TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-11-10, n. 201512708
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Testo completo
N. 12708/2015 REG.PROV.COLL.
N. 05439/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale n. 5439/15, proposto dalla Amica Chps s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano D’Apolito, M O, M B e R C e con questi elettivamente domiciliata presso il domicilio degli avv.ti M B e R C a Roma, via del Tritone n. 169,
contro
l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliata, nonché
nei confronti di
Unione Nazionale Consumatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio
per l'annullamento
del provvedimento n. 17896 del 3 febbraio 2015, con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato le ha irrogato la sanzione di € 300.000 per asserita violazione della disciplina in materia di pratiche commerciali scorrette, ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lett. b, e 22, comma 2, del Codice del consumo, con conseguente inibitoria della prosecuzione delle condotte sanzionate, nonché di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso e comunque conseguenziale, nessuno escluso.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla camera di consiglio del 4 novembre 2015 il Consigliere Giulia Ferrari; uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 16 aprile 2015 e depositato il successivo 28 aprile la s.p.a. Amica Chips, produttrice e distributrice di patatine fritte in busta, è insorta avverso il provvedimento 3 febbraio 2015, n. 17896, con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato le ha irrogato, ai sensi degli artt. 20, 21 comma 1 lett. b), e 22, comma 2, del Codice del consumo, una sanzione pari a € 300.000 per asserita violazione di pratiche commerciali e le ha inibito la prosecuzione delle condotte sanzionate.
Le contestazioni ad essa mosse dall’Autorità sono: a) sul frontpack, nello spot televisivo e sulle pagine web aziendale, relativamente alle referenze “Eldorada Tradizionale” e “Eldorada Cotte a mano”, spicca, con grande evidenza grafica, il claim “- 20% di grassi”, cui segue immediatamente, ma con una scritta a caratteri piccolissimi, la dicitura “rispetto alla patatina fritta tradizionale”, in contrasto con le disposizioni del Regolamento C.E. 1924/2006; b) negli stessi posti, in relazione alle referenze “Eldorada Cotte a mano”, “Alfredo’s al sale marino” e “Alfredo’s al pepe nero”, risulta l’indicazione “cotte a mano”, mentre in altre sezioni del sito aziendale è descritta una produzione di tipo industriale; c) sul frontpack della referenza “Eldorada La Tradizionale” risulta, con evidenza cromatica e dimensionale, l’indicazione “con olio d’oliva”, senza alcuna specifica, mentre sul retro della confezione si afferma che nella preparazione si usa solo il 5% di tale componente, insieme con altri oli vegetali; d) sul frontpack della referenza “Pollo roasted” c’è l’immagine di un alimento (maionese, hamburger, paprika,ecc.) senza alcuna specificazione e solo sul retro della confezione viene spiegato che, nella preparazione, possono essere utilizzati come aroma.
2, Ciò premesso la ricorrente propone i seguenti motivi di doglianza, ciascuno dei quali rivolto a contestare la singola criticità riscontrata dall’Autorità e tutti finalizzati, nel loro insieme, all’annullamento del provvedimento impugnato:
a) II ”claim” nutrizionale sui grassi (pagg. 6,7,8, 17, 18 e 19 del provvedimento impugnato).
Violazione del regolamento n. 1924/2006 C.E. e dell’art. 1, l. n. 689 del 1981, richiamato dall’art. 27, comma 13, d.lgs. n. 206 del 2005; violazione degli artt. 20, comma 2, e 21, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 206 del 2005; travisamento dei fatti, difetto d’istruttoria e vizio di motivazione.
Priva di pregio è l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato - secondo cui il clain nutrizionale “- 20 % di grassi rispetto alla patatina fritta classica”, in quanto redatto in caratteri grafici enormi per la prima parte (- 20% di grassi) e piccolissimi e poco visibili per la seconda (rispetto alla patatina fritta classica), sarebbe un mero espediente al quale si è fatto ricorso prospettando al consumatore medio un vantaggio ingannevole - atteso che per il consumatore medio è assolutamente impossibile, al momento dell’acquisto del prodotto, leggere solo la prima parte del claim e non anche la seconda. Risulta pertanto irragionevole la tesi dell’Autorità secondo cui la s.p.a. Amica Chips non potrebbe indicare sulla confezione del prodotto Eldorada che questa ha il 20% in meno rispetto alla patatina classica, anche se è assolutamente vero. Paradossale e contraria al buon senso è quindi l’affermazione dell’Autorità secondo cui il consumatore medio non deve essere messo al corrente di tale verità fattuale perché “potrebbe deviarlo da una scelta commerciale consapevole”. Non assecondabile è il tentativo dell’Autorità di trovare un supporto nel Regolamento C.E., che vieterebbe l’indicazione di una ridotta presenza di grassi di grassi nella misura del 20% rispetto ad altro prodotto della medesima categoria, atteso che la ratio sottesa alla normativa comunitaria è evitare che il consumatore sia tratto in inganno da claim nutrizionali “generici” del tipo “a ridotto contenuto di grassi, con meno grassi, con pochi grassi, leggero”, ecc., ed è perciò che - con riferimento ai soli claim generici - ha posto limiti quantitativi affinchè l’espressione “generica” sia lecita. D’altro canto di tale interpretazione era finora portatrice anche l’Autorità e non è comprensibile il suo mutamento di rotta, fra l’altro nemmeno motivato.
b) L’indicazione ”cotte a mano” (pagg. 8,9, 19, 20, 21 del provvedimento impugnato).
Violazione del Regolamento n.1169/2005 C.E. e dell’art. 1, l. n. 689 del 1981, richiamato dall’art. 27, comma 13, d.lgs. n. 206 del 2005; violazione degli artt. 20, comma 2, e 21, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 206 del 205; difetto d’istruttoria e vizio di motivazione.
Un’altra contestazione, che l’Autorità ha mosso alla ricorrente, riguarda l’indicazione “cotte a mano” che si legge sulle confezioni delle referenze “Eldorada Cotte a mano” e “Alfredo’s”; l’osservazione mossa è che, essendo industriale la produzione di entrambe le referenze, risulterebbe violato l’art. 7, Regolamento C.E. 1169/2011, per il quale le indicazioni sugli alimenti non devono indurre in errore per quanto attiene al “metodo di fabbricazione o di produzione”, con la conseguenza (pag. 21, punto 48 dell’impugnato provvedimento) che l’indicazione in questione risulterebbe scorretta anche ai sensi degli artt. 21, comma 1, lett. b), e 22 del Codice del consumo. Ma per la ricorrente anche questa contestazione è del tutto priva di pregio atteso che, salve le quantità industriali che necessariamente richiedono l’impiego di macchinari, il processo è del tutto analogo a quello della frittura casalinga, dove la patatina non è privata dell’amido, è rimescolata in sede di friggitura e sorvegliata per il controllo del giusto punto di cottura. Segue da ciò che il prodotto che si ottiene è analogo a quello che si ha con una frittura casalinga e diverso da quello della chips classica, atteso che il taglio più spesso e la presenza dell’amido, che rendono necessari un diverso metodo di friggitura, danno luogo ad una patatina più spessa, più croccante e meno grassa, perché la presenza dell’amido ostacola l’assorbimento dell’olio di friggitura.
c) Le indicazioni sull’olio di oliva (pagg. 10, 21 e 22 del provvedimento impugnato).
Violazione del Regolamento di esecuzione U.E. n. 29/12, dell’art. 22 del Regolamento C.E. n. 1169 del 2011, degli artt. 1 e 4, l. n. 689 del 1981, richiamati dall’art. 27, comma 13, d.lgs. n. 206 del 2005; violazione degli artt. 20, comma 2, e 21, comma 1, lett. b), e 22, d.lgs. n. 206 del 2005; vizio di motivazione.
Ciò che si imputa alla ricorrente è che sulla confezione della referenza “Eldorada La tradizionale” è apposta, in un apposito riquadro, l’indicazione “olio d’oliva”, senza altre specifiche, e al centro della medesima confezione vi è l’immagine di un’oliva spillante olio. In ciò l’Autorità ravvisa violazione dell’art. 22, comma 1, lett. b), Regolamento C.E. n. 1169/2011, dell’art. 6, Regolamento di esecuzione U.E. n.29 del 2012 e, conseguentemente, degli artt. 21, comma 1, lett. b), e 22, comma 2, del Codice del consumo. Il che è assolutamente errato atteso che, per il succitato Regolamento C.E. n. 1169 del 2011, l’indicazione della “quantità” di un ingrediente utilizzato nella fabbricazione di un alimento è richiesta quando il detto ingrediente figura nella denominazione dell’alimento o è generalmente associato a tale denominazione dal consumatore, è evidenziato nell’etichettatura mediante parole, immagini, rappresentazione grafica o è essenziale per caratterizzare un alimento e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso a causa della sua denominazione o del suo aspetto. Aggiungasi che l’art. 22, comma 1, lett. b), del succitato Regolamento n.1169/2011 va letto unitamente al precedente art. 9, relativo alle “indicazioni obbligatorie”, fra le quali rientra la lista degli ingredienti, e non anche i relativi quantitativi. A questo incombente la ricorrente ha provveduto tempestivamente e compiutamente.
d) L’immagine dell’alimento unita alle patatine (pagg. 10, 11, 12, 22 e 23 del provvedimento impugnato).
Violazione