TAR Venezia, sez. I, sentenza 2010-02-08, n. 201000337

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2010-02-08, n. 201000337
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201000337
Data del deposito : 8 febbraio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00534/2009 REG.RIC.

N. 00337/2010 REG.SEN.

N. 00534/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 534 del 2009, proposto da:
SU RO, rappresentato e difeso dall’Avv. Bruno Bazzotti, con domicilio eletto in Venezia presso la Segreteria della Sezione, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 35, primo comma, del R.D. 26 giugno 1924 n. 1054;



contro

Ministero della Giustizia - Roma - (Rm), in persona del Ministro pro tempore , cstituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale delloStato, domiciliataria ex lege in Venezia, San Marco, 63;



per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

del decreto del Vice Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Ministero della Giustizia n. 0183234/2008/15799/ds03 dd. 4 agosto 2008, recante l’irrogazione a carico del ricorrente della sanzione della destituzione dal servizio con decorrenza dal 14 luglio 2005; nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Roma - (Rm);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2009 il dott. Fulvio RO e uditi l’Avv. Zangrando per il ricorrente e l’Avvocato Distrettuale dello Stato Tallarida per il Ministero della Giustizia.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.1. Il ricorrente, Sig. RO SU, è stato tratto in giudizio innanzi al Tribunale di Treviso in quanto imputato, nella sua qualità di Assistente Capo di Polizia Penitenziaria in servizio presso l’Istituto Penale per i Minorenni di Treviso e, segnatamente, come ivi addetto alla gestione degli stipendi presso l’Ufficio Ragioneria, per rispondere con un primo capo di imputazione dei reati di cui agli artt. 314 e 81 cpv. c.p. (peculato continuato): e ciò poichè “con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, ometendo di trasmettere con cadenza mensile al C.E.D. gli importi analitici relativi ai propri debiti facendo in modo che non venissero trattenuti sulla retribuzione mensile, nonché provvedendo a soddisfare propri creditori (nella specie, I.N.P.D.A.P., Società finanziaria Eurofiditalia S.p.a.) con fondi della Amministrazione, si appropriava della somma di € 15.290,53.- nel periodo dal dicembre 2000 al dicembre 2003; inoltre, facendo apparire come effettuato un pagamento, apponendo sull’ordine di pagamento n. 23 del 30 marzo 2000 un timbro dell’Ufficio Istituto Penale per i Minorenni “PAGATO” con relativa firma del ragioniere contabile (mansione svolta dal SU), avente causale “saldo fattura n. 247 del 7 ottobre 1999 per spese di mantenimento minori in Comunità” a favore della Comunità Giulia Colbert di Crema, si appropriava della somma di Lire 10.584.000.- ”, pari ad € 5466,18.- (cfr. doc. 6 di parte resistente).

Lo stesso SU è stato anche contestualmente imputato, con un secondo capo di imputazione, del reato di cui agli artt. 479 e 81 cpv. c.p. (falsità ideologica continuata commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) perchè, sempre nella sua predetta qualifica, “ometteva di indicare la reale propria situazione debitoria nei prospetti debiti che presentava mensilmente al Direttore dell’Istituto, dott. Paggiarino, e ometteva di inviare al C.E.D. di Roma gli esatti prospetti dei propri debiti, in particolare dei dati relativi ai contratti stipulati … in modo tale che il C.E.D., nell’elaborare le buste paga, omettesse di operare le trattenute equivalenti alle rate di restituzione dei prestiti contratti dal SU” medesimo; nonché, con un terzo capo di imputazione, del reato di cui agli artt. 48480 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative con induzione in errore per inganno). “perché, con le modalità descritte al precedente capo, inducendo in errore i funzionari … addetti al C.E.D., faceva in modo che venissero emessi i (propri) prospetti paga mensile falsi, perché non riportanti la sua reale situazione debitoria mensile” (cfr. ibidem ).

Con sentenza n. 370/2005 del 9 giugno- 25 luglio 2005 resa a’ sensi dell’art. 442 c.p.p. il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Treviso ha condannato il SU alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, ritenendolo responsabile del delitto di cui agli artt. 314 e 81 cpv. “limitatamente all’ipotesi di peculato concernente l’appropriazione della somma relativa alla fattura” dianzi descritta e, “riqualificati nell’ipotesi di truffa aggravata” di cui all’art. 640, secondo comma, c.p. “i restanti fatti ascritti all’imputato” nel primo capo di imputazione nonché nel terzo capo di imputazione, “da ritenersi sussunto nell’ipotesi di truffa come sopra riqualificata, e riuniti i reati nel vincolo della continuazione sotto il più grave delitto” di cui al primo capo di imputazione, “previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, applicata la relativa diminuzione e la riduzione per il rito abbreviato” (cfr. ibidem ).

Nei confronti del SU è stata pure applicata la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata della pena principale, a’sensi di quanto disposto dall’art. 317-bis c.p.

Nella motivazione di tale sentenza si legge, per quanto qui segnatamente interessa, che “ai fini della determinazione della pena, debbono innanzi tutto reputarsi concedibili le circostanze attenuanti generiche, tenuto conto della ricorrenza, sulla base dei dati all’uopo da considerarsi – e, in particolare, dello stato di incensuratezza del prevenuto – dei caratteri giustificantine (sic!) il riconoscimento: pur sempre entro cotale ambito d’apprezzamento circostanziale sono poi da ricondursi le iniziative restitutorie attuate dall’imputato nei confronti della Pubblica Amministrazione, in ordine alla portata integralmente satisfattiva delle quali non è dato rivenirsi prova certa e venendo quindi precluso farvisi derivare valenza tale da legittimare il pure difensivamente invocato riconoscimento, a tale titolo, dell’attenuante specifica del risarcimento del danno, al riguardo essendo indimostrato – fra l’altro – che la restituzione delle somme indebitamente trattenute sia stata operata dall’agente in misura ricomprensiva di quanto dovuto (pure) a titolo di interessi: e, poiché l’art. 62, n. 6 c.p. prevede espressamente l’interezza della riparazione del danno, è indubbio che tra i danni rientri anche il mancato godimento del denaro temporaneamente ed illegittimamente trattenuto dall’imputato” (cfr. ibidem , pag. 8).

Con sentenza n. 514 dd. 21 marzo – 24 marzo 2006, pronunciata su ricorso del SU, la Corte d’Appello di Venezia ha integralmente confermato la sentenza resa in primo grado, dando peraltro atto che in essa il riferimento, nel dispositivo, ai fini della continuazione

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