TAR Catania, sez. II, sentenza 2012-11-23, n. 201202744
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N. 02744/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01052/1994 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1052 del 1994, proposto da:
C C, rappresentato e difeso dagli avv. G G e Giovanni D'Angelo, con domicilio eletto presso il primo in Catania, viale XX Settembre,47/E;
contro
Comune di Fondachelli Fantina (Me), in persona del Sindaco legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. L T, con domicilio eletto presso lo stesso in Catania, via Umberto, 296;
per l'annullamento
del diniego di assunzione in relazione a richiesta formulata dal soggetto ricorrente a norma dell’art. 57 della l. r. 1 settembre 1993, n. 25.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fondachelli Fantina (Me);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2012 il dott. G G R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 28/01/1994, e depositato presso la segreteria del giudice adito il 25/02/1994, il Sig. Calogero Carmelo si doleva dell’operato del Comune di Fondachelli Fantina (ME), il quale aveva mancato di riconoscere il diritto da parte dello stessa a fruire del beneficio contemplato all’interno dell’art. 57 della L. R. n. 25/1993, relativo all’assunzione presso gli enti locali della Regione Siciliana di lavoratori in servizio presso i primi con contratto di lavoro subordinato o con contratto d’opera individuale instaurato in data antecedente al 31/12/1990.
Più in dettaglio il ricorrente censurava l’operato della amministrazione intimata, nella misura in cui la stessa, in considerazione del rinvio della norma prima menzionata all’art. 3 della L. R. n. 22/1991 per la individuazione dei requisiti previsti per l’accesso al beneficio in considerazione, aveva in concreto ritenuto carente quello rappresentato dalla esistenza di un pregresso contratto di prestazione d’opera fra il comune di Fondachelli Fantina ed il soggetto ricorrente, i pregressi rapporti fra tali soggetti dovendo invece essere ricondotti alla figura del(la esecuzione di un) contratto di appalto.
Risultando dirimente, ai fini della decisione della controversia, la esatta qualificazione della natura dei pregressi rapporti contrattuali intercorsi fra il soggetto ricorrente e l’amministrazione intimata, e non essendo allo stato degli atti disponibile alcuna evidenza documentale da cui poterla desumere in modo certo, la III sezione del T.A.R. Sicilia – sezione di Catania adottava apposita sentenza interlocutoria, la n. 1712/1998, con la quale onerava l’amministrazione intimata di una dettagliata produzione documentale finalizzata a garantire la conoscenza degli elementi di conoscenza a ciò indispensabile.
Non essendo stato osservato l’onere menzionato nel paragrafo precedente da parte dell’amministrazione intimata veniva adottata, da questa stessa sezione del T.A.R. Sicilia – sezione staccata di Catania, l’ordinanza collegiale istruttoria n. 1646/2012, cui faceva seguito il deposito in data 08/10/2012 presso gli uffici di segreteria del giudice adito della documentazione con essa richiesta.
Con atto del 04/08/2012 il soggetto ricorrente, ritenendo non poter comunque più conseguire il beneficio dell’assunzione presso l’amministrazione intimata, ampliava il contenuto delle proprie richieste proponendo, a norma dell’art. 30 CPA, una domanda avente ad oggetto il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali discendenti dalla propria (e ritenuta illegittima) mancata assunzione da parte dell’amministrazione intimata;peraltro con atto semplicemente depositato in segreteria e non notificato (malgrado una tale intenzione fosse possibile ritenere esser stata propria al patrocinatore, stante la predisposizione di uno schema per la relata di una notifica peraltro mai effettuata).
In data 5 ottobre 2012 il contraddittorio processuale veniva ulteriormente arricchito dal deposito di memoria da parte del soggetto ricorrente, al cui interno veniva ulteriormente sottoposta a critica – nel rispetto del thema decidendum così come configurato all’interno dell’atto introduttivo del giudizio – la decisione assunta dall’amministrazione intimata, in relazione alla ritenuta mancanza del presupposto indispensabile per l’accoglimento delle istanze formulate al suo indirizzo dal soggetto ricorrente, e rappresentato dal ricorrere di un contratto di prestazione d’opera, piuttosto che di appalto, fra la prima ed il secondo. Veniva altresì richiesta, all’interno di tale atto la ricostituzione della propria posizione assistenziale e previdenziale.
Acquisita alfine la documentazione ritenuta indispensabile ai fini della decisione, il Collegio può passare all’esame delle proposte censure di merito.
Premesso di condividere l’opinione di parte ricorrente circa l’irrilevanza del nomen juris impiegato dalle parti per qualificare il contratto alla stregua di una pacifica giurisprudenza della Suprema Corte (per la quale, ex plurimis e più di recente Cass. Civ., sez. V, sent. 6 ottobre 2011, n. 20445;recente Cass. Civ., sez. III, sent. 8 luglio 2010, n. 16116), il Collegio ritiene che l’unico criterio per distinguere fra contratto di appalto e di prestazione d’opera possa essere desunto – in conformità alle più persuasive pronunce della Suprema Corte - dalla struttura organizzativa del soggetto chiamato a svolgere l’attività. Ed infatti “se, per un verso, l’appalto ed il contratto d’opera hanno in comune l’obbligazione, verso il committente, di compiere, a fronte di un corrispettivo, un’opera, o un servizio, senza vincolo di subordinazione e con l’assunzione di rischio da parte di chi li esegue, per altro verso le due fattispecie negoziali si differenziano per il fatto che l’opera, o il servizio, comportino, nella prima, un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto, e nella seconda fattispecie, il prevalente lavoro dell’obbligato medesimo, pur se adiuvato da componenti della sua famiglia e da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa desumibile dall’art. 2083 C.C. Ne consegue che solo valorizzando il diverso profilo del modulo produttivo che fa capo all’obbligato, e non quello della natura, dell’oggetto e del contenuto della prestazione, il giudice del merito può correttamente qualificare come appalto o contratto d’opere il rapporto negoziale con il quale un imprenditore si sia obbligato, verso un corrispettivo e senza vincoli di subordinazione, al compimento di un’opera o di un servizio”(Cass. Civ., sez. II, sent. 17 luglio 1999, n. 7607;ed ulteriormente Cass. Civ., sez. III, sent. 24 settembre 1997, n. 9237).
Ora il carattere della personalità nella prestazione costituente oggetto del negozio concluso per scrittura privata del 12/12/1992 (e registrato il 31/12/1992 a n. rep. 1299) fra l’amministrazione intimata ed il soggetto ricorrente si desume con chiarezza dal testo dell’art. 5 del capitolato d’oneri che figura in allegato al precitato contratto, ed alla cui stregua, al fine della eventuale irrigazione di penali nei confronti dell’appaltatore, rileva “il mancato espletamento del servizio addebitabile all’appaltatore” – id est : alla di lui persona, e non ad una più complessa struttura organizzativa dei cui risultati egli debba rispondere a norma del combinato disposto degli artt. 1655 e 2082 C.C., e della cui considerazione non vi è alcuna traccia né all’interno del negozio in considerazione, né all’interno degli ulteriori atti che ne integrano il testo in qualità di allegati. Del resto la presente ricostruzione risulta avvalorata dal contenuto della delibera n. 6 del 04/08/1990 del Comune di Fondachelli Fantina prodromica allo svolgersi di una procedura selettiva a trattativa privata (ed ancora: essa stessa prodromica alla stipulazione del contratto di cui si discute), ed in relazione alla quale, piuttosto che la titolarità di una azienda di autotrasporto (ovvero: di un titolo che avrebbe astrattamente consentito di riconoscere agli aspiranti la qualifica di imprenditore ex art. 2082 C.C.), è stato richiesto unicamente il “possesso di patente di guida “D” “K” pubblica”.
Per quanto invece concerne la proposta domanda risarcitoria, per pacifica giurisprudenza (in termini Consiglio di Stato, sez. V, sent. 5 ottobre 2011, n. 5445 ;Consiglio di stato, sez. IV, sent. 8 agosto 2008, n. 3923), essa deve essere notificata alle parti, e non può essere proposta attraverso una semplice memoria depositata in segreteria, così come invece avvenuto nel caso concreto. Di conseguenza la domanda in questione deve essere dichiarata inammissibile.
Tanto premesso, dichiarata inammissibile la proposta domanda di risarcimento del danno, il Collegio accoglie il ricorso in epigrafe, annullando la nota con la quale l’amministrazione intimata aveva escluso il soggetto ricorrente dal poter godere dei benefici previsti dall’art. 3 della l. r. n. 22/1993. Rimane escluso, in assenza di una prestata attività lavorativa a beneficio dell’amministrazione intimata, l’obbligo per quest’ultima di procedere alla corresponsione di (non dovuti) emolumenti retributivi, ed invece doveroso procedere alle attività di ricostruzione della di lui posizione assistenziale e previdenziale conseguenti alla presente pronunzia.
I provvedimenti in materia di refusione delle spese processuali vengono adottati nel rispetto del principio della soccombenza, con rinvio per la loro liquidazione al dispositivo.