TAR Napoli, sez. II, sentenza 2011-11-04, n. 201105140
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N. 05140/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02063/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Cmpania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2063 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
E F, Csolaro Filomena;rappresentati e difesi dall'avv. Crmine Di Mauro, presso cui elett.te dom.no in Napoli, via Giustiniano,136;
contro
Comune di Csoria, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. ti M I, G C, con domicilio in Napoli, Segreteria T.A.R.;
per l'annullamento
1) dell’ordinanza di demolizione n. 211 del 28.12.2006 per opere abusive alla via Baracca 14 consistenti in completamento della tompagnatura del secondo e terzo piano con posa in opera di infissi esterni ed interni,
2) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale,
3) per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati,
e nel primo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 29.4.2009,
per l’annullamento
4 ) dell’ordinanza n. 23 del 30.1.2009 che acquisisce una sopraelevazione al secondo piano per circa 130 mq realizzata sul lastrico solare del primo piano;
nel secondo ricorso per motivi aggiunti notificato in data 31.3.2011.
per l’annullamento
5) dell’ordine di demolizione n. 9/2011 del 24.1.2011 per opere consistenti in completamento in ogni parte del secondo piano e del terzo piano:
6 ) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale;
per l’accertamento del diritto al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 35 D. 80/2005
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Csoria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2011 il Cons. Anna Pappalardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Parte ricorrente con il ricorso principale ( notificato il 16.3.2007) e con quelli per motivi aggiunti, espone di avere realizzato un manufatto senza titolo edilizio, consistente in sopraelevazione al secondo e terzo piano , in relazione al quale venivano emesse le ordinanze di demolizione ed acquisizione in epigrafe indicate - si tratta di prosieguo di opere già oggetto di ordinanza di demolizione ad horas ( su suolo al NCT foglio 3 p.lla 771 classificato come area F1- attrezzature)
Lamenta :
- violazione art. 13 legge 47/1985 ed eccesso di potere non avendo l’amministrazione esaminato la istanza di accertamento di conformità presentata, violazione dell’art. 3 legge 241/90 per difetto di motivazione ,violazione dell’art. 7 legge 47/1985 dovendosi ravvisare quale unica conseguenza della inottemperanza all’ordine di demolizione l’abbattimento di ufficio delle opere abusive, difetto di istruttoria per mancata indicazione delle opere da demolire, e violazione dell’art. 7 legge 241/90.
- violazione dell’art. 32 legge 1150/42 e 15 legge 10/77 per omessa acquisizione del parere della sezione urbanistica regionale;violazione art. 13 legge 47/1985 ed eccesso di potere sotto vari profili;
- l’abuso sarebbe un immobile realizzato in zona completamente urbanizzata ;l’amministrazione avrebbe errato per mancata adozione della variante edilizia per il recupero dei nuclei abusivi di costruzioni residenziali sanate o in corso di sanatoria;mancata adozione dei piani pluriennali di attuazione in variante allo strumento urbanistico per rendere attuale la destinazione di zona rispetto alla urbanizzazione di fatto del territorio .
- difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti in fatto e in diritto legittimanti la demolizione, con particolare riferimento alla presentazione di domanda di accertamento di conformità.
- Violazione articolo 7 legge 241/90.
Con motivi aggiunti, notificati il 6.4.2009 , insorge avverso l’ordine di acquisizione delle opere abusive, n. 23 del 30.1.2009 emesso a seguito di accertamento di inottemperanza agli ordini di demolizione;lamenta in proposito mancata considerazione della istanza di accertamento di conformità,mancata adozione della variante edilizia per il recupero dei nuclei abusivi di costruzioni residenziali sanate o in corso di sanatoria;mancata adozione dei piani pluriennali di attuazione in variante allo strumento urbanistico per rendere attuale la destinazione di zona rispetto alla urbanizzazione di fatto del territorio ;difetto di motivazione, difetto di istruttoria, violazione dell’art. 7 legge 241/90.
Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si è costituito in giudizio il Comune intimato contestando con varie argomentazioni la fondatezza della domanda nel merito, e deducendo che si tratta di opere del tutto prive di titolo abilitativo in zona F1 , dalla estensione di 130 mq- la destinazione dell’opera a civile abitazione è quindi in contrasto con le prescrizioni del PRG;aggiunge che per l’ istanza di accertamento di conformità risulta presentata domanda di sanatoria di una struttura in ferro sul lastrico solare, peraltro priva dei necessari allegati tecnici. Allega alla memoria di costituzione domanda ex art. 36 senza allegati del 24.11.2004 prot. 25602.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti notificato il 31.3.2011 i ricorrenti impugnano il nuovo ordine di demolizione, che accerta il completamento in ogni parte del secondo piano, già acquisito al patrimonio comunale, e diffida alla demolizione del terzo piano, tutti vani ultimati ed abitati.
Lamenta:
difetto di motivazione sulla natura dei vincoli urbanistici preclusivi alla edificazione, intervenuta decadenza dei vincoli stessi per decorso quinquennio trattandosi di inedificabilità assoluta,
mancata adozione di una variante generale del PRG;
difetto di motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione, difetto di istruttoria;
violazione dell’art. 7 legge 241/90 .
Alla pubblica udienza del 20.10.2011 il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
La domanda è infondata e va respinta.
Parte ricorrente ha realizzato un manufatto abusivo consistente in sopraelevazione al secondo e terzo piano per 130 mq a piano , in assenza totale di permesso di costruire violando la legge urbanistica reiteratamente, in quanto risultano contestate e sanzionate con i plurimi ordini di demolizione anche prosecuzioni dei lavori edili abusivi .
Va premesso che con il presente gravame si contestano ordini di demolizione per lavori in prosieguo di opere abusive già accertate e sanzionate con precedenti provvedimenti, la cui impugnativa è stata decisa con sentenza di questo Tribunale n. 9487/06 che ha respinto il gravame proposto. Si tratta in particolare dei provvedimenti di demolizione nn. 152,153,183,184/2003, 223/2004 per una sopraelevazione al secondo piano, n. 240/04, 227 e 228/04, 316/04, ed ordini di acquisizione nn. 103 e 132/2005.
L’odierno ricorso è diretto avverso ingiunzioni di demolizione spedite per il completamento di quei lavori abusivi, con completamento del secondo e terzo piano, ed acquisizione degli stessi manufatti.
Va ritenuta infondata la censura di violazione dell’art. 7 legge 241/90 per omesso avviso dell’ avvio del procedimento, in presenza di reiterate violazioni della normativa urbanistica.
Nella specie, in ogni caso, l’applicazione dell’art. 21 octies legge 241/90 impedirebbe di pervenire all’annullamento degli atti impugnati, in quanto, sulla base delle argomentazioni difensive del Comune non contrastate da elementi specifici da parte ricorrente ( che ammette la mancanza di titolo edilizio, e la contrarietà di quanto realizzato alle previsioni di piano regolatore, tanto da invocare un intervento dell’amministrazione in variante al fine di soddisfare il suo interesse particolare) , deve ritenersi in ogni caso palese che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Sotto tale profilo la attività della amministrazione appare vincolata in quanto normativamente predeterminata sulla base di parametri determinati, in assenza di margini di scelta tra più soluzioni astrattamente ammissibili. Rispetto all’ultimo ordine di demolizione del 2011 inoltre il Comune ha dato prova di avere effettuato l’avviso stesso.
L’ impugnativa è infondata e non merita accoglimento, anche relativamente alle altre censure proposte.
Non occorreva invero il parere della sezione urbanistica regionale ai fini della adozione di provvedimenti repressivi di abusi edilizi, stante il disposto dell’art. 31 DPR 380/2001, il cui comma 2 dispone: Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
Ai sensi del successivo comma 8 l’organo regionale interviene in via sostitutiva solo in caso di inerzia del competente organo comunale :”…il competente organo regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente autorità giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale”.
Non sussiste neppure il lamentato difetto di motivazione, in quanto il richiamo alla mancanza di titolo edilizio rende palese l’iter logico seguito dall’amministrazione e la natura delle norme violate, anche in relazione alla natura vincolata del provvedimento. .
Inoltre , con riferimento alla presentazione di domanda di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell’art.13 L.47/1985 (ora art.36 D. Lgs. 380/2001), va rilevato che come sopra indicato, (istanza del 24.11.2004) , parte ricorrente aveva l’onere di impugnare il provvedimento tacito di rigetto che sulla stessa si forma decorsi 60 gg. dalla sua presentazione- ovvero di indicare il provvedimento esplicito di rigetto e di contestarne specificamente le motivazioni .
Il ricorrente asserisce di avere presentato domanda di accertamento di conformità in data 24.11.2004, e tale circostanza è in parte confermata dal Comune, che ha depositato una domanda in pari data del tutto priva di allegati;la difesa comunale aggiunge che l’istanza è relativa ad una struttura in ferro sul lastrico solare che non coincide con la realizzazione di ben due piani in sopraelevazione.
In ogni caso, parte ricorrente si è limitata a dedurre la avvenuta presentazione di istanza di accertamento di conformità senza dedurre elementi dai quali possa ricavarsi almeno un inizio di prova in ordine alla conformità urbanistica del manufatto.
Va premesso che non viene contestata la consistenza delle opere riscontrate in assenza di permesso di costruire, ma si rileva unicamente che mancherebbe ogni valutazione in ordine alla possibilità di far luogo a concessione in sanatoria.
La tesi non può essere condivisa, atteso che ribalta sull’amministrazione comunale un onere che è a carico della parte privata;quest’ultima, in quanto autrice della costruzione abusiva, ha la facoltà di presentare domanda di accertamento di conformità, al fine di provocare una verifica postuma sulla legittimità urbanistica di quanto eseguito in mancanza di un formale titolo abilitativo;nella specie la ricorrente ammette il contrasto di quanto realizzato con la destinazione urbanistica di zona, classificata come zona F1 destinata ad attrezzature.
La realizzazione dell’intervento in contestazione, in mancanza del suddetto titolo abilitativo, di per se stessa, fondava la reazione repressiva dell’organo di vigilanza, essendo "in re ipsa" l'interesse pubblico alla sua rimozione ( cfr. T.A.R. Cmpania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556;4 luglio 2001, n. 3071;Consiglio Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2529).
Una volta accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, non costituisce, invero, onere del Comune verificare la sanabilità delle opere in sede di vigilanza sull'attività edilizia (T.A.R. Cmpania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556;T.A.R. Lazio, sez. II ter, 21 giugno 1999, n. 1540).
Si lamenta inoltre che la presentazione della istanza di accertamento di conformità ex art. 36 citato comporterebbe la perdita di efficacia dell’ordine di demolizione;la tesi non merita favorevole considerazione. Occorre premettere che, ad avviso del Collegio, la presentazione dell’istanza di in questione, ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, non determina di per sé l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’impugnazione originariamente proposta avverso l’ ordinanza di demolizione, in quanto, come chiarito dalla Sezione in analoghe fattispecie, essa causa piuttosto un arresto dell’efficacia delle misure ripristinatorie, nel senso che questa è soltanto sospesa, creandosi uno stato di temporanea quiescenza dell’atto, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente (cfr., tra le tante, T.A.R. Cmpania, II Sezione, 4 febbraio 2005, n.816 e 13 luglio 2004, n.10128).
Ne consegue che in caso di rigetto della domanda di sanatoria, espresso o tacito, il provvedimento sanzionatorio a suo tempo adottato riacquista la sua efficacia – che non era definitivamente cessata ma solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale – con la sola specificazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione decorre dal momento in cui il diniego di perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge e deve, pertanto, poter usufruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso.
Infondata è anche la ulteriore censura, con cui si lamenta difetto di istruttoria per mancata indicazione delle ragioni di contrasto con le norme urbanistiche vigenti, atteso che le dimensioni e caratteristiche strutturali del manufatto realizzato sono tali da rappresentare un organismo edilizio in contrasto con la destinazione agricola della zona.
Alla stessa stregua, non possono trovare favorevole considerazione le censure dedotte avverso l’ordine di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale, atteso che non incombeva alla P.A. un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura della acquisizione.
Nella fattispecie all’esame del Collegio deve rilevarsi che le prescrizioni urbanistiche cui parte ricorrente fa riferimento e che danno atto delle preclusioni legali alla edificazione nella zona interessata non possono ritenersi superate dalla situazione di urbanizzazione della zona, dedotta nei motivi di impugnazione;invero la censura tende ad affermare che per il solo fatto della mancata adozione da parte del Comune di piani esecutivi o comunque di recupero delle edificazioni abusive da condonare, sia predicabile una modifica al piano regolatore generale, che peraltro dovrebbe paralizzare l’attività sanzionatoria di ulteriori illeciti edilizi.
Il Collegio non condivide tale opzione interpretativa. Invero, riguardo ad aree edificate abusivamente di recente, sì che proprio per la natura confusa e slegata da ogni regola di uso del territorio degli insediamenti abusivi, producono agglomerati con notevoli deficit di urbanizzazione , non può negarsi la potestà del Comune di intervenire in misura repressiva riguardo ad ulteriori compromissioni del proprio territorio.
Va premesso che un precedente ordine di acquisizione unitamente a pregressi ordini di demolizione, è stato oggetto del ricorso RG n. 1847/04 definito con la citata sentenza n. 9487/06 che ha respinto la domanda proposta avverso i seguenti provvedimenti: ordini di demolizione nn. 152,\53, 183,184/2003 e 223/04 per una sopraelevazione al secondo piano;ordini di demolizione nn. 240, 277 e 278/04, e 316/04 per la sopraelevazione al secondo piano;ordine di acquisizione 103 e 132/2005 per il secondo piano.
Per mera completezza espositiva, vale aggiungere che del tutto improprio si rivela il riferimento alla disciplina dettata per le zone cd. bianche, atteso che il territorio del Comune intimato è retto da uno strumento urbanistico, come dimostra il riferimento contenuto nello stesso diniego gravato.
Di contro, l’art. 44 comma 3° della legge regionale n°16/2004, nella sua attuale formulazione, rende operativa la disciplina “sostitutiva” per le zone bianche, già contenuta nella legge regionale 17/1982, esclusivamente in riferimento ai Comuni del tutto sprovvisti di strumenti urbanistici vigenti.
Riguardo alla censura inerente la mancata acquisizione dei pareri della commissione edilizia, va evidenziata l’irrilevanza procedimentale di detto parere, in quanto, configurandosi la repressione degli abusi edilizi atto dovuto, non occorre la previa audizione della commissione edilizia, che, peraltro, nel sistema delineato dall’art. 7, II comma della legge n. 47/85, non ha alcuna competenza in merito (CdS, IV, 1.10.2007 n. 5049, TAR Veneto 26 febbraio 2008 n. 454;TAR Palermo sez. II 6.6.2007 n. 1617).
Con riferimento alle ulteriori doglianze proposte avverso il provvedimento di acquisizione osserva il Collegio che vanno respinte le censure che ricalcano quelle proposte avverso l’ordine di demolizione.
In particolare, non possono trovare favorevole considerazione quelle dedotte sotto il profilo di difetto di motivazione, atteso che non incombeva alla P.A. un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura della acquisizione, specie in relazione alla natura vincolata dello stesso.
Neppure può trovare accoglimento il dedotto mancato avviso dell'avvio del procedimento, avuto riguardo da un lato alla operatività del disposto dell'art. 21 octies legge 241/90 in relazione alla natura vincolata dell’atto e dall'altro alla considerazione che il manufatto è stato oggetto di plurime violazioni di sigilli,
Per le ragioni fin qui esposte, il Collegio ritiene che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive è atto dovuto, ed è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’abusività e dell’accertata inottemperanza, essendo in re ipsa l’interesse pubblico all’adozione della misura, senza l’obbligo di alcuna specifica argomentazione in ordine all’acquisizione dell’area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva, essendo soltanto necessario che in detto atto siano esattamente individuate ed elencate le opere e le relative pertinenze urbanistiche, come già chiarito (cfr., T.A.R. Cmpania, Sez. IV, 12.6.2001 n.2722;12.1.2000 n.46 e 19.1.1998 n.132;T.A.R. Lazio, Sez. II, 4.2.1991 n.372).
Con un ulteriore ordine di censure si lamenta che l’acquisizione sarebbe priva di riferimenti tale da consentire l’individuazione degli immobili da acquisire, e di riferimenti circa i criteri di determinazione quantitativa dell’area di pertinenza assoggettata alla acquisizione.
In realtà il provvedimento di acquisizione si presenta immune dai dedotti vizi .
Nel caso di soprelevazione l’area di sedime è da identificarsi con il lastrico solare del piano inferiore, cui accede tutto quanto sopraelevato, ed i gravati provvedimenti non si discostano da tale paradigma, in quanto ordinano l’acquisizione del secondo piano dell’edificio, e della relativa area di sedime.
Solo nella memoria depositata il 17.9.2011 la parte specifica la censura, deducendo che l’acquisizione sarebbe stata trascritta estendendola anche al primo piano dell’edificio già condonato.
Tuttavia il motivo non risulta corredato da alcun riscontro probatorio , il cui onere incombeva a carico di parte ricorrente;per contro è l’insieme della nota e del titolo che circoscrive l’oggetto del provvedimento acquisitivo, dovendo farsi riferimento alla circostanza – la sola rimasta documentata agli atti di causa- che gli ordini di acquisizione gravati fanno riferimento esclusivamente alla sopraelevazione.
La deduzione della erroneità dei dati di trascrizione comporterebbe un eventuale vizio – ove in ipotesi dimostrato- della sola modalità di esecuzione della formalità e non del provvedimento amministrativo, da far valere come tale dinanzi a diverso giudice.
Il gravame va, pertanto, rigettato,risultando destituita di fondamento anche ogni pretesa risarcitoria, in ragione della legittimità degli atti impugnati.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo