TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-07-05, n. 201800996

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-07-05, n. 201800996
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201800996
Data del deposito : 5 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/07/2018

N. 00996/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01771/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1771 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Eni S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Gi, G S, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Bari, Via Camillo Rosalba, 47/Z;



contro

Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Tna T C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Puglia, rappresentata e difesa dall'avvocato L M, con domicilio eletto in Bari, Corso Trieste, 27;
Comune di Taranto, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato B D, con domicilio eletto in Bari, Via De Rossi, 156;
Agenzia Regionale Sanitaria (Ares) Puglia;
Azienda Sanitaria Locale Taranto;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Ministero della Salute;
Provincia di Taranto;
Ministero dello Sviluppo Economico;



nei confronti

Enipower, non costituita in giudizio;



per l'annullamento

del regolamento regionale 3 ottobre 2012, n. 24 (“ linee guida per l’attuazione della Legge regionale n. 21 del 24 luglio 2012, recante - Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale ”), impugnato con ricorso principale integrato da motivi aggiunti depositati il 26.11.2013.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Puglia e del Comune di Taranto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2018 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso ritualmente la società Eni S.p.A., titolare di uno stabilimento industriale realizzato ed operante nel sito di interesse nazionale (SIN) di Taranto, area dichiarata “ ad elevato rischio di crisi ambientale ” con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 30 novembre 1990, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il regolamento regionale 3 ottobre 2012, n. 24 (“ linee guida per l’attuazione della Legge regionale n. 21 del 24 luglio 2012, recante - Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale ”).

A fondamento dell’impugnazione ha dedotto i seguenti motivi:

1°) violazione degli artt. 4, comma 1 lett b); 5, comma 1, lett. i-ter); 28, comma 1-bis; 29-quater, comma 7; 29-quinquies; 29-decies, comma 10; degli artt. 299 e seguenti; degli allegati I, VI e IX del titolo II del D.lgs. 152/2006; violazione dell’art. 97 della Costituzione, del principio di tipicità degli atti amministrativi e dei principi della Direttiva 2004/35/CE; eccesso di potere per illogicità, irrazionalità, sviamento, difetto dei presupposti, difetto d’istruttoria.

La ricorrente ha lamentato che l’impugnato regolamento avrebbe introdotto una metodologia implicante “ valutazioni sotto il profilo sanitario che si sovrappongono a quelle che devono essere effettuate nell'ambito dei procedimenti di VIA e di AIA definiti dal 152/06 ”; che, inoltre, tale metodo contrasterebbe “ con le elaborazioni scientifiche a livello nazionale e internazionale ”, in tal modo alterando l’attendibilità degli eventuali accertamenti; che, infine, vi sarebbe confusione tra la “ valutazione di incidenza o di rischio sanitario – cui possono giungere le indagini epidemiologiche – con l’accertamento di un danno sanitario ”, in particolare contestandosi il presupposto applicativo delle misure (riduzione delle emissioni; sospensione dell’esercizio dell’attività) che potrebbero essere irrogate (cfr. pag. 11).

A ciò ha soggiunto che “ la valutazione di danno sanitario, che la Regione introduce ex post anche con riferimento alle autorizzazioni già rilasciate ”, sarebbe sostanzialmente implicita nei procedimenti che hanno condotto al rilascio dell’AIA e della VIA, il che avrebbe dovuto imporre la fissazione di “ criteri e modelli di valutazione particolarmente rigorosi e svolti in contraddittorio tra gli imprenditori e le autorità pubbliche ” (cfr. pag. 13).

Per sostenere tali assunti, la ricorrente ha, inoltre, stigmatizzato l’assenza di “ metodiche ” di determinazione del “ modello basato sulla funzione concentrazione-risposta specifica per inquinante ”, nonché l’illogicità del rapporto di causalità che condurrebbe all’accertamento del danno sanitario (cfr. pagg. 17 e 19).

2°) Violazione degli artt. 1 e 6 della legge regionale 21/2012; illegittimità costituzionale della legge regionale 21/2012 per contrasto con gli artt. 3, 41 e 117, comma 2 della Costituzione, nonché con i principi comunitari di cui all’art. 191 del Trattato sull'Unione Europea e di cui alle Direttive del Parlamento e del Consiglio Europeo 2008/1/CE, 2010/75/UE e 2011/92/UE; eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, disparità di trattamento.

Con tale motivo la ricorrente ha dedotto che l’inserimento dell’impianto industriale di Taranto tra gli stabilimenti soggetti all’applicazione della legge regionale sarebbe illegittimo in quanto tale normativa non contemplerebbe “ espressamente tra gli stabilimenti insediati nelle aree ad elevato rischio ambientale quelli soggetti ad AIA di competenza statale ” (cfr. pag. 22).

In sostanza, il regolamento regionale non avrebbe tenuto conto dell’applicazione su tutto il territorio nazionale delle norme relative alle valutazioni ambientali e sanitarie, che ad avviso della ricorrente sarebbe garantita “ sia a livello legislativo (v. ad es. l'art. art. 29-quinquies del d.lgs. 152/06), sia dai principi costituzionali che esigono il rispetto da parte del legislatore regionale, non solo della competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente attribuita dallo stato dall'art. 117 Cost., co. 2, lett. s), ma anche dei principi fondamentali in materia della tutela della salute, cui fa riferimento il co. 3 dell'art. 117 Cost. ” (cfr. pag. 24).

Si sono costituiti in giudizio la Regione Puglia (21.1.2013) e l’ARPA Puglia (5.2.2013).

Con motivi aggiunti depositati il 26 novembre 2013 la ricorrente ha dedotto che dopo “ pochi giorni il deposito del ricorso introduttivo (…) è stato convertito in legge il cd. decreto legge Salva ILVA (d.l. 3 dicembre 2012, n. 207, convertito in legge dalla l. 24

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