TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2021-07-06, n. 202107980
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Segnala un errore nella sintesiIl giudice ha respinto le censure della ricorrente, affermando che la misura non ha carattere sanzionatorio, ma è finalizzata a garantire la trasparenza e l'affidabilità delle informazioni finanziarie. Ha applicato i criteri stabiliti dalla giurisprudenza europea, escludendo la qualificazione della misura come penale e, di conseguenza, l'applicazione delle garanzie procedurali previste dalla CEDU. Il giudice ha inoltre ritenuto infondate le argomentazioni relative alla violazione delle garanzie procedimentali e ha confermato la legittimità della delibera Consob, evidenziando l'importanza di una corretta informazione per il mercato. La sentenza si conclude con la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese legali.
Sul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 06/07/2021
N. 07980/2021 REG.PROV.COLL.
N. 05657/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5657 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
S S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F S, A Z, M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Commissione Nazionale per Le Società e La Borsa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M G D G P, S P, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E C, M L E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Consob Presso Avvocatura Generale dello Stato non costituito in giudizio;
per l'annullamento
con il ricorso introduttivo:
-della Delibera CONSOB n. 20324 (comunicata in data 2 marzo 2018), recante “Accertamento della non conformità del bilancio d'esercizio e del bilancio consolidato al 31 dicembre 2016 della società SAIPEM S.P.A. - Richiesta di pubblicazione di informazioni supplementari, ai sensi dell'art. 154 ter, comma 7 del D.lgs. 58/98”;
- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o connesso, inclusa la comunicazione di CONSOB n. 0016780/18 del 30 gennaio 2018;
con i motivi aggiunti presentati da SAIPEM S.P.A. il 4 giugno 2018:
-della Relazione Ispettiva prot. 012035/17 del 24 ottobre 2017;
- della Relazione informativa per la Commissione prot. 139555/17 del 22/12/2017 predisposta dalla Divisione Informazione Emittenti – Ufficio Vigilanza Informazioni Emittenti – Ufficio Informazione su Operazioni di Finanza Straordinaria;
- della Relazione informativa per la Commissione prot. 053560/18 del 27/02/2018 predisposta dalla Divisione Informazione Emittenti – Ufficio Vigilanza Informazioni Emittenti;
- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o connesso;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Commissione Nazionale per Le Società e La Borsa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2021 il dott. M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La presente controversia si origina in ordine temporale dall’annuncio del 26 ottobre 2016, con il quale la società ricorrente ha comunicato al mercato svalutazioni alla data del 30 settembre precedente per un significativo importo.
La Consob, in conseguenza di ciò, ha disposto un’ispezione ai sensi dell’art. 115, comma 1, lett. c) TUF, all’esito della quale è stata adottata la delibera n. 20324 del 2 marzo 2018, con la quale è stato esercitato il potere previsto dall’art. 154 ter, comma 7, TUF. Tale disposizione prevede che la Consob, nel caso in cui abbia accertato che i documenti che compongono le relazioni finanziarie (…) non sono conformi alle norme che ne disciplinano la redazione, può chiedere all’emittente di rendere pubblica tale circostanza e di provvedere alla pubblicazione delle informazioni supplementari necessarie a ripristinare una corretta informazione del mercato.
Nel caso di specie, la delibera sopra citata ha, nella sostanza, reputato che S spa, redigendo il bilancio per il 2015, fosse già a conoscenza degli elementi che hanno implicato la comunicazione del 26 ottobre 2016, con effetti che si ripercuotono sul bilancio consolidato per il 2016.
In particolare, sarebbe stato con ciò violato il principio contabile IAS 8, che avrebbe imposto la correzione degli errori del bilancio 2015 in sede di approvazione del bilancio successivo.
Tali errori, maturati nel bilancio 2015, consisterebbero nella lesione dei principi contabili IAS 1, 16, 36, 2 e 12, con la conseguenza, quanto al bilancio 2016, della inosservanza anche dei principi contabili IAS 1 (per la mancata applicazione dell’imputazione secondo competenza e per l’infedele rappresentazione della situazione aziendale) e IAS 36 (quanto al criterio di attualizzazione dei cespiti ai flussi finanziari futuri).
La ricorrente non avrebbe adeguatamente ridotto il valore delle attività, omettendo svalutazioni su immobili, impianti e macchinari, e non avrebbe stimato correttamente la vita utile di alcuni beni, con riflessi sulle rimanenze e su un’imposta differita.
Per tali ragioni, la Consob, con la delibera citata, ha ordinato a S spa di pubblicare senza indugio un comunicato stampa con il quale, sulla base dell’accertamento dell’Autorità, fossero rese note le carenze e le criticità rilevate, i principi contabili applicabili e le violazioni riscontrate; si è altresì ordinata la divulgazione della situazione economico-patrimoniale consolidata pro forma, corredata dei dati comparativi, degli effetti che una contabilizzazione conforme alle regole avrebbe prodotto sulla situazione patrimoniale, sul conto economico e sul patrimonio netto dell’esercizio 2016.
S spa ha ottemperato senza prestare acquiescenza, ed anzi impugnando la delibera Consob con l’odierno ricorso principale (notificato il 27 aprile 2018 e depositato il successivo 10 maggio), al quale sono seguiti motivi aggiunti (notificati il 24 maggio 2018 e tempestivamente depositati), dopo avere avuto accesso agli atti.
All’udienza del 15 giugno 2021, la causa è stata assegnata in decisione.
DIRITTO
1.Con il secondo motivo del ricorso principale, dal quale è conveniente partire, la ricorrente ha dedotto anzitutto la violazione dell’art. 6 CEDU, dell’art. 6 TUE, e dell’art. 47 della Carta di Nizza poiché, nonostante la natura sostanzialmente penale della misura alla quale essa è stata sottoposta: a) la sanzione non è stata irrogata da un organo indipendente ed imparziale rispetto all’organo incaricato della fase istruttoria; b) non si è svolta una pubblica udienza ove svolgere le proprie difese; c) non si è potuto controdedurre direttamente innanzi all’organo decidente quanto all’esito della istruttoria.
È ovvio che la fondatezza di tali censure passa dalla qualificazione della misura prevista dall’art. 154 ter, comma 7, in termini di sanzione penale ai sensi dell’art. 7 CEDU, con conseguente applicabilità dell’art. 6 CEDU in punto di garanzia difensive nel processo teso all’applicazione della “pena”.
La Sezione, tuttavia, si è recentemente espressa in senso contrario, osservando che la misura prevista dalla disposizione in oggetto “rifuggendo da qualsivoglia finalità punitiva, coincide esclusivamente con l'esigenza di ripristinare la corretta informazione del mercato finanziario” (Tar Lazio, Sezione II quater, n. 4766 del 2021).
2. Come è noto, compete al giudice comune nazionale l’applicazione diretta della CEDU, ove essa non sia preclusa da disposizioni di legge, da rendere eventualmente oggetto di questione di legittimità costituzionale.
Tale attività viene posta in essere sulla base della giurisprudenza consolidata della Corte EDU (Corte cost., sentenza n. 49 del 2015).
Nel caso di specie, mancando quest’ultima con riferimento specifico alla misura per cui è causa, dovranno trovare spazio i cd. criteri Engel, senza dubbio oggetto di consolidamento nella giurisprudenza europea.
Nessuno di essi conforta l’opinione della ricorrente in ordine alla natura sostanzialmente punitiva del potere esercitato da Consob.
Infatti, a) la misura non è qualificata quale penale dal diritto nazionale (criterio, peraltro, debole e recessivo); b) essa non si connota per uno scopo ed un effetto punitivo, deterrente e repressivo, atteso che si tratta, invece, di agire con tempestività per correggere le false informazioni che siano state offerte al mercato mediante una infedele rappresentazione dei dati del bilancio, al fine di assicurarne il funzionamento sulla base di conoscenze adeguate, e nell’interesse del pubblico (si noti che la stessa parte ricorrente si esprime in questi ultimi termini, a pag. 23-24 del ricorso principale); c) la misura non risulta di particolare afflittività ( su tali criteri, da ultimo, Grande Camera, sentenza Gestur Jonsson and Ragnar Halldor Hall v. Islanda del 22 dicembre 2020).
2.1 Quanto allo scopo della misura adottata, è significativo il fatto che l’art. 154 ter, che la prevede, sia stato introdotto dal d.lgs. n. 195 del 2007, al fine di attuare la direttiva 2004/109/CE. Quest’ultima, a sua volta è finalizzata alla comunicazione di informazioni accurate, complete e tempestive, tali da consolidare la fiducia degli investitori e consentire loro una valutazione informata dei risultati economici degli emittenti (considerando n. 2). A tale scopo è promossa la trasparenza, mediante un adeguato flusso di informazioni (considerando n. 3).
Il potere attribuito alla Consob di ordinare la rettifica, in forma simulata, delle poste di bilancio non è perciò volto ad indirizzare l’attività delle emittenti mediante un meccanismo repressivo e dissuasivo di condotte illecite, se non in via indiretta, perché ciò che rileva sul piano teleologico è invece la diffusione di informazioni capaci di orientare i mercati, superando false rappresentazioni offerte loro mediante il bilancio.
Difatti, come la Sezione ha già osservato nel precedente sopra citato, l’apparato sanzionatorio contenuto nella direttiva 2004/109/CE agli artt. 28 ss non ha per oggetto l’inosservanza delle norme che presidiano la redazione dei bilanci, ma piuttosto degli obblighi informativi posti a carico degli emittenti.
Si tratta, cioè, non di punire,