TAR Potenza, sez. I, sentenza 2012-05-11, n. 201200206

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2012-05-11, n. 201200206
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201200206
Data del deposito : 11 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00239/2011 REG.RIC.

N. 00206/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00239/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 239 del 2011, proposto da:
T M A C, nella qualità di Amministratore Unico della "Dacar Aircraft" S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. D S e V A, con domicilio eletto presso il secondo in Potenza, alla via Crispi, 37;

contro

Comune di Potenza, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. C M, con domicilio eletto in Potenza presso l’Ufficio Legale del Comune di Potenza;
Dirigente Unita' di Direzione Ambiente,Parchi ed Energia del Comune di Potenza;

per l'annullamento

dell' ordinanza dirigenziale n. 13/2011, prot. n. 609/2011/APE dell' 8/4/12011, con cui si dispone l' immediata sospensione dell' attività di somministrazione di alimenti e bevande (ristorazione) del locale ristorante denominato "Club House".


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Potenza in persona del Sindaco p.t.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2012 la dott.ssa Paola Anna Gemma Di Cesare e uditi per le parti i difensori V A e C M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- T Maria Antonietta, nella dichiarata qualità di amministratore unico della “Dacar Aircraft” s.r.l. riferisce in punto di fatto di aver subito presso la sede della sua attività di ristorazione denominata “Club House”, in data 7 aprile 2011, una ispezione da parte dei carabinieri del Comando tutela della Salute (N.A.S. di Potenza), i quali sottoponevano a sequestro prodotti alimentari di origine animale in cattivo stato di conservazione e segnalavano, in pari data, con nota indirizzata al Comune di Potenza le seguenti infrazioni:

-la mancata esibizione del certificato di agibilità della struttura;

-la mancanza di autorizzazione per l’esercizio di attività di somministrazione di alimenti e bevande con annessi trattenimenti danzanti e/o musicali di cui alla tipologia “C” in violazione dell’art. 3 e ss. della legge 287/1991, risultando l’attività autorizzata per la sola somministrazione di alimenti e bevande di cui alla tipologia “A”;

-violazione dell’art. 6, comma 3, del d.lgs n. 193/2007, poiché l’autorizzazione sanitaria risultava intestata ad altra società, la I.R.F.I.N. s.r.l.;

-violazione dell’art. 6, del d.lgs 193/2007 per mancato aggiornamento del piano di autocontrollo.

Sulla base di tali accertamenti il Comune di Potenza con ordinanza dirigenziale 8 aprile 2011, n. 13, prot. n. 609/11 ordinava alla signora T M A C la <<immediata sospensione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande (ristorazione) sino a quando non si sarà provveduto ad acquisire: il certificato di agibilità del locale;
la registrazione dell’impresa alimentare della suddetta attività di ristorazione a seguito di notifica di DIA differita…;
l’autorizzazione per trattenimenti danzanti e/o musicali di cui alla tipologia “C”>>.

Avverso tale ordinanza dirigenziale la signora T ha proposto ricorso notificato in data 6 giugno 2011 e depositato in data 7 giugno 2011, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia e domandando, altresì il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di gravame, come di seguito raggruppati in relazione alla loro connessione logica:

a) incompetenza del dirigente ad adottare il provvedimento, trattandosi di ordinanza contingibile ed urgente, che avrebbe dovuto essere adottata dal Sindaco;
in ogni caso, il provvedimento risulterebbe adottato in carenza dei presupposti, in assenza di indicazione della normativa di riferimento, senza alcun riferimento a specifiche situazioni indilazionabili o imprevedibili e di emergenza sanitaria o di tutela dell’igiene pubblica, le sole tutelabili con un intervento ex art. 50, comma 5, del d.lgs n. 267 del 2000;

b) carenza di potere, illogicità, errore dei presupposti e sviamento, non avendo il dirigente comunale il potere di irrogare la sanzione della sospensione dell’attività, se non per contestare il mancato aggiornamento della DIA, non consentendo né la legge n. 287/91 né la normativa del TULPS l’immediata sospensione dell’attività;
ad avviso della ricorrente l’Amministrazione comunale avrebbe illegittimamente compresso la sua libertà di commercio, senza avere il potere di disporre la chiusura di un esercizio commerciale sulla base di motivazioni inerenti esclusivamente il profilo edilizio e ciò, nonostante la ricorrente fosse in possesso di certificato di agibilità e avesse inoltrato istanza di condono per la parte dei locali non contemplati nel certificato di agibilità;

c) violazione degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

1.1.- Quanto alla domanda risarcitoria proposta, la ricorrente lamenta ingenti danni patrimoniali (quale danno emergente e lucro cessante) e non patrimoniali per il danno all’immagine subito.

2.- Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Potenza, deducendone l’infondatezza nel merito.

3.- All’udienza pubblica del 9 febbraio 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione

DIRITTO

1.- In via preliminare occorre affrontare la censura con la quale parte ricorrente lamenta l’incompetenza e la carenza di potere in capo al dirigente comunale ad adottare il provvedimento di sospensione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, trattandosi, a suo dire, di materia di competenza del Sindaco, nell’esercizio del suo potere di ordinanza contingibile ed urgente.

La doglianza è infondata, in quanto ancorata ad una erronea qualificazione dell’ordinanza n.13/2011, ritenuta come ordinanza contingibile ed urgente di competenza del Sindaco, al quale la legge attribuisce il potere di adottare, quale rappresentante della Comunità locale, ordinanze in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale (ai sensi dell’art. 50, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) oppure di adottare, quale Ufficiale di Governo, provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

Invero, il provvedimento impugnato è ascrivibile ai provvedimenti cautelari adottati nei procedimenti di cui all’art. 17 ter del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.PS.), in forza dei quali, dopo che il pubblico ufficiale accerti l’esercizio di un’attività in assenza delle prescritte autorizzazioni, riferendone per iscritto <<all’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione>>, quest’ultima <<entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione del pubblico ufficiale…ordina, con provvedimento motivato, la cessazione dell'attività condotta con difetto di autorizzazione ovvero, in caso di violazione delle prescrizioni, la sospensione dell'attività autorizzata per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate …>>.

La norma citata, dunque, non attribuisce alcun potere di ordinanza al Sindaco, ma all' <<autorità amministrativa>>, la quale, allorquando sia accertato l’esercizio di attività in assenza della prescritta autorizzazione <<con l'ordinanza-ingiunzione può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione dell'attività>>(art.17 quater del R.D. 18 giugno 1931, n. 773).

L’autorità amministrativa alla quale si riferisce la norma, dunque, non può che essere intesa come il dirigente o il funzionario responsabile dell’ufficio comunale competente. Infatti, a norma dell’art. 107, comma 2, del d.lgs n. 267 del 2000 ai dirigenti spettano, in via residuale e generale, tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, che impegnano l'amministrazione verso l'esterno <<non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108>>.

2.- Escluso, per tutto quanto esposto al paragrafo precedente, che il provvedimento impugnato costituisca esercizio di un potere extra ordinem, deve escludersi altresì che presupposto necessario del provvedimento impugnato dovesse essere una situazione imprevedibile ed eccezionale di emergenza sanitaria da fronteggiarsi nelle forme dell'ordinanza contingibile ed urgente ex art. 50 comma 5 del D. Lgs. n. 267/2000.

Il triplice presupposto di fatto assunto a base del provvedimento consiste infatti nella (incontestata) circostanza della mancata esibizione del certificato di agibilità della struttura, nella (incontestata) mancanza della specifica autorizzazione di tipo “C” (somministrazione di alimenti e bevande con annessi trattenimenti danzanti e/o musicali), nell’ assenza (incontestata) di domanda di registrazione (c.d. “D.I.A. differita”), in violazione dell’obbligo di notifica all’Autorità competente previsto dall’art. 6, comma 3, del d.lgs n.193/2007 (in attuazione del regolamento CE n. 852/2004) di ogni struttura che esegua una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti.

Ciascuno di tali presupposti, anche se autonomamente considerati, costituisce, ad avviso del Collegio, motivazione sufficiente per disporre, sulla base di norme già esistenti nell'ordinamento, la sospensione, in via cautelare, dell’attività senza che fosse necessaria la dimostrazione di un pericolo attuale e concreto per esigenze di igiene e salute pubblica.

2.1.-Sotto altro profilo appare priva di fondamento anche la doglianza con la quale la ricorrente lamenta la compressione della libertà commerciale da parte dell’autorità comunale che, a suo dire, non avrebbe avuto il potere di disporre la chiusura di un esercizio commerciale sulla base di motivazioni ancorate su presupposti di fatto insussistenti.

Innanzitutto va chiarito che con l’ordinanza impugnata non è disposta la chiusura dell’attività, ma solo la sospensione della stessa, nelle more della produzione da parte dell’interessata della documentazione non esibita e delle autorizzazioni mancanti.

Chiarito che ciascuna della motivazioni poste a fondamento dell’ordinanza impugnata è idonea a fondare la sospensione, in via cautelare, dell’attività, è opportuno comunque rilevare che appare infondata, in punto di fatto, la riferita circostanza diretta a contestare la classificazione del locale come deputato ad attività in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago (ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett.c della legge n.287 del 1991) sull’assunto che la strumentazione musicale non risultasse funzionante al momento del sopralluogo dei carabinieri, risultando, al contrario, come emerge dal verbale di accertamento 7 aprile 2011, avente valore di fede privilegiata fino a querela di falso, che gli impianti rinvenuti (<<fari ed impianto filo diffusione musica, luci psichedeliche, amplificatore marca SKY Tech Pro 480, mixer marca Behringer Xenyx 1204FX) erano <<allacciati alla rete elettrica ed accesi>>.

3.- Resta da affrontare la censura con la quale la ricorrente afferma che il provvedimento di sospensione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande non può trovare fondamento nella abusività della struttura dal punto di vista edilizio.

Ed invero, l'art. 3 comma 7 della legge 25.8.1991, n. 287, dispone che "le attività di somministrazione di alimenti e di bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienica-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, fatta salva l'irrogazione delle sanzioni relative alle norme e prescrizioni violate".

Tale disposizione ha coordinato il profilo urbanistico -edilizio e quello più propriamente commerciale, stabilendo , contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che anche la regolarità edilizia dei locali in cui è esercitata l'attività di somministrazione di alimenti e bevande costituisce condizione per il legittimo esercizio della stessa, con la conseguenza che la mancata corrispondenza del manufatto realizzato al progetto iniziale determina il venir meno della validità dell’agibilità rilasciata sulla base dell’originario progetto, il che si riverbera su tutta la struttura con l'effetto di renderla inutilizzabile, per intero, per lo svolgimento delle attività cui risultava destinata (ex multis: T.A.R. Veneto, III, 2.11.2004, n. 3839 e la giurisprudenza ivi richiamata).

4.- E’ infine infondata la censura con la quale la ricorrente lamenta la violazione delle garanzie partecipative al procedimento amministrativo ed in particolare la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di cui all’art. 7, l. n. 241 del 1990.

Infatti, l’ispezione dei carabinieri svolta alla presenza della signora T e la consegna alla stessa del verbale di contestazione redatto dagli agenti del Comando carabinieri per la tutela della salute (N.A.S. di Potenza) dimostrano che l’interessata è comunque venuta conoscenza del procedimento comunale in itinere, attestante che la parte interessata esercitava l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande con annessi trattenimenti danzanti e/o musicali, senza essere in possesso della specifica autorizzazione amministrativa, di autorizzazione sanitaria e in mancanza di certificato di agibilità.

Pur prescindendo dalle esposte considerazioni, il provvedimento di sospensione dell’attività, adottato ex artt. 17-ter e 17-quater, t.u.l.p.s., secondo cui l'ordine di cessazione dell'attività svolta in assenza di autorizzazione, che deve essere adottato dall'autorità competente entro cinque giorni dalla ricezione dell'accertamento della violazione, ha natura di atto vincolato, per il quale, in caso di mancata comunicazione di avvio del procedimento soccorre l'art. 21-octies comma 2 l. n. 241 del 1990, il quale non consente l’annullamento del provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento amministrativo o sulla forma degli atti <<qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato>>.

Dall’ infondatezza delle doglianze dirette a dimostrare la illegittimità del provvedimento impugnato, consegue l’infondatezza della domanda risarcitoria proposta per l’assenza del necessario requisito dell’ingiustizia del danno, quale elemento costitutivo dell’illecito civile, non essendosi realizzata alcuna lesione dell’interesse legittimo.

5.- Il ricorso, così come prospettato, deve pertanto essere respinto.

5.1.-Tuttavia, alla luce di una valutazione complessiva della vicenda, avuto in particolare riguardo al comportamento operoso della ricorrente, che, come risulta dalla documentazione depositata agli atti, risulta essersi diligentemente e prontamente attivata per sanare le infrazioni commesse, le spese e gli onorari di lite possono essere eccezionalmente compensati.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi