TAR Roma, sez. II, sentenza 2011-01-10, n. 201100072
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N. 00072/2011 REG.PROV.COLL.
N. 10605/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 10605 del 2003, proposto dal Sig. Di C A, rappresentato e difeso dall'avv. A R P, con domicilio eletto presso G Mancini in Roma, via Ovidio, 26;
contro
Provincia di Viterbo, rappresentato e difeso dall'avv. C/O Avv.Prov.Viterbo Stringola Maria Teresa, con domicilio eletto presso R Vttoni in Roma, via Cesare Fracassini, 18;
per la condanna
della Provincia di Viterbo: a) al risarcimento del danno provocatogli dalla occupazione abusiva (e conseguente perdita di ogni facoltà inerente al diritto di proprietà, del suo appezzamento di terreno (sito in Tuscania, distinto in catasto alla partita n.6821, foglio 122, part.lle 21 e 39, e foglio 133, part.lla n.18), dal deprezzamento del terreno residuo e dalla separazione del fondo in due parti;b) nonché al pagamento delle ulteriori competenze dovutegli a titolo di rivalutazione monetaria e/o di interessi legali e delle spese processuali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Viterbo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2010 il Cons. Avv. C M d M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in esame il ricorrente chiede la condanna dell’Amministrazione convenuta al risarcimento dei danni provocatigli per la illegittima occupazione di parte del suo fondo (con connessa perdita della possibilità di esercitare le facoltà inerenti il diritto di proprietà), nonché per la perdita di valore del restante parte;nonché al pagamento delle ulteriori somme asseritamente dovutegli a titolo di rivalutazione monetaria, di interessi legali maturati e maturandi, e delle spese legali anticipatamente sostenute.
2. Prima di entrare nel merito della questione, si appalesa necessaria una breve ricostruzione dei fatti rilevanti ai fini della valutazione della pretesa attorea.
2.1. Con deliberazione di Giunta Provinciale n.183 del 17.7.1980 il Consiglio Provinciale della Provincia di Viterbo approvava i progetti di ammodernamento di alcune strade provinciali, tra le quali la Strada Provinciale Dogana (per il tratto corrente dal Km 0 al Km 14), dichiarando la pubblica utilità, nonché la urgenza ed indifferibilità dell’opera.
Con successivo atto deliberativo n.89 del 22.3.1982 lo stesso Organo collegiale autorizzava l’Amministrazione ad occupare in via d’urgenza e per cinque anni, ai sensi della L. n.865 del 1971, della L. n.1/1978 e della L.reg. n.79 del 1978, le aree interessate.
Pertanto, con atto del 22.6.1982 la Provincia di Viterbo si immetteva nel possesso di una porzione di terreno facente parte di un più ampio fondo di proprietà del ricorrente, sito in località Poggio Martino, distinto in catasto alla partita n.6821, fg. 122, part.lle n.21 e 39 e fg. 133, part.lla 18, di complessivi Ha 55.97,70.
In particolare, l’Amministrazione occupava mq 6.000 della part.lla 21;mq 900 della part.lla 18 e mq 900 della part.lla 39 (per un totale di mq 7.800), fissando una indennità di £.360 per ogni mq.
Il ricorrente non accettava la misura dell’indennità.
2.2. Non ostante la realizzazione dei lavori previsti, l’Amministrazione non ha mai definito il relativo procedimento amministrativo, avendo omesso di perfezionare il decreto di esproprio e gli atti presupposti o alternativi (non essendo pervenuta alla formalizzazione dell’atto di cessione volontaria, né avendo mai adottato un atto ricognitivo di acquisto a titolo originario dei terreni in questione).
2.3. Conseguentemente, l’irreversibile trasformazione del terreno e la mancata adozione del provvedimento ablatorio ha indotto il proprietario a chiedere il risarcimento del danno subìto per l’occupazione (sostanzialmente pur se illecitamente) acquisitiva dei suoi terreni.
Sicchè, con atto notificato il 5.7.2000 citava l’Amministrazione innanzi al Tribunale Civile di Viterbo, che - però - con sentenza n.1501 del 2002 si è dichiarato carente di giurisdizione in merito alla questione.
2.4. Nel corso del giudizio civile, con determinazione dirigenziale n.10/542/L del 30.10.2000 l’Amministrazione ha liquidato £. 2.642.400 in favore del ricorrente, il quale le ha accettate ed incassate esclusivamente “a mero titolo di acconto sul maggior dovuto per il risarcimento del danno patito in conseguenza dell’occupazione acquisitiva” .
3. A questo punto il proprietario ha adìto questo TAR con il ricorso in esame, con cui chiede il risarcimento dei danni subìti.
3.1 Nel corso del giudizio il ricorrente ha, per così dire, “ridotto” la domanda iniziale, in quanto ha rinunciato alla indennità per la occupazione legittima e temporanea ed al risarcimento dei danni morali, originariamente richiesti.
La domanda è dunque volta ad ottenere:
il risarcimento del danno provocato dall’Amministrazione a cagione della occupazione abusiva (e conseguente perdita di ogni facoltà inerente al diritto di proprietà) del suo appezzamento di terreno (sito in Tuscania, distinto in catasto alla partita n.6821, foglio 122, part.lle 21 e 39, e foglio 133, part.lla n.18);
il risarcimento dell’ulteriore danno derivante dal deprezzamento del terreno residuo e dalla separazione del fondo in due parti;
il pagamento delle ulteriori competenze dovutegli a titolo di rivalutazione monetaria e/o di interessi legali;
la rifusione delle spese processuali.
Il ricorrente chiede altresì che il Tribunale adito dichiari l’obbligo dell’Amministrazione di adottare i provvedimenti conclusivi del procedimento che definitivamente producano il trasferimento della proprietà, in capo ad essa, dei beni irreversibilmente trasformati;o che dichiari giudizialmente l’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà.
3.2. Con Ordinanza presidenziale istruttoria sono stati acquisiti documentati chiarimenti in ordine ai fatti di causa.
3.3. Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha dapprima eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento.
Successivamente ha formulato una sua proposta risarcitoria supportata da una relazione tecnica, volta alla definizione del contenzioso, offrendo - a titolo di liquidazione dei danni cagionati - la complessiva somma di € 7.988,48 (salvo conguagli a scomputo delle somme già corrisposte ed incassate dal ricorrente a titolo di acconto), ed impegnandosi - in caso di accettazione - a corrispondere la somma pattuita senza indugio e ad emettere formale e motivato decreto ai sensi dell’art.43 della DPR n.327 del 2001.
L’Amministrazione si è comunque opposta alla nomina di un CTU, sostenendo che la valutazione operata dai suoi tecnici è corretta e conforme ai principii giurisprudenziali che regolano la materia (e ciò in quanto “l’Ente non si è limitato a tenere conto del valore agricolo medio, ma (…) ha parametrato l’indennità ai prezzi correnti di mercato” ).
3.4. Il ricorrente non ha accettato l’offerta dell’Amministrazione ed ha insistito per la condanna dell’Amministrazione, previo esperimento di CTU per la valutazione liquidazione dei danni patiti.
3.5. Infine, all’udienza del 24.11.2010, uditi i Difensori delle parti, che hanno insistito nelle rispettive conclusioni, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame il ricorrente chiede la condanna dell’Amministrazione:
a) al risarcimento del danno da quest’ultima provocatogli mediante la occupazione abusiva (e conseguente perdita di ogni facoltà inerente al diritto di proprietà) del suo appezzamento di terreno (sito in Tuscania, distinto in catasto alla partita n.6821, foglio 122, part.lle 21 e 39, e foglio 133, part.lla n.18);
b) al risarcimento dell’ulteriore danno derivante dal deprezzamento del terreno residuo e dalla separazione del fondo in due parti;
c) al pagamento delle connesse competenze dovutegli a titolo di rivalutazione monetaria e/o di interessi legali;
d) alla rifusione delle spese processuali sostenute per la tutela giudiziale del suo diritto.
Il ricorrente chiede altresì che il Tribunale adito dichiari l’obbligo dell’Amministrazione di adottare i provvedimenti conclusivi del procedimento che definitivamente producano il trasferimento della proprietà, in capo ad essa, dei suoi beni irreversibilmente trasformati;o che dichiari giudizialmente l’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà.
1.1. La domanda giudiziale volta ad ottenere il risarcimento del danno è fondata ;e pertanto - limitatamente alla questione relativa al c.d. “an debeatur”, e riservata al definitivo ogni decisione circa il c.d. “quantum debetur” - può essere immediatamente accolta con pronunzia parziale (ai sensi dell’art.36, 2° comma, del c.p.a.), per le ragioni che si passa ad esporre.
L’ eccezione secondo cui l’azione risarcitoria si sarebbe prescritta , non può essere condivisa.
Il diritto al risarcimento non può essersi prescritto in quanto il termine preclusivo non è mai decorso ( rectius: non ha mai iniziato a decorrere ).
La più recente giurisprudenza afferma, infatti, al riguardo, che a seguito dell’entrata in vigore dell’istituto dell’ acquisizione sanante di cui all’art.43 del DPR 8 giugno 2001, n.327, in caso di occupazione sine titulo a fini espropriativi, “l’illecito permane fino alla restituzione dell’immobile ovvero al sopravvenire di un formale atto di acquisizione, con la conseguenza che fino a tale momento non inizia a decorrere il termine di prescrizione dell’azione di risarcimento del danno sofferto …” (CS, IV^, 7.4.2010 n.1983;Cfr., al riguardo, anche CS, IV^, 15.9.2009 n.5523;Id., 4.12.2008 n.5984).
1.1.2. Quanto al merito della causa (pretesa risarcitoria), non può essere ignorato che tanto dai documenti prodotti dal ricorrente, quanto da quelli prodotti dalla stessa Amministrazione resistente, risulta incontrovertibilmente che il procedimento ablatorio, iniziato nel 1980 con la dichiarazione di pubblica utilità, necessità ed urgenza delle opere - di cui alla delibera di GM n.183 del 17.7.1980 (in atti) - non si è mai definitivamente concluso con il formale decreto di espropriazione, atto costitutivo del nuovo diritto di proprietà in capo all’espropriante.
Ed anche il sub-procedimento volto all’occupazione del fondo appare carente di alcuni atti (come il verbale di immissione in possesso e la relazione indicante la consistenza dei beni da occupare) necessari a legittimare l’ablazione in via d’urgenza in questione.
E’ pertanto evidente che l’Amministrazione provinciale ha agito in spregio alla normativa sull’espropriazione vigente all’epoca (L. n.2359 del 1865;L. n.1 del 1978 come modificata dall’art.7 della L. n.385 del 1980), dando corso all’occupazione sine titulo del fondo del ricorrente;e perpetrando, in tal modo, un vero e proprio atto illecito fonte di responsabilità aquiliana .
La inosservanza da parte dell’Amministrazione delle norme procedimentali volte a proteggere il diritto di proprietà (da affievolimenti e compressioni costituzionalmente illegittime) costituisce già di per sé ( rectius: ipso facto ) una condotta stigmatizzabile come “colpevole”.
In ogni caso l’Amministrazione non ha addotto elementi giustificativi idonei a scriminare , in qualche modo, la sua condotta.
Nel caso dedotto in giudizio, tale condotta ha prodotto a carico del proprietario un danno ingiusto - perché non basato su alcun titolo legittimante - consistente nella ablazione delle facoltà inerenti il diritto di proprietà e nel relativo deprezzamento del terreno a cagione della sua inutilizzabilità.
E poiché tale condotta è ascrivibile direttamente, a titolo di colpa, all’Amministrazione, non appare revocabile in dubbio che quest’ultima sia tenuta a risarcire il danno cagionato.
Non resta pertanto al Collegio che dichiarare il diritto del ricorrente ad ottenere dall’Amministrazione il risarcimento del danno, da liquidare mediante apposita CTU.
Nel corso del giudizio il ricorrente ha rifiutato, com’era suo diritto, l’offerta risarcitoria proposta dall’Amministrazione, avendola ritenuta inidonea a soddisfare la sua pretesa ed a compensarlo per intero dei danni subìti;ed ha chiesto che venga nominato un CTU con l’incarico di quantificare l’ammontare monetario del danno.
Considerato quanto statuito nel precedente capo in ordine alla fondatezza della pretesa, ed esaminate le contestazioni avanzate dal ricorrente in ordine alla valutazione (del danno) esperita dai tecnici dell’Amministrazione, il ricorso alla CTU appare necessario.
Il Collegio ritiene pertanto di disporre una consulenza tecnica d’ufficio volta a stabilire:
il valore di mercato - anche in relazione agli indici di edificabilità applicabili - dei terreni e degli immobili modificati dall’opera pubblica per cui è causa, con riguardo alla data in cui, per effetto del compimento dell’opera pubblica, si è verificata l’irreversibile trasformazione del fondo;
la misura del deprezzamento della parte residua del fondo.
A tal fine, il Collegio:
a) nomina consulente tecnico d’ufficio l’Architetto V C, con studio in Roma 00194, Via _Orti della Farnesina n. 133, il quale presterà giuramento nelle forme di legge davanti al giudice relatore al momento del deposito della relazione di consulenza;
b) assegna per il deposito della relazione di CTU il termine complessivo di centoventi giorni a decorrere dalla data di comunicazione o notificazione della presente decisione;
c) dà facoltà alle parti di nominare propri consulenti nelle forme di rito;
d) liquida in complessivi euro 2500,00 il compenso spettante al C.T.U. che pone provvisoriamente a carico dei ricorrenti.
Fissa la prossima udienza per la trattazione del ricorso al giorno 13 luglio 2011.
2. In conclusione, in considerazione delle superiori osservazioni il Collegio ritiene che ricorrano le condizioni per adottare una pronunzia parziale ai sensi del 2° comma dell’art.36 del
c.p.a.
In particolare ritiene di dichiarare immediatamente il diritto del ricorrente ad ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illecita occupazione del suo terreno e per la diminuzione di valore della rimanente porzione del fondo, oltre agli accessori dovuti per legge (da liquidare con la sentenza definitiva);e di nominare un CTU per la quantificazione dell’ammontare dovutogli a titolo di risarcimento.