TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2009-08-05, n. 200904735

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2009-08-05, n. 200904735
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 200904735
Data del deposito : 5 agosto 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03323/2005 REG.RIC.

N. 04735/2009 REG.SEN.

N. 03323/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso R.G. n. 3323 del 2005 proposto da C G, rappresentato e difeso dall’ Avv. G S, nel cui studio è elettivamente domiciliati in Napoli, via dei Mille n. 16, come da procura a margine del ricorso principale e dei ricorsi per motivi aggiunti;

contro

- il Ministero per i Beni e le Attività Culturali in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli presso cui domiciliano per legge in via A. Diaz n. 11;
- il Comune di Napoli in persona del Sindaco pro tempore, autorizzato a stare in giudizio come da deliberazione della Giunta Municipale n. 2127 del 27 maggio 2005, rappresentato e difeso dagli Avvocati Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons d’Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, con i quali è elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Municipio - Palazzo S. Giacomo, presso l’Avvocatura Municipale, come da procura a margine dell’atto di costituzione in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso principale:

- del provvedimento del Soprintendente per i Beni architettonici, il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico e etnoantropologico della Provincia di Napoli prot. 1360\05 del 4 febbraio 2005, recante conferma condizionata a sanatoria del parere favorevole alle opere in corso nella proprietà del ricorrente;

- di ogni altro atto presupposto e consequenziale;

quanto al primo ricorso per motivi aggiunti:

- della nota prot. 7056\05 dell’11 aprile 2005 con la quale il Soprintendente per i Beni architettonici, il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico e etnoantropologico della Provincia di Napoli ha confermato l’ordine di demolizione del vano di copertura della scala di accesso, poi da destinare a volume tecnico;

quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti:

- della disposizione dirigenziale n. prot. 331 del 22 marzo 2005, con la quale il Comune di Napoli ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi secondo i criteri indicati dalla Soprintendenza per i Beni architettonici, il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico e etnoantropologico della Provincia di Napoli ed il pagamento della sanzione pecuniaria di euro 5.164,57;

quanto al terzo ricorso per motivi aggiunti:

- della disposizione dirigenziale n. 761 del 2 dicembre 2005, con cui il Comune di Napoli ha denegato la richiesta di variante ed ha rinnovato l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi e quello di pagamento della suddetta sanzione pecuniaria.


Visti il ricorso principale ed i motivi aggiunti con i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e la memoria del Comune di Napoli;

Viste le ordinanze n. 1795\05 dell’8 giugno 2005, con cui è stata respinta l’istanza cautelare di cui al ricorso principale, nonché l’ordinanza n. 2691\05 del 21 settembre 2005, con cui è stata accolta con ordine di riesame l’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27/05/2009 il Primo referendario A S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

I - Con il ricorso principale in esame, notificato il 30 aprile 2005 e depositato il successivo 6 maggio, il sig. G C, proprietario di due appartamenti siti al quinto piano del fabbricato di via Benedetto Croce n. 45, Napoli (vincolato mercè il R.D. 12 marzo 1912 ed il D.M. 30 novembre 1953), e titolare del diritto d’uso esclusivo del relativo soprastante terrazzo, ha impugnato la nota del Soprintendente per i Beni architettonici, il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico e etnoantropologico della Provincia di Napoli prot. 1360\05 del 4 febbraio 2005, recante conferma condizionata del parere favorevole, espresso dal Soprintendente in data 8 maggio 2001, alla realizzazione delle opere in corso nella proprietà del ricorrente, consistenti nel rifacimento della pavimentazione, nel restauro del parapetto, nella sostituzione della preesistente tettoia e nella realizzazione di due lucernari.

L’Autorità preposta alla salvaguardia del vincolo storico-artistico insistente sul fabbricato, in quella occasione, aveva disposto l’arretramento del grillage in legno per l’appoggio delle piante rampicanti, e che l’altezza del medesimo non fosse superiore a quella del torrino in muratura insistente sul terrazzo;
e che, inoltre, gli infissi esterni fossero in legno ed uguali a quelli preesistenti sulle facciate.

Il progetto di manutenzione straordinaria era stato approvato anche dal Comune di Napoli con autorizzazione edilizia n. 935 del 27 novembre 2001, condizionata al rispetto delle prescrizioni dettate dalla Soprintendenza, e, inoltre, a che il torrino, adibito in origine a vano di copertura della scala di collegamento con il piano sottostante, fosse destinato all’installazione degli impianti tecnologici a servizio dell’appartamento.

Espone il ricorrente che, tuttavia, nel corso dei lavori, egli aveva ritenuto opportuno realizzare non più i due lucernari originariamente previsti, ma una sola apertura, delle dimensioni di 6,15 per 2,85 metri, con conseguente diminuzione volumetrica pari a 6,53 metri cubi sul totale.

In relazione a tale modifica egli aveva richiesto alla competente Soprintendenza parere a sanatoria, che l’Amministrazione preposta al vincolo, con il provvedimento impugnato, aveva reso in senso favorevole, ma dettando due prescrizioni:

- che il torrino di copertura della scala, adesso da adibire a volume tecnico, fosse demolito;

- che il progetto relativo alla sanatoria fosse portato a conoscenza del condominio.

Il sig. C, con il ricorso principale, insorge avverso tale determinazione nella parte in cui essa detta le due riportate prescrizioni, censurandola sulla scorta dei seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 42\2004, del DPR 380\2001, difetto assoluto di motivazione, eccesso di potere per illogicità, ingiustizia grave e manifesta.

L’impugnata nota soprintendentizia difetterebbe di motivazione in ordine alla ragioni per cui la tutela del vincolo sarebbe incompatibile con il mantenimento del torrino, che per l’Amministrazione andrebbe demolito, specie con riguardo al fatto che il vincolo imposto sul fabbricato risale al 1953, mentre il manufatto sarebbe esisteva già nel 1951.

2) Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 42\2004, del DPR 380\2001, difetto assoluto di motivazione, eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto d’istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di fatto, violazione del giusto procedimento, ingiustizia grave e manifesta, violazione dei canoni di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

La motivazione dell’atto impugnato, inoltre, avrebbe dovuto soffermarsi sulla ragione delle prescrizioni imposte anche in relazione alla diminuzione di cubatura derivata dalle modifiche al progetto originario;
peraltro non vi sarebbe nesso alcuno tra la modifica apportata (relativa ai lucernari) e la prescritta eliminazione del torrino.

La nota gravata sarebbe illegittima anche nella parte in cui prescrive che il ricorrente renda noto al condominio il progetto in variante, posto che egli, nella sua qualità di titolare del diritto d’uso esclusivo del lastrico solare, avrebbe pieno diritto di realizzare l’intervento progettato;
e che, inoltre, il parere di competenza della Soprintendenza non potrebbe addentrarsi nel merito dei rapporti privatistici coinvolti dall’intervento edilizio.

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento della nota impugnata, previa sospensione cautelare.

II – Successivamente, con nota datata 2 marzo 2005, il ricorrente ha chiesto alla competente Soprintendenza il riesame dell’atto impugnato con il gravame principale nella parte in cui esso imponeva la demolizione del torrino, comunicando di avere ottemperato alla prescrizione relativa alla consegna del progetto in variante al rappresentante del condominio.

L’Amministrazione dei Beni culturali, con nota n. 7056\05 del 14 aprile 2005, ha confermato il contenuto del proprio precedente parere, evidenziando che il fabbricato in cui è ubicato l’appartamento interessato dagli interventi in questione già nel passato era stato oggetto di numerosi interventi abusivi realizzati da più condomini, nei cui confronti erano stati emessi dei provvedimenti repressivi rimasti senza effetto;
e che le prescrizioni già formulate nel precedente parere erano state dettate per limitare “l’impatto alterativo prodotto da tali interventi esterni sia rispetto a tale porzione di copertura sia rispetto agli altri abusi sistematici eseguiti nel palazzo ad opera di altri condomini”;
la scelta di imporre l’abbattimento del torrino in questione era stata assunta “nel senso di compenso volumetrico” rispetto agli abusi perpetrati nel tempo da terzi in altre parti del fabbricato, oltre che per migliorare “l’aspetto plano-volumetrico del palazzo a livello di copertura”.

Tale provvedimento è stato impugnato dal sig. C con ricorso per motivi aggiunti notificato il 13 maggio 2006 e depositato il successivo giorno 16, nel quale l’interessato deduce le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 42\2004, del DPR 380\2001, difetto di motivazione, eccesso di potere per illogicità, difetto d’istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di fatto, violazione del giusto procedimento, ingiustizia grave e manifesta, sviamento.

Sarebbe illogica l’intenzione della Soprintendenza di operare un compenso volumetrico rispetto ad interventi eseguiti da terzi sul palazzo in quanto la variante al progetto presentato dal ricorrente, consistente nella realizzazione di un solo lucernario in luogo dei due originariamente progettati, prevede un abbattimento della complessiva volumetria dell’immobile pari al 27% del totale, e la presenza del torrino non era stata oggetto del parere rilasciato dalla Soprintendenza nel 2001, ma, al contrario, era stata legittimata dall’Amministrazione comunale, che, nel rilasciare l’autorizzazione edilizia ne ha indicato la destinazione in locale tecnico.

Inoltre, l’illogicità della motivazione discenderebbe anche dal fatto che il manufatto insisterebbe sul terrazzo di copertura dal 1951, e dunque da epoca precedente all’imposizione del vincolo.

Infine, il provvedimento impugnato sarebbe viziato da sviamento di potere, poiché colpirebbe un manufatto realizzato legittimamente al fine di compensare abusi edilizi perpetrati, in precedenza, da terzi.

Il ricorrente ha, quindi, chiesto l’annullamento della nota del 14 aprile 2005, previa sospensione cautelare.

Con ordinanza n. 1795\05 dell’otto giugno 2005 è stata respinta l’istanza cautelare formulata nel primo ricorso per motivi aggiunti.

III – Frattanto, il 29 ottobre 2004, un sopralluogo della Polizia Municipale aveva evidenziato nei luoghi oggetti delle impugnate note soprintendentizie la realizzazione di un lucernario di m. 6,30 per 3,00 in luogo di uno della superficie di metri 3,00 per 3,00, di un altro lucernario delle dimensioni di metri 1,80 per 1,60 e di un solaio intermedio di 15 metri quadrati, posto ad un’altezza variabile da 2,20 a 2,40 metri dal piano di calpestio, realizzati senza permesso di costruire.

Pertanto, il Servizio antiabusivismo edilizio del Comune di Napoli ha emesso la determinazione dirigenziale n. 331 del 22 marzo 2005, con cui ha ingiunto al ricorrente la demolizione delle suddette opere secondo i criteri da indicarsi a cura della Soprintendenza per i Beni architettonici, il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico e etnoantropologico della Provincia di Napoli, nonché il pagamento della sanzione pecuniaria di euro 5.164,57.

L’interessato ha gravato d’impugnazione anche il provvedimento comunale, mediante ricorso per motivi aggiunti consegnato all’Ufficio postale per la notifica ai sensi della L. 53\1994 il 4 luglio 2005, notificato il 7 luglio 2005 e depositato il successivo giorno 26.

Le censure ivi spiegate sono le seguenti:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del DPR 380\2001, illegittimità sopravvenuta ai sensi del suddetto art. 36 e dell’art. 21 d.lgs. 42\2004, violazione e falsa applicazione dell’art. 2 L. 241\90 e dell’art. 31 DPR 380\2001.

In data 22 giugno 2005 il ricorrente, per gli interventi sanzionati con l’ordinanza impugnata con il secondo ricorso per motivi aggiunti, ha presentato al Comune istanza di accertamento di conformità, per cui l’ingiunzione in questione avrebbe perduto efficacia.

2) Violazione e falsa applicazione del DPR 380\2001, e del d.lgs. 42\2004, eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto d’istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di fatto.

Nel caso in esame il Comune non avrebbe potuto irrogare la sanzione demolitoria, in quanto l’intervento in variante operato non abbisognerebbe di permesso di costruire, e, posta la diminuzione di volumetria che esso comporta, non costituirebbe variazione essenziale.

Inoltre il provvedimento sarebbe viziato da difetto istruttorio, recando l’errata constatazione dell’assenza di un parere favorevole da parte della Soprintendenza.

3) Violazione dell’art. 21 d.lgs. 42\2004, eccesso di potere per violazione del giusto procedimento.

Trattandosi di immobile ascritto da vincolo storico-artistico, prima di irrogare la demolizione il Comune avrebbe dovuto ottenere il parere favorevole della competente Soprintendenza.

4) Violazione degli articoli 7 e 8 L. 241\90 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

Il secondo ricorso per motivi aggiunti contiene un’istanza cautelare, sulla quale il Tribunale si è pronunciato con ordinanza n. 2691\05 del 21 settembre 2005, ordinando il riesame del provvedimento impugnato “tenuto conto del parere favorevole condizionato espresso dalla Soprintendenza, in data 11/04/05, e della necessità che la Amministrazione comunale si esprima preventivamente sulla richiesta di sanatoria inoltrata dal ricorrente”.

IV – Con la disposizione dirigenziale n. 761 del 2 dicembre 2005 il Comune di Napoli si è pronunciato sull’istanza di sanatoria prodotta dal sig. C il 22 giugno 2005, opponendovi un diniego motivato con la violazione dell’art. 66 delle norme tecniche di attuazione della Variante generale al PRG approvata l’11 giugno 2004 (quanto al lucernario, che emerge per un metro, contro un massimo prescritto di 80 centimetri) nonché con la violazione del R.E.C. (quanto ai soppalchi interni, la cui altezza sarebbe inferiore a quella prevista dall’art. 43, comma II, lettera B, L. 457\78 per i locali abitabili), nonché con il mantenimento del vano tecnico del quale la Soprintendenza aveva richiesto l’eliminazione.

Il Comune, inoltre, ha confermato l’irrogazione della sanzione pecuniaria già comminata nel precedente provvedimento.

Anche tale provvedimento è stato oggetto d’impugnazione da parte del sig. C, che vi ha appuntato le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 37 DPR 380\2001, degli articoli 6, 15, 35 del R.E.C., incompetenza, violazione dell’art. 22 DPR 380\2001, dell’art. 21 d.lgs. 42\2004, dell’art. 33 DPR 380\2001, eccesso di potere, violazione del giusto procedimento.

Le opere oggetto del provvedimento impugnato sarebbero realizzabili in base a semplice dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’art. 22 T.U. 380\2001, come lo stesso Comune parrebbe presupporre nell’indicare l’applicazione dell’art. 37 del medesimo T.U., e, come tali, non avrebbero potuto essere oggetto di ordine di remissione in pristino, bensì della sola sanzione pecuniaria.

Peraltro, trattandosi di immobile vincolato, la sanzione demolitoria è possibile, ma competente alla sua irrogazione (che è solo eventuale, ed alternativa alla sanzione pecuniaria) sarebbe unicamente l’Autorità preposta al vincolo;
le cui prescrizioni demolitorie, inoltre, al momento dell’emissione dell’atto gravato con il terzo ricorso per motivi aggiunti risultavano sospese da questo T.A.R. con l’ordinanza n. 2691\05.

Inoltre, il lucernario –che differirebbe di poco da quello previsto nel progetto approvato- sarebbe già munito del parere favorevole della Soprintendenza, e non comporterebbe la realizzazione di superfici utili o di volumi, così rientrando nel disposto dell’art. 35 del R.E.C., che lo ascriverebbe tra gli interventi assoggettati a semplice d.i.a.

Alla stessa conclusione, in forza dell’art. 15 del R.E.C., dovrebbe pervenirsi in ordine ai soppalchi interni.

Infine, quanto alla sanzione pecuniaria, la competenza all’irrogazione spetterebbe alla Soprintendenza, e non al Comune.

2) Violazione degli articoli 34 e 37, comma IV, DPR 380\2001, degli articoli 10 e 10 bis L. 241\90, eccesso di potere per difetto d’istruttoria.

Il provvedimento gravato sarebbe altresì illegittimo laddove pretende la demolizione di opere già assentite dal Comune con la precedente autorizzazione edilizia n. 935\2001, ossia la parte di lucernario che eccede la superficie di quello autorizzato.

Quanto ai soppalchi, per una parte essi rispetterebbero l’altezza prescritta, e, laddove difformi dalle norme del R.E.C., lo sarebbero per soli venti centimetri.

3) Violazione dell’art. 12 II comma L. 47\85, eccesso di potere per omessa istruttoria e sviamento.

In via subordinata, il ricorrente deduce che la irrogata demolizione della parti oggetto del provvedimento repressivo violerebbe la norma in rubrica in quanto di pregiudizio alla parte di opere lecitamente eseguite.

4) Violazione e mancata applicazione dell’art. 21 d.lgs. 42\2004, eccesso di potere per violazione del giusto procedimento.

Il Comune, prima di irrogare la demolizione sull’immobile vincolato, avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione alla competente Soprintendenza.

Il ricorrente ha concluso per l’annullamento degli atti impugnati.

Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio per resistere all’impugnazione;
solo il Comune di Napoli ha depositato difese scritte.

Alla pubblica udienza del 27 maggio 2009 il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

1. – L’impugnazione in esame, articolata in quattro distinti atti, riguarda un intervento edilizio operato all’ultimo piano e sul lastrico solare di Palazzo Carafa della Spina in Napoli, eretto alla fine del XVI secolo, probabilmente su progetto di Domenico Fontana, e sottoposto a vincolo storico-artistico.

Il ricorso principale è improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, in quanto reca l’impugnazione del parere del Soprintendente per i Beni architettonici, il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico e etnoantropologico della Provincia di Napoli prot. 1360\05 del 4 febbraio 2005, che è stato oggetto di riesame da parte dell’Organo competente, all’esito del quale è stato emesso il parere contenuto nella nota prot. 7056\05 dell’11 aprile 2005, con la quale il Soprintendente ha confermato l’ordine di demolizione del vano di copertura della scala di accesso, poi da destinare a volume tecnico, al dichiarato fine di operare un “compenso volumetrico” rispetto alla cubatura in eccesso realizzata nell’ambito del fabbricato da altri condomini.

2. – Contro quest’ultimo atto il sig. C ha proposto il primo ricorso per motivi aggiunti, che è fondato, e va accolto con valore assorbente sul resto, in relazione alla censura di difetto d’istruttoria, spiegata dal ricorrente nell’ambito del primo motivo aggiunto.

Al riguardo si deve innanzitutto evidenziare che il manufatto in questione, che in passato serviva da copertura della scala di accesso al terrazzo, è adesso adibito a locale tecnico in forza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione edilizia n. 935 del 27 novembre 2001 (e, in particolare, dalla prescrizione n. 1 di quell’atto), rilasciata all’interessato dal Comune di Napoli per operare alcuni interventi di straordinaria manutenzione.

Nel contesto di tale atto assentivo dell’intervento progettato, il Comune aveva fatto espresso riferimento al precedente parere soprintendentizio dell’8 maggio 2001, che alcuna condizione aveva dettato in ordine al torrino.

Il progetto sottoposto al parere oggetto dell’impugnazione adesso in esame, inoltre, non prevedeva modifiche da apportare al manufatto in questione, ma riguardava una diversa parte del complessivo intervento sul terrazzo, ossia i lucernari, che il ricorrente aveva ridotto nel numero, decidendo di realizzarne soltanto uno, esteso 6,15 metri per 2,85 metri, in luogo dei due originariamente previsti, che avrebbero dovuto avere una superficie pari a tre metri per tre.

Il potere della competente Soprintendenza di valutare la compatibilità degli interventi edilizi progettati dai proprietari con il vincolo posto sui beni vincolati sotto il profilo storico-artistico, già previsto dall’art. 18 della L. 1089\1939 e dall’art. 23 d.lgs. 490\1999, adesso contemplato dall’art. 21 d.lgs. 42\2004, sfocia in un atto di natura autorizzativa, il cui eventuale diniego deve essere motivato dalla Soprintendenza con riferimento all'impatto che il progetto presentato produce sul complesso vincolato (Consiglio Stato , sez. VI, 25 maggio 2005 , n. 2637).

Pertanto, sono astrattamente legittimi l’esercizio della valutazione in questione e l’esercizio del relativo potere in senso negativo rispetto all’istanza dell’interessato, anche con riferimento alla complessiva valutazione della situazione del bene tutelato, e non necessariamente con esclusivo e puntuale riferimento al singolo intervento progettato e sottoposto all’esame dell’Autorità preposta al vincolo.

Quest’ultima, nondimeno, secondo principi generali in materia di istruttoria nel procedimento amministrativo, deve valutare tutte le concrete circostanze di fatto relative all’intervento proposto dal privato, e sulla scorta di esse deve emettere il provvedimento di propria competenza.

Nel caso in esame, ritiene il Collegio che la Soprintendenza napoletana abbia rispettato l’astratta finalità del potere conferitole dalla legge, in quanto ha valutato l’intervento alla luce di una tutela complessiva del bene vincolato.

Tuttavia, l’Amministrazione dei Beni culturali ha omesso di valutare le concrete risultanze di fatto, che deponevano per una complessiva – sebbene minima- riduzione della cubatura dell’edificio, in ordine alla quale non potevano essere, quindi, dettate prescrizioni aventi finalità “compensative” nel senso della riduzione della volumetria totale.

Né consta dalla motivazione dell’atto impugnato che la Soprintendenza si sia soffermata a valutare l’esistenza di altre eventuali possibilità di “compensazione” nel senso anzidetto;
al contrario, anche dalla relazione istruttoria di quell’Ufficio, versata in atti dalla difesa erariale in data 26 maggio 2006, risulta espressamente confermato che “In merito al compenso volumetrico citato da quest’Ufficio nelle proprie valutazioni e contestato dal ricorrente si chiarisce che esso era riferito esclusivamente alla zona interessata, destinata a calpestio e non a trasformazioni”.

Ne deriva la sussistenza del vizio di difetto d’istruttoria dedotto dal ricorrente, con il conseguente annullamento del diniego del provvedimento soprintendentizio dell’11 aprile 2005, salva la riedizione del potere demandato all’Amministrazione dei Beni culturali.

3 – Il secondo ricorso per motivi aggiunti, con cui il sig. C ha censurato la disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n. 331 del 22 marzo 2009, con la quale gli è stato ordinato di rimettere in pristino lo stato dei luoghi e di pagare la sanzione pecuniaria di euro 5.164,57, è improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse, atteso che tale il provvedimento oggetto di questa parte dell’impugnativa è stato superato, nel contenuto, dalle determinazioni assunta dal Comune sull’ istanza di un titolo autorizzativo in variante all’autorizzazione edilizia ottenuta nel 2001, presentata dall’interessato il 22 giugno 2005.

4. – Deve quindi essere esaminato il terzo ricorso per motivi aggiunti, che è relativo alla disposizione dirigenziale n. 761 del 2 dicembre 2005, con la quale il Comune ha respinto l’istanza di titolo in variante alla autorizzazione rilasciata all’interessato nel 2001, ed ha nuovamente ingiunto la remissione in pristino dello stato dei luoghi e il pagamento della sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 37 DPR 380\2001.

Tale parte dell’impugnazione è infondata, e va respinta.

In punto di fatto occorre innanzitutto evidenziare che –come sopra rilevato, e come messo in luce anche dalla memoria conclusionale del Comune resistente- alla data di adozione del provvedimento di diniego (2 dicembre 2004) le opere eseguite sul terrazzo del palazzo Carafa della Spina si presentavano notevolmente difformi da quelle autorizzate dal Comune nel 2001, in quanto, oltre ad essere stato realizzato un solo lucernario di metri 2,85 per 6,15 in luogo dei due (di superficie inferiore) previsti, tale apertura risulta collocata in posizione diversa rispetto a quanto originariamente assentito, ed emerge dal piano di calpestio del terrazzo per circa un metro.

Inoltre, all’interno di uno degli appartamenti sottostanti sono stati realizzati tre soppalchi di altezza variabile da 2,25 metri sino a 2,40 metri dal pavimento.

Tanto premesso, è possibile passare all’analisi dei singoli motivi contenuti nell’atto d’impugnazione.

5. - Vanno innanzitutto congiuntamente delibate, ai sensi dell’art. 26 L. 1034\1971, le censure con cui l’interessato lamenta l’incompetenza del Dirigente comunale ad emettere le sanzioni irrogata, in quanto, trattandosi di bene sottoposto ai vincoli di cui alla L. 1089\1939, la relativa competenza spetterebbe alla Soprintendenza ai beni culturali.

Si tratta della doglianza contenuta nel primo motivo aggiunto al punto 1.2 (pag. 10 e ss.), di quella svolta al successivo punto 1.6, e relativa alla sanzione pecuniaria, (pag. 14) nonché del quarto motivo, per cui, prima di ordinare il ripristino, il Comune avrebbe dovuto richiedere l’autorizzazione alla Soprintendenza per i Beni culturali.

Le censure non hanno pregio.

Risulta dagli atti di causa che il fabbricato oggetto del provvedimento impugnato è bene culturale, come sottoposto ai vincoli già disciplinati dalla L. 1089\1939, e adesso dal d.lgs. 42\2004 (in particolare, quanto alla normativa di tutela del bene, alla parte II del decreto).

In relazione alla modifica progettata, il ricorrente ha richiesto alla competente Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio storico- artistico l’autorizzazione di cui all’art. 21, commi IV e V, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

L’atto di assenso in questione, tuttavia, non riguarda la compatibilità dell’intervento con la normativa edilizia, ma costituisce espressione del potere di tutela del vincolo, demandato dalla legge all’Amministrazione dei Beni culturali, che si esprime anche mediante attività di vigilanza (art. 18 del Codice) ed attività ispettiva (art. 19 del Codice).

La vigilanza sull’attività edilizia, anche con riguardo ai beni culturali, continua invece ad essere demandata al Comune, come attesta la generale disposizione dell’art. 27 DPR 380\2001, per cui, il dirigente o il responsabile, in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi.

Sul punto la sezione ha già avuto modo di rilevare che l'art. 27 citato riconosce all'Amministrazione Comunale il potere di vigilanza e controllo sulle attività urbanistico-edilizie del territorio per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, e impone l'obbligo, per il dirigente, di adottare immediatamente provvedimenti definitivi, al fine di ripristinare la legalità violata dall'intervento edilizio realizzato, mediante l’esercizio di un potere-dovere del tutto vincolato dell'organo comunale, senza margini di discrezionalità, diretto a reprimere gli abusi edilizi accertati.

Già sotto il vigore della L. 47\1985 non era posto in dubbio che, sebbene gli articoli 9 e 10 III comma di tale legge prevedessero, l'intervento dell'autorità preposta al vincolo nei riguardi degli abusi edilizi commessi su edifici vincolati, tali disposizioni non potevano valere a smentire la competenza generale del Comune in materia di vigilanza e di repressione di detti abusi, stante l'insopprimibile differenza degli interessi pubblici tutelati dai due organi amministrativi, mirante l'uno alla salvaguardia del patrimonio artistico ed ambientale e l'altro alla tutela dell'assetto urbanistico edilizio.

Anche nel sistema delineato dall’art. 27 del DPR 380\2001 il legislatore ha previsto una competenza alternativa tra il Comune e l’Autorità preposta al vincolo in materia di repressione degli abusi perpetrati in zona vincolata, dandosi al contempo carico di evitare la sovrapposizione del concreto esercizio del potere demandato alle due Amministrazioni competenti mediante la prescrizione della previa comunicazione all’Autorità che deve salvaguardare il vincolo, la quale può eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa.

La differenza tra gli interessi pubblici curati dalle due Amministrazioni cui si è fatto riferimento in precedenza giustifica il mantenimento della doppia competenza ad irrogare la sanzione anche dopo le modifiche apportate all’art. 27 citato con l’art. 32 del D.L. 269\2003, per cui:

- il dirigente comunale può comminare la sanzione ripristinatoria anche qualora accerti “l’esecuzione” di opere abusive, e non solo il loro “inizio” (comma 44);

- lo stesso Organo deve esercitare tale potere (come detto in precedenza) “in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici” (comma 45);

- per le opere abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.490, o su beni di interesse archeologico, nonché per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo o di inedificabilità assoluta in applicazione delle disposizioni del titolo II del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.490, il Soprintendente, su richiesta della regione, del comune o delle altre autorità preposte alla tutela, ovvero decorso il termine di 180 giorni dall'accertamento dell'illecito, procede alla demolizione, anche avvalendosi delle modalità operative di cui ai commi 55 e 56 dell' articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n.662" (comma 46).

In particolare, l’aggiunta all’originario testo dell’art. 27 apportata dal comma 46 dell’art. 32 D.L. 269\2003, che contempla il potere soprintendentizio, non vale a privare della competenza il Dirigente comunale, in quanto il legislatore ha chiarito, proprio con il comma 45 del medesimo art. 32 D.L. 269\2003, che la competenza dell’Ente locale riguarda “tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici”, tra cui, evidentemente, anche quelli relativi ad immobili vincolati.

La concorrente competenza del Comune e dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo ad irrogare una sanzione ripristinatoria è contemplata anche dall’art. 33, commi I e III, del T.U. sull’edilizia per gli interventi e le opere di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 10, comma 1, eseguiti in assenza di permesso o in totale difformità da esso.

Quanto detto in precedenza, se vale a proposito della sanzione ripristinatoria –per l’applicazione della quale può, in astratto, presentarsi la necessità di un raccordo tra le due Amministrazioni, specie in ordine alle modalità operative dell’intervento- vale, a maggior ragione, per l’applicazione della sanzione pecuniaria di cui al III comma dell’art. 33 del T.U., che, perla sua natura, non è atta ad incidere sulle caratteristiche morfologiche dell’immobile vincolato;
ne deriva che anche tale sanzione può legittimamente essere irrogata dal Comune.

Inoltre, la previsione della doppia competenza repressiva spoglia di ogni pregio il quarto motivo aggiunto, in quanto essa, all’evidenza, elide in radice la necessità che il Comune, prima di irrogare la demolizione, si munisca dell’autorizzazione di cui all’art. 21 del d.lgs. 42\2004, posto che il momento di raccordo tra le due Amministrazioni (quella comunale e quella dei Beni culturali), costituito dalla necessaria comunicazione del Dirigente alla Soprintendenza, prevista dall’art. 27, II comma, elimina ogni pericolo di eventuali pregiudizi alla valenza culturale del bene oggetto del provvedimento comunale.

Sarebbe peraltro assai contraddittorio ritenere che, in caso di opere eseguite su beni vincolati, prima di esercitare il generale potere repressivo demandatogli dalla legge –il cui esercizio è vincolato al semplice riscontro di attività edilizia operata senza il prescritto titolo – l’ente locale debba munirsi di un provvedimento autorizzativo rilasciato dall’Amministrazione dei Beni culturali.

In conclusione, le censure esaminate sono infondate.

5. – Ciò premesso in via generale, è adesso possibile passare all’esame delle singole censure aggiunte con le quali il ricorrente deduce che, nella circostanza, il Comune avrebbe fatto cattivo uso del potere sanzionatorio esercitato.

Tali censure sono prive di fondamento.

Non può, innanzitutto, essere condiviso l’assunto per cui, trattandosi nella circostanza di opere soggette a d.i.a., sarebbe interdetta l’emissione dell’ordine demolitorio (primo motivo, sub.

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