TAR Potenza, sez. I, sentenza 2021-06-14, n. 202100428

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2021-06-14, n. 202100428
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 202100428
Data del deposito : 14 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2021

N. 00428/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00109/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 109 del 2020, proposto da G C e M D C, rappresentanti e difesi dall’avv. P L, PEC avvpasqualelopardi@pec.giuffre.it, da intendersi domiciliati ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale;

contro

Comune di Melfi, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. D G, PEC genovese.donatello@cert.ordineavvocatipotenza.it, con domicilio eletto in Potenza Via Mazzini n. 23/A;

per l'annullamento

dell’Ordinanza n. 542 del 23.12.2019 (notificata il 30.12.2019), con la quale il Responsabile dell’Area Urbanistica del Comune di Melfi, ai sensi dell’art. 31 DPR n. 380/2001, ha ingiunto ai sigg. G C e M D C, nella qualità di committenti/comproprietari, la demolizione sia dell’ampliamento del loro fabbricato, sito nella Contrada Incoronata e censito in catasto al foglio n. 76, particella n. 1483, in quanto realizzato ad una distanza variabile da 4,00 a 4,10 m. dalla prevista viabilità di piano, inferiore a quella di 5,00 m., autorizzata con il rilascio della concessione edilizia dell’11.5.2001 e successiva variante del 29.12.2003 “ed inoltre inferiore a” quella di 10,00 m., stabilita dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Particolareggiato delle Zone CN 3, 4 e 5 del PRG, sia dei muri di contenimento del terrapieno “per una lunghezza di 58,70 m. su area destinata alla viabilità di piano”, con l’espressa avvertenza che, decorso il termine di 90 giorni, le opere abusive e l’area di sedime sarebbero state acquisite gratuitamente al patrimonio comunale ed ai predetti comproprietari sarebbe stata irrogata la sanzione pecuniaria ex art. 31, comma 4 bis, DPR n. 380/2001 da € 2.000,00 a € 20.000, disciplinata dal Regolamento approvato con Del. C.C. n. 68 del 2.10.2017;


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Melfi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’Udienza del 9 giugno 2021 il Cons. Pasquale Mastrantuono e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 D.L. n. 137/2020 conv. nella L. n. 176/2020, dell’art. 1, comma 17, D.L. n. 183/2020 conv. nella L. n. 21/2021 e dell’art. 6, comma 1, lett. e), D.L. n. 44/2021 mediante collegamento da remoto con la modalità simultanea Microsoft Teams, dopo aver sentito gli avv.ti P L e D G, considerati presenti ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, D.L. n. 28/2020 conv. nella L. n. 70/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In data 4.12.2019 la Polizia Locale ed un Tecnico del Comune di Melfi hanno accertato, in seguito ad apposito sopralluogo, che i sigg. G C e M D C avevano:

1) ampliato il loro fabbricato, sito nella Contrada Incoronata e censito in catasto al foglio n. 76, particella n. 1483, ad una distanza variabile da 4,00 a 4,10 m. dalla prevista viabilità di piano, violando sia la distanza di 5,00 m., autorizzata con il rilascio della concessione edilizia dell’11.5.2001 e successiva variante del 29.12.2003, sia quella di 10,00 m., stabilita dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Particolareggiato delle Zone CN 3, 4 e 5 del PRG;

2) costruito dei muri di contenimento del terrapieno “per una lunghezza di 58,70 m. su area destinata alla viabilità di piano”.

Pertanto, con Ordinanza n. 542 del 23.12.2019 (notificata il 30.12.2019) il Responsabile dell’Area Urbanistica del Comune di Melfi, ai sensi dell’art. 31 DPR n. 380/2001, ha ingiunto ai sigg. G C e M D C, nella qualità di committenti/comproprietari, la demolizione delle predette opere edilizie, con l’espressa avvertenza che, decorso il termine di 90 giorni, le opere abusive e l’area di sedime sarebbero state acquisite gratuitamente al patrimonio comunale ed ai predetti comproprietari sarebbe stata irrogata la sanzione pecuniaria da € 2.000,00 a € 20.000, disciplinata dal Regolamento approvato con Del. C.C. n. 68 del 2.10.2017.

I sigg. G C e M D C con il presente ricorso, notificato il 27.2.2020 e depositato il 9.3.2020, hanno impugnato la predetta Ordinanza n. 542 del 23.12.2019, deducendo:

1) la violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990, in quanto il provvedimento impugnato non era stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento;

2) l’eccesso di potere per presupposti erronei, attesoché: a) poiché i muri di contenimento del terrapieno dovevano essere qualificati come interventi di manutenzione straordinaria, assentibili con DIA (ora SCIA), erano sanzionabili solo in via pecuniaria;
b) le opere edilizie, indicate nel provvedimento impugnato, insistono sulla sagoma di un preesistente fabbricato;
c) poiché l’ampliamento contestato ad una distanza inferiore a quella di 5,00 m., autorizzata con il rilascio della concessione edilizia dell’11.5.2001 e successiva variante del 29.12.2003, è stato realizzato rispetto ad “una maglia interna” e non ad una viabilità di piano, come erroneamente ritenuto dal Comune, non poteva applicarsi la distanza minima di 10,00 m., stabilita dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Particolareggiato delle Zone CN 3, 4 e 5 del PRG;
d) nonché la violazione dell’art. 3, comma 1, lett. b), L.R. n. 28/1991, in quanto ai sensi di tale norma non costituisce variazione essenziale al progetto approvato “la modifica di ubicazione di un edificio contenuta entro un massimo di 5,00 m. oltre il perimetro di ingombro previsto in sede di pianificazione esecutiva”;

3) la violazione del principio del legittimo affidamento, tenuto conto del notevole lasso di tempo intercorso dalla realizzazione delle opere edilizie, indicate nel provvedimento impugnato.

Si è costituito in giudizio il Comune di Melfi, sostenendo l’infondatezza del ricorso.

Con Decreto ex art. 84, comma 1, D.L. n. 18/2020 n. 58 del 25.3.2020 ed Ordinanza ex art. 55 cod. proc. amm. n. 97 del 23.4.2020 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare, sia perché i ricorrenti non avevano contestato la violazione della distanza di 5,00 m., autorizzata con il rilascio della concessione edilizia dell’11.5.2001 e successiva variante del 29.12.2003, sia perché per l’esecuzione della demolizione i ricorrenti potevano presentare la domanda di sanatoria ex art. 36 DPR n. 380/2001 entro il termine ex art. 31 DPR n. 380/2001 di 90 giorni, che ai sensi dell’art. 103, comma 1, D.L. n. 18/2020 e dell’art. 37 del D.L. n. 23 dell’8.4.2020 era stato sospeso rispettivamente prima dal 23.2.2020 al 15.4.2020 e poi fino al 15.5.2020.

In data 4.5.2021 i ricorrenti hanno depositato la perizia giurata del 30.4.2021, con la quale il loro Consulente ha: 1) evidenziato che, poiché la strada, contemplata vicino all’immobile di cui è causa sui terreni, di proprietà dei ricorrenti, dal Piano Particolareggiato del 1995 delle Zone CN 3, 4 e 5 del PRG, non era stata più realizzata, tale vincolo di destinazione urbanistica non poteva ritenersi ancora vigente;
2) dalla Tavola n. 6 in scala 1:1.000 del predetto Piano Particolareggiato si evince sia che la predetta strada avrebbe dovuto essere realizzata a 5 m. dalla sagoma del preesistente fabbricato, sia che l’ampliamento abusivo del fabbricato in questione si trova ad una distanza variabile da 5,30 a 5,20 dalla prevista viabilità di piano e non a una distanza dalla predetta strada da 4,00 a 4,10 m., come erroneamente affermato con l’impugnata Ordinanza n. 542 del 23.12.2019;
3) mentre l’abusiva costruzione dei muri di contenimento del terrapieno per una lunghezza di 49,80 m. e non di 58,70 m., come indicato nella contestata Ordinanza n. 542 del 23.12.2019, su area destinata alla viabilità di piano era stata necessaria, per “garantire la sicurezza igienico-sanitaria e l’ordinata manutenzione dei luoghi”.

Pertanto, con memoria del 30.4.2021, depositata nella stessa data del 4.5.2021, i ricorrenti hanno dedotto che, poiché era scaduto il vincolo preordinato all’esproprio per la costruzione della suddetta strada, tali terreni, sempre di proprietà dei ricorrenti, dovevano essere qualificati “zona bianca” priva di disciplina urbanistica con la conseguente applicazione dell’indice della massima densità fondiaria di 0,003 mc./mq. ex art. 9 DPR n. 380/2001.

Con memoria di replica del 17.5.2021 il Comune di Melfi ha eccepito l’irricevibilità delle ulteriori censure, dedotte dai ricorrenti con la predetta memoria conclusionale del 30.4/4.5.2021, in quanto avrebbero dovuto essere proposte entro il termine decadenziale del 2.3.2020.

In data 9.6.2021 si è svolta l’Udienza ai sensi dell’art. 25 D.L. n. 137/2020 conv. nella L. n. 176/2020, dell’art. 1, comma 17, D.L. n. 183/2020 conv. nella L. n. 21/2021 e dell’art. 6, comma 1, lett. e), D.L. n. 44/2021 mediante collegamento da remoto con la modalità simultanea Microsoft Teams, nell’ambito della quale il ricorso è passato in decisione.

In via preliminare, va precisato che non può tenersi conto della circostanza, evidenziata dal Consulente Tecnico dei ricorrenti con la perizia giurata del 30.4.2021, che la strada, contemplata vicino all’immobile di cui è causa sui terreni, di proprietà dei ricorrenti, dal Piano Particolareggiato del 1995 delle Zone CN 3, 4 e 5 del PRG, non è stata più realizzata, ed anche le ulteriori censure, dedotte dai ricorrenti con la memoria conclusionale del 30.4/4.5.2021, peraltro non notificata (per inciso, va evidenziato che nel processo amministrativo ogni motivo di impugnazione risulta ammissibile solo se proposto con apposito atto notificato alle controparti), attesochè, pur non tenendo conto dell’eccezione comunale di irricevibilità con la memoria di replica del 17.5.2021, i ricorrenti non hanno contestato la circostanza che con il rilascio della concessione edilizia dell’11.5.2001 e la successiva variante del 29.12.2003 il Comune di Melfi aveva imposto l’obbligo di rispettare la distanza di 5,00 m. dalla prevista viabilità del Piano Particolareggiato del 1995 delle Zone CN 3, 4 e 5 del PRG, né hanno chiesto entro il termine ex art. 31 DPR n. 380/2001 di 90 giorni al Comune la domanda di sanatoria ex art. 36 DPR n. 380/2001, prevista, oltre che per gli abusi realizzati senza permesso di costruire, anche, come nella specie, per le difformità alle autorizzazioni edilizie.

Nel merito, il ricorso è infondato.

Va disatteso il primo motivo, con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990 per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, in quanto, poiché i provvedimenti in materia di edilizia sono di tipo vincolato, ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, L. n. 241/1990 non possono essere annullati dal Giudice Amministrativo nel caso di omessa comunicazione di avvio del procedimento, quando, come nella specie, sono sostanzialmente legittimi.

Non possono essere accolte tutte le censure, articolate con il secondo motivo di impugnazione, in quanto, come sopra già detto, con il rilascio della concessione edilizia dell’11.5.2001 e la successiva variante del 29.12.2003 i ricorrenti si erano impegnati con il Comune a rispettare la distanza di 5,00 m. dalla prevista viabilità del Piano Particolareggiato del 1995 delle Zone CN 3, 4 e 5 del PRG e ciò esime il Collegio dall’esaminare l’ulteriore questione, se ai terreni di cui è causa si applica la maggiore distanza dalle strade previste di 10,00 m., contemplata dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Particolareggiato delle Zone CN 3, 4 e 5 del PRG, e/o se tale maggiore distanza si riferisce solo alle strade della maglia perimetrale, mentre a quelle della maglia interna si applicherebbe la minore distanza di 5 m., risultando inutile accertare anche se la sagoma del preesistente fabbricato si trovava ad una distanza minore di quella di 10 m. dalla prevista strada già al momento dell’adozione del citato Piano Particolareggiato.

Al riguardo, va, comunque, evidenziato che, prescindendo dalla circostanza che con il ricorso non è stata dedotta l’erroneità della distanza da 4,00 a 4,10 m. dell’ampliamento abusi dalla strada di Piano, indicata nel provvedimento impugnato, il Consulente Tecnico dei ricorrenti con la perizia giurata del 30.4.2021 non ha provato con idonei elaborati tecnici e/o con effettive e concrete misurazioni, effettuate con adeguata strumentazione, che l’ampliamento abusivo (rispetto sia alla sagoma del preesistente fabbricato, sia alla concessione edilizia dell’11.5.2001 ed alla successiva variante del 29.12.2003) del fabbricato in questione, non contestato nemmeno dal Consulente dei ricorrenti, si trova ad una distanza variabile da 5,30 a 5,20 dalla prevista viabilità di piano e/o l’erroneità dei rilievi effettuati dalla Polizia Locale e dal Tecnico del Comune di Melfi con il verbale di sopralluogo del 4.12.2019, di accertamento della distanza da 4,00 a 4,10 m. dell’ampliamento abusivo dalla strada prevista, tenuto pure conto della documentazione fotografica, versata in giudizio, da cui si evince che i muri di contenimento del terrapieno abusivi sono stati costruiti sull’attuale strada, tant’è che lo stesso Consulente Tecnico dei ricorrenti con la citata perizia giurata del 30.4.2021 si è limitato ad affermare che tali abusi edilizi erano stati necessari, per “garantire la sicurezza igienico-sanitaria e l’ordinata manutenzione dei luoghi”.

Va, altresì, precisato che non sussiste l’invocata violazione dell’art. 3, comma 1, lett. b), L.R. n. 28/1991, in quanto ai sensi di tale norma non costituisce variazione essenziale al progetto approvato la modifica di ubicazione di un edificio contenuta entro un massimo di 5,00 m. oltre il perimetro di ingombro previsto in sede di pianificazione esecutiva, ma “nel rispetto, comunque, dei limiti di distanza fissati dallo strumento urbanistico di pianificazione generale”.

Infine, va respinto il terzo ed ultimo motivo di impugnazione, relativo alla violazione del principio del legittimo affidamento, tenuto conto del notevole lasso di tempo intercorso dalla realizzazione dei abusi edilizi di cu è causa, in quanto attesochè il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso edilizio ed il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza non determinano alcun legittimo affidamento, sia perché le persone, che hanno realizzato abusivamente un intervento edilizio, sono consapevoli di aver commesso un’illegittimità, sia perché il potere repressivo degli abusi edilizi, essendo un potere vincolato privo di alcuna discrezionalità, non necessita di una particolare motivazione, quand’anche sia stato esercitato dopo lungo tempo dalla commissione dell’abuso edilizio, trattandosi di un illecito permanente e perciò il provvedimento sanzionatorio interviene sempre su una situazione antigiuridica attuale, per cui non è richiesta al riguardo alcuna particolare motivazione, come se fosse un provvedimento di autotutela, che tenga conto del contrapposto interesse privato (sul punto cfr. ex mutis TAR Basilicata Sent. n. 555 dell’1.7.2019, che richiama C.d.S. Ad. Plen. Sent. n. 9 del 17.10.2017).

A quanto sopra consegue la reiezione del ricorso in esame.

Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26, comma 1, e 29 cod. proc. amm. e artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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