TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-01-23, n. 201300062

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-01-23, n. 201300062
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201300062
Data del deposito : 23 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00713/2011 REG.RIC.

N. 00062/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00713/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 713 del 2011, proposto da:
F C, rappresentato e difeso dagli avv. E D, A L, con domicilio eletto presso Avv. A L in Ancona, corso Mazzini, 156;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;

Ministero della Difesa Direzione Generale Per il Personale Militare III Reparto, Direzione del Commissariato Militare Marittimo di Ancona della Marina Militare, Centro di Selezione della Marina Militare di Ancona;

per l'annullamento

della nota prot. 7569 del 09.05 2011 recante “Esercizio di attività extraprofessionale non autorizzata. Recupero importi percepiti" e atti connessi del procedimento, tra cui la nota proc. 750158697 dell'11.04 2011 del Ministero della Difesa, la nota n. 0000233 del 31.01.2011 della Presidenza del Consiglio dei Ministri e allegata relazione del Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Ancona, della circolare del Ministero della Difesa n. 301 del 1999, della nota prot. 04 0396572 del 31.07.2008, dell'ordine del giorno n. 31 del 12.04.2011 del Centro di selezione della Marina Militare di Ancona,

e per l'accertamento

dell'insussistenza del diritto della p.a. intimata a procedere ad iniziative di recupero o sanzionatorie avverso il ricorrente per i titoli oggetto di giudizio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2013 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Il ricorrente, in qualità di Sottufficiale in servizio presso il Centro di Selezione della Marina Militare di Ancona, con mansioni di assistente sanitario-infermiere, impugna gli atti in epigrafe con cui l’Amministrazione di appartenenza avviava la procedura di recupero, ai sensi dell’art. 53 comma 7 del D.Lgs. n. 165/2001, della somma complessiva di € 288.701 dallo stesso percepita a titolo remunerativo per attività lavorativa di infermiere svolta, senza la prescritta autorizzazione, presso case di cura e altri organismi sanitari privati negli anni dal 2001 al 2008.

Vengono inoltre impugnati gli atti connessi del procedimento.

Si è costituito il Ministero della Difesa per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.



2. Con il primo motivo viene dedotta violazione dell’art. 896 comma 4 del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. 66/2010) che, nel richiamare solo i commi da 8 a 16-bis dell’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001, esclude il comma 7 applicato invece dall’Amministrazione. Con lo stesso motivo viene inoltre dedotto che lo svolgimento dell’attività libero professionale di infermiere è comunque esercitabile, senza autorizzazione, per effetto degli artt. 1, 208, 212 e 893 del D.Lgs. n. 66/2010 in combinata lettura con le disposizioni della Legge n. 43/2006 che prescrive l’iscrizione nell’albo professionale degli infermieri anche per i pubblici dipendenti.



2.1 L’articolata censura non merita condivisione.



2.2 Al riguardo va ricordato che nel periodo di svolgimento dell’attività in contestazione era vigente il divieto generale di cui all’art. 53 comma 7 del D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui i dipendenti pubblici non possano svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, viene aggiunto che il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte sia versato nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

Il precedente comma 6, dello stesso articolo, stabilisce che tale norma, unitamente ai successivi commi da 8 a 13, si applica a tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 comma 2, compresi quelli di cui all'art. 3 del medesimo D.Lgs. n. 165/2001, ossia i dipendenti del cd. regime pubblico non privatizzato, che include indubbiamente il personale militare.

In tale periodo era inoltre vigente il divieto specifico disciplinato dall’art. 12 della Legge n. 599/1954, secondo cui il sottufficiale in servizio permanente è vincolato da rapporto di impiego di carattere stabile e continuativo, e non può esercitare alcuna professione, mestiere, industria o commercio, né comunque attendere ad occupazioni o assumere incarichi incompatibili con l'adempimento dei suoi doveri.

Successivamente alla conclusione dell’attività in esame, entrava in vigore il D.Lgs. n. 66/2010 secondo cui la professione di militare è incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione, salvo i casi previsti da disposizioni speciali, ed altresì incompatibile con l’esercizio di un mestiere, di un’industria o di un commercio, con la carica di amministratore, consigliere, sindaco o altra consimile, retribuita o non, in società costituite a fine di lucro (art. 894), ribadendo poi il principio generale secondo cui anche i militari non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza (art. 896).

Posto tale quadro normativo di riferimento, risulta quindi irrilevante la disciplina introdotta dalla Legge n. 43/2006 che prescrive l’iscrizione nell’albo professionale degli infermieri anche per i pubblici dipendenti, trattandosi di norma che disciplina esclusivamente i requisiti di professionalità all’interno del pubblico impiego (come analogamente avviene per altre categorie professionali quali, ad esempio, gli avvocati, gli ingegneri e gli architetti che prestano servizio nelle pubbliche amministrazioni) e che non introduce alcuna deroga al regime dei divieti sopra ricordati.

Del resto tale conclusione è confermata dall’art. 210 del D.Lgs. n. 66/2010 che invece introduce una specifica deroga per il solo personale medico;
norma speciale che non può che essere oggetto di stretta interpretazione e su cui si ritornerà per l’esame dell’eccezione di incostituzionalità dedotta con successivo motivo di ricorso.

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