TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2024-02-29, n. 202403996

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2024-02-29, n. 202403996
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202403996
Data del deposito : 29 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/02/2024

N. 03996/2024 REG.PROV.COLL.

N. 16760/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 16760 del 2022, proposto da
R B, rappresentato e difeso dall'avvocato T D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Marcantonio Colonna 27;
Commissario Ad Acta per la Realizzazione degli Obiettivi di Risanamento, non costituito in giudizio;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Jhessica Alessandroni, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

a. del provvedimento della Regione Lazio con cui è stata rigettata la richiesta di variazione del Direttore Sanitario del Laboratorio Sant'Anna assunte dalla Regione Lazio ai seguenti prot. n. 0102588 del 02.02.2022, 0496823 del 20 maggio 2022, 0533950 del 30 maggio 2022 e 0557527 del 07 giugno 2022.

b. del decreto commissariale n. 8 del 2011 e ss.mm.ii. nella parte in cui all'allegato C punto 3.I.I.3 dispone ai fini del conferimento dell'incarico di direttore di laboratorio di analisi, richiede per medici, chimici e biologi, il possesso della specializzazione in patologia clinica o in altra disciplina dell'area della medicina di laboratorio e non considera come alternativa alla specializzazione il servizio di ruolo quinquennale presso pubblici laboratori di analisi di presidi ospedalieri, istituti universitari, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, istituzioni sanitarie di cui all'art. 41 Legge n. 833 del 1978, nonché presso i laboratori di analisi dell'Istituto superiore di sanità e del C.N.R.;

c. del decreto commissariale n. 127 del 2015, nella parte in cui, ai fini del conferimento dell'incarico di direttore di laboratorio di analisi richiede per medici, chimici e biologi, il possesso della specializzazione in patologia clinica o in altra disciplina dell'area della medicina di laboratorio e non considera come alternativa alla specializzazione il servizio di ruolo quinquennale presso pubblici laboratori di analisi di presidi ospedalieri, istituti universitari, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, istituzioni sanitarie di cui all'art. 41 Legge n. 833 del 1978, nonché presso i laboratori di analisi dell'Istituto superiore di sanità e del C.N.R.;

d. di ogni altro atto connesso, presupposto e/o conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2024 la dott.ssa Silvia Piemonte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, esponendo di essere in possesso del titolo di biologo, agisce, in proprio e in qualità di rappresentante legale del Centro diagnostico Sant’Anna, per l’annullamento del provvedimento della Regione Lazio con cui è stata rigettata la richiesta di variazione del Direttore responsabile del laboratorio di analisi cliniche formulata dal Centro Diagnostico in quanto non in possesso dei requisiti richiesti in base ai decreti commissariali n. 8 del 2011 e n. 127 del 2015 (parimenti ivi impugnati) per ricoprire tale ruolo.

1.1 Espone che il Centro Diagnostico Sant’Anna S.r.l. è una struttura sanitaria privata, non convenzionata con il S.S.R., che svolge analisi cliniche e microbiologiche, e che al momento del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio il direttore del laboratorio di analisi era il ricorrente.

Tuttavia tale situazione è mutata allorchè in sede di rinnovo dell’autorizzazione, il Dott. B, per sopraggiunti impegni, è stato impossibilitato a ricoprire il ruolo di direttore del laboratorio;
pertanto, il Centro Diagnostico ha nominato un nuovo direttore.

Successivamente, il Dott. B ha richiesto al Centro Diagnostico di essere nuovamente riammesso al suo precedente ruolo di direttore del laboratorio di analisi.

In ragione di ciò, con istanza del 2 febbraio 2022 è stato richiesto il rilascio di un’autorizzazione alla variazione del direttore del laboratorio di analisi del Centro Diagnostico S. Anna S.r.l. con la sostituzione dell’attuale direttore con la persona del Dott. B.

Con il provvedimento impugnato è stata rigettata la suddetta richiesta, in quanto il ricorrente non è risultato in possesso in possesso della specializzazione clinica o in altra disciplina dell’area della medicina di laboratorio richiesta quale requisito per ricoprire il ruolo di Direttore di laboratorio in base al DCA n. 127 del 2015.

Il ricorrente si duole pertanto dell’illegittimità della previsione di tale requisito adducendo plurimi motivi di ricorso sintetizzabili nella violazione della normativa nazionale sulla professione di biologo e nell’eccesso di potere per irragionevolezza e discriminazione.

2. Si sono costituite per resistere al ricorso la Regione Lazio e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

3. All’esito della camera di consiglio del 27 giugno 2023 è stato disposto che l’Amministrazione regionale provvedesse al deposito degli atti contenenti la disciplina regionale applicata in materia ed “ in particolare alla disciplina relativa al c.d. regime transitorio riferito a quei Direttori che alla data di entrata in vigore del DCA n. 90 del 2010 ricoprivano il ridetto incarico;

Rilevato che dalla nota, depositata da parte ricorrente (all.11 – nota Reg. Lazio ad oggetto requisiti direttore biologo), indirizzata al Consiglio dell’ordine nazionale dei biologi, tale disciplina sembrerebbe rinvenirsi negli atti amministrativi di cui alla Deliberazione di Giunta regionale n. 424 del 2006 e ai DCA n. 90 del 2010, n. 8 del 2011, n. 127 del 2015 e n. 359 del 2016;…”.

4. La Regione ha provveduto all’incombente istruttorio.

5. All’udienza pubblica del 16 gennaio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

6. Preliminarmente deve essere dichiarata la fondatezza dell’eccezione di difetto di legittimazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, essendo stata disposta la cessazione del mandato commissariale ed essendo la Regione rientrata nelle funzioni precedentemente ricomprese nel mandato.

7. Nel merito il ricorso è infondato e non può trovare accoglimento.

Il ricorrente si duole dell’illegittimità dei richiamati decreti commissariali nella parte in cui ai fini del conferimento dell’incarico di direttore di laboratorio di analisi, richiedono per medici, chimici e biologi, il possesso della specializzazione in patologia clinica o in altra disciplina dell’area della medicina di laboratorio e non considerano come alternativa alla specializzazione il servizio di ruolo quinquennale presso pubblici laboratori di analisi di presidi ospedalieri, istituti universitari, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, istituzioni sanitarie di cui all’art. 41 legge n. 833 del 1978, nonché presso i laboratori di analisi dell’Istituto superiore di sanità e del C.N.R.

7.1 Con un primo motivo parte ricorrente lamenta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione della normativa sulla professione dei biologi (legge n. 396 del 1967 e DPCM del 10 febbraio 1984).

Secondo la prospettazione di parte ricorrente il Decreto commissariale n. 8 del 2011 sui requisiti minimi autorizzativi per l’esercizio delle attività sanitarie e socio-sanitarie violerebbe tale disciplina nazionale sulla professione laddove all’allegato “c”, punto 3.1.1.3. prevede che “ in ogni laboratorio generale di base ovvero laboratorio specializzato deve essere previsto: un direttore medico, biologo o chimico, in possesso della specializzazione in patologia clinica o in altra disciplina dell’area della medicina di laboratorio, nonché della relativa iscrizione all’ordine professionale;
nel caso in cui il direttore sia un biologo o un chimico deve essere compreso, tra i collaboratori, un medico;
- un tecnico di laboratorio biomedico;- un professionista abilitato all’esecuzione dei prelievi;
- un addetto alle attività amministrative;- un ausiliario con mansioni esecutive o contratto con apposita ditta.

La previsione di cui al Decreto Commissariale n. 8 del 2011 secondo cui il biologo per poter svolgere l’incarico di direttore di laboratorio deve anche essere in possesso della specializzazione in patologia clinica o in altra disciplina dell’area della medicina di laboratorio si porrebbe in contrasto con la disciplina legislativa sull’ordinamento professionale dei biologi.

L’art. 3 della legge n. 396 del 1967 sull’Ordinamento della professione di biologo, secondo la prospettazione di parte ricorrente, abiliterebbe i biologi alla direzione sanitaria dei laboratori di analisi senza la necessità di alcuna specializzazione. Il ricorrente richiama a sostegno di tale prospettazione la sentenza del T.A.R. Lazio (Sez. I) n. 1459 del 1985, confermata da Cons. Stato n. 528 del 1991.

7.2 Il motivo è infondato.

L’art. 3 della l. n. 396 del 1967 si limita a disporre che:

Formano oggetto della professione di biologo:

a) classificazione e biologia degli animali e delle piante;

b) valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici dell'uomo, degli animali e delle piante;

c) problemi di genetica dell'uomo, degli animali e delle piante;

d) identificazione di agenti patogeni (infettanti ed infestanti) dell'uomo, degli animali e delle piante;
identificazione degli organismi dannosi alle derrate alimentari, alla carta, al legno, al patrimonio artistico;
mezzi di lotta;

e) controllo e studi di attività, sterilità, innocuità di insetticidi, anticrittogamici, antibiotici, vitamine, ormoni, enzimi, sieri, vaccini, medicamenti in genere, radioisotopi;

f) identificazioni e controlli di merci di origine biologica;

g) analisi biologiche (urine, essudati, escrementi, sangue;
sierologiche, immunologiche, istologiche, di gravidanza, metaboliche);

h) analisi e controlli dal punto di vista biologico delle acque potabili e minerali;

i) funzioni di perito e di arbitratore in ordine a tutte le attribuzioni sopramenzionate.

L'elencazione di cui al presente articolo non limita l'esercizio di ogni altra attività professionale consentita ai biologi iscritti nell'albo, né pregiudica quanto può formare oggetto dell'attività di altre categorie di professionisti, a norma di leggi e di regolamenti.”

Nessun riferimento è ivi contenuto all’attività di direzione dei laboratori d’analisi, mentre come evidenziato dalla Amministrazione resistente l’art. 8 ter comma 4 del D.lgs n. 502 del 1992 dispone che “ L'esercizio delle attività sanitarie e sociosanitarie da parte di strutture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti con atto di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (…) ”.

In attuazione di tale previsione il successivo D.P.R. 14 gennaio 1997 ha approvato l’atto di indirizzo e coordinamento prevedendo, tra l’altro, la competenza delle Regioni e delle Province autonome nel disciplinare la materia delle autorizzazioni sanitarie nel rispetto dei requisiti minimi ivi elencati (art. 1) e il potere delle Regioni di determinare gli standards di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l'accreditamento di strutture pubbliche e private in possesso dei requisiti minimi per l'autorizzazione di cui all'art. 1.

Con la L.R. Lazio n. 4 del 2003 è stato previsto all’art. 5 comma 1 che la Giunta regionale con apposito provvedimento stabilisce i requisiti minimi, anche integrativi rispetto a quelli indicati dal D.P.R. 14 gennaio 1997, per il rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione e all'esercizio.

Pertanto il Commissario straordinario legittimamente ha stabilito con i decreti ivi impugnati n. 8 del 2011 e n. 127 del 2015 i requisiti minimi autorizzativi per l’esercizio delle attività sanitarie e socio sanitarie.

In particolare con il decreto n. 127 del 2015, in vigore al momento della presentazione dell’istanza di variazione in questione, ha previsto al punto 3.1.2.c (Requisiti organizzativi) dell’allegato C che il laboratorio generale annoveri tra i requisiti un “ responsabile medico, biologo o chimico, in possesso della specializzazione in patologia clinica o in altra disciplina dell’area della medicina di laboratorio, nonché della relativa iscrizione all’ordine professionale ”.

Ne consegue che il potere esercitato dalla Regione trova fondamento proprio in una disposizione legislativa nazionale e ad ogni modo non appare esercitato in contrasto con la normativa sulla professione di biologo.

La giurisprudenza su cui parte ricorrente fonda la propria tesi (T.A.R. Lazio, Sez. I, sentenza n. 1459 del 1985 e Cons. Stato n. 528 del 1991) è risalente nel tempo e precedente all’entrata in vigore del D.lgs n. 502 del 1992 e della successiva disciplina regionale in materia di requisiti minimi per l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie.

Di contro la Giurisprudenza formatasi successivamente su casi analoghi a quello in discussione ha ribadito la legittimità della previsione contenuta nei decreti commissariali in questione relativa ai requisiti minimi, anche se integrativi rispetto a quelli indicati nel D.P.C.M. del 19 febbraio 1984 il quale prevede in alternativa alla specializzazione “ un servizio di ruolo quinquennale presso pubblici laboratori di analisi di presidi ospedalieri, istituti universitari, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, istituzioni sanitarie di cui all’art. 41 della legge n. 833/1978, nonché presso i laboratori di analisi dell’Istituto superiore di sanità e del C.N.R. ”.

Sul punto è sufficiente richiamare la pronuncia del Consiglio di Stato che ha ritenuto legittima la previsione maggiormente restrittiva introdotta a livello regionale per garantire una più specifica qualificazione professionale del direttore: “ ..il DPCM del 19/2/1984, invocato dagli appellanti, si limita a prevedere i requisiti minimi che, quindi, possono essere integrati dalla Regione a garanzia della qualità delle prestazioni di laboratorio;
nello specifico la Regione - a tutela del primario interesse alla salute - ha voluto garantire la specifica qualificazione professionale del direttore del laboratorio, prevedendo, quindi, il possesso della specializzazione pertinente all’attività autorizzata.

Occorre considerare, infatti, che il regime meno restrittivo previsto nel

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