TAR Venezia, sez. III, sentenza 2022-11-14, n. 202201740

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza 2022-11-14, n. 202201740
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202201740
Data del deposito : 14 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2022

N. 01740/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00442/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 442 del 2016, proposto da
C Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati D G e A V, con domicilio eletto presso il loro studio in Venezia-Marghera, via delle Industrie, 19/C P. Libra;

contro

Regione Veneto, A.R.P.A.V. Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

della nota prot. n. 25679 del 22 gennaio 2016 e dell'unito Decreto del Direttore Regionale del Dipartimento Ambientale della Regione Veneto n. 1 del 21 gennaio 2016, avente ad oggetto "Ditta C Ambiente S.r.l. con sede legale in via Feltrin, 125, Noale (VE) e ubicazione installazione in Via Mestrina, in Comune di Noale (VE). Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata con D.G.R. 26 febbraio 2013, n. 213, attività di cui al punto 5.1 dell'Allegato VIII alla Parte II del D.Lgs. 3 aprile 2006, 152 e s.m.i. Diffida ai sensi dell'art. 29 - decies, comma 9, lett. a) del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. l'esercizio di n. 1 impianto mobile di trattamento rifiuti', notificata alla ricorrente a mezzo PEC in data 22 gennaio 2016;

di ogni altro atto connesso per presupposizione e consequenzialità, con particolare, ma non esclusivo, riferimento, laddove occorrer possa, alla nota ARPAV — Dipartimento Provinciale di Venezia prot. n. 86785 dell'8 settembre 2015, avente come oggetto "Diretta interlocuzione con la Ditta nell'ambito del Piano di Monitoraggio e Controllo" ed alla nota ARPAV — Dipartimento Provinciale di Venezia prot. n. 89108 del 14 settembre 2015 e dell'unita Annotazione di servizio del 9 settembre 2015, relativa ai sopralluoghi effettuati in data 8 luglio 2015 presso gli impianti di proprietà di C Ambiente S.r.l., siti in Noale (VE), Via Mestrina n. 46X e Via Feltrin n. 125;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2022 il dott. Paolo Nasini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con D.G.R. n. 213 del 26 febbraio 2013, la Regione Veneto ha approvato, ai sensi dell'art. 208, d.lgs. n. 152 del 2006 (c.d. TUA), il progetto presentato dalla società C Ambiente srl (d’ora in poi C) per l'aggiornamento tecnologico dell'impianto aziendale di trattamento di rifiuti sito in Noale (VE), con contestuale rilascio del giudizio di compatibilità ambientale e dell'Autorizzazione Integrata Ambientale.

Con nota prot. n. 404219 dell'8 ottobre 2015 la Regione Veneto, ai sensi dell'art. 7, l. n. 241 del 1990, ha comunicato a C l'avvio del procedimento amministrativo finalizzato al riesame della vigente Autorizzazione Integrata Ambientale, con particolare riferimento ai punti 22, 23, 24, 25, 26, 27, dell'All. B alla D.G.R. n. 213/2013;
all'applicazione di una delle sanzioni di cui all'art. 29 decies , comma 9, TUA.

A seguito delle osservazioni presentate da C in data 6 novembre 2015 e sulla base degli accertamenti condotti da ARPAV, la Regione Veneto con nota prot. n. 25679 del 22 gennaio 2016 ha trasmesso il decreto n. 1 del 21 gennaio 2016, con il quale ha diffidato C al rispetto di tutte le prescrizioni contenute nell'autorizzazione integrata ambientale costituita dalla D.G.R. 28.02.2013, n. 213, ‹‹per le motivazioni indicate in premessa››, fissando il termine di venti giorni per l’eliminazione delle inosservanze e l’adozione di misure provvisorie o complementari destinate a garantire provvisoriamente la conformità gestionale, dando comunicazione alle Autorità di controllo e alla scrivente delle modalità adottate, con la riserva, in caso di mancato adempimento degli obblighi predetti, di adottare ulteriori provvedimenti ai sensi dell’art. 29 decies , comma 9, d.lgs. n. 152/2006.

Nella motivazione del provvedimento la P.a. ha, in particolare, dato conto del fatto che:

- sussiste la necessità di procedere al riesame dell'autorizzazione integrata ambientale, come comunicato con nota del 08.10.2015, in relazione al PMC e in particolare ai controlli da effettuarsi al fine verificare l'assenza della "mera diluizione", sì che il riesame dell'autorizzazione consentirà di fornire maggiore dettaglio alla prescrizione di cui trattasi, mutuando i contenuti del DM, 05.02.98, ove possibile, e definendo più precisamente i processi che da esso si discostano;

- il rinvenimento di amianto nei materiali che hanno cessato la qualifica di rifiuto fa emergere carenze nelle modalità gestionali in termini di omologa dei rifiuti, verifiche dei carichi e trattabilità dei medesimi, pur ritenute dalla ditta riferibili ad episodi di mera occasionalità;

- al riguardo, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2015, successivamente alle verifiche ispettive relazionate con la nota ARPAV n. 89108 del 14.09.2015, la ditta aveva segnalato un rilevante (rispetto ai periodi precedenti) numero di carichi non conformi per presenza di amianto, circostanza che fa ritenere detta presenza di amianto non episodica;

- il rinvenimento di frammenti di amianto nei materiali che hanno cessato la qualifica di rifiuto a seguito del recupero effettuato presso l'installazione sia da ricordarsi a criticità gestionali, che non garantiscono l'ottenimento di materiali conformi, tanto che tali circostanze sembrano non rivestire carattere di "mera occasionalità".

Con nota inviata in data 11 febbraio 2016, C ha inviato le proprie osservazioni alla diffida impugnata, contestandone il contenuto ed invitando le Amministrazioni coinvolte a riconsiderare le proprie determinazioni.

Con ricorso depositato in data 13 aprile 2016, C ha impugnato i provvedimenti e gli atti indicati in epigrafe, chiedendone l’annullamento, sulla scorta dei seguenti motivi:

1. secondo parte ricorrente il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo, per mancanza dei presupposti ex art. 29 decies , comma 9, d.lgs. n. 152 del 2006, laddove la P.a. ha inteso contestare che "le caratteristiche ambientali (contenuto degli inquinanti e/o cedibilità degli stessi) di rifiuti e/o materiali e/o prodotti non devono essere perseguite mediante pratiche fondate sulla mera diluizione anche incrociata", sottolineando che "il riesame dell'autorizzazione consentirà di fornire maggiore dettaglio alla prescrizione di cui trattasi, mutuando i contenuti del D.M. 5 febbraio 1998 ove possibile e definendo più precisamente i processi che da esso si discostano";
in particolare, secondo parte ricorrente, il titolo autorizzativo non richiede di effettuare il test di cessione di cui all'art. 3, D.M. 5 febbraio 1998 sui rifiuti in ingresso, i quali sono dunque trattabili in impianto indipendentemente dal loro grado di cedibilità;
inoltre, la diffida sarebbe illegittima l'impianto essendo in fase di esercizio provvisorio;

2. il provvedimento impugnato sarebbe parimenti illegittimo per violazione dell'art. 29 decies , comma 9, del D.Lgs. 152/2006, non essendo ravvisabile alcuna violazione della prescrizione di cui al Punto 22, All. B, della D.G.R. n. 213/2013, dal momento che le conclusioni della nota ARPAV prot. n. 86785/2015 in merito alla necessità di effettuare il test di cessione sui rifiuti in ingresso in impianto, non sarebbero condivisibili;

3. il provvedimento sarebbe illegittimo anche in merito al rinvenimento, nei materiali esitati dalle operazioni di recupero svolte presso l'impianto aziendale, di alcuni frammenti di materiale contenente amianto;
secondo parte ricorrente non si potrebbe ravvisare, nell'esercizio dell'impianto da parte della ricorrente alcuna violazione di prescrizioni autorizzative, dal momento che essa si sarebbe sempre scrupolosamente attenuta a quanto previsto nei progetti presentati ed assentiti dall'Autorità regionale e alle prescrizioni autorizzative imposte, sì da privare la diffida in esame di qualsiasi fondamento per radicale mancanza dei presupposti previsti dall'art. 29 decies , d.lgs. n. 152 del 2006;
più precisamente, secondo parte ricorrente, la diffida sarebbe illegittima non essendo ascrivibile alla ricorrente alcuna inosservanza delle prescrizioni autorizzative imposte dall'Ente regionale, dovendosi invece riconoscere che il rinvenimento di alcuni frammenti di ridottissime dimensioni di potenziale cemento-amianto nel materiale esitato dal trattamento di rifiuti è avvenuto nonostante il rispetto di tutte le prescrizioni impartite.

Nonostante la regolarità della notifica nessuno si è costituito in giudizio per l’Amministrazione resistente.

All’esito dell’udienza del 12 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

1. In via preliminare, va rilevato che, con ordinanza n. 562 del 15 aprile 2022 l’intestato Tar ha disposto che la Regione Veneto e Arpav provvedessero a depositare in giudizio relazione recante analitica e precisa descrizione dei fatti successivi all’adozione della diffida impugnata e del ricorso introduttivo del presente giudizio, precisando in particolare, se fossero stati adottati o meno ulteriori provvedimenti ex art. 29 decies , d.lgs. n. 152 del 2006, e se e come si fosse concluso il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale, depositando altresì l’eventuale documentazione correlata. Quanto precede anche al fine di comprendere se permanesse, a distanza di oltre 5 anni dall’adozione del provvedimento impugnato, un interesse diretto ed attuale alla decisione del ricorso, da parte della società ricorrente.

In data 25 maggio 2022 la P.a. ha depositato in giudizio relazione in adempimento alla predetta ordinanza, cui ha fatto seguito il deposito da parte di C di memoria difensiva.

La P.a. resistente, d’altronde, non si è costituita in giudizio.

All’esito dell’udienza del 12 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

In adempimento alla citata ordinanza n. 562 del 15 aprile del 2022, la P.a. resistente, nella relazione depositata in data 25 maggio 2022, della quale si dirà di approfonditamente a breve, ha sottolineato come, a seguito dell’intervenuta adozione, nelle more del giudizio, dell’AIA riesaminata, rilasciata con decreto n. 45 del 15.12.2016, e della definizione del relativo PMC/PGO, le ragioni del ricorso introduttivo del presente giudizio siano divenute inattuali, con improcedibilità dell’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse, sia con riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso alle lavorazioni, sia con riferimento alle modalità gestionali in caso di rinvenimento di amianto nei rifiuti in ingresso.

La P.a. ha sottolineato, in particolare, che l’adozione di tali ulteriori provvedimenti ex art. 29 decies , comma 9, lett. b), c), d), del d.lgs. n. 152/2006, non si è resa necessaria, anche alla luce del riesame dell’AIA conclusosi con il decreto n. 45/2016, che ha puntualmente precisato le modalità per la verifica del rispetto dei principi già indicati nell’AIA n. 213/2013.

L’AIA di cui al decreto n. 45/2016 risulta, da un lato, essere stata impugnata da C con ricorso Rg. n. 186/2017 al TAR tuttora pendente (e successivamente volturata a favore della società C Tecnologie Ambientali srl con decreto n. 20 del 14.02.2017), dall’altro lato, è attualmente oggetto di ulteriore riesame, avente ad oggetto l’intera installazione, a seguito della comunicazione di avvio prot. reg. n. 95804 del 28.02.2020.

2. C, con memoria depositata in data 9 settembre 2022, ha affermato la persistenza di un interesse attuale e diretto alla decisione del ricorso valorizzando:

a. l’attuale pendenza avanti al Tribunale di Venezia di un procedimento penale per fatti che afferiscono l’asserita violazione di talune delle prescrizioni di cui all’AIA n. 213 del 2013, coincidenti con quelle oggetto del provvedimento impugnato nel presente giudizio;

b. l’AIA di cui al decreto n. 45 del 2016 è stata impugnata avanti al TAR Veneto e comunque sussisterebbe un interesse risarcitorio in capo a C, poiché questa, come testualmente indicato a pagg. 10 e 11 della memoria di parte, ‹‹si è vista comunque costretta a porre in essere tutta una serie di attività particolarmente gravose per la società ricorrente: ci si riferisce alle numerose prove analitiche, funzionali all'esecuzione del test di cessione sui rifiuti in ingresso, ed al fatto che tali prove hanno in concreto comportato un incremento dei costi aziendali e, soprattutto, un rallentamento delle lavorazioni (tenuto conto delle tempistiche che tali prove richiedono)››.

Parte ricorrente, al riguardo, ha richiamato la recente decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 13 luglio 2022, sostenendo la necessità che l’intestato TAR si esprima comunque sulla legittimità del provvedimento impugnato.

3. Il Collegio, per converso, ritiene che, nel caso di specie, si possa addivenire ad una pronuncia in rito di improcedibilità del ricorso, senza dover assumere alcun accertamento in ordine all’illegittimità del provvedimento impugnato.

3.1. Per quanto concerne il profilo relativo alla pendenza del procedimento penale è sufficiente ricordare il principio di autonomia del giudizio penale rispetto a quello avanti al G.a. (e viceversa, sia pure con il limite in tal caso dell’art. 654 c.p.), per cui l’eventuale accertamento della legittimità o dell’illegittimità del provvedimento amministrativo da parte del G.a. non incide sull’accertamento in sede penale in ordine a fatti eventualmente integranti reato.

3.2. Per quanto concerne, invece, l’interesse risarcitorio e l’applicazione dell’art. 34, comma 3, c.p.a., il principio di diritto affermato dall’Adunanza plenaria nella sentenza citata secondo il quale ‹‹per procedersi all'accertamento dell'illegittimità dell'atto ai sensi dell'art. 34, comma 3, cod. proc. amm., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori;
non è pertanto necessario specificare i presupposti dell'eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione;
la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall'art. 73 cod. proc. amm.";
"una volta manifestato l'interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l'atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell'azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda"›› deve comunque poter essere diversamente declinato a seconda delle specificità della singola e concreta controversia.

3.3. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato nasceva da una comunicazione di avvio del procedimento avente ad oggetto sia il riesame dell’AIA provvisoria, sia l’applicazione di una delle sanzioni di cui all’art. 29 decies , TUA.

A tal proposito, seppure il provvedimento impugnato in questa sede in motivazione tratti anche del problema delle verifiche da effettuare sui rifiuti in ingresso alle lavorazioni di recupero che portano alla cessazione di qualifica di rifiuto, deve escludersi che nella parte dispositiva dello stesso, concernente la diffida, sia stato effettivamente richiesto a parte ricorrente di adottare fin da subito gli accorgimenti tecnici ritenuti necessari dalla P.a., perché tale contestazione riguardava il riesame dell’AIA, tanto è vero che, come più sopra ricordato, la P.a. ha espressamente sottolineato che ‹‹il riesame dell'autorizzazione consentirà di fornire maggiore dettaglio alla prescrizione di cui trattasi, mutuando i contenuti del DM, 05.02.98, ove possibile, e definendo più precisamente i processi che da esso si discostano››.

Quindi, la diffida non poteva avere e non aveva come oggetto specifico l’inadempimento alle prescrizioni dell’AIA del 2013 in parte qua , la P.a. avendo piuttosto dato conto della necessità di implementare le prescrizioni in quest’ultima contenute in sede di riesame dell’AIA.

Nella relazione depositata in data 25 maggio 2022 la P.a., in ordine alle prescrizioni sui rifiuti in ingresso alla linea di recupero di aggregati riciclati, ha dato conto del fatto che quanto previsto dall’AIA riesaminata di cui al decreto n. 45/2016 chiarisce in via definitiva tutte le verifiche da effettuare sui rifiuti in ingresso alle linee di recupero di materia, dettagliando le verifiche da effettuare sulle singole partite di rifiuti, in tal modo inserendo comunque quel quid pluris che non poteva consentire l’adozione di una sanzione sulla base delle prescrizioni contenute nell’AIA provvisoria.

Quindi, considerato che l’adozione dell’AIA riesaminata e, quindi, definitiva, ha del tutto superato l’AIA del 2013, e che, a ben vedere, il profilo sopra ricordato contenuto nella motivazione del provvedimento impugnato non ha fondato e non poteva fondare la diffida, ma era rivolto proprio all’adozione del successivo provvedimento di riesame dell’AIA provvisoria, in ordine ai primi due motivi di ricorso non può che essere dichiarata l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, a nulla in ogni caso rilevando le spese medio tempore poste in essere da parte ricorrente, non essendo causalmente ricollegabili alla eventuale illegittimità della diffida ex art. 29 decies TUA in esame.

3.4. Per quanto riguarda, invece, il problema del rinvenimento dell’amianto, va rilevato che l’AIA riesaminata ha accolto una versione del PMC/PGO secondo una procedura proposta da C con nota acquisita al protocollo n. 261461 già in data 05.07.2016 e in ordine a tali problematiche parte ricorrente non ha specificamente dedotto un interesse risarcitorio.

Infatti, i costi aziendali e il rallentamento delle lavorazioni lamentati nella memoria difensiva da ultimo depositata, si riferiscono alle asserite numerose prove analitiche, funzionali e all'esecuzione del test di cessione sui rifiuti in ingresso, non alle problematiche gestionali inerenti i residui di amianto e specificamente concernenti la diffida ex art. 29 decies TUA impugnata.

Il fatto che non sia stata adottata alcuna altra sanzione e che successivamente sia stata rilasciata la nuova AIA riesaminata, sì che non potrebbe comunque più giustificarsi una sanzione aggravata sulla scorta della diffida in questa sede impugnata, unitamente alla presentazione della proposta risolutiva da parte di C poi accolta da parte della P.a., fa ritenere che sia in concreto venuto meno l’interesse della ricorrente anche solo all’accertamento dell’illegittimità del provvedimento, non residuando nemmeno un profilo risarcitorio chiaramente dedotto in parte qua .

4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

Nulla sulle spese non essendosi costituita in giudizio la P.a. resistente.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi