TAR Firenze, sez. IV, sentenza 2024-07-01, n. 202400802
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Testo completo
Pubblicato il 01/07/2024
N. 00802/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01495/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1495 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati L N, L B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, Questura Firenze, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliataria
ex lege
in Firenze, via degli Arazzieri, 4;
per l'annullamento
- del foglio di via obbligatorio n. -OMISSIS-, emesso dal Questore di Firenze il -OMISSIS-, notificato in pari data, non protocollato, a mezzo del quale veniva ordinato al ricorrente il rimpatrio nel Comune di Borgo San Lorenzo (FI), con divieto di fare ritorno nel Comune di Firenze per anni quattro, con l'ingiunzione a presentarsi presso il Sindaco di Borgo San Lorenzo (FI) entro un giorno dalla data della notifica e con l'avvertenza che in caso di inottemperanza verrà deferito all'Autorità Giudiziaria ai sensi dell'art. 163 T.U.L.P.S.;
- dell'avviso orale n. -OMISSIS- emesso il -OMISSIS- dal Questore di Firenze, comunicato in pari data;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura Firenze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 giugno 2024 il dott. Nicola Fenicia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame in decisione il ricorrente ha impugnato il foglio di via e l’avviso orale emessi nei suoi confronti dal Questore di Firenze il -OMISSIS-.
Entrambi tali provvedimenti hanno tratto fondamento da un intervento della Polizia volto a sgomberare un edificio, sito in Firenze, Via Gramsci n. 37, occupato da alcuni manifestanti a fini dimostrativi e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Nel corso di tale intervento l’interessato è stato trovato, fra i manifestanti, all’interno dell’immobile, e perciò è stato denunciato per i delitti di cui agli artt. 633, e 635 e 639 c.p. (invasione di terrenti o di edifici, danneggiamento e deturpamento e imbrattamento di cose altrui).
Essendo gravato il medesimo da un precedente analogo, la Questura ha ritenuto d’inquadrare il ricorrente “ in una delle categorie di cui all’art. 1 lettera c) del decreto legislativo nr. 159 del 2011 ”.
Con il primo motivo, i provvedimenti sono stati impugnati per violazione di legge (artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 159/2011), ed eccesso di potere, in quanto, rispetto al foglio di via, l’Amministrazione:
- non avrebbe effettuato il c.d. “doppio vaglio di pericolosità”, con conseguente carenza istruttoria e motivazionale, sia in relazione alla riconducibilità dell’interessato ad una delle categorie di cui all’art. 1 d.lgs. 159/2011, sia quanto alle ragioni che indurrebbero a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi coincidenza tra l’appartenenza ad una delle predette categorie e la pericolosità per la sicurezza pubblica;
- avrebbe operato con carenza e/o difetto di motivazione specie sul punto dell’obiettiva pericolosità del ricorrente;
Con il secondo motivo, entrambi i provvedimenti sono stati impugnati per violazione degli artt. 2 e 4 della Costituzione, oltre che per carenza di istruttoria, illogicità e irragionevolezza, deducendosi, in sintesi che nel caso di specie tutti gli accertamenti compiuti dalla P.A. si concentrerebbero esclusivamente su un singolo episodio, peraltro insignificante, che sarebbe avvenuto il giorno stesso in cui la Questura aveva adottato sia il foglio di via che l’avviso orale, costituito dal fatto che il ricorrente sarebbe stato semplicemente “trovato” in un immobile occupato a fini dimostrativi;mentre sarebbe assente una valutazione complessiva dello stile di vita dello stesso e l’indicazione dei motivi per i quali egli sarebbe “ dedito alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica ”.
Il Ministero dell’Interno e la Questura di Firenze si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.
Con ordinanza cautelare del 15 febbraio 2024 il Collegio ha accolto l’istanza cautelare, disponendo la sospensione dei provvedimenti gravati.
All’udienza pubblica del 28 giugno 2024, all’esito della discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni che si passa ad illustrare.
1.1. Il presupposto per l’applicazione delle misure di prevenzione in esame è la pericolosità del soggetto destinatario, da verificare attraverso la probabilità che egli possa in futuro adottare comportamenti particolarmente offensivi per l’ordine pubblico.
A tal fine, l’Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione tecnico-discrezionale in ordine alla pericolosità del soggetto, che deve essere desunta da elementi di fatto specifici e concreti, idonei a suffragare un giudizio prognostico sulla probabilità che il soggetto commetta reati che offendono o mettono in pericolo la tranquillità e la sicurezza pubblica.
In particolare, assumono rilievo centrale, sul piano istruttorio e motivazionale, il profilo soggettivo, relativo alla dedizione del soggetto alla commissione dei reati, e quello oggettivo, inerente alla attitudine offensiva dei medesimi reati nei confronti dei beni nominativamente individuati dal legislatore e cioè, per quanto di interesse, quelli della sicurezza e della tranquillità pubblica.
1.2. Nella fattispecie in esame manca l’adeguata e puntuale motivazione in ordine alla riconducibilità del ricorrente ad una delle categorie di cui all’art. 1 lett. c) del d.lgs. n. 159 del 2011: “ coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’art. 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica ”.
La mancanza di specificità della motivazione emerge dalla stessa descrizione dei fatti contestati nel foglio di via e nell’avviso all’odierno ricorrente e posti a fondamento del giudizio di pericolosità del soggetto.
Infatti, da un lato, manca la descrizione di un atteggiamento aggressivo o pericoloso tenuto dall’interessato nell’occasione, dall’altro egli è stato semplicemente “trovato” all’interno dell’edificio che era stato occupato a fini dimostrativi.
1.3. In particolare il ricorrente è stato deferito all’AG per i reati di cui agli artt. art. 633, 635, 639 c.p. (invasione di terreni o edifici, danneggiamento, imbrattamento) e la sua condotta, ai fini punitivi, verrà valutata in sede penale. Ai fini delle misure di prevenzione amministrativa qui in esame, tuttavia, l’Amministrazione è tenuta a dare adeguata motivazione circa la ricorrenza a carico della persona interessata di specifici indici di pericolosità sociale, sia nel senso della sua appartenenza ad una delle specifiche categorie soggettive di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2011, sia nel senso di avere essa tenuto condotte significative e concludenti ai fini della dimostrazione della apprezzabile probabilità che essa commetterà ulteriori reati e che risulti quindi pericolosa per la sicurezza pubblica, come richiede l’art. 2 del d.lgs. n. 159 del 2011 ai fini dell’adozione del foglio di via. Di ciò non vi è riscontro negli atti gravati.
1.4. In particolare, il potere amministrativo esercitato nella fattispecie, sia rispetto al foglio di via che all’avviso orale, avrebbe dovuto muovere dalla ragionevole possibilità di desumere dal comportamento del suddetto, “ sulla base di elementi di fatto ”, la sua dedizione “ alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica ”.
Il concetto di dedizione corrisponde al fatto di mettere a disposizione le proprie energie e le proprie qualità a disposizione di qualcuno o qualcosa, nel caso di specie al compimento di reati del genere suddetto, e la figura è assimilabile a quella penalistica dell’abitualità nel delinquere dalla quale si differenzia poiché richiede un quid pluris consistente appunto nel fatto di utilizzare le proprie energie vitali a favore della commissione di certe tipologie di reato.
In particolare, il giudizio circa la dedizione alla commissione di reati presuppone una qualificazione soggettiva dell’interessato fondata su precisi e circostanziati elementi di fatto dai quali sia possibile evincere che egli ha fatto del crimine oltre che un’abitudine, anche uno scopo della propria esistenza e, pertanto, diventa pericoloso per la sicurezza pubblica e degno dell’applicazione di misure che prevengano la commissione di futuri reati (cfr. T.A.R. Toscana, II sez., 26 febbraio 2020, n. 252).
1.5. Le misure applicate nel caso di specie destano perplessità sotto questo profilo poiché risulta che il ricorrente abbia realizzato delle condotte, asseritamente criminose, le quali tuttavia svolgono una funzione servente rispetto al fine sociale e dimostrativo dal medesimo perseguito.
Nel caso di specie, la partecipazione del ricorrente ad una manifestazione collettiva di illegale occupazione di un immobile è infatti avvenuta, non per finalità di profitto, ma nel contesto di una libera manifestazione del pensiero e in particolare con l’intento di un uso strumentale dell’immobile al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema abitativo nella città di Firenze.
E’ vero che tale elemento non può avere valore esimente, sia rispetto alla valutazione in astratto del perfezionamento del reato, sia rispetto all’applicazione delle misure di prevenzione - dovendo la libertà di manifestazione del pensiero trovare limiti nella necessità di proteggere altri beni di rilievo costituzionale e nella esigenza di prevenire o far cessare turbamenti della sicurezza pubblica -, e purtuttavia il contesto e la specifica finalizzazione della condotta costituivano delle circostanze idonee ad attenuare l’identificazione del ricorrente quale persona “dedita” alla commissione di reati, e ad attutire la sua pericolosità sociale, la quale perciò doveva essere oggetto di un accertamento particolarmente approfondito.
1.6. Allo stato degli atti, dunque, la suddetta condotta, anche se considerata unitamente al deferimento per un precedente analogo fatto, di per sé non può essere ritenuta idonea ad attestare la “dedizione” del medesimo a tenere condotte offensive per la sicurezza e la tranquillità pubblica, soprattutto in mancanza di una complessiva valutazione della personalità del ricorrente desunta anche dalle abitudini e dallo stile di vita del medesimo (per un caso analogo si veda la sentenza di questo Tribunale n. 1491 del 2021).
Si è quindi in presenza, complessivamente, di un non adeguato supporto istruttorio e motivazionale idoneo a giustificare l’adozione delle misure di prevenzione oggetto d’impugnazione.
2. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto con l’annullamento degli atti e con compensazione delle spese di giudizio alla luce della complessiva valutazione dei fatti di causa.