TAR Catania, sez. IV, sentenza 2018-12-04, n. 201802304
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Pubblicato il 04/12/2018
N. 02304/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01341/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1341 del 2017, proposto da
M B, rappresentato e difeso dall'avvocato F G, con domicilio eletto presso lo studio Enrico Calabrese in Catania, via Carcaci n. 7;
contro
Ministero dell'Interno, Questura Ragusa, in persona Ministro pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Questura di Ragusa non costituito in giudizio;
Per l’annullamento
Previa sospensione cautelare
Del provvedimento emesso il 24 giugno 2015 e notificato in data 24 gennaio 2017 con il quale il Questore di Ragusa ha negato il chiesto rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 il dott. M A P F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso spedito per la notifica ai sensi della Legge n.53/1994 dall’avv. F G il 18 luglio 2017 ed il giorno seguente notificato ai sensi dell’art.41 c.p.a. al Ministero dell’Interno presso la sede dell’Avvocatura dello Stato in conformità al disposto di cui all’art.11 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, nn. 1611, nonché depositato in segreteria ai sensi dell’art.45 c.p.a. il 27 luglio 2017 congiuntamente all’istanza di fissazione d’udienza di merito ai sensi e per gli effetti degli artt.55 co.4 e 71 c.p.a., BOURANNA Mohsen domandava al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania, l’annullamento, previa sospensione in via cautelare degli effetti, del provvedimento, notificatogli in data 24 gennaio 2017, di rigetto del chiesto rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, lamentandone l’illegittimità per i seguenti motivi: 1) violazione ed errata applicazione dell’art.4 co.3 D.Lgs. n.286/1998, poiché l’Amministrazione non aveva valutato la situazione reddituale maturata negli anni 2015 e 2016 offerta in comunicazione;2) violazione ed errata applicazione dell’art.5 co.5 D.lgs. n.286/1998, violazione dell’art.13 co.2 D.P.R. 31.08.1999 n.394, eccesso di potere, per omessa valutazione delle componenti reddituali sopravvenute.
L’Avvocatura dello Stato si costituiva in giudizio, opponendosi all’accoglimento del ricorso.
Il T.A.R. rigettava l’istanza cautelare del ricorrente.
Il C.G.A., con ordinanza depositata il 12 gennaio 2018, accoglieva l’appello cautelare ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito da parte del T.A.R. ai sensi dell’art.55 co.10 c.p.a.
All’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 le parti concludevano come da verbale in atti ed il Collegio tratteneva il ricorso in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’illegittimità dell’impugnato provvedimento per omessa valutazione della situazione reddituale maturata negli anni 2014 e 2015, nonostante la produzione in sede di ricorso gerarchico della relativa documentazione comprovante l’assunto sostenuto.
Il ricorrente aveva chiesto il 25 febbraio 2014 il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, in seguito, apprendendo dal sito internet della Polizia di Stato del mancato accoglimento della sua istanza. Dopo di che, il ricorrente domandava in data 17 novembre 2015 il riesame della propria posizione, senza però alcun esito, poiché la Questura di Ragusa, dopo avere esaminato i documenti offerti in comunicazione, riteneva non sussistenti i presupposti per il rilascio del chiesto permesso di soggiorno. Avverso quest’ultima decisione, il ricorrente proponeva in data 22 febbraio 2017 ricorso gerarchico al Predetto, senza però ricevere alcuna risposta, ed in seguito ricorso giurisdizionale dinanzi al T.A.R. Sicilia Sezione Staccata di Catania.
Come è noto in base al quinto comma dell’art. 5 del D.Lgs. n. 286/1998 “ il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'art. 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili ”. Il Collegio ha stabilito nella propria giurisprudenza come “ a meno di non voler fare – così come non può e non deve essere – del giudizio amministrativo un sostituto del procedimento e del provvedimento amministrativo (sulla legittimità di entrambi i quali invece il G.A. è tenuto a pronunciare soltanto ex post), il termine ultimo cui riferire il rilevante sopraggiungere di “nuovi elementi” a norma del quinto comma dell’art. 5 del D.Lgs. n. 286/1998 è esclusivamente quello entro cui essi possono essere tempestivamente acquisiti al relativo procedimento: ovvero, nell’ipotesi di adozione del preliminare preavviso di rigetto ex art. 10 bis L. n. 241 – così come concretamente avvenuto nel caso di specie – lo scadere del termine normativamente fissato (o più ampiamente concesso dall’Amministrazione procedente in base a proprie valutazioni d’opportunità) per l’invio di controdeduzioni ” (cfr., ex plurimis e più di recente, sent. n. 439/2017). Nel caso di specie, tuttavia, quel termine deve necessariamente ritenersi spostato in avanti dalla proposizione del ricorso gerarchico al Prefetto di Ragusa. Siffatto rimedio giustiziale, infatti, apre una nuova fase procedimentale in contraddittorio che impone di aggiornare il giudizio circa la capacità reddituale del ricorrente (quantomeno) sino alla data della proposizione del relativo gravame. Ed essendo questa avvenuta in data 22 febbraio 2017, l’Amministrazione era tenuta valutare gli elementi sopravvenuti prodotti dall’interessato, ed in particolare, la documentazione attestante il possesso di un reddito pari a 5.228,00 per l’anno 2014, di € 5.610,00 per l’anno 2015 e di € 6.075,00 per l’anno 2016. Secondo quanto, infatti, affermato dal Consiglio di Stato, “ il requisito reddituale va interpretato considerando che il rispetto delle soglie previste dall' art. 29, d.lg. 25 luglio 1998, n. 286, in caso di rinnovo (e non di rilascio ex novo) del permesso di soggiorno, non deve essere inteso rigidamente e guardando al periodo di tempo trascorso, ma va valutato caso per caso considerando le prospettive di reddito desumibili dalla situazione attuale rilevante, che è anche quella eventualmente modificatasi nelle more del procedimento per il rinnovo atteso che l'art. 5 comma 5, del succitato d.lg. n. 286 del 1998, nell'imporre all'Amministrazione pubblica di prendere in considerazione i "nuovi sopraggiunti elementi" favorevoli allo straniero, si riferisce a quelli esistenti e formalmente rappresentati o comunque da essa conosciuti al momento dell'adozione del provvedimento, anche se successivamente alla presentazione della domanda ” (Consiglio di Stato, sez. III, 14/02/2017, n. 646).
Non può tenersi in considerazione al riguardo neanche la documentazione prodotta dall’Avvocatura dello Stato in data 8 ottobre 2018.
La giurisprudenza ha chiarito che « i termini previsti dall'art. 73 comma 1, c.p.a. per il deposito in giudizio di documenti (fino a 40 giorni liberi prima dell'udienza), memorie (fino a 30 giorni liberi prima dell'udienza) e repliche (fino a 20 giorni liberi) sono perentori e, in quanto tali, non possono essere superati neanche ove, in ipotesi, sussistesse l'accordo delle parti, essendo, il deposito tardivo di memorie e documenti, ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di dimostrazione dell'estrema difficoltà di produrre l'atto nei termini di legge, secondo quanto previsto dall'art. 54 comma 1, c.p.a., previa specifica autorizzazione del giudice » (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 13/09/2018, n. 9333;sez. II, 06/04/2017, n. 4295). La perentorietà dei richiamati termini, infatti, è funzionale ad assicurare il corretto esercizio del diritto delle parti al contraddittorio ed alla difesa. Di conseguenza, le memorie ed i documenti offerti tardivamente in comunicazione non possono essere considerati rilevanti ai fini della decisione.
Con riguardo al caso in esame, il Collegio osserva che i documenti offerti in comunicazione dall’Avvocatura dello Stato in data 8 ottobre 2018 dovevano essere depositati entro il termine libero di 40 giorni prima dell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018. Di conseguenza, il deposito avvenuto giorno 8 ottobre 2018 è tardivo e, per l’effetto, preclude l’esame dei documenti prodotti.
Il primo motivo, dunque, è fondato ed il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Considerato che l’accoglimento del ricorso dipende in parte da elementi sopravvenuti rispetto a quelli in possesso della Questura di Ragusa al momento dell’emissione del provvedimento impugnato, le spese processuali vanno interamente compensate tra le parti.