TAR Lecce, sez. II, sentenza 2010-07-05, n. 201001658

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. II, sentenza 2010-07-05, n. 201001658
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 201001658
Data del deposito : 5 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01894/2009 REG.RIC.

N. 01658/2010 REG.SEN.

N. 01894/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1894 del 2009, proposto da:
VIS S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. L N, con domicilio eletto presso Ernesto Sticchi Damiani in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria, 9;

contro

Azienda Sanitaria Locale di Taranto, rappresentata e difesa dall'avv. G C, con domicilio eletto presso Daniele Montinaro in Lecce, Vico Storto Carita' Vecchia, 3;

per l'annullamento

della nota del 2 Ottobre 2009 prot. n° 5609/P a firma del Direttore Generale e del Dirigente Area Patrimonio dell’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, con la quale in riferimento alla nota della VIS S.p.A. del 19 Gennaio 2009 comunicava che "il riconoscimento dello adeguamento ISTAT non può essere accolto per le seguenti ragioni:

- Intervenuta prescrizione ex art. 2948 c.c. primo comma numero 4;

- L'Azienda ASL e codesta Società hanno, di anno in anno, stabilito di rinegoziare il prezzo del contratto ed a tale rinegoziazione del prezzo ha fatto seguito la prosecuzione del servizio pur in assenza di alcuna gara (e di alcun contratto). Codesta ditta ha, tempo per tempo, accettato tale rinegoziazione e si è obbligata non solo a tenere fermi i prezzi contrattuali dell'anno 2003 ma ha addirittura offerto ulteriori sconti";

e per la declaratoria

del diritto della Società ricorrente alla liquidazione dei compensi revisionali (ai sensi dell'art.6 della Legge n° 537/1993, ora art.115 del D. Lgs. n° 163/2006) in relazione a tutti i rapporti contrattuali in essere tra le parti in causa dal 10 Aprile 2000 (delibera n° 599/2000) alla data del 19 Agosto 2008 (adozione della deliberazione dell'ASL TA n° 2320/2008 di aggiudicazione della gara), nella misura quantificata in complessivi € 2.111.281,90, oltre rivalutazione ed interessi come per legge;

nonché per la condanna in tal senso dell'Azienda Sanitaria Locale di Taranto.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale di Taranto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 Maggio 2010 il Cons. Dott. Enrico d'Arpe e uditi per le parti gli Avvocati L N e Alessandra Cursi, in sostituzione di G C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

La VIS S.p.A. – già denominata dapprima Vigili Giurati di Taranto, poi, Vigilanza Città di Taranto e poi I.V.R.I. – impugna la nota del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Locale di Taranto prot. n° 5609/P del 2 Ottobre 2009, che ha disatteso il riconoscimento dei compensi revisionali richiesti dalla Società ricorrente con le istanze del 1° Agosto 2007 e del 19 Gennaio 2009 per le seguenti ragioni: “Intervenuta prescrizione ex art. 2948 C.C., primo comma, numero 4;
l’Azienda ASL e codesta Società hanno, di anno in anno, stabilito di rinegoziare il prezzo del contratto, ed a tale rinegoziazione del prezzo ha fatto seguito la prosecuzione del servizio pur in assenza di alcuna gara (e di alcun contratto). Codesta Ditta ha, tempo per tempo, accettato tale rinegoziazione e si è obbligata non solo a tenere fermi i prezzi contrattuali dell’anno 2003, ma ha addirittura offerto ulteriori sconti”. Chiede, altresì, la declaratoria del diritto alla liquidazione dei compensi revisionali (ai sensi dell’art. 6 della Legge n° 537/1993, ora art. 115 del Decreto Lgs. n° 163/2006) in relazione a tutti i rapporti contrattuali in essere tra le parti in causa dal 10 Aprile 2000 (delibera n° 599/2000) alla data del 19 Agosto 2008 (adozione della deliberazione della A.S.L. TA n° 2320/2008 di aggiudicazione della gara), nella misura quantificata in complessivi € 2.111.281,90, oltre rivalutazione e interessi come per legge, nonché la condanna in tal senso dell’Azienda Sanitaria Locale di Taranto.

A sostegno del ricorso sono stati formulati i seguenti motivi di gravame.

1) Nullità ex art. 21 septies Legge n° 241/1990 per elusione del giudicato – Violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 6, comma 4°, Legge n° 537/1993 (ora, art. 115 Decreto Lgs. n° 163/2006) – Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto – Falsa ed erronea applicazione dell’art. 2948 n° 4 Codice Civile – Violazione dell’art. 2934 Codice Civile – Difetto di istruttoria – Violazione dei principi nazionali e comunitari in materia di raggruppamenti temporanei di imprese – Illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione amministrativa – Insufficiente ed erronea motivazione – Falsa ed erronea applicazione dell’art. 23 Legge n° 62/2005.

2) Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto, difetto assoluto di istruttoria, difetto assoluto di motivazione e contraddittorietà interna.

Dopo avere diffusamente illustrato il fondamento in diritto delle domande azionate, la Società ricorrente concludeva come riportato in epigrafe.

Si è costituita in giudizio l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, depositando una memoria difensiva con la quale ha puntualmente replicato alle argomentazioni della controparte, concludendo per la declaratoria di inammissibilità ed, in ogni caso, per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 13 Maggio 2010, su richiesta di parte, la causa è stata posta in decisione.

Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei sensi e nei limiti di seguito indicati.

In via preliminare, osserva il Collegio che, notoriamente, negli appalti pubblici di servizi e nelle pubbliche forniture, a differenza degli appalti di lavori pubblici, la pretesa ai compensi revisionali, siccome scaturente da una clausola che si inserisce automaticamente (ai sensi dell’art. 6, quarto comma, della Legge 24 Dicembre 1993 n° 537 e ss.mm.) nei relativi contratti, ha sempre consistenza di diritto soggettivo perfetto in ordine all’ “an” ed al “quantum” della revisione prezzi, sicchè, a ben vedere (in base al c.d. criterio del “petitum sostanziale”), tutte domande azionate nel presente giudizio concernono la tutela di (rivendicati) diritti soggettivi patrimoniali, previa eventuale “disapplicazione” dell’atto paritetico impugnato (Confronta: T.A.R. Puglia Lecce, II Sezione, 28 Aprile 2009 n° 823;
29 Dicembre 2008 n° 3756), per cui si rivelano mal calibrate e prive di pregio giuridico le censure formulate nell’atto introduttivo del giudizio incentrate sull’allegazione di dedotti vizi di legittimità riferibili, invece, esclusivamente all’attività autoritativa della Pubblica Amministrazione.

Trattasi, comunque, di controversia rientrante nella giurisdizione esclusiva dell’adito T.A.R., (già) in base all’art. 6 comma diciannove della Legge 24 Dicembre 1993 n° 537 e ss.mm. (vigente sino al 1° Luglio 2006), statuente che: “Le controversie derivanti dall’applicazione del presente articolo sono devolute alla giurisdizione, in via esclusiva, del giudice amministrativo”, e, attualmente, ai sensi dell’art. 244 terzo comma del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163 e ssmm. (c.d. Codice degli appalti pubblici) contemplante che: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (tutte) le controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti, quelle relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica nell’ipotesi di cui all’art. 115” (riproduttivo, a sua volta, del soprarichiamato art. 6 quarto comma della Legge n° 537/1993).

Chiarito ciò, il Tribunale ritiene, in primo luogo, infondate le domande azionate in relazione a tutti i pretesi crediti per revisione prezzi della Società ricorrente (asseritamente) maturati in data anteriore al 1° Agosto 2002, in ragione della certa applicabilità, in “subiecta materia”, della prescrizione quinquennale (in tal senso: T.A.R. Puglia Lecce, II Sezione, 28 Aprile 2009 n° 823;
29 Dicembre 2008 n° 3756).

Pertanto, in proposito (a parte ogni altra considerazione), deve essere accolta l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Azienda Sanitaria Locale intimata, atteso che, nella specie, trova applicazione la regola dell'articolo 2948, primo comma, numero 4, del Codice Civile, secondo cui "si prescrivono in cinque anni: ... gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi".

Infatti, la revisione prezzi ha carattere periodico (operando con cadenza annuale, a decorrere dal compimento dell’anno successivo alla stipula del contratto di appalto di servizi), e si collega alla corretta determinazione dei compensi contrattuali, i quali, a loro volta, devono essere corrisposti annualmente;
sicchè, non avendo la Società ricorrente prodotto precedenti atti interruttivi della prescrizione (risultando incontestata come prima richiesta quella effettuata in data 1° Agosto 2007), le domande proposte sono destituite di fondamento in relazione ai periodi temporali antecedenti al 1° Agosto 2002, nel mentre appare “ictu oculi” fallace la tesi sostenuta nel ricorso secondo cui si tratterebbe nella specie di diritti indisponibili (e, quindi, imprescrittibili), ovvero soggetti al regime prescrizionale solo dopo il momento della quantificazione da parte della Pubblica Amministrazione degli importi spettanti a titolo di revisione prezzi (posto che il diritto di credito sorge immediatamente dalla relativa clausola contrattuale, inserita automaticamente ex lege).

La pretesa sostanziale azionata va, invece, accolta in relazione al periodo successivo (dal 1°Agosto 2002 al 31 Dicembre 2002 e relativamente agli anni 2003, 2005 e 2006), per tutti i rapporti contrattuali svoltisi “inter partes” (anche in regime di proroga) in tale arco temporale.

Sempre in relazione al predetto periodo temporale, la Sezione – sottolineato che, alla stregua dell’insegnamento giurisprudenziale prevalente e condivisibile (e contrariamente a quanto asserito dalla difesa dell’Azienda Sanitaria Locale resistente), le tariffe approvate dal Prefetto per gli Istituti di Vigilanza (ai sensi dell’art. 135 del R.D. 18 Giugno 1931 n° 773) non sono vincolanti ed inderogabili né negli importi minimi né negli importi massimi, avendo unicamente la funzione di parametro della congruità dell’offerta ed essendo, quindi, rilevanti solo nella fase genetica e non in quella funzionale, esecutiva, del contratto (ex multis: Cassazione Civile, I Sezione, 30 Luglio 2009 n° 17746;
T.A.R. Puglia Lecce, I Sezione, 12 Luglio 2007 n° 2738) – rileva che la giurisprudenza amministrativa è ormai costante nell’affermazione secondo cui l’art. 6 della Legge n° 537/1993 e ss.mm. (oggi l’art. 115 del Decreto Lgs. n°163/2006) è una norma imperativa, che si sostituisce di diritto ad eventuali pattuizioni contrarie (o mancanti) nei contratti pubblici (appalti di servizi e forniture) ad esecuzione periodica o continuativa e che rende irrilevanti eventuali rinunce preventive al compenso revisionale (ex multis: Consiglio di Stato, V Sezione, 16 Giugno 2003 n° 3373;
8 Maggio 2002 n° 2461;
19 Febbraio 2003 n° 916);
e ciò in quanto la clausola di revisione periodica del corrispettivo di tali contratti ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori della Pubblica Amministrazione da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurre l’appaltatore a svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi pubblici.

Per evitare tali inconvenienti, il Legislatore del 1993 ha quindi disposto l’inserimento obbligatorio (automatico) della clausola di revisione prezzi ed ha contemporaneamente delineato il procedimento istruttorio attraverso cui la stazione appaltante deve determinare l’entità del compenso revisionale.

Peraltro, è noto che le disposizioni dell’art. 6 della Legge 24 Dicembre 1993 n° 537 e ss.mm. non sono state completamente attuate, visto che, ad esempio, non ha mai concretamente funzionato il meccanismo di rilevazione del costo dei beni e servizi di cui al comma sesto, per cui si applica normalmente il c.d. indice F.O.I. fissato dall’I.S.T.A.T. .

Può pertanto affermarsi che, per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa - relativi a servizi e forniture - stipulati da Pubbliche Amministrazioni, la regola ordinaria è quella per cui la revisione prezzi spetta senza alcun margine di alea a danno dell’appaltatore (e, in questo senso, la diversa disciplina contemplata dalle Leggi Merloni per i lavori pubblici è da qualificare “speciale” rispetto ad una norma – l’art. 6 della Legge n° 537/1993 – che è sua volta “speciale” rispetto alla disciplina civilistica).

Nel caso di specie, deve farsi applicazione dei principi innanzi richiamati, atteso che i contratti di appalto inerenti il servizio di vigilanza perfezionati “inter partes” nell’anno 2000 e scaduti (nel 2002/2003) sono stati, poi, di anno in anno, reiteratamente prorogati dall’Azienda Sanitaria Locale resistente (mediante svariati atti deliberativi adottati nel 2003, e - dopo la rinegoziazione del 2004 - negli anni 2005 e 2006) senza prevedere (né prima, né dopo della loro scadenza) alcun corrispettivo aggiornato a titolo di revisione prezzi, con la conseguente inserzione automatica (negli originari contratti, poi, prorogati), ai sensi dell’art. 1339 Codice Civile, della richiamata disposizione normativa (prima l’art. 6 della Legge 24 Dicembre 1993 n° 537 e ss.mm. e poi l’art. 115 del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n° 163) avente carattere imperativo, in quanto finalizzata (come detto) a soddisfare interessi di ordine pubblico.

Peraltro, con  orientamento costante, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che l'art. 6 citato, nella parte in cui vieta in modo diretto ed assoluto l'effetto del rinnovo tacito, non impedisce, però la prorogabilità del contratto (Cfr.: Consiglio di Stato, V Sezione, 20 Ottobre 1998 n° 1508;
VI Sezione, 29 Marzo 2002 n° 1767).

A tanto consegue che anche alle mere proroghe contrattuali deve applicarsi la clausola revisionale prevista dall’art. 6 (ora dall’art. 115 del Decreto Lgs. 12 Aprile 2006 n° 163), nel mentre, conclusione opposta  vale con riferimento agli atti con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché a contenuto analogo a quello originario (così: T.A.R. Lazio I Sezione, 31 Marzo 2005 n° 2367).

La “ratio” di ciò è che, mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, il quale resta regolato dalla sua fonte originaria, il rinnovo del contratto comporta una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale, che rende incompatibile l’immediata applicazione imperativa della clausola di revisione prezzi.

Con la precisazione che, a ben vedere, devono essere considerate “mere proroghe” (non concretando, con ogni evidenza, una effettiva rinegoziazione, espressione di un libero rinnovato esercizio dell’autonomia privata) le prosecuzioni del servizio (dopo le scadenze prefissate nel contratto di appalto) “agli stessi prezzi, patti e condizioni contrattualmente in essere” (ancorchè esplicitamente accettate dal soggetto appaltatore).

Con riferimento al quantum revisionale, il meccanismo legale di aggiornamento del canone degli appalti pubblici di servizi (e delle pubbliche forniture) prevede che la revisione venga operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione dei beni e servizi sulla base dei dati rilevati e pubblicati semestralmente dall’I.S.T.A.T. sull’andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle P.A., ma l’insegnamento giurisprudenziale consolidato ha chiarito che – a fronte della mancata pubblicazione da parte dell’Istituto nazionale di statistica di tali dati – la revisione prezzi debba essere calcolata utilizzando l’indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. indice F.O.I.) mensilmente pubblicato dal medesimo I.S.T.A.T. (ex plurimis: Consiglio di Stato, V Sezione, 8 Maggio 2002 n° 2461).

In conclusione, previa disapplicazione (in parte qua) dell’impugnata nota uslina prot. n° 5609/P del 2 Ottobre 2009, va dichiarato il diritto della Società ricorrente di percepire dall’Azienda Sanitaria Locale resistente le somme dovute a titolo di revisione prezzi dei contratti di appalto inerenti il servizio di vigilanza perfezionati inter partes, sulla base dell’indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. indice F.O.I.) mensilmente pubblicato dall’I.S.T.A.T. applicato ai costi dei fattori di produzione del servizio di che trattasi, nei limiti dei crediti non prescritti, e cioè dal 1° Agosto 2002 al 31 Dicembre 2002 e in relazione agli anni 2003, 2005 e 2006, maggiorate dei soli interessi legali, calcolati dalla data di costituzione in mora sino all’effettivo pagamento (trattandosi di debito di valuta).

Non spetta, invece, l’invocata revisione prezzi in relazione ai servizi erogati dalla Società ricorrente negli anni 2004, 2007 e 2008, in ragione dell’avvenuta rinegoziazione dei prezzi del contratto di appalto dei servizi di vigilanza tra le parti in causa (implicante un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale, che rende incompatibile l’immediata applicazione imperativa della clausola di revisione prezzi), quale risulta inequivocamente dalle esibite deliberazione usline n° 1588 del 7 Giugno 2004, n° 771 del 10 Aprile 2007, n° 971 del 31 Marzo 2008 e n° 2320 del 19 Agosto 2008.

Per le ragioni innanzi illustrate il ricorso deve essere accolto solo in parte, nei limiti sopra precisati.

Sussistono gravi ed eccezionali ragioni (tra cui l’accoglimento solo parziale del ricorso) per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali.

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