TAR Roma, sez. 3Q, sentenza breve 2019-05-31, n. 201907005

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza breve 2019-05-31, n. 201907005
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201907005
Data del deposito : 31 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2019

N. 07005/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01253/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1253 del 2019, proposto da
E P, rappresentata e difesa dagli avvocati B S, F T, V V, con domicilio eletto presso lo studio del secondo di essi in Roma, largo Messico n. 7;

contro

Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

a) Della comunicazione prot DGPROF/2/I.

5.h.a.7.1/2018/642 del 18/12/2018 del Ministero della Salute Direzione Generale delle Professioni Sanitarie e delle Risorse Umane del SSN, con cui è stata definitivamente negato il riconoscimento del titolo di fisioterapista rilasciato dalla Università di Ostrava (Repubblica Ceca) e di tutti gli atti, pareri, verbali e comunicazioni ivi richiamate;

b) Se e per quanto occorra, della precedente nota del medesimo Ministero, prot. DGPROF/2/I.

5.h.a.7.1/2018/642 del 17/10/2018 con cui sono stati comunicati i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta di riconoscimento, con tutti gli atti e comunicazioni ivi richiamati e allegati, a cominciare dal verbale della Conferenza dei Servizi del 26/9/2018 e atti richiamati dalla medesima Conferenza;

c) Di ogni atto comunque connesso, presupposto o consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2019 la dott.ssa Emanuela Traina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Premesso che:

a) parte ricorrente formulava istanza al Ministero della salute per il riconoscimento del titolo di fisioterapista rilasciato dalla Università di Ostrava (Repubblica Ceca);

b) in seguito alla riunione della competente Conferenza di Servizi (ex art. 16 del decreto legislativo n. 206 del 2007) nonché in forza di specifico parere del CIMEA (organo di consultazione e di informazione sulle procedure di riconoscimento titoli), il Ministero riteneva di non accogliere la suddetta istanza sulla base delle considerazioni di seguito sintetizzate: 1) la parte teorica del corso si era tenuta in Svizzera presso il centro studi AIEU di Chiasso, il quale aveva a tal fine stipulato apposita convenzione con l’Università di Ostrava. Una simile “ triangolazione formativa ” aveva “ suscitato alcune perplessità ” in capo ai competenti uffici ministeriali: di qui una prima consultazione con le autorità svizzere (le quali rilevavano che il centro studi AIEU era liberamente stabilito nel loro territorio) e poi una specifica richiesta di parere al CIMEA il quale evidenziava un certo “ difetto di valutazione della qualità ” in merito al predetto corso;
2) la parte pratica (tirocinio) si era svolta presso strutture italiane in assenza, tuttavia, della prescritta procedura di autorizzazione di cui all’art. 4 della legge n. 4 del 1999 (c.d. filiazione );

c) la predetta negativa determinazione ministeriale veniva dunque impugnata per i seguenti motivi:

1. Violazione art. 16 del decreto legislativo n. 206 del 2007 per illegittima composizione della conferenza di servizi ivi prevista nella parte in cui mancava sia il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del consiglio dei ministri, sia il Ministero con compiti di vigilanza sulle professioni sanitarie;

2. Difetto di motivazione nella parte in cui l’intimata amministrazione statale non avrebbe adeguatamente rappresentato le ragioni per cui il corso, tenuto dalla Università di Ostrava presso il centro studi svizzero AIEU, sarebbe radicalmente privo dei prescritti requisiti di qualità;

3. Difetto di istruttoria e violazione art. 50 della direttiva 2005/36/UE nella parte in cui, pur a fronte di manifestati dubbi sulla qualità dei corsi predetti, il Ministero non avrebbe ritualmente interpellato gli organismi specificamente preposti al fine di superare simili perplessità, ossia le competenti autorità ceche;

d) Si costituiva in giudizio l’intimata amministrazione statale mediante articolate controdeduzioni basate, essenzialmente, sull’utilizzo improprio di una triangolazione formativa che avrebbe avuto come unico obiettivo quello di aggirare la normativa interna sul “numero chiuso” onde accedere ad analoghi corsi universitari italiani;

e) In esito alla camera di consiglio del 26 febbraio 2019 questa sezione disponeva determinati incombenti istruttori, nei confronti del Ministero della salute, che venivano puntualmente osservati mediante deposito di relazione e documenti;

f) Alla successiva camera di consiglio del 14 maggio 2019, avvisate le parti circa la possibilità di adottare sentenza in forma semplificata, la causa veniva infine trattenuta in decisione.

Considerato che il primo motivo di ricorso debba innanzitutto essere rigettato sia perché la conferenza di servizi di cui al richiamato art. 16 del decreto legislativo n. 206 del 2007 riveste un ruolo meramente istruttorio e consultivo (di qui l’insussistenza di un obbligo di contestuale presenza di tutte le amministrazioni ivi previste non trattandosi di organo collegiale perfetto ma, piuttosto, di semplice modulo procedimentale) sia perché il Ministero della salute, l’amministrazione ossia istituzionalmente preposta alla vigilanza delle suddette categorie professionali (fisioterapisti), era pacificamente presente nelle relative riunioni della conferenza stessa;

Considerato in merito ai restanti motivi di ricorso (da trattare congiuntamente attesa la loro stretta logica interrelazione) quanto di seguito specificato:

1. L’Università di Ostrava ha organizzato un corso di laurea in Fisioterapia in lingua italiana da tenersi presso un centro di formazione liberamente stabilito in Svizzera (AIEU). L’odierno ricorrente chiede ora il riconoscimento di tale titolo. Ebbene queste “triangolazioni formative” sono senza fallo ammesse dall’art. 50, par. 3, della direttiva 36/2005/CE e dall’art. 8, comma 5, del connesso decreto legislativo di recepimento n. 206 del 2007, laddove si fa espresso riferimento a titoli di formazione rilasciati da uno Stato membro “ a seguito di una formazione ricevuta … nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea ”;

2. L’Accordo UE – Svizzera del 21 giugno 1999, integrato e modificato dalla decisione n. 2 del 30 settembre 2011, prevede tra l’altro la applicazione della suddetta direttiva 36/2005/UE anche in territorio svizzero (ivi ricompreso il richiamato art. 50, non espressamente escluso dal suddetto accordo e dalle sue successive modifiche, il quale disciplina al paragrafo 3 – giova ripetere – proprio le suddette “triangolazioni formative”). Si veda in questa stessa direzione, del resto, quanto affermato dal Consiglio di Stato, Terza Sezione, nella decisione n. 1701 del 19 marzo 2018 [punto VIII, lettera ee) ];

3. È ben vero che in questi casi si registrerebbero fenomeni di sostanziale elusione del c.d. “numero chiuso”, ma è anche vero che la Corte di giustizia ha comunque ammesso che i cittadini UE possano avvalersi degli strumenti offerti dal diritto comunitario per superare, altresì, eventuali gravosi ostacoli frapposti dai rispettivi ordinamenti nazionali (cfr. sentenza 6 ottobre 2015, C-298/14, par. 27, richiamata tra l’altro nella nota della Commissione UE in data 27 settembre 2017, laddove si afferma che “ la Corte ha dichiarato che la libera circolazione delle persone non sarebbe pienamente realizzata qualora gli Stati membri potessero negare il godimento di dette disposizioni a quei loro cittadini che abbiano fatto uso delle agevolazioni previste dal diritto dell’Unione e che abbiano acquisito, grazie a queste ultime, qualifiche professionali in uno Stato membro diverso da quello di cui essi possiedono la cittadinanza ”);

4. In caso di “dubbio fondato” circa la bontà di queste triangolazioni il paese ospitante (il Ministero della salute italiano, nel nostro caso) dovrebbe non direttamente escludere il richiesto riconoscimento ma, piuttosto, coinvolgere le autorità del paese di origine (la Repubblica Ceca, sempre nel caso di specie) onde valutare la sussistenza di eventuali “differenze sostanziali” tra i corsi normalmente organizzati nel paese ospitante e quelli tenuti nel paese di origine (dunque tra i corsi italiani e quelli tenuti in Svizzera per conto dell’Università di Ostrava, sempre con riguardo al caso di cui si controverte). Ciò anche allo scopo di adottare eventuali “misure compensative”. In questa direzione si veda altresì la nota della Commissione UE del 29 settembre 2017 nella parte in cui si afferma che, in caso di “dubbio fondato”, trova applicazione quanto a tal fine previsto dall’art. 50, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE, ossia la richiesta di informazioni – circa il programma e le modalità entro cui è stato svolto il corso di formazione – allo Stato membro che ha rilasciato il titolo di studio di cui si chiede il riconoscimento. La suddetta disposizione comunitaria esprime dunque uno specifico sistema di riconoscimento dei titoli professionali fondato essenzialmente sullo scambio di informazioni tra i paesi dell’unione. Essa prevede in particolare che:

“3. In caso di dubbio fondato, qualora un titolo di formazione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c) sia stato rilasciato da un'autorità competente di uno Stato membro e riguardi una formazione ricevuta in toto o in parte in un centro legalmente stabilito nel territorio di un altro Stato membro, lo Stato membro ospitante può verificare presso l'autorità competente dello Stato membro di origine:

a) se il programma di formazione del centro che ha impartito la formazione è stato formalmente certificato dal centro di formazione situato nello Stato membro di origine;

b) se il titolo di formazione rilasciato è lo stesso che si sarebbe ottenuto avendo seguito integralmente la formazione nello Stato membro di origine;
e c) se tale titolo conferisce gli stessi diritti professionali nel territorio dello Stato membro di origine
”;

5. Ebbene nel caso di specie questo passaggio (interpello presso autorità stato membro di origine del titolo) è stato completamente e pacificamente obliterato, e tanto con ogni conseguenza in ordine alla violazione delle richiamate disposizioni interne e comunitarie nonché in merito al sostanziale difetto di istruttoria. Il Ministero non ha proceduto nei termini ivi puntualmente prescritti, rivolgendo ossia alle autorità della Repubblica Ceca una richiesta di chiarimenti in merito alle perplessità nutrite in ragione della “triangolazione formativa” e dello svolgimento dei tirocini presso strutture legalmente stabilite nella Confederazione Elvetica. Né tale passaggio poteva ritenersi soddisfatto mediante il coinvolgimento delle autorità svizzere (Segreteria di Stato per la Formazione, la quale si è peraltro limitata ad affermare che il centro studi EIEU è comunque ivi legalmente stabilito) oppure di enti (CIMEA, il cui parere è in ogni caso da reputare del tutto genericamente formulato, come più avanti si avrà modo di osservare) cui la normativa di riferimento ad ogni buon conto non assegna, neppure ai soli fini consultivi, specifiche competenze in seno al procedimento di riconoscimento di cui in questa sede si discute. In altre parole, lo Stato chiamato a riconoscere un titolo rilasciato da altro stato membro ha certamente il potere di svolgere accertamenti e verifiche sui contenuti della formazione allo stesso presupposta, al fine di svolgere le valutazioni di propria competenza circa la possibilità di addivenire ad un riconoscimento diretto piuttosto che al previo espletamento di una misura compensativa finalizzata a colmare il divario formativo eventualmente rilevato. Lo strumento attraverso il quale tale approfondimento può avvenire non è, tuttavia, quello nella specie utilizzato dal Ministero della Salute, e tanto con conseguente evidenza della lamentata violazione di legge e difetto di istruttoria.

6. Le “differenze sostanziali” di cui all’art. 17, comma 2, del decreto legislativo n. 206 del 2007, sono state peraltro solo genericamente dedotte dal Ministero della salute: di qui anche il vizio di insufficiente motivazione nella parte in cui è stato del tutto ellitticamente sottolineato il “difetto della valutazione di qualità in linea con i principi della Convenzione di Lisbona”. Acriticamente mutuando, per tale via, una affermazione del parere CIMEA che, a sua volta, non si rileva tuttavia sorretta da più seri e circostanziati elementi istruttori e senza in alcun modo evidenziare: a) in che cosa potesse consistere l’eventuale distanza tra i corsi italiani e quelli tenuti in territorio svizzero per conto dell’Università di Ostrava;
b) se il relativo programma di formazione fosse stato in qualche misura validato o meno dalle competenti autorità della Repubblica Ceca.

7. Il prospettato difetto di motivazione sussiste altresì nella parte e nella misura in cui il Ministero non pone in contestazione alcuna la dichiarazione comunque data dall’Università di Ostrava in data 15 novembre 2017, dichiarazione questa con cui si afferma che il suddetto programma di studi in Fisioterapia è stato accreditato dal Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Ceca (tale nota risulta peraltro estranea al procedimento in questione poiché adottata in un momento antecedente alla relativa istanza di riconoscimento del 18 aprile 2018);

8. Quanto poi alla assenza di “filiazione”, ossia con riguardo alla parte pratica del corso (tirocinio) pacificamente svoltosi in Italia, si richiama la giurisprudenza di questa sezione (cfr. sentenza n. 3982 del 29 marzo 2017) confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 1701 del 19 marzo 2018 della Terza Sezione. Dunque, se è vero da un lato che la assenza di autorizzazione ex art. 4 della legge n. 4 del 1999 non consente il riconoscimento automatico dell’intero corso di studi (e dunque la parte specificamente dedicata al tirocinio), è anche vero dall’altro lato che – come del resto in identici precedenti casi – ciò può dare luogo alla adozione di misure compensative (ripetizione tirocinio oppure esame idoneativo) ma non anche al mancato integrale riconoscimento del titolo di studio, comprensivo altresì della parte teorica comunque svolta nei termini anzidetti. Sussiste in questa direzione la violazione, altresì, dell’art. 22 del decreto legislativo n. 206 del 2007 nonché del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.

E a tali conclusioni non può non giungersi pure se si tiene conto dei precedenti specifici sulla questione in cui il ricorso proposto avverso la misura compensativa era stato respinto dalla sezione nel rilievo della disamina della posizione di ciascuno dei richiedenti da parte della Conferenza di Servizi, circostanza questa che non si rinviene nel caso in esame (cfr.

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