TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2014-12-10, n. 201412511

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2014-12-10, n. 201412511
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201412511
Data del deposito : 10 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04487/2014 REG.RIC.

N. 12511/2014 REG.PROV.COLL.

N. 04487/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4487 del 2014, proposto da:
A P, D G, rappresentati e difesi dall'avv. D G, con domicilio eletto presso Tar Lazio Segreteria Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189;

contro

Ministero della Giustizia;

per l'esecuzione

del decreto della Corte di Appello di Roma - Sezione Equa Riparazione, del 26 gennaio 2009, dep. il 4 gennaio 2011, reso nel procedimento n.r.g. 60610/2006, non impugnato con apposito ricorso in Cassazione;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 112, commi 1, lett. c), e 3, del c.p.a. e 14 del D.L. 31 dicembre 1996 n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 il dott. Francesco Riccio e nessuno comparso per le parti;


Considerato che con il ricorso in esame, notificato il 26 marzo 2014 e depositato il successivo 8 aprile, le parti istanti, in qualità di difensori distrattari ex art. 93 del c.p.c., hanno chiesto l’adempimento e l’esecuzione del decreto della Corte d’Appello di Roma del 26 gennaio 2009, emesso nel procedimento iscritto al n. 60610 dell’anno 2006 per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito a causa della irragionevole durata del processo ai sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89, nella parte in cui riconosce il diritto dei predetti difensori alla corresponsione da parte del soccombente Ministero della Giustizia delle somme liquidate in € 500,00 per diritti ed € 600,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e contributo, condannando l’Amministrazione intimata al pagamento delle predette somme di danaro;

Ritenuto che dall’esame del fascicolo di causa risulta che il titolo esecutivo (il predetto decreto della Corte d’Appello di Roma cui è stata apposta la formula esecutiva dal competente cancelliere l’11 aprile 2011) è stato notificato ad opera dell’ufficio notifiche presso la Corte d’Appello di Roma al Ministero della Giustizia ed al Ministero dell’Economia e Finanze, in persona dei rispettivi Ministri p.t., presso il domicilio legale dell’Avvocatura Generale dello Stato in Roma Via dei Portoghesi n. 12;

Preso atto che nessuno è comparso per le parti in Camera di consiglio e che, pertanto, il vizio procedurale descritto in seguito è stato rilevato d’ufficio dandone atto a verbale ai sensi dell’art. 73, comma 3, del c.p.a.;

Atteso che ai sensi del citato art. 14 del cit. D.L. n. 669/1996, “le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto”;

Considerato che lo spatium deliberandi concesso alle amministrazioni (120 gg. dalla notifica del titolo esecutivo) ed il conseguente corollario dell’inammissibilità di “esecuzioni forzate” o di atti propedeutici alle stesse nel periodo considerato, non può che avere uno spettro applicativo generalizzato, come tale indipendente dallo strumento esecutivo utilizzato dal creditore (in tal senso già CGARS n. 725/2012);
e che il giudizio di ottemperanza, quando l’oggetto sia costituito da obbligazioni pecuniarie fondate da un giudicato, sia uno strumento di esecuzione forzata, è fuor di dubbio;

Ritenuto che, una volta integrate le condizioni di ammissibilità prescritte dal legislatore, il giudizio di ottemperanza resti unicamente regolato dalle proprie regole, senza interferenze di quelle processualcivilistiche;

Visto che, dall’esame degli atti depositati in giudizio, il Collegio non può non rilevare la questione pregiudiziale del luogo di notifica del titolo esecutivo, da risolvere nel senso già fatto proprio dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sul punto vedasi - tra le tante – la recente sentenza della Sezione IV n. 2654/2015 del 22 maggio 2014) secondo cui “lo spatium deliberandi per essere utile ed effettivo deve connettersi alla conoscenza della pretesa esecutiva da parte dell’amministrazione, non altrimenti sostituibile o intermediabile dalla notifica all’organo incaricato ex lege del patrocinio nel giudizio esecutivo che eventualmente il creditore insoddisfatto intenda intentare nel prosieguo”;

Ritenuto, pertanto, che la notificazione del giudicato, ai fini dell’esperimento dell’azione di ottemperanza avente ad oggetto somme di danaro, deve essere dunque fatta all’amministrazione presso la sua sede reale (prova che nel caso di specie manca del tutto e pertanto non è ipotizzabile l’intervento del giudice ex art. 44, comma 4, del c.p.a.);

Considerato, dunque, che la predetta evenienza determina una causa pregiudiziale che impedisce l’ammissibilità dell’azione volta all’esecuzione del giudicato formato da un provvedimento giurisdizionale del giudice ordinario che condanna la Pubblica Amministrazione al pagamento di una somma di danaro;

Ritenuto, infine, che non si dispone alcunché in merito alle spese attesa la mancata costituzione in giudizio di ogni altra parte intimata;

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