TAR Catania, sez. II, sentenza 2014-08-28, n. 201402180

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2014-08-28, n. 201402180
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201402180
Data del deposito : 28 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02536/2013 REG.RIC.

N. 02180/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02536/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2536 del 2013, proposto da:
T S, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. S P e A R P, con domicilio eletto presso Antonio Barone in Catania, via Convento del Carmelo, n. 5;

contro

Regione Siciliana, Regione Siciliana - Dipartimento Beni Culturali e Identita' Siciliana;
Regione Siciliana - Ass.to Beni Culturali e Identita' Siciliana, Servizio Soprintendenza per i BB.CC.AA. di Messina, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, via Vecchia Ognina, n. 149;

per l'annullamento

- del decreto del Dirigente Generale del Dipartimento Beni Culturali e Identita' Siciliana della Regione Siciliana n° 1255 del 16 maggio 2013, notificato il 24-6-2013, con il quale l'immobile di proprietà, già adibito a birrificio in Messina, è stato dichiarato di interesse etnoantropologico particolarmente importante;

- nonché di ogni altro atto connesso, inerente, presupposto e consequenziale, ivi compresa la relazione della Unità Operativa per i Beni etnoantropologici della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina, senza data;

- nonché, per quanto possa occorrere, della comunicazione di avvio del procedimento di verifica dell'interesse culturale del 22 gennaio 2013, e successive fasi istruttorie.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del’amm.ne regionale siciliana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2014 il Pres. S V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la soc. ricorrente – premesso di essere proprietaria di un complesso immobiliare in Messina, già adibito a stabilimento di produzione di birra sin dagli anni ’20 ed in atto avente destinazione urbanistica a “zona di completamento B4”, e di avere in corso la procedura di ammissione a concordato preventivo – ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale il Dirigente Generale del Dipartimento Beni Culturali e Identita' Siciliana della Regione Siciliana ha dichiarato di interesse etnoantropologico particolarmente importante il complesso immobiliare, in quanto già destinato a stabilimento di produzione della birra ed in quanto tale costituente “ un esempio di cultura materiale legata al lavoro appartenente alla storia del territorio messinese ”.

Deduce le seguenti censure:

1) Violazione degli artt. 1 e 3 D.Lgs. n. 42/2004 e 9 della Costituzione;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione;
sviamento e travisamento
.

Ed invero l’ampiezza del vincolo, esteso all’intero complesso immobiliare, contrasta con la pochezza – se non assenza – di effettive vestigia storiche dell’attività (produzione di birra) della quale si vorrebbe preservare la memoria.

2) Eccesso di potere per mancata ponderazione dell’interesse privato, a fronte dell’asserito interesse pubblico .

Ed invero, l’ampiezza del vincolo – esteso all’intero complesso immobiliare – preclude qualsiasi sfruttamento privato dell’area, pur avente destinazione urbanistica a “zona di completamento B4”, senza che ciò sia giustificato dalla necessità di conservazione di (pressoché inesistenti) vestigia materiali del’attività produttiva svolta in passato nell’area.

3) Violazione degli artt. 3, 6 e 10, co. 3, D. Lgs. n. 42/2004 , per inesistenza dei requisiti e delle condizioni per l’imposizione di un vincolo di tipo etnoantropologico individuati dalla giurisprudenza, anche in relazione alla esigenza di valorizzazione del bene vincolato.

4 ) Contraddittorietà dell’imposizione del vincolo con il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza di Messina solo qualche mese prima alla attribuzione all’area della destinazione urbanistica “zona di completamento B4”.

5) Difetto di motivazione del decreto dirigenziale di recepimento della proposta soprintendentizia.

6) Violazione dei principi di partecipazione procedimentale , per essere stati effettuati sopraluoghi in assenza dei rappresentanti della soc. proprietaria, per non essere stato dato adeguato conto dello sviluppo istruttori, successivamente all’avviso di avvio del procedimento, e per essere stato notificato il provvedimento impositivo privo della documentazione fotografica.

Conclusivamente, la soc. ricorrente formula richiesta risarcitoria.

Si è costituita l’amministrazione regionale intimata, documentando l’attività posta in essere.

Con ordinanza cautelare n. 923/2013 è stata accolta l’istanza cautelare, ai fini di una rivalutazione dell’apposizione del vincolo alla luce delle censure dedotte in ricorso e di alcuni rilievi svolti dal Collegio nella stessa ordinanza;
detta attività rivalutativa non risulta però essere stata espletata, o completata, alla data di celebrazione del’udienza pubblica di trattazione del giudizio, sebbene sollecitata con atto di diffida depositato il 28.03.2014.

Con memorie depositate in vista dell’udienza pubblica di trattazione, l’amministrazione ha dedotto la legittimità del provvedimento impugnato e la soc. ricorrente ha, di contro, insistito per il suo annullamento.

Alla pubblica udienza del 14.05.2014 il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

Osserva il Collegio che la soc. ricorrente, con la complessiva articolazione delle censure dedotte, lamenta che l’esercizio del potere impositivo del vincolo sia avvenuto in assenza di una adeguata istruttoria – ed una conseguente adeguata ponderazione – della situazione nella quale versa il complesso immobiliare dell’ex stabilimento Birra Messina e della congruità del vincolo di conservazione in concreto imposto rispetto al fine perseguito (conservazione di “ un esempio di cultura materiale legata al lavoro appartenente alla storia del territorio messinese ”) ed all’interesse privato inciso (sfruttamento edificatorio dell’area).

Già con l’ordinanza cautelare n. 923/2013 la Sezione ha rilevato:

- che i rilievi dedotti in ordine alla attuale inesistenza nel complesso industriale di strutture e macchinari risalenti alla originaria attività industriale, e più in generale alla attività di produzione, sembravano trovare riscontro nella stessa relazione/proposta della Soprintendenza;

- che la detta relazione/proposta – che si dilunga sulla astratta storiografia della birra – appariva sicuramente meno esaustiva (se non meramente assertiva) sui concreti rapporti etnoantropologici tra la fabbrica di birra e la città di Messina;

- che sembrava mancare alcuna effettiva comparazione dell’interesse pubblico con quello della parte privata.

Siffatti rilievi non risultano concretamente inficiati dalla difesa dell’amministrazione, che indugia invece su affermazioni generiche e “ di principio ”, pur astrattamente condivisibili ma delle quali non risulta verificata la attinenza alla concreta situazione dedotta in giudizio.

In particolare, il Collegio ritiene di poter ribadire che:

- la stessa relazione/proposta della Soprintendenza rende atto delle profonde modifiche subite dal sito industriale nel tempo, con alterazione – se non scomparsa – degli edifici e delle attrezzature caratterizzanti l’originario insediamento produttivo, nel tempo evolutosi sino a divenire sito di mero imbottigliamento;

- la stessa relazione/proposta poco, o nulla, dice in ordine ai concreti rapporti etnoantropologici tra la fabbrica di birra e la città di Messina - ad esempio, il semplice dato sul numero e la qualità di cittadini messinesi impiegati nello stabilimento o l’incidenza dell’attività produttiva sull’economia messinese o l’incidenza della ubicazione (in una parte della relazione definita “ periferica ” ed in altra parte “ in pieno centro ”) del sito industriale rispetto allo sviluppo urbanistico della città – preferendo esprimersi con affermazioni quali: “ … il complesso industriale possiede non meno importanti significati. In una città povera di fabbriche, lo stabilimento in pieno centro esprimeva un carattere urbano rassicurante, unico, (per, rectius, forse nel , messinese non esistevano le lattine e le birre estere) e non ultimo era l’unico prodotto che veniva esportato anche a Palermo e Catania e portava il nome di Messina” ;

- sicuramente manca qualsiasi comparazione dell’asserito interesse pubblico alla imposizione del vincolo con quello privato alla utilizzazione dell’area, e ciò anche solo in termini di valutazione della possibilità di utilizzo dell’area con modalità tali da consentirne non la mera conservazione con sostanziale intangibilità dello stato attuale (con prevedibile deperimento degli stessi manufatti), ma una qualche utilizzazione economica compatibile con l’esigenza di conservazione e valorizzazione del patrimonio “ di cultura materiale legata al lavoro appartenente alla storia del territorio messinese ”.

Proprio al fine di emendare le rilevate carenze istruttorie e motivazionali – compiendo una più attenta verifica della esistenza, e degli eventuali limiti, dei beni meritevoli di tutela e di individuazione delle forme della stessa eventuale tutela – si era disposta la rivalutazione dell’apposizione del vincolo.

Non essendo ciò avvenuto tempestivamente, nonostante la diffida operata dalla soc. ricorrente, il Collegio non può che accogliere il ricorso e disporre l’annullamento del’impugnato provvedimento, che non sfugge alle censure complessivamente dedotte. Risultano, conseguentemente assorbite le censure di ordine meramente procedimentale.

Non può, invece, trovare accoglimento la domanda risarcitoria, in assenza di alcuna prova sia sull’effettivo prodursi di un danno patrimoniale che sul suo eventuale ammontare.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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