TAR Milano, sez. V, sentenza 2023-12-11, n. 202302989

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. V, sentenza 2023-12-11, n. 202302989
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202302989
Data del deposito : 11 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/12/2023

N. 02989/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00921/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 921 del 2021, proposto da
-OISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Codogno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Codogno n. 6 del 2 marzo 2021, notificata al ricorrente in pari data;

- di ogni altro atto o provvedimento preordinato, richiamato, coordinato, connesso e conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Codogno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2023 la dott.ssa Concetta Plantamura e udito per la parte resistente il difensore, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 3 maggio 2021 e depositato il successivo 2 giugno 2021 l’esponente, all’epoca in servizio come dipendente di ruolo del Comune di Codogno, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza, in epigrafe specificata, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto più profili.

Si è costituito il Comune di Codogno, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.

Con ordinanza del 25/6/2021, n. 626 la Prima Sezione ha respinto la formulata domanda cautelare « in quanto l’ordinanza sindacale impugnata, con la quale si dispone che <<l’accesso e la condivisione di spazi comuni all’interno delle strutture comunali da parte di dipendenti, di amministratori comunali e di utenti sia consentito esclusivamente indossando mascherina chirurgica o FFP2 (o avente performance di filtrazione maggiore)>>
è meramente riproduttiva di obblighi già imposti da altre fonti ordinamentali ed è dunque priva di effetti innovativi, quantomeno in relazione a detti obblighi.

L’obbligo generale di indossare nei luoghi al chiuso, diversi dalle abitazioni private, i dispositivi di protezione delle vie respiratorie è infatti previsto dall’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 gennaio 2021, vigente al momento dell’adozione dell’ordinanza, e si pone in continuità con la normativa emergenziale sia antecedente che successiva.

L’obbligo generale è stato altresì specificato, per quanto riguarda l’adozione dei dispositivi di protezione individuali negli ambienti di lavoro, dal Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del SARS-CoV-2, sottoscritto in data 24 aprile 2020, di approvazione delle linee guida per l’adozione dei protocolli di sicurezza, che ciascun datore di lavoro individua sulla base del complesso dei rischi valutati, tra le quali è espressamente previsto l’utilizzo della mascherina chirurgica per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni.

Ai sensi dell’articolo 16, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 2020, n. 27, è inoltre specificato che i dispositivi di sicurezza, imposti a tutti i lavoratori che oggettivamente siano impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono solo le mascherine chirurgiche correttamente indossate.

L’incarico conferito dal Sindaco alla Polizia locale di vigilare sull’osservanza dell’obbligo di indossare la mascherina chirurgica (o FFP2 o con filtrazione maggiore) per l’accesso al luogo di lavoro e per la condivisione di spazi comuni discende altresì dall’articolo 2087 del codice civile e dal combinato disposto degli articoli 18, comma 1, lettera d), 74, comma 1, e 77, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, i quali pongono a carico del datore di lavoro l’obbligo primario di controllare che i lavoratori si adeguino alle prescrizioni di indossare correttamente i dispositivi di sicurezza e non pongano in atto comportamenti elusivi o di trascuratezza dei reciprochi obblighi di prevenzione e sicurezza.

L’ordinanza sindacale non spiega dunque alcun effetto nel procedimento disciplinare avviato nei confronti del dipendente comunale, al quale sono stati contestati gli addebiti del Codice disciplinare, di cui all’articolo 59, comma 3, lettere b), d) ed h), del C.C.N.L. 2016-2018 del comparto funzioni locali del 21 maggio 2018, ovvero la violazione del canone comportamentale di correttezza nonché l’inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro e di altri obblighi comportamentali atipici, la cui fonte deve essere ravvisata nell’integrazione della disciplina emergenziale con la disciplina della prevenzione e della sicurezza sui luoghi di lavoro. (…) ».

Il 16 maggio 2022 il patrocinio del Comune di Codogno, dopo avere rappresentato « che:

- in data 28.04.2022 il ricorrente sig. -OISSIS- comunicava le proprie dimissioni a far tempo dal 02.05.2022 (doc. 33);

- (…) il Comune di Codogno, con determina n. 273 del 9.5.2022, manifestava la sua accettazione e presa d’atto delle predette dimissioni (docc. 34 - 35) » ha chiesto la declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse al ricorso in epigrafe, con vittoria di spese e compenso professionale, a titolo di soccombenza virtuale.

Il 1° dicembre 2023 la difesa di parte ricorrente ha dichiarato il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione di merito del ricorso, con vittoria di spese e compenso professionale a titolo di soccombenza virtuale e, in subordine, a spese compensate.

All’udienza pubblica del 4 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è improcedibile.

In virtù della dichiarazione di sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione, come sopra formulata da parte ricorrente, il Collegio non può che dichiarare il ricorso improcedibile, ex art. 35, comma 1, lett. c) del c.p.a. (cfr., ex multis , Cons. Stato, VII, 30-08-2022, n. 7553;
id., II, 23-09-2022, n. 8176;
id., V, 10-01-2023, n. 302).

Nondimeno, ai fini delle spese di lite - da regolare, come peraltro richiesto da entrambe le parti, seguendo il criterio della soccombenza virtuale -, il Collegio ritiene il ricorso in epigrafe privo di elementi di fondatezza, per le ragioni già condivisibilmente affermate nell’ordinanza cautelare n. 626/2021, sopra citata.

Ne consegue che, le spese stesse vanno poste a carico del ricorrente e a favore del resistente, e liquidate come da dispositivo.

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