al ricorso si è costituita la Città Metropolitana di Palermo chiedendo che il ricorso sia rigettato.

3. - Con ordinanza del 09/06/2017 n. -OMISSIS-, la domanda cautelare di parte ricorrente è stata respinta.

4. - Le parti hanno depositato memorie e documenti in vista dell’udienza di discussione del ricorso all’esito della quale la causa è stata posta in decisione.

5. - Il ricorso è infondato alla stregua di quanto appresso specificato.

Con il primo motivo il ricorrente ha sostenuto che il provvedimento impugnato, in quanto adottato con determina dirigenziale, si porrebbe in contrasto con l’art. 13 del regolamento della Provincia regionale di Palermo approvato con deliberazione del consiglio provinciale 153/2/c del 17/06/1997 (che prevede che il potere di accertare le infrazioni ed irrogare le sanzioni spetta al Presidente della Provincia, i cui poteri ex L.R. n. 15/2015 spettano al Sindaco della Città Metropolitana, oggi sostituito dal Commissario Straordinario del Consiglio Metropolitano).

La censura è infondata, venendo in considerazione nel caso di specie un “atto gestionale”, indiscutibilmente rientrante nell’ambito di competenza del dirigente.

Ciò è in linea con il principio della separazione tra funzioni di indirizzo politico e di gestione amministrativa, quale corollario di imparzialità e buon andamento che trova attuazione, nell’ambito dell’Ordinamento degli Enti locali, nell’art. 107 del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e che comporta l’attribuzione dell’attività di gestione amministrativa, tecnica e finanziaria ai dirigenti, che di regola adottano tutti i provvedimenti rilevanti all’esterno;
sulla base di tale norma lo Statuto della Provincia regionale di Palermo attribuisce ai Dirigenti la gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa dell’ente, comprensiva, quest’ultima, della adozione di tutti gli atti che impegnano l’amministrazione provinciale verso l’esterno, compresi i provvedimenti di rilascio di autorizzazioni e di revoca delle stesse.

È del pari infondato anche il secondo motivo.

La legge n. 264/1991 all’art. 9 (rubricato “vigilanza e sanzioni” ) nell’attribuire ai Comuni ed alle Province la vigilanza sull’applicazione della legge stessa, elenca le fattispecie che possono dare origine all’applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che hanno violato le prescrizioni normative. Il comma 2 dell’art. 9 indica fra dette fattispecie le “accertate irregolarità nell’esercizio dell’attività di consulenza” , mentre il successivo comma 3, commina espressamente la revoca dell’autorizzazione in parola “quando siano commessi gravi abusi” .

A seguito dell’entrata in vigore della legge n.264/1991 la ex Provincia Regionale di Palermo, per lo svolgimento delle attività devolutele dal legislatore, si è dotata di un proprio regolamento che è stato approvato e reso esecutivo con Deliberazione del Consiglio Provinciale n.153/2/C del 17.06.1997.

Tale regolamento, peraltro non impugnato, all’art. 9 (rubricato “Gravi Abusi” ) disciplina le ipotesi e prevede le relative sanzioni nel caso in cui il titolare di un’attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto venga meno ai doveri connessi all’esercizio di detta attività.

In relazione a tali abusi la citata norma regolamentare definisce tali quelli che consistono in una condotta che, in relazione al soggetto, all’oggetto e alle circostanze, trasbordi in un comportamento illecito e giudizialmente censurabile.

La condotta illecita posta in essere dal ricorrente - il cui aspetto fattuale è stato, accertato sia in primo grado che nel giudizio di appello - non può non avere inciso sul rapporto esistente fra la P.A, ed il soggetto privato esercente un’attività soggetta a specifica autorizzazione;
in particolare l’Amministrazione ha valutato i comportamenti posti in essere dal ricorrente di una gravità tale da pregiudicare e mettere in pericolo il pubblico interesse il cui perseguimento deve essere alla base dell’esercizio di un’attività di consulenza e deve caratterizzarne l’intero suo svolgimento nel tempo.

La valutazione ai fini del giudizio di affidabilità del titolare dell’autorizzazione e della conseguente sussistenza dei requisiti di carattere morale e di buona condotta è autonoma rispetto all’accertamento compiuto dall’autorità giudiziaria in sede penale e non presuppone, come ritenuto dal ricorrente, che la relativa affermazione di responsabilità sia giurisdizionalmente accertata con statuizione passaggio in giudicato.

È opportuno rammentare, infatti, che in questa area tematica, la giurisprudenza ha precisato che “un provvedimento di diniego o di revoca di una precedente autorizzazione, ivi compreso l’esercizio dell’attività di autoscuola, non può fondarsi esclusivamente sulla accertata responsabilità del soggetto titolare dell’autorizzazione in sede penale (in tema di revoca di provvedimenti di polizia, C.d.S., sez. VI, 26 luglio 2010, n. 4853;
27 luglio 2007, n. 4174;
sez. I, 25 febbraio 2011, n. 5201), essendo al riguardo indispensabile che l’amministrazione compia un’autonoma valutazione dei fatti (su cui è stato fondato l’accertamento della responsabilità penale), per stabilirne la loro rilevanza ai fini del giudizio di affidabilità del titolare dell’autorizzazione e della conseguente sussistenza dei requisiti di carattere morale e di buona condotta (Cons. di Stato , sez. V, 27 gennaio 2014, n. 414)”
(cfr. C.G.A.R.S. n. 887/2022).

Nella specie, la valutazione dei fatti in concreto ha condotto la resistente Amministrazione, in maniera tutt’altro che illogica o travisata, a non ritenere più sussistenti i requisiti morali per l’esercizio delle attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto e di autoscuola, non avendo l’autorità pubblica più rinvenuto in capo al ricorrente una condotta irreprensibile.

In definitiva il Collegio ritiene che la condanna penale confermata in appello, avuto riguardo alle condotte in essa indicate e ritenute sussistenti, sia elemento idoneo e sufficiente a giustificare l’impugnato provvedimento di revoca.

6. - La riscontrata legittimità dell’attività posta in essere dall’amministrazione esime il Collegio dall’esame della domanda risarcitoria.

7. - In conclusione il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.

8. - Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi